Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400009
Data del deposito : 2 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/01/2024

N. 00009/2024REG.PROV.COLL.

N. 02556/2023 REG.RIC.

N. 05166/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2556 del 2023, proposto da
A S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Crotone non costituito in giudizio;
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 5166 del 2023, proposto da
A B, rappresentata e difesa dagli avvocati L M, G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Comune di Crotone non costituito in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2556 del 2023:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (sezione Prima) n. 01990/2022, resa tra le parti, per l’annullamento, previa sospensione dell'efficacia, quanto al ricorso introduttivo:

- della comunicazione di avvio del procedimento del Ministero della Cultura –

Direzione Generale archeologia belle arti e paesaggio – Soprintendenza archeologia

belle arti e paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone, senza data e senza

numero di protocollo, pubblicato sull'albo pretorio del Comune di Crotone in data

14 luglio 2021, n. pubblicazione 2021/0006734, prot. del Comune di Crotone –

c_d122 – 0045073 – Ingresso – 14/07/2021, avente ad oggetto “Crotone – Centro

urbano, area ex A (compresa tra le vie: C. Crea, ex via Pignataro;
S. Carpino,

ex via Cutro;
XXV Aprile;
Mario Nicoletta). Dichiarazione dell'interesse culturale,

foglio di mappa catastale n. 34 del Comune di Crotone (kr), particelle nn.: … 2629

(mq 1710) ” e relativi allegati “Relazione scientifica con documentazione

grafica e fotografica” nonché della “Planimetria catastale rielaborata con

perimetrazione delle aree da sottoporre a tutela diretta” (doc. 1);

- della relazione redatta dai consulenti del Comune di Crotone, dott. Alfredo Ruga

e dott. Francesco Scerra nell'ambito del progetto PIC URBAN II e allegate

indagini (doc. 2);
- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso,

ancorché non noto;

quanto ai motivi aggiunti:

- del Decreto del Segretariato Regionale per la Calabria del 10 novembre 2021, n.

303, prot. del Comune di Crotone, n. c_d122 - REG_ UFFICIALE – 0073673 –

Ingresso – 16/11/2021, con il quale è stata disposta la tutela, ai sensi dell'art. 10

n. 01491/2021, comma 3 lettera a) – titolo I capo I del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, sulle aree agli

immobili ricadenti nelle particelle catastali nn. … 2629 (mq 1710), … del Foglio di

mappa n. 34 del Comune di Crotone (KR) e relativi allegati “Relazione scientifica

con documentazione grafica e fotografica” nonché della “Planimetria catastale

rielaborata con perimetrazione delle aree da sottoporre a tutela diretta” (doc. 14);

- della nota del Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologica Belle

Arti e Paesaggio – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le

Province di Catanzaro e Crotone, dell'11 novembre 2021, prot. n. 5387-A, con la

quale veniva trasmesso al Comune di Crotone, il suddetto decreto n. 303 del 10

novembre 2021 (doc. 15);

- della nota con la quale la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per

le Provincie di Catanzaro e Crotone ha proposto alla competente Commissione

regionale per il Patrimonio Culturale l'emanazione del provvedimento di tutela

vincolistica degli immobili di seguito descritti, ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004 non

conosciuta e oggetto di apposita istanza di accesso, ad oggi, non esitata;

- della nota prot. 6398 del 5 novembre 2021 di convocazione della Commissione

regionale per il patrimonio culturale, non conosciuta e oggetto di apposita istanza di

accesso, ad oggi, non esitata;

- del parere sfavorevole della Commissione regionale per il patrimonio culturale

riportato nel verbale n. 12 dell'8 novembre 2021, non conosciuto allo scrivente ed

oggetto di apposita istanza di accesso, ad oggi, non esitata;

- della nota del 26 novembre 2021 con la quale la Soprintendenza Archeologia

Belle Arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro e Crotone, in ordine all'istanza

di accesso del 5 agosto 2021, in parte inesitata, comunicava l'assenza di ulteriori

documenti (doc. 16);

- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, ancorché non

noto, inerente al procedimento;

- del Verbale della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale della

Calabria dell'8 novembre 2021, n. 12 (doc. 33);

- della convocazione della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale

della Calabria da parte del Segretariato Regionale per la Calabria – Commissione

regionale per il patrimonio culturale, prot. MIC_SR-CAL_U01

05/11/2021/0006395-P (doc. 34);

- ove occorrer possa, della nota della Soprintendenza n. 151/2022 e relativi allegati

(doc. 35).

quanto al ricorso n. 5166 del 2023:

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (sezione Prima) n. 02371/2022, per l’annullamento del decreto del Segretario Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura n. 303 del 16 novembre 2021.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Cultura e di Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2023 il Cons. Oreste M C e uditi per gli appellanti gli avvocati S S D e L M, anche in sostituzione dell'avv. G G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, (sezione Prima) n. 01990/2022, di reiezione del ricorso e motivi aggiunti proposti da A s.r.l. – proprietaria dell’immobile ubicato nel Comune di Crotone e censito al N.C.U., foglio 34, p.lla 2629, sub. 1 e sub. 2 – avverso gli atti del procedimento, promosso e definito dal Ministero della Cultura – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio – Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro e Crotone, aventi ad oggetto la dichiarazione d’interesse culturale, ai sensi degli artt. 10 e 13 del d.lgs. n. 42/2004, del compendio immobiliare ricompreso in Crotone tra le vie C. Crea, ex via Pignataro, S. Carpino, ex via Cutro, XXV Aprile, Mario Nicoletta, incluse le particelle di proprietà della società.

2. Premesso d’avere presentato, in data 5.5.2021, al Comune di Crotone richiesta di permesso di costruire per la realizzazione, nelle aree di proprietà ricomprese nel procedimento di vincolo, d’edificio commerciale residenziale ai sensi della L.R. 21/2020 – la società ha impugnato con l’atto introduttivo e motivi aggiunti tutti gli atti del procedimento a partire dalla comunicazione d’avvio del procedimento fino al decreto impositivo del vincolo.

Provvedimenti mediati dagli atti istruttori di cui, ha lamentato la ricorrente, d’averne avuto cognizione solo all’esito dell’ostensione di essi per effetto dell’evasione delle domande d’accesso via via proposte nel corso del procedimento.

3. Nei motivi d’impugnazione ha dedotto:

eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà e per travisamento dei fatti. Eccesso di potere per contraddittorietà e falsa rappresentazione in fatto. Violazione del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost., del principio di economicità e proporzionalità dell’azione amministrativa.

Violazione e falsa applicazione dell’art 14, comma 1 e comma 2, d.lgs. 42/2004. Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 l. 241 del 1990. Violazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. Violazione dell’art. 97 Cost. Istanza ex art. 116 comma 2 c.p.a. Violazione dell’art. 24 Cost. Violazione dell’art. 24 l. 241/90. Violazione dei principi di trasparenza. Difetto assoluto di motivazione. Illogicità ed ingiustizia manifesta.

4. Con autonomo ricorso, la sig.ra A B appella la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, (sezione Prima) n. 02371/2022, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento del decreto del Segretario Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura n. 303 del 16.11.2021, nella parte in cui, per effetto della dichiarazione di interesse culturale ai sensi degli artt. 10 e 13 d.lgs. 42/2004, è sottoposto a tutela l’immobile urbano di cui è comproprietaria, denominato “Villa Blotta”, sito nel Comune di Crotone, censito nel catasto al foglio F, 34, partt. 633, 2584, 2585, 2586 e 2587.

5. La ricorrente ha denunciato l’illegittimità del decreto impositivo del vincolo per violazione dell’art. 14 d.lgs. 42/2004, difetto di motivazione ed eccesso di potere.

6. Entrambe le ricorrenti, vale a dire la società e la sig. A B, oltre a dolersi della mancata partecipazione al procedimento, hanno, in sostanza, lamentato l’irrazionalità ed irragionevolezza, in fatto ancor prima che in diritto, del vincolo archeologico su un intero compendio fondiario, composto da più particelle, individuato nell’antico tessuto urbano della città greca “antica Kroton”, senza che nelle aree di rispettiva proprietà siano stati rinvenuti significativi reperti archeologici risalenti a quell’epoca.

Nei gravami si denuncia la carente istruttoria del procedimento impositivo del vincolo, testimoniata, secondo le censure, dall’omessa acquisizione di schede di catalogazione, fotografie, disegni, o qualsiasi altra prova del rinvenimento di reperti, sia ceramici, ossei o di altra natura di interesse archeologico;
e dal fatto che nessun antropologo ha mai visionato i presunti reperti ossei sui quali la Soprintendenza aveva affermato aver eseguito la prova per risalire alla datazione, né vi sarebbe prova dell’esistenza e del reale rinvenimento degli stessi nella zona di proprietà delle ricorrenti.

7. Con le sentenze appellate, il Tar ha respinto entrambi i gravami.

Esclusa la sussistenza dei motivi d’impugnazione denuncianti la mancata partecipazione al procedimento avendo le parti comunque preso parte al procedimento, la scelta di apporre il vincolo su un’intera area denominata “ex A”, composta da più particelle tra le quali quelle oggetto di controversia, ad avviso dei giudici di prime cure, “ è desumibile dalla relazione tecnica allegata alla comunicazione di avvio del procedimento (e poi al provvedimento finale), denominata “Ricerche archeologiche nel centro urbano di Crotone – area ex A ”.

Opzione, sottolinea il Tar – richiamando l’orientamento giurisprudenziale in materia – che sottende valutazioni in ordine all'esistenza “ di un interesse sia archeologico che storico-artistico, tali da giustificare l'apposizione dei relativi vincoli, in quanto espressive di un potere nel quale sono presenti momenti di discrezionalità sia tecnica che amministrativa, di prerogativa esclusiva della Pubblica amministrazione”.

Sicché, s’aggiunge in sentenza, la scelta può essere sindacata in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta.

In sostanza, conclude il Tar, “ non è irragionevole o ingiustificata, data la particolare conformazione ed estensione dell’area archeologica e dalle evidenze degli studi scientifici effettuati, che sia stato ritenuto di includere, nelle particelle da sottoporre a tutela, anche quella di proprietà della parte ricorrente, in quanto la campagna di prospezioni e carotaggi, sebbene non svolte sulla stessa, avevano fornito esiti ritenuti significativi in prossimità e sostanzialmente nell’intorno della stessa”.

8. Appellano, con autonomi ricorsi, le sentenze A S.r.l. e la sig.ra A B. Resiste il Ministero della Cultura

9. All’udienza pubblica del 30 novembre 2023, le cause, su richiesta delle parti, sono state trattenute in decisione.

10. In limine , stante la connessione oggettiva e parzialmente soggettiva dei ricorsi, gli appelli vanno riuniti e trattati congiuntamente.

11. Col primo motivo d’appello, le ricorrenti denunciano l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nell’omettere di rilevare la manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà e per travisamento dei fatti, del decreto di vincolo sull’intero compendio fondiario senza alcuna prova dell’esistenza e del reale rinvenimento di reperti di rilievo archeologico nelle aree di rispettiva proprietà.

Dalla produzione documentale acquisita nel corso del procedimento, emergerebbe, secondo la censura in esame, che nessun antropologo ha mai visionato i presunti reperti ossei e che, diversamente da quanto sostenuto nella relazione scientifica allegata sia alla comunicazione di avvio del procedimento sia al decreto di vincolo, non vi sono schede di catalogazione, né fotografie né disegni, né qualsiasi altra prova del rinvenimento di reperti, sia ceramici, ossei o di altra natura di interesse archeologico.

Deficit istruttorio, ad avviso delle ricorrenti, non affatto colmato, ex cathedra, dalla relazione scientifica, allegata al decreto n. 303/2021 sia dalle indagini tecniche del 2003 e 2004 svolte dai tecnici nell’ambito del progetto di ricerca PIC Urban II – richiamata per tabulas dai giudici di prime cure per giustificare la scelta di apporre il vincolo su l’intera area denominata “ex A” – nella quale si valorizza il ritrovamento nei decenni passati dell’impianto urbano dell’antica Kroton intorno ed in prossimità dell’aree per cui è causa.

All’insufficiente istruttoria si sarebbe sommata, lamentano le ricorrenti nel secondo motivo d’appello, la mancata partecipazione al procedimento, manifestata plasticamente dall’assenza di alcun riscontro degli apporti scientifici da esse prodotti nel corso dell’iter istruttorio, volti a dimostrare l’inesistente qualitas archeologica delle aree di proprietà.

12. I motivi d’appello, congiuntamente esaminati in ragione della stretta connessione argomentativa, sono fondati per quanto di ragione nei limiti di seguito precisati.

13. Nel rispetto del principio d’economicità della decisione va, in apicibus, definito il rapporto fra l’aspetto giuridico-formale e quella storico-sostanziale che fonda dialetticamente l’imposizione del vincolo archeologico.

E che, va sottolineato, ha ricevuto una diversa, ancorché non antinomica, soluzione nella giurisprudenza amministrativa, paradigmaticamente riflessa negli atti defensionali versati in causa.

