Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-12-10, n. 202007879
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Pubblicato il 10/12/2020
N. 07879/2020REG.PROV.COLL.
N. 03897/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3897 del 2020, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’Avvocato M C e dall’Avvocato P C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, e Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, in persona del Prefetto
pro tempore
, entrambi rappresentati e difesi
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza -OMISSIS- del 9 dicembre 2019 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. I, resa tra le parti, concernente il ricorso di primo grado aveva ad oggetto l’impugnazione della nota interdittiva Antimafia disposta a carico dell’attuale appellante
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2020 il Consigliere Massimiliano Noccelli, mentre nessuno è comparso le parti, che non hanno chiesto di discutere oralmente la causa da remoto;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il 10 febbraio 2017 l’odierna appellante, -OMISSIS-, ha presentato all’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta l’istanza di iscrizione nella white list per l’attività di -OMISSIS-, iniziativa a cui faceva seguito l’iscrizione della medesima in via provvisoria nell’Anagrafe antimafia degli esecutori.
1.1. Il successivo 1° giugno 2018 è stato tuttavia comunicato a -OMISSIS- preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10- bis della l. n. 241 del 1990, riscontrato con osservazioni difensive della società.
1.2. Il procedimento si è concluso con l’adozione di un provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione datato 14 novembre 2018, seguito dal decreto del 16 novembre 2018 di revoca dell’iscrizione e cancellazione dall’Anagrafe antimafia.
2. Avverso tali provvedimenti ha proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, -OMISSIS- chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari.
2.1. Con l’ordinanza presidenziale -OMISSIS- del 21 dicembre 2018 si disponeva l’acquisizione degli atti del procedimento antimafia, a tanto ottemperando l’amministrazione con deposito documentazione in data 27 dicembre 2018.
2.2. Si è costituito nel primo grado del giudizio l’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta.
2.3. Alla camera di consiglio del 9 gennaio 2019 la causa è stata cancellata dal ruolo cautelare.
2.4. In data 26 febbraio 2019 la società ricorrente ha proposto motivi aggiunti, conseguenti al deposito in giudizio in esito all’incombente istruttorio.
2.5. All’udienza pubblica del 25 settembre 2019, in vista della quale parte ricorrente ha depositato una memoria, la causa è stata trattenuta per la decisione.
2.6. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, con la sentenza -OMISSIS- del 9 dicembre 2019, ha respinto il ricorso.
3. Avverso tale sentenza ha proposto appello -OMISSIS-, articolando sette motivi di ricorso che di seguito saranno esaminati, e ne ha chiesto la riforma, con il conseguente annullamento degli atti gravati in prime cure.
3.1. Si è costituito il Ministero dell’Interno per chiedere la reiezione dell’appello, di cui ha eccepito l’infondatezza.
3.3. Nell’udienza del 19 novembre 2020, fissata ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, il Collegio, sulla base degli scritti e delle note difensive, ha trattenuto la causa in decisione.
4. L’appello è infondato.
5. L’odierna appellante, -OMISSIS-, ha impugnato il decreto -OMISSIS- del 14 novembre 2918 con cui l’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta ha respinto la sua istanza di iscrizione nella c.d. white list provinciale nonché il decreto -OMISSIS- del 16 novembre 2018 con cui il Ministero dell’Interno ha revocato l’iscrizione della ricorrente nell’Anagrafe antimafia degli esecutori disponendone la cancellazione a seguito dell’adozione del primo provvedimento interdittivo.
5.1. A sostegno del provvedimento di diniego di iscrizione sono stati addotti i seguenti elementi indiziari.
5.2. -OMISSIS- il 23 ottobre 2010 aveva acquistato un ramo di azienda di -OMISSIS-, il cui amministratore è -OMISSIS- e, inoltre, -OMISSIS-, socia unica di -OMISSIS-, è anche socia della -OMISSIS-, il cui amministratore è lo stesso -OMISSIS-.
5.3. Ancora, il predetto è anche amministratore di -OMISSIS-, destinataria di provvedimento del 1° giugno 2018 di diniego di iscrizione alla white list in considerazione del « rapporto di cointeressenza sociale intercorrente tra quest’ultimo e -OMISSIS- (peraltro legata anche da vincoli familiari), condannata dalla Suprema Corte di Cassazione 1° Sezione (Sentenza n. -OMISSIS-) anche al pagamento delle spese processuali in relazione al rigetto del ricorso avverso l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro dei beni e successiva confisca ai sensi normativa antimafia », in quanto « le indagini svolte - secondo la Corte di appello - avevano pienamente confermato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che avevano concordemente affermato che -OMISSIS-, dopo il periodo di sottoposizione alla prima misura di prevenzione, aveva continuato a gestire, mediante la fittizia interposizione di -OMISSIS- e -OMISSIS-, le società con il sistema storico dell’accordo sinallagmatico con il -OMISSIS- », sicché la stessa Corte ha respinto i motivi di ricorso presentati in favore di -OMISSIS- e -OMISSIS-, con condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali.
