Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-11-08, n. 201105889

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-11-08, n. 201105889
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105889
Data del deposito : 8 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08641/2010 REG.RIC.

N. 05889/2011REG.PROV.COLL.

N. 08641/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8641 del 2010, proposto da:
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ENAC - Ente Nazionale Aviazione Civile- , in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono per legge domiciliati,;

contro

Gesac - Gestione Aeroporti Campani- s.p.a, in persona del legale rappresentante rappresentato e difeso dall'avv. E S, con domicilio eletto presso E S in Roma, via di Villa Albani, 12/A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA- SEZIONE III TER n. 13831/2010, resa tra le parti, concernente

DETERMINAZIONE DELLA TARIFFA PER IL CONTROLLO DEL

100% DEI

BAGAGLI DA STIVA RELATIVAMENTE AL PERIODO

1 febbraio 2003 – 3 giugno 2003 - RISARCIMENTO DANNI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Gesac - Gestione Aeroporti Campani- s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2011 il Consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti l'Avvocato dello Stato Corsini e l'Avvocato Nicolini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale del Lazio– Sede di Roma- ha parzialmente accolto il ricorso di primo grado proposto da Gesac - Gestione Aeroporti Campani s.p.a contro il decreto del Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti del 14 marzo 2003 con cui erano state introdotte disposizioni sul corrispettivo spettante per il servizio dei controlli di sicurezza sul 100% dei bagagli di stiva da applicarsi a cura dei gestori aeroportuali, e della nota dell’Ente nazionale per l’aviazione civile - ENAC dell’11 giugno 2003, con cui erano state comunicate le modalità di applicazione delle tariffe sul controllo del 100% dei bagagli da stiva e la loro decorrenza temporale, nonché degli atti connessi e collegati

La ricorrente aveva premesso di essere concessionaria sin dal 1980 della gestione aeroportuale dell’Aeroporto Internazionale di Napoli Capodichino e di avere stipulato con l’ENAC una convenzione avente ad oggetto la gestione totale del citato Aeroporto, ivi compresi il servizio di controllo di sicurezza sui bagagli.

Essa era destinataria del regolamento (CE) n. 2320/2002 del 16 dicembre 2002 (immediatamente applicabile dall’1 gennaio 2003 senza necessità di atti di recepimento) con il quale erano state introdotte norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, e si imponeva agli Stati membri di adottare in tutti gli aeroporti situati nei rispettivi territori determinate misure di sicurezza, tra cui il controllo del 100% dei bagagli da stiva (art. 13 del Regolamento)

In virtù di tale disposizione, la Direzione Circoscrizionale dell’Aeroporto di Napoli Capodichino, con ordinanza n. 3 del 4 febbraio 2003, aveva fissato l’attivazione del servizio di controllo obbligatorio di sicurezza sul 100% dei bagagli da stiva a decorrere dal 7 febbraio 2003.

L’odierna appellata aveva impugnato il detto provvedimento ministeriale del 14 marzo 2003 – e gli atti connessi- non contestando dell’importo tariffario applicabile al servizio de quo, ma la sua decorrenza e lamentando che, a fronte di un servizio reso obbligatoriamente a far data dal 7 febbraio 2003 era stata approvata una tariffa esigibile solo a far data dal 3 giugno 2003, secondo la nota in pari data di ENAC, ovvero a far data dal 26 giugno 2003, secondo la successiva nota ENAC dell’11 giugno 2003, senza concrete possibilità di recupero dei costi sostenuti nel periodo dal 7 febbraio 2003 al 3 giugno 2003, ovvero al 26 giugno 2003.

Aveva altresì domandato il risarcimento del danno subito in misura corrispondente ad una somma pari al costo sostenuto, e non remunerato, per l’attivazione del servizio de quo a partire dal 7 febbraio 2003 e sino al 26 giugno 2003.

