Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-08-10, n. 202207076
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Pubblicato il 10/08/2022
N. 07076/2022REG.PROV.COLL.
N. 01818/2020 REG.RIC.
N. 01836/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1818 del 2020, proposto da
M L, rappresentata e difesa dall'avvocato V I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
contro
Ministero dell'istruzione, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti
P T, C N, non costituiti in giudizio
sul ricorso numero di registro generale 1836 del 2020, proposto da
Serafina Monaco, rappresentata e difesa dall'avvocato V I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
contro
Ministero dell'Istruzione, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
P T, C N, non costituiti in giudizio
per la riforma
quanto al ricorso n. 1818 del 2020:
della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Terza) n. 8843/2019
quanto al ricorso n. 1836 del 2020:
della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale Per Il Lazio (sezione Terza) n. 8827/2019
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, ora Ministero dell'istruzione
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2022 il Cons. O F e udito per la parte appellante l’avvocato V I;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le appellanti, docenti dipendenti del Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca (ora Ministero dell’istruzione), partecipavano al concorso pubblico per il reclutamento dei dirigenti scolastici, indetto con d.D.G. 23 novembre 2017 n. 1259, superavano la prova preselettiva, ma, all’esito della prova scritta computerizzata, non venivano ammesse agli orali non avendo conseguito il punteggio minimo previsto dalla lex specialis quale soglia di idoneità.
Pertanto, con ricorsi iscritti al R.G. 7100/ 2019 e al R.G. 7305/2019 impugnavano dinanzi al TAR Lazio l’elenco dei candidati ammessi a sostenere la prova orale, approvato con decreto direttoriale del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero, prot. n. 395 del 27 marzo 2019, insieme ai verbali della Commissione esaminatrice, agli atti concorsuali e ad ogni provvedimento presupposto, deducendo svariati motivi.
I suddetti ricorsi, all’esito della camera di consiglio del 2 luglio 2019 fissata per la trattazione della domanda cautelare, venivano decisi con sentenze in forma semplificata n. 8843 e 8827 del 4 luglio 2019, con declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, con sentenza n. 8655 del 2019 – emessa dal TAR in un giudizio analogo trattato nella medesima camera di consiglio – il concorso era stato annullato in ragione dell’acclarata situazione di incompatibilità in cui versavano alcuni componenti della Commissione esaminatrice, con conseguente caducazione degli atti adottati.
La sentenza n. 8655 del 2019, assunta a fondamento della declaratoria di improcedibilità, veniva tuttavia appellata sia dal Ministero sia da alcuni controinteressati e veniva sospesa dal Consiglio di Stato con ordinanza cautelare n. 3541 del 21 luglio 2019.
Il Ministero completava, quindi, la procedura e approvava la graduatoria nazionale di merito con decreto dirigenziale, prot. n. 1205 del 1° agosto 2019, pubblicato sul sito istituzionale in pari data: atto che le odierne appellanti impugnavano, con ricorso autonomo, innanzi al TAR Lazio.
In conseguenza di quanto sopra le appellanti, al fine di non vedere pregiudicate le proprie ragioni in caso di accoglimento dell’appello avverso la sentenza n. 8655 del 2019, hanno impugnato le sentenze n. 8843/2019 e n. 8827/2019, censurando l’erroneità della declaratoria di improcedibilità del ricorso, con riproposizione dei motivi articolati e non esaminati in primo grado.
Nelle more è intervenuta la sentenza della Sez. VI di questo Consiglio, n. 395 del 12 gennaio 2021, che, in riforma della sentenza del TAR Lazio n. 8655 del 2019, ha respinto il ricorso di primo grado.
Il Ministero intimato si è costituito nel presente grado di giudizio solo formalmente.
All’udienza pubblica del 14 giugno 2022 le cause sono state trattenute per la decisione.
2. Deve essere in primo luogo disposta la riunione dei due appelli RG 1818/2020 e RG 1836/2020, relativi a decisioni concernenti l’impugnazione in primo grado di provvedimenti della medesima Amministrazione del tutto analoghi e contenenti censure pressoché coincidenti, caratterizzati dunque da connessione parzialmente oggettiva e soggettiva
Nel suo gravame ciascun’appellante ha lamentato, in primo luogo, l’erroneità della pronuncia adottata dal TAR, poiché in essa i giudici di prime cure non avrebbero tenuto conto del fatto che la sentenza n. 8655/2019 del medesimo Tribunale, che aveva annullato in toto il concorso, avrebbe potuto essere impugnata dall’Amministrazione e riformata dal Consiglio di Stato.
