Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-12, n. 202300413

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-12, n. 202300413
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300413
Data del deposito : 12 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/01/2023

N. 00413/2023REG.PROV.COLL.

N. 09099/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9099 del 2021, proposto da
C G, S G e G A V, rappresentati e difesi dagli avvocati A R C e F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

COVIP - Commissione di Vigilanza Fondi sui Pensione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

Genertellife s.p.a., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) n. 9139/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della COVIP - Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2022 il Cons. Giovanni Pascuzzi e udito per le parti appellanti l’avvocato A R C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso del 2020 i signori C G, S G e G A V, in qualità di componenti del Collegio Sindacale della soc. Genertellife s.p.a., hanno chiesto al Tar per il Lazio l’annullamento:

- della Deliberazione della Commissione del 16 ottobre 2019 nella parte in cui irroga ai ricorrenti una sanzione amministrativa pecuniaria per la mancata vigilanza sul rispetto della Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013, recante il “Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione”, unitamente alle note di trasmissione prot. nn. 4767, 4768 e 4769 del 17 ottobre 2019 aventi ad oggetto “PIP “Futuro Attivo – Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo – Fondo Pensione”, “Nuova Pensione – Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo – Fondo pensione”, “BG Previdenza attiva – Piano Individuale pensionistico di tipo assicurativo – Fondo Pensione” e “ Pensionline – Piano Individuale Pensionistico di tipo assicurativo – Fondo Pensione”, gestiti da Genertellife s.p.a. – Comunicazione dell’esito del procedimento”, notificati ai soggetti interessati via PEC in data 22 ottobre 2019;

nonché, per la parte relativa alla irrogazione della sanzione:

- del parere reso dal Comitato per l’esame delle irregolarità del 4 ottobre 2019;

- delle lettere di contestazione prot. nn. 1099, 1100 e 1101 del 25 marzo 2019 notificate agli interessati in pari data;

- degli esiti dell’accertamento ispettivo effettuato presso la società comunicati con nota prot. n. 950 del 14 marzo 2019;

- della nota COVIP prot. 2278 del 16 maggio 2019 nella parte in cui non ha consentito l’accesso a tutta la documentazione attinente all’accertamento ispettivo;

- della Deliberazione del 30 maggio 2007 recante il “Regolamento in materia di procedure sanzionatorie” della COVIP;

- di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto.

I ricorrenti chiedevano in subordine la riduzione delle sanzioni amministrative pecuniarie ammontanti a complessivi 7.800,00 euro (pari alla somma delle sanzioni irrogate a ciascun componente del Collegio Sindacale).

2. Così il primo giudice ha sintetizzato le premesse in fatto:

- i signori C G, S G e G A V, componenti del Collegio Sindacale di Genertellife s.p.a., compagnia iscritta all’Albo delle imprese di assicurazione, ricevevano dalla COVIP il provvedimento del 16 ottobre 2019, recante, tra l’altro, irrogazione di sanzione amministrativa pecuniaria di €2.600,00 ciascuno - con la predetta società obbligata in solido -, per il mancato controllo, a titolo di colpa, sul rispetto della Circolare COVIP n.250 dell’11 gennaio 2013, in tema di segnalazioni statistiche e vigilanza sui fondi pensione, ex art.19- quater del d.lgs. n.252 del 2005;

- gli interessati impugnavano la suddetta determina, in parte qua, censurandola per violazione degli artt.3, 14 della legge n.689 del 1981, degli artt.3, 7 della legge n.241 del 1990, dell’art.19- quater , comma 4, del d.lgs. n.252 del 2005, dell’art.24, comma 1, della legge n.262 del 2005, dell’art.2403 c.c., degli artt.3, comma 2, 24, 97 Cost., dell’art.6 CEDU, dell’art.3, comma 2, del Regolamento

COVIP

30 maggio 2007, della Circolare COVIP n.250 del 2013 nonché per eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche;

- i ricorrenti hanno fatto presente che (1), formulando il Direttore generale COVIP le contestazioni dell’illecito e partecipando, senza diritto di voto, alle riunioni decisorie della medesima COVIP, risultava violato il principio di separazione tra attività istruttoria e attività decisoria;
che risultava leso anche il principio del contraddittorio procedimentale, avendo i Sindaci acquisito tardivamente e parzialmente la documentazione in questione, e senza essere sentiti prima dell’assunzione dell’atto sanzionatorio;