Il Tribunale amministrativo ha in primo luogo ritenuto la sussistenza giurisdizione amministrativa, avendo la delibera impugnata natura di provvedimento amministrativo autoritativo, a fronte del quale la posizione dei destinatari aveva la consistenza di un interesse legittimo. Ha quindi preso in esame le doglianze dell’odierna appellata e ha respinto la domanda demolitoria: la riscontrata violazione di una norma procedimentale sull’esercizio del potere concretava un’illegittimità della’azione amministrativa: pur tuttavia, il contenuto dell’impugnato decreto 14/T era favorevole alla società originaria ricorrente, che non aveva interesse ad ottenerne l’annullamento (era semmai il ritardo a rilevare di per sé come violazione delle regole procedimentali);
il riscontrato, illegittimo ritardo nella emissione del provvedimento non poteva condurre quindi alla caducazione del decreto

La sentenza ha invece accolto la domanda risarcitoria, sussistendo la responsabilità extracontrattuale dell’amministrazione per i ritardi e gli atti dilatori del Ministero dei trasporti (quale autorità deputata a stabilire la remunerazione del servizio) e dell’ENAC (quale ente chiamato a svolgere l’istruttoria ai fini della determinazione dei corrispettivi). Ha quindi annullato l’impugnata nota dell’11 giugno 2003 (nella parte in cui limitava la remunerazione per il servizio ai titoli di viaggio emessi dalle 48 ore successive, per partenze dal 26 giugno in poi) e ha condannato l’ENAC e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in solido, al pagamento dell’importo relativo al servizio non remunerato all’originaria ricorrente nel periodo dal 1 febbraio 2003 al 26 giugno 2003 e per titoli di viaggio emessi prima delle 48 ore successive alla ricezione, da parte della medesima, dell’impugnata nota dell’ENAC (importo che alla luce dei prospetti di calcolo presentati dalla società predetta e non contestati dalla difesa avversaria, risultava pari ad euro 1.562.576,00 oltre ad accessori di legge).

Le amministrazioni soccombenti hanno impugnato la sentenza sostenendo che a cagione del ritardo con cui la società aveva iniziato il servizio (il 7 febbraio 2003) e del ritardo con cui aveva depositato i conteggi dell’attività svolta sino al giugno del 2003, non era possibile ravvisare una colpa per ritardo in capo all’amministrazione. Ciò rendeva inapplicabili alla vicenda i principi identificati dalla decisione 12 gennaio 2009, n. 65 di questa Sezione del Consiglio di Stato, posto che la società appellata aveva puntualmente intrapreso il servizio e depositato i conteggi dell’attività svolta.


Con una memoria la Gesac - Gestione Aeroporti Campani - S.p.a ha ha evocato quella decisione che concerneva una controversia identica a quella odierna e che aveva respinto l’appello delle amministrazioni e confermata la sentenza n. 2114/2006 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (Milano);
che le predette amministrazioni non avevano rinunciato all’appello proposto (né versato le predette somme) di guisa che permaneva l’interesse dell’appellata sotteso alla proposizione del mezzo di primo grado.

Ha altresì rilevato che erroneamente il primo giudice aveva liquidato in sentenza, in favore dell’appellata, la somma di € 1562.576//00, invece di quella, inferiore, pari ad € 1.353.041//00.

Nel merito ha chiesto il rigetto del gravame perché infondato, facendo presente che la richiamata decisione n. 65/2009 aveva definitivamente annullato un atto generale (la nota Enac dell’ 11 giugno 2003) e tale annullamento spiegava effetto reale erga omnes, trattandosi di atto a contenuto soggettivamente inscindibile.

Analoga portata spiegava l’intervenuto accertamento, in quella decisione regiudicata, della colposa inerzia dell’amministrazione. Ha altresì chiesto di respingere le istanze istruttorie (consulenza tecnica d’ufficio) contenute nel ricorso in appello.

Alla odierna pubblica udienza dell’11 ottobre 2011 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1.L’appello è parzialmente fondato, e deve essere parzialmente accolto (come peraltro ammesso dall’appellata società nella propria conclusiva memoria) limitatamente all’importo da liquidarsi, mentre deve essere disatteso nella restante parte.

2. Il nucleo centrale della controversia consiste nella mancata tempestiva adozione di un provvedimento tariffario. Questo ,essendo intervenuto successivamente al momento in cui la stessa amministrazione aveva posto a carico del gestore del servizio aeroportuale l’obbligo di inizio del servizio (giusta ordinanza Direzione Circoscrizionale dell’Aeroporto di Napoli Capodichino, 3/2003 del 4 febbraio 2003, con cui l’attivazione del servizio di controllo è stato imposto dal 7 febbraio 2003), , non aveva consentito al gestore di domandare a terzi - in specie: ai vettori aerei (che a loro volta lo avrebbero dovuto includere nel prezzo del biglietto addebitato ai passeggeri) - quel corrispettivo, a fronte di un costo di attivazione del servizio effettivamente sostenuto (per il periodo antecedente all’entrata in vigore della tariffa di cui al d.m. 14 marzo 2003, cioè al 3 giugno 2003)..

2.1. L’appellante amministrazione non si duole né della ritenuta giurisdizione del giudice amministrativo, né del capo della sentenza che ravvisa un ritardo oggettivamente illegittimo nella emanazione del d.m. 14 marzo 2003 e l’illegittimità della determinazione temporale dell’esigibilità del corrispettivo del servizio prestato, di cui alla nota ENAC dell’11 giugno 2003 (che ne limitava la remunerabilità alle prestazioni espletate successivamente al 26 giugno 2003). Su detti capi della sentenza si è formato il giudicato e nell’odierno grado di giudizio la controversia attiene alle sole conseguenze della riscontrata illegittimità, all’individuazione della colpa in capo all’amministrazione e all’importo risarcitorio da liquidarsi.

2.2. Qui si rileva che, se anche si volesse ritenere che le doglianze dell’appellante amministrazione avverso la statuizione risarcitoria del primo giudice dovessero essere intese come dirette a censurare i predetti capi della sentenza declaratori dell’illegittimità del ritardo dell’azione amministrativa, esse non avrebbero possibilità di accoglimento, per una duplice ragione

2.2.1. Da un canto, come meglio si chiarirà, va condivisa l’impostazione del primo giudice che ha ravvisato un ritardo oggettivamente illegittimo nella condotta dell’amministrazione, che - pur conoscendo che era già stato attivato un servizio la cui prestazione era imposta già a livello comunitario - ha determinato le condizioni per cui la remunerazione avesse luogo soltanto per i titoli di viaggio emessi dalle 48 ore successive, per partenze dal 26 giugno in poi.

Secondariamente, non può dubitarsi che il provvedimento in oggetto, di natura tariffaria e valido sull’intero territorio nazionale, costituisca atto a contenuto generale e inscindibile: e con riguardo a tale fattispecie, la decisione di annullamento di cui a Cons. Stato, VI, 12 gennaio 2009, n. 65 acquista efficacia erga omnes, trattandosi di un atto a contenuto generale sostanzialmente e strutturalmente unitario, il quale non può esistere per taluni e non esistere per altri (es. Cons. Stato, VI, 9 marzo 2011, n. 1469;
12 dicembre 2009, n. 7023).

. Si deve in particolare tener presente che quella ha riguardato la legittimità degli stessi atti qui impugnati, pervenendo al loro parziale annullamento, in particolare affermando che ”a fronte di un obbligo, posto a carico dei gestori aeroportuali dalla nota ENAC dell’8 febbraio 2002 (richiamante le determinazioni del Comitato interministeriale di sicurezza dell’11 ottobre 2001, in sede di adozione del Programma nazionale di sicurezza), di attivare il sistema di controllo di sicurezza su tutti i bagagli da stiva a partire dal 31 dicembre 2002, (ovvero, dal 1° gennaio 2003, in adempimento degli obblighi sanciti dal Regolamento comunitario 16 dicembre 2002 n. 2320), l’esercizio del potere tariffario, - quale previsto, nella materia specifica, dagli artt.5, comma 3, del D.L. 18 gennaio 1992, n.9 (convertito in legge 28 febbraio 1992, n.217) e 8 del d.m. 29 gennaio 1999, n.285, (attuativo dello stesso art.5)-, andava naturalmente e doverosamente esercitato in modo da consentire ai destinatari dell’obbligo di attivazione del sistema di operare pienamente e, quindi, in data comunque anteriore al 31 dicembre 2002 e non oltre di essa.