Tali censure, mosse avverso la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, sono fondate (nei termini già evidenziati da alcune pronunce della Sez. VI: 8 luglio 2021, n. 5199 e 15 febbraio 2021, nonché di questa Sezione: 22 marzo 2022, n. 2086), in quanto:
- affinché si verifichi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, occorre che sopraggiunga, nel corso del giudizio, una situazione tale da rendere certa e definitiva l’inutilità di una eventuale sentenza di accoglimento;
- l’indagine tesa a verificare il sopravvenuto difetto di interesse deve essere condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in una ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito;
- nel caso di specie, la sopravvenienza delle sentenze (nn. 8655 del 2019 e n. 8670 del 2019), con le quali il TAR, nell’ambito di cause parallele intentate da altri ricorrenti, aveva annullato la procedura concorsuale per un ritenuto vizio di composizione della commissione in seduta plenaria in occasione della fissazione dei criteri valutativi, giammai poteva ritenersi idonea a determinare la cessazione dell’interesse alla decisione del ricorso proposto dall’odierna appellante, poiché, per un verso, si trattava di sentenze non ancora passate in giudicato con la conseguente non definitività dell’effetto annullatorio (infatti, le richiamate sentenze sono state appellate e riformate con le sentenza n. 395 del 2021 e n. 396 del 2021, con il conseguente venir meno dell’effetto caducatorio dell’intera procedura che, secondo il TAR, avrebbe determinato la sopravvenuta carenza di interesse);per altro verso, l’utilità perseguita dall’appellante era, in via principale, volta ad ottenere l’ammissione alle prove orali e, soltanto in via subordinata, all’annullamento dell’intera procedura, con la conseguente violazione anche del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Pertanto deve essere riformata la statuizione d’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse, con la conseguenza che, non ricorrendo una delle ipotesi tassative di annullamento con rinvio disciplinate dall’art. 105, comma 1, c.p.a., devono essere esaminati i motivi del ricorso di primo grado, quali riproposti dalla appellante in appello e sui quali il TAR non si è pronunciato.
3. Nel passare all’esame dei riproposti motivi di primo grado (alcuni dei quali definitivamente già respinti con la sentenza di questo Consiglio n. 395 del 2021 e con la sentenza del T.A.R. Lazio n. 8655 del 2019 nella parte non riformata), si osserva che censure di tenore in parte analogo, formulate in ricorsi afferenti alla medesima procedura, sono state già delibate e ritenute infondate con i precedenti innanzi richiamati (n. 5199/2021;n. 1356/2021;n. 2086/2022;cfr. anche n. 1020/2021), dai quali il Collegio non ravvisa motivi per discostarsi e alle cui motivazioni fa riferimento per respingere le omologhe censure formulate con il ricorso introduttivo nel giudizio in esame.
Il Collegio evidenzia, inoltre, che le censure riproposte vengono di seguito esaminate in relazione al loro contenuto, stante la ripetitività dei profili di contestazione, rilevandosi che medesime doglianze sono state reiterate in più parti del ricorso in appello.