5.4. Ulteriore circostanza indiziaria ha riguardato -OMISSIS-, amministratore unico della società -OMISSIS-, tra l’altro -OMISSIS- di -OMISSIS-, che figurava tra i soci costituenti di -OMISSIS- di cui era stata anche amministratrice fino all’agosto 2009.
5.5. In esito alle osservazioni endoprocedimentali dell’odierna appellante, poi, l’amministrazione ha ulteriormente evidenziato che « -OMISSIS- è pietra angolare della vasta articolazione societaria che, attraverso -OMISSIS-, socio unico della -OMISSIS-, in rapporti mediati di cointeressenze con -OMISSIS- ed il -OMISSIS- -OMISSIS-, per i quali, entrambi, la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. -OMISSIS- ha rigettato i motivi di appello, in quanto le indagini svolte – secondo la Corte d’Appello - avevano pienamente confermato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che avevano concordemente affermato che -OMISSIS-, dopo il periodo di sottoposizione alla prima misura di prevenzione, aveva continuato a gestire mediante la fittizia interposizione di -OMISSIS- e -OMISSIS-, le società con il sistema storico dell’accordo sinallagmatico con il -OMISSIS-” ».
5.6. E, ancora, « riguardo alle osservazioni per cui la -OMISSIS- non avrebbe presentato bilancio negli ultimi anni, e che è stata posta in liquidazione soltanto -OMISSIS-, tale considerazione non assume rilievo dirimente in senso favorevole al richiedente » e, anzi, « la suddetta messa in liquidazione con contestuale nomina di -OMISSIS- quale liquidatore, appare sintomatica del tentativo di eliminare formalmente il legame di cointeressenza con la -OMISSIS- », in quanto « l’atto di messa in liquidazione della -OMISSIS- è immediatamente successivo alla ricezione del preavviso di rigetto della presente iscrizione nella white list».
5.7. A ciò si aggiunga, come ha rilevato il provvedimento prefettizio, che l’altro rapporto di cointeressenza, « quello tra -OMISSIS- ed -OMISSIS-, non è limitato alla -OMISSIS- ma si estende anche alla -OMISSIS-, tuttora operativa, di cui quest’ultima è socia -OMISSIS- ».
6. Secondo il primo giudice, la valutazione di permeabilità mafiosa è fondata sull’esistenza di una serie di rapporti personali tra soci ed amministratori tra loro legati da vincoli familiari, le cui imprese di riferimento risultano pertanto collegate a vario titolo, e facenti capo a -OMISSIS-, ritenuto veicolo di contaminazione con ambienti criminali, circostanza emergente dal ruolo e delle vicende giudiziarie di -OMISSIS- e del -OMISSIS- -OMISSIS-.
6.1. Nel presente giudizio il Collegio di prime cure ha ritenuto che il quadro indiziario sia validamente costituito sia dall’esistenza di vincoli familiari che intercorrono tra persone titolari di cariche e di quote di partecipazione in più d’una impresa, quali -OMISSIS- e -OMISSIS-, sia dalla formazione di una rete di imprese collegate e nel complesso facenti capo a -OMISSIS-, soggetto legato a persone, quali -OMISSIS- e -OMISSIS-, ritenuti responsabili della gestione, mediante interposizione fittizia, di società con il sistema storico dell’accordo sinallagmatico con il -OMISSIS-.
6.2. Il Tribunale ha osservato che il giudizio di condizionamento mafioso non si è fondato sulla sola esistenza di vincoli di parentela di -OMISSIS- con -OMISSIS- e -OMISSIS-, costoro ritenuti autori di comportamenti di interposizione fittizia in favore di sodalizi criminali locali, nonché con il -OMISSIS- -OMISSIS-, amministratore di -OMISSIS-, ma sulla più ampia ipotesi di plurime relazioni personali e societarie, il cui perno centrale è costituito dalla figura di -OMISSIS-, a cui farebbero capo tutte le società collegate.
6.3. All’esito della propria valutazione, dunque, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, ha ritenuto « non implausibile l’ipotesi che -OMISSIS- possa essere ritenuto, come supposto nel provvedimento impugnato, soggetto protagonista di vicende di favoreggiamento di sodalizi criminali anche attraverso le società che a lui si è ritenuto facciano capo ».
7. Le motivazioni del primo giudice, così riassunte, sono tuttavia contestate dalla società appellante con una serie di analitiche censure – ben sette – che, secondo quanto ora si dirà, non meritano accoglimento.
8. Con un primo motivo (pp. 11-13 del ricorso), anzitutto, l’odierna appellante il vizio istruttorio che affliggerebbe i provvedimenti impugnati per non avere la Prefettura valutato tutti gli elementi dedotti dalla società in sede procedimentale e, soprattutto, per non avere disposto l’audizione personale del legale rappresentante di -OMISSIS-, pur richiesta dalla stessa società.
8.1. Il motivo è destituito di fondamento perché, come ha rilevato il primo giudice, la Prefettura ha valutato gli elementi addotti dalla società in sede procedimentale, ritenendoli non decisivi a smentire il grave quadro di infiltrazione mafiosa sin qui ricostruito, mentre non ha disposto l’audizione, che è meramente facoltativa, perché ha evidentemente ritenuto che essa non avrebbe potuto apportare elementi utili, appunto, per la ricostruzione del quadro indiziario.
9. Con il secondo motivo (pp. 13-20 del ricorso), ancora, l’appellante insiste nel rilievo, già confutato dal primo giudice, secondo cui il provvedimento interdittivo si fonderebbe solo sul rapporto parentale tra -OMISSIS- e -OMISSIS-, quale soggetto “controindicato”, e su null’altro, sicché non si comprenderebbe come -OMISSIS- possa influenzare la gestione di -OMISSIS-
9.1. Anche questo motivo, tuttavia, è infondato perché, al contrario di quanto deduce l’appellante, tralascia di considerare che, ad esempio, -OMISSIS- è altresì socia di -OMISSIS-, di cui è socio lo stesso -OMISSIS-, sicché emerge chiaramente un fitto intreccio di rapporti non solo parentali, ma anche di compartecipazioni societarie che legano l’odierna appellante, per via dei suoi soci, alla figura di -OMISSIS-, quale tramite di soggetti direttamente operanti per conto del -OMISSIS-, con grave rischio di inquinamento mafioso non, si badi, per mero contagio, ma per infiltrazione diretta.
10. Con il terzo motivo (pp. 20-23 del ricorso), ancora, l’appellante deduce che la presunta cointeressenza tra -OMISSIS- e -OMISSIS-, che sarebbe l’unico elemento da cui è scaturita, a suo dire, la “reazione a catena” che ha colpito l’appellante, oltre ad essere infondata, in quanto risalente ad una compartecipazione societaria in -OMISSIS-, ormai inattiva da -OMISSIS- e già da tempo in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese qualche anno fa, riguarderebbe comunque soggetti del tutto estranei alla compagine di -OMISSIS-
10.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento perché, come ha bene osservato la sentenza impugnata anche sulla scorta delle motivazioni contenute nel provvedimento interdittivo, anzi, « la suddetta messa in liquidazione con contestuale nomina di -OMISSIS- quale liquidatore, appare sintomatica del tentativo di eliminare formalmente il legame di cointeressenza con la -OMISSIS- », in quanto « l’atto di messa in liquidazione della -OMISSIS- è immediatamente successivo alla ricezione del preavviso di rigetto della presente iscrizione nella white list».
10.2. A ciò si aggiunga, come ha rilevato il provvedimento prefettizio, che l’altro rapporto di cointeressenza, « quello tra -OMISSIS- ed -OMISSIS-, non è limitato alla -OMISSIS- ma si estende anche alla -OMISSIS-, tuttora operativa, di cui quest’ultima è socia -OMISSIS- ».
11. Con il quarto motivo (pp. 28-32 del ricorso) l’odierna appellante deduce che l’informazione antimafia emessa nei suoi confronti sarebbe l’effetto, a cascata, dell’informazione antimafia emessa nei confronti di -OMISSIS-, amministrata da -OMISSIS-, che ha a sua volta, peraltro, impugnato il provvedimento emesso nei suoi riguardi.
11.1. Anche questa censura è tuttavia infondata perché, per quanto sin qui si è rilevato, -OMISSIS- è stata colpita dal provvedimento interdittivo non per avere, come essa afferma, subito gli effetti “a cascata” dell’informazione emessa nei confronti di -OMISSIS-, bensì per i rapporti diretti di cointeressenza economica e compartecipazione societaria, oltre che per i legami parentali, dei suoi soci con -OMISSIS-, soggetto fortemente contiguo a logiche e soggetti compromessi con la criminalità camorristica.
