Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-04-08, n. 201902290

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-04-08, n. 201902290
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902290
Data del deposito : 8 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/04/2019

N. 02290/2019REG.PROV.COLL.

N. 04716/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4716 del 2018, proposto da
M S, rappresentato e difeso dagli avvocati E M M, G M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio E M M in Roma, piazza di Pietra 63;

contro

Comune di Cava de' Tirreni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G S, A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01741/2017, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE IN SANATORIA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cava de' Tirreni e di Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2019 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati E M M, Francesco Casertano per delega di A C e G S, dello Stato Paola De Nuntis.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 1741 del 2017 con cui il Tar Salerno respingeva l’originario gravame, proposto al fine di ottenere l’annullamento dei provvedimenti recanti diniego di concessione in sanatoria e le conseguenziali ordinanze demolitorie, relativi in specie ad un muro di contenimento di un fondo di proprietà realizzato in carenza di previo titolo abilitativo (afferente a un appezzamento di terreno in proprietà di circa 2.264 mq, distinto in catasto l f. n.7, p.lla n. 2088, nel Comune di Cava dei Tirreni.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello, contestando le argomentazioni svolte dal Tar:

- violazione degli artt. 3 l. 241\1990 e 37 l. 308\2004, eccesso di potere per carenza di istruttoria sull’effettivo contesto urbanistico;

- analoghi vizi a fronte del carattere parzialmente interrato del manufatto e della contraddizione degli elementi indicati;

- violazione dell’art. 76 nta prg vigente che consente la realizzazione del muro in questione a servizio della viabilità secondaria;

- assenza dei profili di inammissibilità ed improcedibilità.

Le parti appellate si costituivano in giudizio chiedendo la declaratoria di inammissibilità ed il rigetto dell’appello.

Con ordinanza n. 3102\2018 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza.

Alla pubblica udienza del 4\4\2019, in vista della quale le parti depositavano memorie, la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Pur dinanzi all’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello, così come formulata dalle difese pubbliche, a fronte della deduzione di specifiche censure, in parte riproduttive dei vizi dell’originario ricorso ed in parte critiche avverso la sentenza appellata, l’appello è destituito di fondamento nel merito.

2. Dalla compiuta analisi degli atti di causa emerge la piena condivisibilità della ricostruzione posta a fondamento della sentenza impugnata, sia in termini di fatto che di diritto.

Se in linea di fatto appare pacifica (sulla scorta della documentazione, anche fotografica, versata in atti) la consistenza dell’opera in contestazione ed il relativo carattere abusivo, risultando piuttosto contestata (in termini peraltro infondati, come si dirà) la rilevanza del contesto posto intorno all’area in questione, in linea di diritto i vizi di appello dedotti si scontrano con la giurisprudenza già espressa anche dalla sezione.

All’esito dell’esame istruttorio proprio del merito, nel caso in esame non sussiste alcun difetto di istruttoria o di motivazione rilevante ai fini dedotti in quanto gli atti procedimentali ed istruttori, confluiti nel provvedimento conclusivo, contengono una chiara ricostruzione dell’abuso realizzato nonché una evidente qualificazione dell’intervento.

Sussiste inoltre una adeguata motivazione, così come posta a fondamento della reputata insanabilità dell’opera, avente specifico riferimento alla consistenza ed alle caratteristiche dell’opera ed al contesto interessato dagli abusi;
tale motivazione risulta tutt’altro che carente o di mero stile, avendo ad oggetto specifico i caratteri dell’abuso e dell’area coinvolta;
sul punto le considerazioni svolte dalla sentenza appellata appaiono tanto chiare quanto condivisibili, sia in relazione all’abuso in sé, sia rispetto alla più o meno rilevante visibilità.

3. Parte appellante invoca il contesto urbanistico, sia in fatto, in quanto degradato, sia in diritto in quanto la disciplina pianificatoria vigente consentirebbe la realizzazione del muro in questione.

In termini giuridici è prima facie irrilevante, ai fini in esame, l’eventuale realizzabilità del muro (peraltro contestata anche in termini edilizi dal Tar, con argomenti pienamente logici e scevri da travisamento di fatto) ex art. 76 nta prg, in quanto ciò che rileva è l’impatto paesaggistico del manufatto abusivo;
peraltro, anche in ambito edilizio la sanatoria presuppone la doppia conformità con conseguente eventuale irrilevanza della sola futura assentibilità dell’intervento abusivamente realizzato.

In termini di fatto, in linea generale, l’eventuale degradazione del contesto non può giustificare la realizzazione del mantenimento di una struttura pacificamente abusiva, in contrasto con il vincolo sussistente in zona;
al contrario, nel caso di specie proprio la salvaguardia dell’unico ambito ritenuto meritevole di tutela paesaggistica conforta le valutazioni impugnate.

4. Va quindi confermata, da un lato, l’irrilevanza dell’ammissibilità urbanistica, in quanto in radice riguardante un profilo diverso e gerarchicamente sotto ordinato rispetto alla tutela del paesaggio e, dall’altro lato, l’irrilevanza dell’eventuale degrado urbanistico circostante.

4.1 Sul primo versante, come a fini paesaggistici è illegittima l’invocazione da parte della soprintendenza dell’inammissibilità urbanistica (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez VI n. 5016\2017), ciò non può che valere anche in termini coerenti per l’ipotesi opposta, in cui si tenti di legittimare un abuso paesaggistico attraverso l’invocazione del dato urbanistico.

La prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte avuto cura di chiarire, nel differenziare le valutazioni di natura paesistico - ambientale e quelle di carattere urbanistico - edilizio, che questi due apprezzamenti si esprimono entrambi sullo stesso oggetto, l'uno, in termini di compatibilità paesaggistica dell'intervento edilizio proposto e, l'altro, in termini di sua conformità urbanistico - edilizia ed anche "con diversi e separati procedimenti, l'uno nei termini della compatibilità paesaggistica dell'intervento edilizio proposto e l'altro nei termini della sua conformità urbanistico-edilizia" (Cons. Stato Sez. IV, 21 agosto 2013, n. 4234).

In tale ottica va quindi ribadito che all'autorità preposta a rilasciare il titolo o l’assenso paesaggistico è precluso effettuare una mera valutazione di compatibilità dell'intervento con la disciplina urbanistico - edilizia demandata in via propria e primaria all'amministrazione comunale. La tutela del paesaggio, avente valore costituzionale e funzione di preminente interesse pubblico, è nettamente distinta da quella dell'urbanistica, la quale risponde ad esigenze diverse. La funzione dell'autorizzazione paesaggistica è, infatti, quella di verificare la compatibilità dell'opera edilizia che si intende realizzare con l'esigenza di conservazione dei valori paesistici protetti dal vincolo, dovendo l'autorità preposta unicamente operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell'intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso. In ragione della funzione dell'autorizzazione paesaggistica, volta ad accertare in concreto la sola compatibilità dell'intervento con il mantenimento e l'integrità dei valori dei luoghi, il gravato diniego di autorizzazione, in quanto omette qualsiasi valutazione in ordine a tale compatibilità e fa assurgere a motivi ostativi al rilascio del nulla osta profili di esclusivo rilievo urbanistico, risulta illegittimo, non essendo l'Amministrazione Regionale in alcun modo chiamata ad effettuare valutazioni circa la conformità del progetto alla luce degli strumenti urbanistici vigenti, la cui valutazione è demandata all'Amministrazione Comunale in sede di rilascio dei titoli edilizi.

4.2 Sul secondo versante assume rilievo dirimente l’orientamento, condiviso dal Collegio, a mente del quale l’avvenuta edificazione di un'area o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall'intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, poiché l'imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l'imposizione al proprietario delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell'integrità dello stesso (cfr. ex multis Consiglio di Stato , sez. VI, 27 novembre 2012, n. 5989). Ciò a maggior ragione non può che valere in relazione ad attività abusiva, rispetto alla quale le considerazioni svolte dalla sentenza appellata in merito all’eccezionalità delle relative previsioni appaiono pienamente condivisibili e coerenti agli orientamenti consolidati di questo Consiglio.

5. In termini generali, in merito alla consistenza del manufatto, va ribadito che, il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume (cfr. Consiglio di Stato, sez.VI 19 settembre 2018 n. 5466, sez. IV, 5 agosto 2013, n. 4079, e 12 febbraio 1997, n. 102). Al riguardo, mentre ai fini edilizi un nuovo volume può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili (ad esempio, perché ritenuto volume tecnico), ai fini paesaggistici invece può assumere comunque una rilevanza e determinare una possibile alterazione dello stato dei luoghi.

Questo vale dunque per i volumi non considerati normalmente rilevanti per l'attività edilizia, perciò anche la realizzazione di volumi seminterrati e di muro di contenimento, possono essere considerate rilevanti dal punto di vista paesaggistico e come tali essere in contrasto con le previsioni intese ad impedire l'alterazione dello stato dei luoghi attraverso la realizzazione di nuove strutture (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI 2 settembre 2013 n. 4348).

6. In definitiva, va ribadito che non possa considerarsi affetto da difetto di motivazione il diniego di sanatoria allorché la p.a., attraverso l'espresso recepimento del parere formulato dagli organi consultivi, esponga ragioni logico-giuridiche che diano sufficiente contezza del disvalore paesaggistico dei manufatti in questione, come tali pienamente giustificative del diniego.

Nel caso di specie, come emerge dalla documentazione prodotta dalla Soprintendenza già nel giudizio di prime cure, la p.a. ha dato conto di aver effettuato l'imprescindibile giudizio di compatibilità del manufatto con i valori tutelati dal vincolo paesaggistico;
risulta infatti accertata la realizzazione abusiva di un muro di cemento armato di notevoli dimensioni il cui inserimento nel contesto paesaggistico, caratterizzato da una folta vegetazione e dall’assenza di opere edilizie, ne costituisce un grave degrado ambientale dando vita ad un impatto paesaggistico negativo.

Se dall’analisi della documentazione fotografica trova conferma sia la consistenza dell’opera sia il carattere dell’area, interessato da una folta vegetazione e dall’assenza di opere edilizie, la relativa valutazione negativa appare, oltre che pienamente condivisibile, carente di qualsiasi profilo di travisamento dei fatto o di manifesta irragionevolezza, unici aspetti rilevanti rispetto al presente sindacato giurisdizionale dell’esercizio di un potere avente i caratteri di peculiarità sopra ricordati.

7. Prima facie destituite di fondamento appaiono infine le ultime censure avverso la declaratoria di inammissibilità ed improcedibilità, sia a fronte della riconosciuta piena legittimità del diniego di sanatoria contestato, sia in relazione agli elementi che emergono dagli atti di causa in ordine alla consistenza delle opere in merito al medesimo muro di contenimento abusivo in questione.

Anche al riguardo la sentenza appellata ha fatto buon governo delle risultanze di causa e dei principi rilevanti in materia.

8. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi