Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-24, n. 202108596

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-12-24, n. 202108596
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108596
Data del deposito : 24 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/12/2021

N. 08596/2021REG.PROV.COLL.

N. 06371/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6371 del 2021, proposto da Raggio di Sole Società Cooperativa Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Cerignola, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A P, G N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Gea Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Cozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 01015/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Cerignola e di Gea Società Cooperativa Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 dicembre 2021 il Cons. G T e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 1015/2021, pubblicata l’11 giugno 2021, il T.A.R. per la Puglia, sede di Bari, ha rigettato il ricorso introduttivo e il primo ricorso per motivi aggiunti (dichiarando altresì improcedibili gli ulteriori due ricorsi per motivi aggiunti) proposti dalla Cooperativa

ONLUS

Raggio di Sole contro gli atti della gara, indetta dal Comune di Cerignola quale Comune capofila del relativo Ambito territoriale, relativa alla gestione del servizio di assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) e del servizio di assistenza domiciliare, da aggiudicarsi mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
e, in particolare, del provvedimento con cui è stata esclusa l’offerta dalla stessa presentata e del provvedimento con cui la gara è stata aggiudicata alla controinteressata GEA Società cooperativa sociale.

Con ricorso in appello notificato e depositato l’8 luglio 2021, la ricorrente in primo grado ha impugnato l’indicata sentenza.

Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Cerignola e la controinteressata.

Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 9 dicembre 2021.

2. Il contenzioso devoluto all’esame del Collegio prende le mosse dal provvedimento con cui, nel contesto della procedura sopra indicata, il Comune di Cerignola ha escluso l’offerta presentata dall’odierna appellante – ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. C), del d. lgs. n. 50/2016 - in ragione di un precedente illecito professionale incidente sull’affidabilità dell’impresa.

Tale provvedimento è stato preceduto da una dialettica endoprocedimentale, avviata dalla sollecitazione della stessa Commissione a chiarire i fatti relativi a tale antefatto, tradottasi nel soccorso istruttorio nei confronti dell’interessata.

Quest’ultima ha chiesto poi di rimuovere in autotutela il provvedimento di esclusione al seggio di gara, ma quest’ultimo si è determinato nella conferma dello stesso.

In particolare, risulta che la piattaforma fattuale su cui poggia la contestata determinazione dell’amministrazione consta della vicenda relativa alla revoca dell’aggiudicazione di un precedente servizio disposta dal Comune di Velletri.

In quel caso l’odierna appellante, affidataria in via di urgenza del servizio, presentò alcune fatture non liquidate dall’amministrazione in ragione di un DURC negativo;
ciò comportò il mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti dell’asilo di Velletri, il conseguente stato di agitazione, e un successivo accordo che però avrebbe aumentato i costi per il gestore il quale, prima della sottoscrizione del contratto, avrebbe richiesto all’amministrazione un incremento del corrispettivo.

Il rifiuto di tale incremento avrebbe comportato il conseguente rifiuto dell’aggiudicataria di stipulare il contratto, e avrebbe altresì indotto il Comune di Velletri a revocare l’aggiudicazione.

La revoca dell’aggiudicazione è stata a sua volta impugnata in sede giurisdizionale, ma il relativo ricorso è stato rigettato con sentenza del T.A.R. Lazio ormai coperta dall’autorità del giudicato.

Al di là della descritta vicenda negoziale (relativa all’esecuzione del servizio), il provvedimento di esclusione è motivato anche con riferimento ad un secondo elemento fattuale da cui è stata desunta l’inaffidabilità dell’impresa: la circostanza che l’offerente avrebbe omesso di riferire il rigetto del ricorso giurisdizionale proposto contro il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione emesso dal Comune di Velletri, e che tali informazioni non sarebbero state rese neppure in sede di soccorso istruttorio, essendo state poi autonomamente acquisite dall’amministrazione.

3. Le parti appellate hanno dedotto l’inammissibilità per difetto d’interesse del gravame, in quanto preordinato ad evitare ricadute dell’impugnata valutazione d’inaffidabilità professionale su eventuali, future procedure di aggiudicazione.

Il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame di tale questione in rito in ragione della radicale infondatezza, nel merito, del gravame.

Altrettanto irrilevante ad avviso del Collegio è l’iniziativa giurisdizionale, annunciata dall’appellante, relativa all’impugnazione davanti all’a.g.o. della revoca dell’aggiudicazione disposta dal Comune di Velletri, sul presupposto della sussistenza della giurisdizione ordinaria in materia.

In disparte il possibile rilievo ostativo sia dell’esistenza di un giudicato del giudice amministrativo sulla legittimità di detta revoca, sia della circostanza che tale giudicato è scaturito dall’iniziativa dell’odierna appellante di adire il giudice amministrativo (sicché l’opposta affermazione, della medesima parte, della sussistenza della giurisdizione ordinaria concreterebbe un venire contra factum proprium ), ciò che appare dirimente è che, al di là della valutazione giuridica di tale revoca i fatti che l’hanno preceduta sono oggettivamente e documentalmente fissati, e da essi, più che dall’effetto giuridico della revoca (l’unico che sarebbe rimosso da un’eventuale, ulteriore giudizio), oltre che dalla condotta omissiva e reticente tenuta in corso di gara, deriva la plausibile e motivata conclusione di inaffidabilità professionale ritenuta dal seggio di gara.

4. Con il primo motivo di appello si contesta la sentenza gravata nella parte in cui, nel respingere il ricorso di primo grado, ha ritenuto non pertinenti i richiami alla sentenza n. 16/2020 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato.

Il T.A.R., in particolare, ha affermato che “ In prima battuta, occorre rilevare che le richiamate statuizioni dell’Adunanza plenaria n. 16 del 28 agosto 2020 non riguardano la causa di esclusione specificamente contestata alla ricorrente (cioè l’esclusione disposta – ai sensi del comma 5 lett. c) dell’art. 80 del codice dei contratti – qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”). Il Consiglio di Stato ha, piuttosto, analizzato altre e diverse ipotesi: quella disciplinata dalla successiva lett. c bis) ....;
nonché l’ipotesi di cui alla lett. f bis)...
”.

Lamenta l’appellante che, in applicazione del richiamato arresto dell’Adunanza Plenaria, “l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare se le informazioni fornite dalla Raggio di Sole sulla questione riguardante il servizio svolto a Velletri ’era in grado di sviare le proprie valutazioni;
ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità”.

5. Ritiene il Collegio che il mezzo sia infondato.

L’art. 80, comma 5, lett. C) del codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 50/2016), vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato (17 dicembre 2020), stabilisce che “ Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora …. la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ”.

Tale testo è conseguenza della modifica introdotta dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, che ha sostituito l'originaria lettera c) con le attuali lettere c), c-bis) e c-ter): entrato in vigore il 15 dicembre 2018 ed applicabile alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indicono le gare, sono pubblicati successivamente a tale data di entrata in vigore (come stabilito dall’art. 5, comma 2, del medesimo decreto-legge)

La circostanza che la sentenza dell’Adunanza Plenaria sia stata resa su fattispecie alla quale si applicava invece, secondo l’appellante, il testo precedente (essendo relativa a provvedimento di esclusione del 20 aprile 2018), non alcun rilievo decisivo nel senso auspicato dalla stessa parte.

Nel caso di specie l’Amministrazione ha desunto l’inaffidabilità dell’operatore sia dalla condotta relativa alla mancata stipula del contratto con il Comune di Velletri, sia dall’avere omesso di comunicare la sentenza di rigetto del ricorso proposto contro quel provvedimento di revoca: ed ha individuato la base giuridica del provvedimento nel citato art. 80, comma 5, lett. C) del codice dei contratti pubblici.

La sentenza del T.A.R. Lazio n. 715/2020, resa sulla richiamata impugnazione da parte dell’odierna appellante della revoca dell’aggiudicazione disposta dal Comune di Velletri, ha accertato che “ la revoca dell’aggiudicazione è stata disposta dall’Amministrazione a causa del rifiuto di stipulare da parte della ricorrente che, invitata a firmare il contratto una volta verificato il rispetto delle condizioni di regolarità contributiva, non si è presentata per la firma, adducendo la pretesa antieconomicità del rapporto e l’eccessiva onerosità della clausola sociale nella sua concreta applicazione e delle condizioni contrattuali, pur da essa stessa proposte nella sua offerta ”.

In tale sentenza si è altresì osservato che “ La ricorrente, che lamenta di essersi accorta dell’eccessiva onerosità delle condizioni dettate dalla lex specialis (e di quelle proposte nella sua stessa offerta) solo in seguito all’aggiudicazione e al confronto con i sindacati, avrebbe, quindi, ben potuto disporre un riassorbimento dei lavoratori nei limiti dell’articolazione del servizio prevista nella sua offerta tecnica e non in modo generalizzato ed indiscriminato, come in concreto tentato (con effetti dannosi sull’economicità del servizio). (…..) Le argomentazioni della ricorrente sulla antieconomicità del servizio de quo, come prospettato dalla lex specialis, sono, poi, efficacemente smentite non solo dalla partecipazione alla gara del gestore uscente, posizionatosi terzo nella graduatoria, ma, soprattutto, dalla nuova aggiudicazione disposta in favore della seconda classificata, la Cooperativa Sociale Giallo, rivelatasi, in base ai documenti in atti, pienamente in grado di svolgere il servizio in modo remunerativo, pur utilizzando “prioritariamente” il personale proveniente dalla precedente gestione ”.

Dunque è stata accertata, in fatto, la pretestuosità delle ragioni allegate per la stipula del contratto.

Il rinvio a tale vicenda per motivare l’inaffidabilità dell’offerente è del tutto conforme al parametro normativo, come invocato dall’appellante e come interpretato dal citato precedente dell’Adunanza Plenaria: in quella vicenda è infatti emerso che l’odierna appellante ha tentato di modificare le condizioni economiche del contratto, per rientrare di una maggiorazione di costi peraltro imputabile ad una propria condotta.

La motivazione del provvedimento impugnato in primo grado, nel rinviare alla revoca dell’aggiudicazione disposta per tale ragione, e alla mancata informazione circa la sentenza di rigetto del ricorso proposto avverso la revoca, è pertanto pienamente legittima, come ritenuto dal primo giudice con valutazione che resiste alla censura proposta con il mezzo in esame.

5.1. Dalle superiori considerazioni discende altresì l’infondatezza del sesto motivo di appello, con cui si censura la sentenza gravata nella parte in cui ha respinto la censura rivolta in primo grado contro la motivazione del provvedimento di esclusione.

La sentenza del T.A.R. Lazio ha accertato con efficacia di giudicato un quadro fattuale – che la censura in esame tenta di rimettere in discussione - tale da rendere più che legittima la motivazione della valutazione di inaffidabilità come ritenuta nel provvedimento in questione.

Nell’ambito di questo tentativo di negare finanche quanto accertato con efficacia di giudicato, a pag. 32 del ricorso in appello, nel contesto del sesto motivo, si critica la motivazione della (non impugnata) sentenza del T.A.R. del Lazio che ha rigettato il ricorso proposto avverso la precedente revoca, in punto di mancata considerazione della possibilità di disporre il riassorbimento dei lavoratori: sul punto è sufficiente limitarsi ad osservare che, ove fondati, questi argomenti si sarebbero dovuti rappresentare impugnando tale sentenza.

Non vale poi a contestare le ragioni dell’esclusione l’affermazione, contenuta a pag. 33 del ricorso in appello, per cui il Comune di Velletri avrebbe attestato il buon esito del servizio di tre mesi svolto dalla Raggio di Sole: la valutazione di inaffidabilità è riferita infatti non ad una vicenda di cattiva esecuzione negoziale, ma ad una condotta di non corretta articolazione dell’adesione all’impegno contrattuale, in relazione alle condizioni economiche dello stesso come stabilite in sede di aggiudicazione.

6. Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza gravata per avere ritenuto legittima una esclusione relativa a precedente inadempimento non presente nel casellario ANAC.

Anche questo motivo è infondato.

6.1. Quanto al primo profilo, osserva il Collegio che laddove l’appellante afferma che “la sentenza n. 715/2020 del TAR Lazio – Roma non ha mai fatto riferimento ad alcuna inaffidabilità della Raggio di Sole” adduce un dato reale ma inconferente.

Come già riportato, la sentenza in questione ha ritenuto legittima la revoca dell’aggiudicazione per la pretestuosità delle ragioni addotte dall’aggiudicataria per la stipula del contratto, cristallizzando tale fatto storico: la successiva valutazione di inaffidabilità, desunta da tale fatto, non si deve al T.A.R. Lazio, ma alla stazione appaltante che, legittimamente, ha ritenuto tale fatto rilevante nell’ottica del citato art. 80, comma 5, lett. C).

6.2. Quanto al secondo profilo, l’appellante invoca la sentenza della V Sezione di questo Consiglio di Stato n. 6490/2019, per sostenere che l’amministrazione avrebbe potuto legittimamente escludere l’offerente solo qualora la precedente esclusione da una gara risultasse nel casellario ANAC.

Anche questo profilo di censura è mal posto.

La sentenza invocata è infatti relativa ad una fattispecie peculiare, diversa (anche strutturalmente) rispetto a quella dedotta nel presente giudizio: “il thema decidendum è costituito allora dal rilievo che assume la mancata dichiarazione di precedenti esclusioni da analoghe gare disposte per falsa attestazione della regolarità tributaria (nonostante l'irregolarità ai fini fiscali sia stata medio tempore rimossa e non risulti alcuna iscrizione nel casellario informatico ai sensi e per gli effetti dei cui al comma 5, lettera f-ter), e 12 dell'art. 80) e per mancata dichiarazione di precedenti risoluzioni contrattuali per inadempimento (sebbene tali vicende siano state puntualmente dichiarate dalla concorrente nella presente gara alla stazione appaltante che è stata, quindi, messa nelle condizioni di valutarne la portata e l'effettiva incidenza sulla sua affidabilità)”.

Essa, inoltre, dà conto dell’ “orientamento secondo cui il comma 5, lettera c), non comporta una preclusione assoluta della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante circa la gravità di inadempienze le quali, pur non essendo immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti, siano nondimeno astrattamente qualificabili come "gravi illeciti professionali", sì da risultare comunque ostative alla partecipazione alla gara (in tal senso: Cons. di Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1299;
V, 13 settembre 2018, n. 5365)”: e chiarisce che l’esclusione può comunque essere comminata quando, “per effetto del silenzio serbato dall'offerente sulle pregresse esclusioni, la stazione appaltante non sia stata messa nelle condizioni di non aver conoscenza di uno o più precedenti significativi in grado di orientarne il giudizio (come precisato in tema di obblighi dichiarativi nel precedente della Sezione 11 giugno 2018, n. 3592)”.

Pertanto, nel caso di specie, legittimamente la stazione appaltante ha escluso l’odierna appellante nonostante la mancata annotazione nel casellario ANAC (non già dell’esclusione da una gara per irregolarità contributiva ma) della revoca dell’aggiudicazione.

6.3. Inoltre appare dirimente il rilievo che, nel contesto della motivazione del provvedimento gravato in primo grado, appare elemento comunque autosufficiente il richiamo alla omissione del rigetto del ricorso giurisdizionale proposto contro detta revoca, nell’ottiva della valutazione fiduciaria rimessa all’amministrazione ex at. 80, comma 5, lett. C), cit.

7. Con il terzo motivo l’appellante si duole della sentenza gravata nella parte in cui non ha considerato che altre stazioni appaltanti hanno ritenuto affidabile la società nonostante la revoca disposta dal Comune di Velletri.

La censura è infondata.

È anzitutto decisivo il rilievo, insuperato, contenuto nella sentenza gravata, secondo cui non è comunque desumibile dalla documentazione prodotta in primo grado “se in occasione di tali affidamenti sia stata effettuata una verifica analoga a quella di cui si controverte nel presente giudizio”

Inoltre, ferma restando la discrezionalità e l’autonomia di ciascuna stazione appaltante in merito, ciò che appare dirimente è che, come più volte ricordato, la motivazione del provvedimento gravato in primo grado è duplice.

Essa desume l’inaffidabilità professionale dell’odierna appellante non solo dalla revoca dell’affidamento, ma altresì dall’aver taciuto l’esito negativo del ricorso giurisdizionale (esito che, come si è visto esaminando la relativa sentenza, è di particolare rilievo, perché contiene una quota di accertamento, passata in giudicato, in merito alla ricostruzione fattuale della vicenda, tale da consentire di lumeggiare in modo particolarmente significativo il rilievo anche prognostico della stessa nell’ambito dell’esercizio del potere discrezionale in esame).

7.1. Tale ultima considerazione conduce al rigetto perché infondato anche del settimo motivo del ricorso in appello, con il quale si deduce che l’odierna appellante avrebbe reso alla stazione appaltante l’informazione sufficiente, indicando la pendenza del contezioso ed il relativo numero di r.g.

Dedurre una violazione del principio di non aggravamento procedimentale (pagg. 37 e 38 del ricorso in appello) è, nel caso di specie, del tutto fuori asse: l’esclusione non è stata disposta per mancata produzione di un documento che secondo l’appellante l’amministrazione si sarebbe potuto procurare da sé, ma perché indicare un contenzioso tacendone l’esito (negativo) è sintomatico della ritenuta inaffidabilità professionale.

8. Con il quarto motivo di appello viene dedotta l’erroneità (oltre che il difetto di motivazione e la contraddittorietà) della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto legittimo l’operato della stazione appaltante alla luce delle Linee guida Anac n. 6

La censura è infondata nella parte in cui deduce la non vincolatività delle linee guida in parola e la necessità che la violazione considerata sia dipesa da un fatto “doloso o gravemente colposo dell’affidatario”: la questione è infatti irrilevante alla luce di quanto fin qui esposto in punto di conformità al parametro normativo (art. 80, comma 5, lett. C) cod. contr, pubbl.) della valutazione discrezionale operata dalla stazione appaltante, avuto riguardo aduna corretta ricostruzione del quadro fattuale di riferimento.

Il richiamo operato ad abundantiam dal primo giudice alle linee guida ANAC non può evidentemente inficiare tale valutazione.

8.1. L’appellante lamenta altresì che la vicenda presupposta sarebbe inutilizzabile ai fini dell’esclusione, in quanto non relativa a “fattispecie contrattuale”, “avendo il Comune di Velletri disposto un affidamento in via d’urgenza del servizio mai contrattualizzato”.

Anche questo profilo di censura è infondato.

Posto che l’affidamento in via di urgenza si cala comunque nell’ambito di una fattispecie negoziale pubblica, dalla quale possono legittimamente ricavarsi elementi relativi alla diligenza adempitiva del contraente, non è evidentemente la formale stipula del contratto a precludere la qualificazione qui rilevante: tanto più se la stipula non è avvenuta proprio per fatto dell’affidatario.

9. Il quinto motivo lamenta l’omessa motivazione da parte del T.A.R. sulla censura di difetto di motivazione del provvedimento di esclusione impugnato.

Il mezzo è infondato per tabulas : la sentenza gravata in più punti ha affermato la congruità degli elementi rappresentati nel provvedimento di esclusione rispetto all’esercizio del potere de quo (lo standard motivazionale dovendo comunque parametrarsi alla disciplina del potere, che nella sentenza gravata ha costituito oggetto di accurata ricostruzione proprio nell’ottica della verifica dei presupposti come ritenuti nel provvedimento impugnato).

Nel merito, contesta l’appellante la motivazione del provvedimento di esclusione nella parte in cui fa riferimento al danno cagionato all’interesse pubblico dal mancato perfezionamento del rapporto negoziale con il Comune di Velletri, che avrebbe impedito o comunque ostacolato l’attivazione dei servizi compresi nei livelli essenziali delle prestazioni sociali.