11.2. La circostanza che i due soci siano incensurati è del tutto irrilevante perché, come noto, le consorterie mafiose si servono spesso di soggetti incensurati per infiltrare l’attività economica senza destare sospetto o richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine.
11.3. Né è condivisibile l’assunto dell’appellante secondo cui -OMISSIS- pagherebbe lo scotto – p. 31 del ricorso – per avere costituito una società, -OMISSIS-, attinta da condanne penali, perché ben altri sono gli elementi indiziari sussistenti a suo carico, seppure nell’ottica preventiva, che qui sola rileva, a fronte dei suoi collegamenti con soggetti fortemente compromessi con il -OMISSIS-.
12. Con il quinto motivo (pp. 32-35 del ricorso) -OMISSIS- rileva che la sentenza impugnata non avrebbe considerato che nessuno dei soci o degli amministratori è attinto da pregiudizi penali o da controindicazioni, come prevede l’art. 85 del d. lgs. n. 159 del 2011 che estende le indagini dell’autorità solo a determinati soggetti, mentre il riferimento a -OMISSIS- e -OMISSIS- sarebbe del tutto irrilevante, perché essi sarebbero soggetti terzi rispetto alla società e che non avrebbero alcuna influenza sulla gestione della stessa, sicché detti soggetti non sarebbero in grado – né ciò è stato comprovato dalla Prefettura – di determinare le scelte e gli indirizzi dell’impresa.
12.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento, perché, al contrario, l’esistenza di plurimi rapporti tra i soci di -OMISSIS- e -OMISSIS- lascia intravedere il rischio, più che probabile (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105), di una conduzione familiare o regìa collettiva, nel governo della società, riconducibile anche a -OMISSIS- e, con ciò, il pericolo altissimo di infiltrazione mafiosa.
13. Con il sesto motivo (pp. 36-41 del ricorso) gli odierni appellanti lamentano che sarebbe mancata una valutazione complessiva sulla figura di tutti i soci di -OMISSIS-, sulla loro famiglia di origine, sulla storica ed integerrima gestione che, se adeguatamene effettuata, avrebbe certamente escluso il pericolo del condizionamento mafioso da parte dell’appellante, specie in considerazione del fatto che non sussistono indizi che lasciano solo sospettare di una possibile intromissione di -OMISSIS- e -OMISSIS-.
13.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento perché, come si è visto, il provvedimento prefettizio e, sulla sua scorta, la sentenza impugnata hanno bene individuato, all’esito di una scrupolosa istruttoria, gli elementi che rivelano una cointeressenza di interessi, al di là dei legami familiari, tra i soci di -OMISSIS- e -OMISSIS- e il conseguente rischio di inquinamento mafiosa che ne discende anche a carico di -OMISSIS-
14. Con il settimo e ultimo motivo (pp. 41-42 del ricorso), infine, l’appellante denuncia che gli elementi riportati dalla Prefettura difetterebbero di attualità perché gli ultimi contatti tra -OMISSIS-, ritenuto veicolo di infiltrazione mafiosa, e -OMISSIS- risalirebbero a circa 10 anni fa, in quanto « le indagini svolte - secondo la Corte di appello - avevano pienamente confermato le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che avevano concordemente affermato che -OMISSIS-, dopo il periodo di sottoposizione alla prima misura di prevenzione, aveva continuato a gestire, mediante la fittizia interposizione di -OMISSIS- e -OMISSIS-, le società con il sistema storico dell’accordo sinallagmatico con il -OMISSIS- », con il conseguente persistere del pericolo infiltrativo, nonostante l’applicazione della prima misura di prevenzione, derivante dal fatto che -OMISSIS-, per il tramite anche di -OMISSIS- e -OMISSIS-, ha continuato a gestire il complesso di società riconducibili alla famiglia con il sistema storico dell’accordo sinallagmatico con il -OMISSIS-, sistema che non risulta abbia ma subito interruzioni, nel corso del tempo, o conosciuto elementi capaci di interrompere tale sodalizio in una fase più recente.
15. Discende da quanto detto che l’appello debba essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata, che ha correttamente ritenuto esistente, e attuale, il grave quadro indiziario di infiltrazione mafiosa a carico della società.
16. Le spese del presente grado del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’appellante.
16.1. Rimane definitivamente a carico di -OMISSIS- anche il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.