4. Tali doglianze possono così schematicamente riassumersi:
a) nell’espletamento della prova scritta si sarebbero verificate gravissime anomalie del sistema informatico predisposto dal Ministero e delle apparecchiature informatiche presenti nelle diverse sedi di concorso (funzioni taglia copia, incolla disabilitate, layout grafico “fuorviante, barra spaziatrice difettosa, tasti danneggiati, tasto shift “incantato” caratteri di dimensioni diverse tra le postazioni, correttore automatico disabilitato, assenza di report finale, salvataggio non automatico – necessità di pigiare “conferma e procedi”);a questi problemi si sarebbero aggiunte altre criticità, come decisioni disomogenee dei Commissari sull’uso dei testi di legge, prove non simultanee sul territorio nazionale, prove di lingua straniera a difficoltà differenziate, quesiti strutturati come “casi”, elaborato della ricorrente corretto da una delle Sottocommissioni risultate “più severe”, mancato salvataggio di alcune integrazioni apportate dai candidati ai loro elaborati;
b) disparità di trattamento dei partecipanti al concorso che avevano sostenuto la prova scritta nella data originariamente rispetto ai candidati sardi, che avevano goduto di un rinvio della prova che avrebbe dovuto essere “unica” su tutto il territorio nazionale. I candidati sardi avrebbero potuto calibrare la loro preparazione sui quadri di riferimento pubblicati il giorno prima della prova scritta nazionale e sui quesiti estratti e non estratti in questa, in violazione della par condicio;
c) violazione del principio di trasparenza, in quanto il Ministero avrebbe impedito ai concorrenti l’accesso alle prove nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione dei risultati, 27 marzo 2019, consentendolo solo in modo parziale dal 9 maggio 2019;violazioni del principio dell’anonimato, in quanto il codice fiscale del candidato sarebbe stato visibile sin dal momento della creazione del file secondo l’analisi di un tecnico informatico di parte, incongruenze nelle date di formazione delle schede di valutazione e dei verbali, impossibilità per i rappresentanti sindacali di assistere alle operazioni di scioglimento dell’anonimato;
d) disomogeneità valutative e successive rettifiche dei giudizi da parte della Commissione, incongruenza dei tempi di correzione;illegittima composizione del Comitato tecnico-scientifico che aveva preparato le tracce, incompatibilità di alcuni commissari per lo svolgimento di attività formative nell’anno precedente o per aver ricoperto cariche politiche.
5. Le suddette censure non sono fondate e devono essere respinte.
Infondate si rivelano in particolare, in primo luogo, le deduzioni articolate con il primo motivo riproposto con il ricorso in appello, incentrate su asserite problematiche informatiche, incidenti anche sul tempo di 150 minuti assegnato ai candidati per la redazione dell’elaborato oltre che relativamente al salvataggio automatico delle risposte, in quanto:
- si tratta di doglianze prive di congrue evidenze a supporto;
- se effettivamente il sistema informatico avesse fatto registrare anomalie, sarebbe stato onere dell’appellante rappresentare tale circostanza alla commissione o al personale di assistenza presente alla prova e pretendere una verbalizzazione sul punto;
- per altro verso, le postazioni dotate di attrezzature informatiche e munite dell’applicativo software del concorso, messe a disposizione dei candidati, erano state più volte collaudate (come evidenziato nella relazione ministeriale prodotta agli atti del giudizio di primo grado dalla Difesa erariale) da tecnici individuati dalle amministrazioni scolastiche (cfr. sentenza n. 5199 del 2021);
- i lamentati “malfunzionamenti” del sistema appaiono invece riconducibili alla erronea applicazione delle impostazioni generali del programma (di per sé tecnicamente corrette), imputabile al singolo concorrente, tant’è che il funzionamento dell’applicativo utilizzato risulta essere stato illustrato in anticipo a tutti i concorrenti attraverso le istruzioni pubblicate sul sito istituzionale del MIUR unitamente ad un video esplicativo della procedura, mentre le segnalazioni al servizio di assistenza pervenute da alcuni candidati si sono rivelate riconducibili non già a disfunzioni del sistema, ma all’erroneo uso della piattaforma da parte degli stessi candidati (v. la citata relazione ministeriale);
- dalla documentazione agli atti del giudizio di primo grado emerge l’adeguatezza del sistema informatico utilizzato, peraltro caratterizzato dalla dotazione di particolari accorgimenti anche grafici idonei a renderne agevole l’utilizzo, con l’ulteriore rilievo che l’applicativo è stato il medesimo per tutti i candidati, dovendosi escludere e non risultando, comunque, comprovata una incidenza pregiudizievole per l’appellante.
6. Generiche e prive, anche in tal caso, di idonei elementi a comprova, si palesano, inoltre, le deduzioni articolate attraverso l’elencazione di una serie di aspetti riferiti all’asserito svolgimento della prova.
Il Collegio, ritiene, nondimeno, di rilevare l’infondatezza delle censure formulate, in quanto la doglianza relativa all’asserita applicazione di un diverso metro di valutazione circa l’uso dei testi ammessi quale disciplinato dall’art. 13, comma 8, della lex specialis e dalle indicazioni generali diramate il 18 settembre 2018, si presenta sfornita anche solo di un idoneo principio di prova, non avendo la ricorrente allegato e provato elementi precisi, circostanziati e concordanti a sostegno della dedotta disparità: né in ordine all’asserito diverso operato dei vari comitati di vigilanza o delle varie commissioni di esame, né in ordine alla relativa incidenza causale, concreta e specifica, sull’esito negativo delle prove da essi sostenute.