Tale è il termine finale del procedimento tariffario che, implicitamente ma necessariamente, l’Amministrazione si era autoprefissato, derivante direttamente da canoni logici insiti nell’obbligo di buon andamento dell’amministrazione, che imponevano di curare in modo adeguato e tempestivo l’interesse pubblico fondamentale della sicurezza dei voli, anche consentendo una funzionalità piena ad attuale del sistema che si imponeva di attivare, in dovuta cooperazione con gli operatori economici destinatari dell’obbligo, funzionalità piena che non poteva prescindere da una sollecita determinazione delle tariffe previo un tempestivo e completo assolvimento dell’istruttoria preliminare incombente sull’autorità competente all’adozione delle tariffe stesse”.

Si deve dunque yui considerare che la nota ENAC in esame, a contenuto inscindibile, è stata annullata in parte qua, e che tale annullamento spiega effetto anche nell’odierno procedimento: ne discende l’inaccoglibilità delle censure intese a contestare tale capo dell’impugnata sentenza.

Un tale effetto è comunque limitato all’effetto di annullamento. Appare perciò inaccoglibile la pretesa dell’appellata secondo cui sarebbero qui trasponibili con pari effetto di giudicato le affermazioni di quella decisione in punto di identificazione e quantificazione del danno: questi elementi, dipendenti dalla valutazione del concreto comportamento delle parti e non desumibili da distinti procedimenti giurisdizionali.

3. Ciò premesso, muovendo dall’acclarata oggettiva illegittimità del ritardo con cui è stato enanato il d.m. 14 marzo 2003, si deve esaminare il tema centrale dell’impugnazione delle appellanti amministrazioni, le quali negano che da tale ritardo possano discendere le conseguenze risarcitorie affermate dal primo giudice.

3.1. La doglianza postula l’assenza di colpa in capo all’amministrazione. Tre sono i capisaldi di una tale prospettazione

3.1.1. Secondo il primo assunto, la complessità dell’istruttoria demandata all’amministrazione ha comunque reso “scusabile” il ritardo nell’emanazione del d.m. 14 marzo 2003 (pubblicato in Gazzetta ufficiale soltanto il 3 giugno 2003).

3.1.2. Secondo un’ulteriore e connessa considerazione, si sarebbe dovuto considerare il ritardo dell’appellata nell’iniziare il servizio secondo gli standards minimi di sicurezza (servizio avviato soltanto il 7 febbraio 2003).

3.1.3. In ultimo, il ritardo nella predisposizione della tariffa è imputabile alla condotta dilatoria dell’appellata (unitamente a quella di numerosi altri gestori operanti sul territorio nazionale,) che non avrebbe fornito all’amministrazione i dati derivanti da contabilità analitica e certificata.

3.2. Nessuno degli illustrati argomenti critici persuade. Anzi,l’appello contiene elementi di confusione che meritano di essere smentiti.

3.3. Iniziando dall’ultima considerazione, il Collegio ribadisce che si controverte della mancata tempestiva adozione di un provvedimento tariffario che, intervenuto successivamente al momento in cui la stessa amministrazione aveva posto a carico del gestore del servizio aeroportuale l’obbligo di inizio del servizio (31 dicembre 2002, rectius 1 gennaio 2003), non ha consentito al gestore di richiedere a terzi - in specie ai vettori aerei (che a loro volta lo avrebbero dovuto includere nel prezzo del biglietto addebitato ai passeggeri) – un tale corrispettivo, sweppure avesse dovuto affrontare un costo di attivazione dell’effettivo servizio (per il periodo antecedente all’entrata in vigore della tariffa di cui al d.m. 14 marzo 2003, cioè al 3 giugno 2003).

Tutti gli argomenti sulla condotta dell’appellata società, relativi all’omesso deposito di bilanci e conteggi nell’anno 2003 (pag. 3, 13 e 17 del ricorso in appello), sono inconferenti rispetto all’oggetto del giudizio, dato che il decreto doveva precedere, non già seguire, l’attivazione del servizio.

Osserva inoltre il Collegio che, come si evince dall’undicesimo e dal tredicesimo considerando del d.m. 14 marzo 2003 (e come è logico, trattandosi di servizio di nuova istituzione da attivare entro quindici giorni dall’entrata in vigore del regolamento comunitario), i dati in base ai quali elaborare la tariffa non potevano essere quelli a consuntivo del 2003, ma quelli relativi ai traffici del 2002 e ad altri valori previsionali che non è contestato fossero nella disponibilità dell’ENAC nel 2002. Il ritardo ascrivibile all’appellata nella trasmissione dei dati relativi al 2003, quindi, riguarda un periodo successivo a quell’arco temporale (inizio del servizio nel febbraio 2003 - 26 giugno 2003) durante il quale l’inesigibilità dei corrispettivi a cagione dell’omessa determinazione della tariffa provvisoria mercé il decreto ministeriale (pubblicato soltanto il 3 giugno 2003) non poteva essere ascritto a detti ritardi imputabili all’appellata, quanto invece – come considerato dal primo giudice- alla mancata tempestiva adozione di un provvedimento tariffario tale da consentire ai gestori di imputare detti costi ai passeggeri transitati..

3.3.1. Al contempo, appare neutra rispetto all’oggetto risarcitorio dedotto in giudizio la data di effettivo inizio del servizio “secondo gli standards minimi di sicurezza” da parte del gestore appellato, posto che neppure l’amministrazione appellante si spinge a negare che questi abbia richiesto il corrispettivo (non potuto esigere in carenza del prescritto atto tariffario) relativamente ad un periodo di tempo in cui il servizio non fu prestato (ed infatti l’appellata ha lamentato l’impossibilità di domandare il corrispettivo del servizio prestato soltanto dall’attivazione del medesimo, in data 7febbraio 2003).

La censura avrebbe potuto avere fondamento se si fosse fatto riferimento, da parte dell’appellata società, a un periodo antecedente al 7 febbraio 2003, in cui nessun servizio fu espletato. Non già riguardo a quanto preteso a partire dall’epoca di effettiva attivazione del servizio.

3.3.2.Quanto all’argomento contenuto a pag 13 del ricorso in appello relativo al preteso utilizzo di apparecchiature non rispondenti alle normative vigenti ed agli “standards minimi di sicurezza” la difesa erariale ha fatto riferimento ad un carteggio non conferente con l’oggetto del giudizio

(in quanto concernente la situazione degli scali di Ciampino e Fiumicino e relativo al connesso procedimento n. 8640/2010 pure chiamato in decisione dalla Sezione in data odierna) posto che non si è contestato che il servizio avviato dall’appellata nell’aeroporto di Napoli Capodichino il 7 febbraio 2003 fosse eseguito avvalendosi di macchinari rispettosi degli standards minimi di sicurezza.

3.4. In ultimo, la pretesa giustificazione del ritardo nell’emanazione del decreto ministeriale gravato e degli atti connessi con la complessità degli adempimenti da porre in essere a cura delle amministrazioni contrasta logicamente con l’opposta censura – già disattesa - per cui il ritardo è imputabile alla ritardata trasmissione da parte dell’appellata dei dati contabili. Essa non supera la rilevata violazione delle regole di buon andamento, con immediatezza connessa al mancato rispetto del termine naturale di adozione del provvedimento finale, insito nella fattispecie che la stessa amministrazione aveva avviato. Si osserva che l’appello neppure confuta la statuizione in tema di colpa operata della sentenza di primo grado, che ritiene applicabile al caso la “presunzione semplice di colpevolezza di cui all’art.2727 Cod. civ., desunta dalla fattispecie concreta”.

Essa appare condivisibile riguardo al caso del provvedimento adottato in ritardo, dove lo stesso superamento del termine finale richiede una prova, che spetta all’amministrazione dare, circa l’esistenza di errori scusabili o fatti non imputabili all’amministrazione medesima, nell’ambito dell’ordinario dovere di diligenza sulla stessa incombente: prova che non è stata oggetto di adeguate allegazioni neppure con l’appello.