13.1 Secondo un primo orientamento, che obbedisce al criterio giuridico-formale, ai fini dell’imposizione del vincolo diretto dei beni archeologici ai sensi degli artt. 1 e 3 l. 1 giugno 1939 n. 1089 (recte: art. 10 e ss. d.lgs. 42/2004) l’effettiva esistenza delle cose da tutelare può essere dimostrata anche per presunzione ed è influente che materiali oggetto di tutela siano stati portati alla luce o siano ancora interrati.

È infatti sufficiente, secondo quest’indirizzo pretorio – espressione, va sottolineato, della concettualizzazione giuridica della teoria secondo cui la storia, intesa come historia rerum gestarum , non si ricostruisce sulla base delle res gestae , ossia dei soli dati materiali e dell’azione pratica, che il complesso fondiario risulti adeguatamente definito e che il vincolo archeologico appaia adeguato – da cui il peculiare rilievo del profilo giuridico-formale – alla finalità di pubblico interesse alla quale è preordinata la tutela (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2002, n. 5997, Id., sez. VI, 13 maggio 2003, n. 2524, Id. sez. VI, n. 805/2005).

13.2 Altro orientamento, riposando su un paradigma storico-sostanziale, pur non dubitando che l’imposizione del vincolo archeologico diretto a tutela di una intera area complessivamente abitata nell’antichità sia giustificata, richiede, nondimeno, il rinvenimento di reperti materiali che attestino la rilevanza archeologica del compendio fondiario in quanto tale (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 18 marzo 2018 n. 2736;
Id., sez. VI, 19 aprile 2018 n. 2975).

Gli orientamenti richiamati trovano comune punto d’incontro nell’esigere che l’imposizione del vincolo diretto esteso ad un’intera area – nel lessico giuridico il c.d. predium, espressione ellittica che sta ad indicare l’unitarietà di un’area archeologica inscindibile documentata dalle fonti antiche, oltre che dalle modalità, storicamente stratificatesi, di fruizione estetica e visiva dei beni del complesso archeologico medesimo – debba essere suffragata dall’accertamento che i ruderi, ancorché non reperiti all’interno delle singole aree, attestino l’esistenza di un complesso topograficamente inscindibile del quale facciano parte le medesime aree.

14. Sicché, sebbene gli artt. 20 e ss. d.lgs. 42/2004 nel disciplinare la cura dell’interesse archeologico attribuiscano al Ministero il potere di valutazione del pregio archeologico dotandolo di potestà d‘accertamento preventivo, il procedimento impositivo del vincolo è subordinato all’individuazione dei presupposti fattuali richiesti dalle norme richiamate con riferimento al terreno da sottoporre a vincolo.

In definitiva, s’è consolidato nel corso del tempo l’orientamento (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 6 ottobre 1986 n.758), qui condiviso cui va data continuità, a mente del quale, in relazione al potere di imposizione del vincolo diretto, occorre valutare “ il carattere unitario del complesso ”, quale risulta “ dall’affioramento di resti murari e di materiale mobile, dall’omogeneità delle strutture, dalla dimensione e dalla continuità degli allineamenti murari tra i singoli settori scavati e visibili o ricoperti e parzialmente sommersi ”.

15. Nel caso in esame tale valutazione non è stata concretamente effettuata.

Le indagini tecniche contenute nella relazione valorizzata dal Tar ipotizzano la collocazione delle aree di proprietà delle ricorrenti nell’antico tessuto urbano della città greca.

Vi s’afferma che ai dati dei carotaggi si affiancano in via preliminare i dati delle tomografie, tanto da “ riscontrarsi una certa dominanza di allineamenti nelle zone di maggiore resistività …cui dovrebbero corrispondere strutture o strati massicci di crollo o vespai fondali nel sottosuolo, con sostanziale coerenza con la maglia urbana ipotizzata per questo settore della polis greca ”.

Ed il particolare interesse negli ambienti della ricerca archeologica , “visti i significativi ritrovamenti nei decenni scorsi dell’impianto urbano dell’antica Kroton, proprio intorno e in prossimità dell’area ” motiva in fatto il decreto di vincolo archeologico sull’intero compendio fondiario.

In conclusione, la rilevanza archeologica del sito, complessivamente considerato, scaturisce da una valutazione essenzialmente congetturale che, peraltro, le relazioni tecniche di parte ricorrente smentiscono punto per punto.