7. Infondati sono, parimenti, i profili di censura relativi alla formulazione dei quesiti sottoposti ai candidati sub specie di “risoluzione di casi”, in asserita violazione delle previsioni del bando, e dei quesiti in lingua straniera, in quanto la lex specialis non era affatto ostativa alla formulazione di quesiti strutturati come “casi”, a prescindere dal rilievo che, nella specie, i cosiddetti “studi di casi” non consistevano in altro che nella descrizione delle azioni del dirigente scolastico nella situazione e nel contesto individuati dai quesiti somministrati, risolvendosi quindi in domande ‘classiche’ a risposta aperta.
Deve anche evidenziarsi, al riguardo, per completezza, che sia il D.M. 138/2017 e il DDG 1259/2017 si limitano a stabilire a grandi linee l’articolazione della prova scritta e le materie di esame, demandando al Comitato tecnico scientifico la redazione sia dei quesiti che dei quadri di riferimento in base ai quali sono costruite e valutate tutte le prove. In tale quadro, i cd. “studi di casi” denunciati dall’appellante come estranei alla lex specialis del concorso risultano, in realtà, coerenti con la disciplina dettata per la prova scritta, e, corrispondendo ad una semplice modalità di somministrazione dei quesiti ai candidati atta a permettere loro di meglio descrivere le azioni del dirigente scolastico nella situazione e nel contesto individuati, sono immuni dai dedotti vizi. (cfr. la sentenza di questa Sezione n. 1324 del 2022).
8. Relativamente alla circostanza che le risposte fornite dalla ricorrente ad alcuni quesiti non sarebbero state salvate dal sistema informatico si rinvia a quanto esposto al capo 5 della presente decisione.
9. Parimenti destituito di fondamento è il motivo con cui si deduce la violazione del principio di unicità della prova.
Occorre premettere, in linea di fatto che, come da avviso pubblicato sulla G.U.R.I. n. 73 del 14 settembre 2018, la prova scritta del concorso per dirigenti scolastici si è svolta in data 18 ottobre 2018 e, per i soli candidati della regione Sardegna, in data 13 dicembre 2018. Infatti, questi ultimi non avevano potuto sostenere la prova scritta il 18 ottobre 2018 a seguito dell’ordinanza del sindaco di Cagliari n. 62/2018 (pubblicata nella tarda serata del 17 ottobre 2018) con cui era stata disposta la chiusura, per allerta meteo, di tutte le scuole di ogni ordine e grado e degli uffici pubblici siti nel comune per l’intera giornata del 18 ottobre 2018.
L’art. 8, comma 12, del bando prevede che, qualora, “per cause di forza maggiore sopravvenute, non sia possibile l’espletamento della prova scritta nella giornata programmata, ne viene stabilito il rinvio”, il che, evidentemente, implica una possibilità di deroga al principio di unicità della prova, essendo altamente inverosimile che eventuali cause di forza maggiore impeditive dello svolgimento della prova riguardino simultaneamente tutte le sedi decentrate.
La deroga era, pertanto, ammessa dalla stessa lex specialis in casi eccezionali, tra i quali indubbiamente rientra l’improvvisa e imprevedibile chiusura delle scuole e degli uffici pubblici disposta dalla competente autorità locale per ragioni di forza maggiore, sicché, nella specie, risulta ampiamente giustificato lo slittamento delle prove limitatamente alla regione Sardegna.
Al contrario, irragionevole e sproporzionato si sarebbe rivelato lo slittamento della prova su tutto il territorio nazionale a cagione della oggettiva impossibilità di svolgimento, nella data prestabilita, in una sola regione per la sopravvenuta imprevedibile indisponibilità della relativa sede.
A ciò si aggiunga la carenza di allegazione e di prova sia in ordine all’indebito vantaggio, concreto e specifico, di cui avrebbero fruito i concorrenti sardi (alla luce della comprovata diversità delle domande sottoposte ai candidati nella sessione del dicembre 2018, atteso che il comitato tecnico scientifico risulta aver predisposto differenti prove per le due sessioni d’esame, garantendo l’equivalenza, per grado di difficoltà, dei quesiti e l’omogeneità di valutazione da parte delle commissioni esaminatrici in applicazione degli stessi quadri di riferimento relativi ai criteri), sia in ordine al pregiudizio, concreto e specifico, subito dall’odierna appellante e all’incidenza causale sull’esito negativo della prova da essa sostenuta (cfr. i precedenti di questa Sezione sopra richiamati).
10. Quanto alle rappresentate difficoltà nell’accesso agli atti della procedura, il Collegio ritiene sufficiente evidenziare che deve escludersi che le circostanze allegate integrino profili di illegittimità della procedura, prevedendo l’ordinamento specifiche tutele al fine di assicurare l’accesso documentale, non precluse all’appellante, non dispiegando alcuna incidenza ai fini in esame le tempistiche con le quali l’accesso è stato consentito.
11. Infondato è anche il motivo con cui si deduce la violazione del principio di anonimato.
Trattasi, invero, di prospettazione meramente ipotetica e priva di idoneo supporto probatorio, risultando per contro, come accertato nei richiamati precedenti, l’adozione delle seguenti modalità, proprio a garanzia dell’anonimato:
- all’inizio della prova, il candidato ha estratto da un’urna un modulo cartaceo su cui era stampato il codice anonimo (i codici sono stati stampati in numero triplo rispetto al numero dei candidati previsti);
- al candidato è stato consegnato anche un altro modulo cartaceo su cui erano stampati i propri dati anagrafici;
- entrambi i moduli sono stati controfirmati dal candidato;
- alla fine della prova, il candidato ha inserito sull’applicativo il codice anonimo, che è stato salvato nel tracciato record del file .BAC, criptato;
- sia il modulo cartaceo contenente il codice personale anonimo che quello contenente i dati anagrafici sono stati inseriti in una busta internografata sigillata;
- le buste di tutti i candidati sono state quindi riposte dal comitato di vigilanza in una busta A4, sigillata e siglata, a sua volta inserita in un plico A3, sui cui lembi di chiusura il comitato di vigilanza ha di nuovo apposto la firma e la data;
- tale materiale è stato consegnato in condizioni di massima sicurezza ai direttori degli uffici scolastici regionali e da questi recapitato al Ministero, affinché venissero presi in custodia dai carabinieri fino alla conclusione delle operazioni di correzione;
- l’associazione tra candidato e codice anonimo era conservata solo qui, in forma cartacea, dentro buste internografate e sigillate e sotto il controllo delle forze dell’ordine;
- il file .BAC (contenente il solo codice anonimo e non anche i dati anagrafici del candidato) è stato caricato attraverso un canale sicuro, garantito dalle credenziali del responsabile d’aula, sulla piattaforma Cineca, che ne ha controllato l’integrità (se anche un solo bit del file fosse stato danneggiato o mancante, il file sarebbe risultato indecifrabile e sarebbe stato segnalato un errore al responsabile d’aula);
- è altresì stato controllato che il codice anonimo contenuto nel file non fosse già stato caricato (infatti, due compiti non potevano avere lo stesso codice anonimo, altrimenti sarebbe stato segnalato un errore);
- una volta terminati tutti i caricamenti per ogni file .BAC in un database protetto, a cui può accedere il solo personale tecnico di Cineca autorizzato a gestire la procedura, sono state caricate le informazioni in esso contenute tra cui il codice anonimo e le risposte alle varie domande in ordine numerico;
- tutti i compiti sono stati quindi caricati in tale database e ad ogni compito è stato associato un numero progressivo di caricamento (univoco e non ricollegabile al codice anonimo);
- ogni compito quindi poteva essere identificato in base al codice anonimo e all’ID di caricamento;
- dopo la nomina di tutte le sotto-commissioni, ad ogni compito è stato associato casualmente un nuovo codice identificativo, ovvero un numero compreso tra 1 e 9.376 (corrispondente al numero totale dei compiti da correggere);
- quest’ultimo identificativo (corrispondente al codice presente sulla scheda di valutazione e a quello riportato all’interno dei verbali di correzione) era il solo visualizzato dalla commissione giudicatrice;
- ogni compito era quindi identificabile dal codice di correzione, dall’ID di caricamento e dal codice anonimo;
- quando una commissione accedeva alla piattaforma web per correggere i compiti, poteva visualizzare (come riscontrabile dai verbali) solo il codice di correzione del compito e le risposte in esso contenute, mentre non poteva in alcun modo risalire al codice anonimo associato al codice di correzione, poiché tale associazione era conservata unicamente nel (protetto) database Cineca, sicché la commissione non poteva accedere al codice anonimo e, in generale, all’identità del candidato;
- solo dopo aver assegnato i voti a tutti i compiti ed associato ad ogni compito la propria scheda di valutazione, è stato possibile accedere alla fase di scioglimento dell’anonimato;
- a tal fine, il presidente coordinatore, riunita la commissione in seduta plenaria, azionava il pulsante che segnalava l’inizio delle attività di scioglimento dell’anonimato;
- da tale momento, i voti e le schede di valutazione assegnati ai compiti sono divenuti immodificabili;
- a questo punto, la commissione ha proceduto all’apertura delle buste internografate ed ha riportato, sull’apposita funzione predisposta dalla piattaforma, solo l’associazione, riscontrata busta per busta, tra codice anonimo e dati anagrafici del candidato (codice fiscale, cognome e nome);
- questi dati sono stati salvati nel database Cineca;
- la commissione, in tale fase, era però all’oscuro del voto assegnato al compito, venendone a conoscenza solo tramite il codice di correzione e non attraverso il codice anonimo;
- pertanto la commissione, quando correggeva i compiti, non aveva accesso ad alcuna informazione riguardante i candidati, e quando caricava in piattaforma l’associazione candidato-compito (aprendo la busta internografata), non vedeva quale compito – e quindi quale voto – stava associando al candidato, con assoluta garanzia dell’anonimato;
- associati tutti i codici fiscali a tutti i codici anonimi, si aveva quindi accesso al riepilogo dei risultati (solo in questo momento, sul database Cineca, era presente l’associazione tra il codice fiscale del candidato e il codice anonimo e anche quella tra il codice anonimo e il compito e quindi il voto), sulla cui base è stata predisposta la lista degli ammessi alla prova orale.
Tali circostanze non risultano scalfite né superate dalle allegazioni dell’appellante.
12. Quanto alle ulteriori deduzioni concernenti le attività di correzione, in conformità ai richiamati e condivisi precedenti di questo Consiglio, da intendersi richiamati anche ai sensi e per gli effetti dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a., si evidenzia che:
- l’argomentazione incentrata sulla circostanza che la Sottocommissione n. 30 avrebbe rivalutato gli scritti di alcuni candidati in considerazione del punteggio positivo ottenuto nella prova di lingua straniera, fermo restando che si è trattato di mera correzione di un errore riscontrato nella redazione degli elenchi, risulta formulata in modo generico;
- anche relativamente all’operato di altre Sottocommissioni indicate non consta che siano state apportate modifiche sostanziali, non essendo preclusa la correzione di meri errori materiali riscontrati nei verbali;
- la previsione in sede di seduta plenaria della Commissione di un tempo di durata della correzione di ogni prova ha costituito una indicazione di massima fornita allo scopo di uniformare le operazioni di valutazione tra le varie commissioni, basata sulla stima, effettuata ex ante , del tempo in astratto necessario ad esaminare un elaborato, dipendendo poi il tempo effettivamente impiegato per la valutazione della singola prova e la congruità dello stesso in concreto dalla consistenza degli elaborati e dalle problematiche di correzione eventualmente riscontrate in ciascuno, dovendosi, dunque, confermare il consolidato e condiviso orientamento secondo cui non sono sindacabili in sede di legittimità i tempi dedicati dalla commissione esaminatrice di un pubblico concorso o di un giudizio idoneativo alla valutazione delle prove di esame dei candidati, poiché, di norma, non è possibile stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggior o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato (cfr. sentenza n. 395/2021, cit.).