Ad avviso dell’appellante dal provvedimento di revoca del Comune di Velletri si evince soltanto che la mancata stipula è dipesa “solo ed unicamente alla luce della mancata presenza della Raggio di Sole presso l’Ufficio Contratti del Comune di Velletri alla data indicata dalla stazione appaltante per la sottoscrizione del contratto”, e non dalla mancata attivazione dei suddetti servizi.

La censura è tautologica e forzata al tempo stesso.

È infatti innegabile che l’odierna appellante non si sia presentata alla stipula (il che per ciò solo denota inaffidabilità e impossibilità di procedere all’erogazione delle prestazioni da contratto): ma il giudicato formatosi sulla sentenza del T.A.R. del Lazio in precedenza richiamata ha accertato le ragioni di tale condotta e ricostruito l’intera vicenda, in termini da rendere infondata la censura proposta contro la richiamata motivazione del provvedimento di esclusione.

L’errore materiale contenuto con riguardo alla data del verbale della seduta in cui si è disposta l’esclusione (17 e non 22 dicembre 2020) non ha in questi termini (né ad altri fini) alcuna rilevanza.

10. L’ottavo motivo del ricorso in appello contesta la decisione di primo grado in merito al mancato riscontro alla richiesta di soccorso istruttorio.

Prescindendo dalle considerazioni a supporto del mezzo, che lamentano un “insolito accanimento e una chiara ed ingiustificata ostilità” consistiti in sostanza in una sollecitazione alla partecipazione procedimentale nell’interesse della società offerente, è dirimente il rilievo della mancata risposta della società alla sollecitazione al soccorso istruttorio.

L’appellante deduce che tale mancata risposta sia dipesa da causa di forza maggiore non imputabile alla parte.

Non risultano tuttavia elementi probanti tali da supportare una simile affermazione.

11. Il nono ed il decimo motivo del ricorso in appello deducono censure di invalidità derivata logicamente dipendenti dalla fondatezza dei precedenti motivi: essi sono pertanto da rigettare in ragione dell’infondatezza delle censure fin qui esaminate.

12. L’undicesimo motivo lamenta, con una prima censura, l’erroneità della motivazione della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il motivo di ricorso relativo all’eccesso agli atti.

L’appellante, che non contesta l’effettiva carenza d’interesse a seguito del deposito della documentazione nel giudizio di primo grado, censura però l’individuazione della causa di tale effetto processuale.

La censura è inammissibile, non avendo l’ipotetico accoglimento alcuna conseguenza, e difettando finanche la materia del contendere: è pacifico fra le parti che l’istanza di accesso sia stata integralmente evasa (non avendo l’appellante contestato, e tanto meno documentato, l’affermazione in tal senso della difesa del Comune di Cerignola), dal che non può che conseguire la correttezza della statuizione di improcedibilità gravata con il mezzo in esame e comunque, come accennato, l’inesistenza di un interesse a dedurre una diversa eziologia del fattore che ha determinato la sopravvenuta carenza d’interesse.

12.1 Con un secondo profilo di censura interno all’undicesimo motivo l’appellante deduce che “Dalla fondatezza delle censure avanzate avverso il provvedimento di esclusione deriva l’erroneità della sentenza gravata laddove ha ritenuto che i secondi motivi aggiunti depositati dalla ricorrente fossero improcedibili, circostanza che giustifica la riproposizione delle relative censure che di seguito si ripropongono”.

Anche in questo caso si deducono censure di invalidità derivata logicamente dipendenti dalla affermata fondatezza dei precedenti motivi: essi sono pertanto da rigettare in ragione dell’infondatezza delle censure fin qui esaminate.

13. Il ricorso in appello è pertanto infondato, e come tale deve essere rigettato.

Il rigetto dell’appello principale esime dallo scrutinio dell’appello incidentale, condizionato all’ipotesi di accoglimento del gravame principale.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza.

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