Invero è ridotto l’ onere dimostrativo che a questo proposito grava sul privato, atteso che non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio sotto il profilo dell'elemento soggettivo, perché - pur non essendo configurabile, nel silenzio della legge, una generalizzata presunzione relativa di colpa dell'amministrazione per i danni conseguenti ad atto illegittimo o ad una violazione delle regole - possono operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727 Cod. civ,, desunta dalla singola fattispecie. Ne consegue che il danneggiato può invocare l'illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile e che spetterà all'amministrazione dimostrare che si è trattato di errore scusabile (come ad es. in caso di contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata) (Cons. Stato, VI, 23 giugno 2006, n. 3981).

Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi da queste considerazioni, la complessiva condotta dell’amministrazione va valutata unitariamente e si deve qui escludere che abbia superato le presunzioni dimostrando la scusabilità dell’errore.

3.5. Non possono conclusivamente accogliersi le censure incentrate sulla carenza dell’elemento soggettivo colposo, che rimane perciò ascrivibile alle appellanti amministrazioni.

4. Appare infine destituita di fondamento la pretesa delle appellanti amministrazioni (e peraltro neppure decisamente articolata) contenuta nell’ultimo motivo del ricorso in appello di fare discendere da una pattuizione privata (sottoscrizione dell’accordo di programma tra l’Enac e la Gesac in data 6 agosto 2009 contenente la rinuncia a coltivare i contenziosi inerenti la misura dei compensi da liquidarsi a Gesac) che seppure trasfusa in un decreto interministeriale approvativo mantiene valenza privatistica, e perdipiù ha un oggetto diverso (determinazione degli importi, e non già ritardi nella determinazione della tariffa applicabile ad un servizio in precedenza svolto) un effetto di rinuncia all’originario ricorso di primo grado (ovvero di sopravvenuta carenza di interesse al mezzo di primo grado).

In disparte la oggettiva non riconducibilità della odierna controversia a quelle indicate dalla difesa erariale, milita contrariamente all’accoglimento della eccezione, peraltro formulata in termini perplessi, la espressa esclusione da parte dell’appellata di qualsivoglia volontà estintiva (si rammenta che per pacifica giurisprudenza l’effetto estintivo discendente da rinuncia o sopravvenuta carenza di interesse si ricollega al positivo e certo riscontro di elementi certi, che rendano indubitabile tale carenza di una condizione dell’azione: ex multis, si veda Consiglio Stato, sez. V, 03/06/1989, n. 345).

5. Quanto alle censure articolate in punto di quantificazione del danno, è necessaria una precisazione.

Nessuna specifica contestazione, infine, è stata articolata in primo grado, in ordine ai prospetti riepilogativi in base ai quali il primo giudice ha liquidato in favore dell’appellata le somme dovute. Tale contestazione, generica e tardiva, fondata anche sulle modalità di acquisto dei macchinari e sulla ratio della fusione per incorporazione della Nias s.r.l., non può trovare ingresso nell’odierno giudizio d’appello, e si deve altresì respingere la connessa richiesta di disporre consulenza tecnica sul punto (es. Cons. Stato, IV, 13 marzo 2009 , n. 1517);
si deve semmai solo precisare che l’ulteriore e distinta argomentazione critica adombrata dalle appellanti amministrazioni, fondata sulla compensatio lucri cum damno, è stata negativamente vagliata da questa Sezione del Consiglio di Stato con la più volte citata decisione n. 65/2009, alle cui argomentazioni in questa sede ci si riporta, essendo sufficiente ribadire che la tesi per cui - dato che l’appellata avrebbe comunque conseguito un ricavo e avrebbe coperto i costi, non sarebbe individuabile alcun danno risarcibile- appare destituita di fondamento, afferendo a circostanze distinte, successive ed indipendenti rispetto al fatto (ritardo nell’emanazione del decreto ed attivazione del servizio in carenza di “copertura” tariffaria) che ha generato il credito risarcitorio esattamente ritenuto fondato dal primo giudice.

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