Il Collegio rileva, altresì, anche per completezza di trattazione, che:
- la datazione delle schede di correzione, quand’anche mancante, si risolverebbe in una mera irregolarità inidonea ad inficiare l’intera procedura;
- irrilevante è la circostanza che le Sottocommissioni, prima della correzione dei compiti, fossero già a conoscenza del punteggio attribuito automaticamente dalla piattaforma ai quesiti in lingua straniera, in quanto il sistema di correzione dei quesiti in lingua straniera era automatizzato né le Sottocommissioni potevano avere cognizione del nominativo del candidato cui era stato attribuito il punteggio dalla piattaforma;
- la circostanza che nelle varie Sottocommissioni vi siano state percentuali di ammessi/bocciati eccessivamente disomogenee non è di per sé indice di condizioni oggettivamente diverse di svolgimento della procedura nelle varie sedi concorsuali, come preteso dalla ricorrente, perlato in assenza di dati certi e verificabili;
- difformità nell’operato delle Sottocommissioni su profili marginali risultano inidonei ad inficiare la legittimità della procedura;
- generica si rileva l’argomentazione incentrata sulla sostituzione di componenti delle sottocommissioni, tanto più tenuto conto dei criteri e dei parametri di valutazione predeterminati.
13. Si evidenzia, a tale riguardo, che i criteri di valutazione sono stati esaustivamente esplicitati.
L’attività di individuazione dei criteri di valutazione nell’ambito di una procedura concorsuale è frutto, inoltre, dell’ampia discrezionalità amministrativa di cui è fornito l’organo tecnico per lo svolgimento della propria funzione, dovendosi escludere che le relative scelte siano assoggettabili al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, impingendo esse il merito dell’azione amministrativa, salvo che non siano ictu oculi inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamenti dei fatti, nella specie da escludere. Pertanto, in assenza di un rilevante scostamento dai detti canoni di coerenza, le scelte operate dalla commissione appaiono immuni dai dedotti vizi. Infatti, l’introduzione di una pluralità di criteri, specificati per indicatori e descrittori, con correlazione a scale numeriche di riferimento, non solo non può ritenersi irragionevole e arbitraria ma persegue due finalità virtuose, per un verso autolimitando il potere discrezionale della commissione nella successiva valutazione degli elaborati, e per altro verso rendendo più compiutamente ricostruibile il percorso seguito dalla commissione esaminatrice nell’attribuzione del voto, in piena aderenza al principio di trasparenza. Quanto esposto esclude, pertanto, la sussistenza dei contestati vizi.
14. Infondata è anche la censura riferita alla composizione del comitato tecnico scientifico, risultando a tal fine dirimente il rilievo che, come attestato nella già richiamata relazione ministeriale prodotta nel giudizio di primo grado dalla Difesa erariale: il dott. L M non consta aver partecipato ai lavori di detto comitato, in quanto membro supplente, dovendosi, quindi, escludere, in assenza del suo coinvolgimento nelle attività dell’organo collegiale, la vulnerazione delle finalità sottese alla preclusione precisata nel D.M. n. 1015 del 2017;il dott. Sciascia, dirigente di II fascia presso l’allora direzione generale per lo studente, non risultava, poi, avere alcun incarico nell’organo di direzione politica dell’amministrazione, secondo quanto evincibile dal curriculum vitae pubblicato sul sito del Ministero;i dottori Maria Teresa Stancarone, Anna Maria Di Nocera e Andrea Marchetti, subito dopo la nomina a componenti del Comitato tecnico scientifico con D.M. 1015 del 22 dicembre 2017, hanno comunicato all’amministrazione la sussistenza di condizioni personali ostative all’incarico ed hanno rassegnato le proprie dimissioni in data 17 gennaio 2018 (dott.sse Stancarone e Di Nocera) e in data 15 gennaio 2018 (dott. Marchetti), sicché non hanno assunto le relative funzioni.
Relativamente ai medesimi profili di contestazione concernenti altri soggetti componenti la Commissione, il Collegio rileva l’inammissibilità per genericità delle censure, difettando peraltro pertinenti e idonee allegazioni a supporto. Al riguardo possono comunque richiamarsi le argomentazioni già svolte sui medesimi componenti dell’organo valutativo nella sentenza del Consiglio di Stato n. 395/2021.
15. Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all'esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso. Conclusivamente, il ricorso di primo grado deve essere respinto integralmente, così come le istanze istruttorie reiterate dall’appellante anche in secondo grado, relative a documenti e circostanze irrilevanti sulla presente fattispecie.
16. In considerazione della particolarità delle questioni trattate, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.