Né, a riguardo, l’amministrazione procedente ha preso in considerazione – in ciò concretantesi dal punto di vista sostanziale il difetto di partecipazione al procedimento denunciato dalle ricorrenti – gli argomenti tecnici elencati nelle relazioni di parte per confutarli o, più semplicemente, per confrontarli analiticamente con i dati tecnici acquisiti nel corso del procedimento istruttorio al fine di raggiugere una soluzione epistemologicamente attendibile.

Inoltre, la relazione tecnica dell’amministrazione disattende i criteri metodologici che lo stesso Ministero s’è dato nel disciplinare la documentazione catalografica necessaria per giustificare l’adozione del vincolo: all’omessa produzione della documentazione grafica, fotografica e schedografica prescritta dal Ministero, si somma l’assenza di alcun rinvenimento di reperti ossei nella zona di proprietà delle ricorrenti, di cui, oltretutto, non è provata la datazione ed origine.

Viceversa, parte appellante ha provato l’inesistenza di reperti non solo nelle aree di proprietà ma anche – va sottolineato – in quelle ad esse limitrofe.

15. In definitiva, alla relazione tecnica denominata “Ricerche archeologiche nel centro urbano di Crotone – area ex A” è stata attribuita un’impropria efficacia performativa di tutela archeologica, non essendo, allo stato, idonea a motivare il decreto d’imposizione del vincolo esteso alle aree di proprietà delle ricorrenti.

16. Aggiungasi che l’amministrazione non ha espressamente valutato la dimensione ed eterogeneità del comprensorio in questione che costituisce antecedente logico-giuridico per l’estensione del vincolo archeologico alle aree in esso ricomprese (cfr., sul punto, Cons. Stato, ad plen., n. 6 /1973).

In particolare, la particella di proprietà di A (2629 (sub. 1 e 2), è classificata nella pianificazione urbanistica in zona “Abitato antico. Zone per le quali le emergenze devono essere tutelate”.

L’art. 29 delle NTA detta prescrizioni specifiche per raggiungere gli obiettivi delineati nell’Accordo di programma per la valorizzazione del patrimonio archeologico tra l’Amministrazione Comunale di Crotone e la Soprintendenza Archeologica della Calabria.

La norma prevede che “ in tutte le aree interessate dall’abitato antico e dalle sue relative pertinenze, secondo la perimetrazione fatta dalla Soprintendenza Archeologica, le opere sia pubbliche sia private, anche in assenza o in attesa di decreto ministeriale di vincolo, devono essere sottoposte a indagine archeologica preventiva e a Nulla Osta della Soprintendenza ”.

Vale a dire che, nella zona d’interesse, il vincolo di inedificabilità, connesso alla presenza di testimonianze archeologiche, non è astrattamente qualificabile come assoluto, non essendo esclusa l’attività edificatoria che non snaturi né pregiudichi la conservazione e l’integrità dei reperti archeologici.

La richiesta di permesso di costruire, avente ad oggetto “Progetto per la realizzazione di un edificio commerciale residenziale ai sensi della L.R. 21/2020 e s.mi., sito in Crotone alla via S. Carpino”, presentato da A s.r.l. s’è, per l’appunto, uniformata alla disciplina richiamata ed al costante controllo della Sovrintendenza durante l’esecuzione delle opere.

Pertanto l‘accertamento preventivo del pregio archeologico sull’intero compendio fondiario, costituente il portato giuridico dell’esigenza di salvaguardare hic et nunc l’ipotetica rilevanza archeologica di tutte le aree ricompre nel perimetro, nel caso in esame non trova pratico riscontro.

E, per quel che qui più rileva, viola il del principio di economicità e proporzionalità dell’azione amministrativa in una materia che, incidendo sulla proprietà privata, richiede, ai sensi della normativa sovranazionale, il costante bilanciamento degli opposti interessi allo scopo di non pregiudicare irreparabilmente il diritto dominicale oltre il limite, figurativamente rappresentato, dall’interesse pubblico avuto di mira.

17. Conclusivamente gli appelli riuniti devono essere accolti e, per l’effetto, in riforma delle appellate sentenze, i ricorsi di prime cure devono essere accolti annullando i decreti del Segretariato Regionale per la Calabria del Ministero della Cultura d. 10 novembre 2021, n.303 e d. 16 novembre 2021 n. 303 nella parte in cui include nelle aree vincolate gli immobili di proprietà delle ricorrenti-appellanti.

18. Le spese del doppio grado di giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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