- gli interessati hanno sostenuto inoltre che (2) la notifica delle contestazioni era avvenuta oltre il termine dei 90 giorni decorrente dall’accertamento dei fatti;
che nello specifico le contestazioni erano del 25 marzo 2019, a fronte di un’attività ispettiva avviata il 30 maggio 2018;

- i sanzionati segnalavano altresì che (3) le responsabilità erano da attribuire alla negligente condotta del Preposto, non conosciuta e non conoscibile dal Collegio Sindacale;
che lo stesso Preposto interpretava come mere anomalie, dovute al cambio di modalità di gestione dei dati da parte del sistema Infostat-COVIP, i rilievi e i solleciti inviati dalla medesima COVIP;
che le omesse indagini e informative al proprio superiore erano da addebitare del pari al Preposto;
che gli Amministratori non conoscevano e non potevano conoscere dette carenze e che dunque non era imputabile ai Sindaci una culpa in vigilando verso i primi;
che le relazioni del responsabile PIP al Consiglio di Amministrazione per gli anni 2017, 2018 non avevano presentato criticità;
che nulla sulla questione segnalava il responsabile PIP ai Sindaci;
che dunque vi era una struttura all’interno dell’assetto organizzativo ben individuata che soprintendeva alle funzioni di segnalazione statistica e di vigilanza;

- i Sindaci hanno fatto ancora presente che (4) la COVIP non aveva sufficientemente motivato la non persuasività delle osservazioni controdeduttive, con conseguente carenza di istruttoria per i mancati approfondimenti sul punto;

- in subordine veniva segnalato che (5), a fronte dei fatti emersi, la risposta sanzionatoria era prevista come mera opzione e non come reazione vincolata;
che in ogni caso gli importi addebitati apparivano eccessivi, considerato l’intervallo edittale previsto di €500,00/25.000,00.

3. Nel giudizio di primo grado si è costituita la COVIP chiedendo il rigetto del ricorso.

4. Con sentenza n. 9139/2021 il Tar per il Lazio, ha respinto il ricorso.

5. Avverso la sentenza del Tar per il Lazio n. 9139/2021 hanno proposto appello i signori C G, S G e G A V per i motivi che saranno più avanti esaminati.

6. Nel giudizio si è costituita la COVIP chiedendo il rigetto dell’appello.

7. All’udienza del 6 dicembre 2022 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare conviene anche ribadire alcune circostanze in punto di fatto.

1.1. Il d.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252 (“Disciplina delle forme pensionistiche complementari”) ha istituito la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (COVIP).

Tra i compiti della COVIP figura quello di rilevare informazioni quantitative dalle forme pensionistiche sia per l’esercizio dell’ordinaria attività di vigilanza sia al fine di produrre e diffondere informazioni statistiche sul settore. Con circolare dell’11 gennaio 2013 (e successive modificazioni) è stato adottato il “Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione”. Detto Manuale disciplina gli schemi di segnalazione, le istruzioni di compilazione e gli altri aspetti relativi ai principali flussi informativi dovuti dalle forme pensionistiche alla COVIP.

Il Manuale contiene un paragrafo intitolato « Affidabilità delle segnalazioni trasmesse » che così recita:

« I soggetti segnalanti sono tenuti a trasmettere le informazioni dovute entro i termini previsti, nel rispetto delle modalità di rappresentazione dei fenomeni e degli standard tecnici indicati nel presente Manuale.

É cura degli organi delle forme pensionistiche predisporre adeguati presidi organizzativi del processo di produzione delle informazioni. L’attivazione di efficaci sistemi di controllo preventivo dei dati presso i soggetti segnalanti è strumento essenziale per assicurare la massima affidabilità delle informazioni prodotte.

Per agevolare l’attività di verifica, la COVIP mette a disposizione dei soggetti segnalanti una griglia di controlli circa le coerenze logiche e andamentali dei dati trasmessi. I controlli vengono comunicati ai soggetti segnalanti con modalità che ne facilitano l’applicazione elettronica.

I soggetti segnalanti devono sottoporre le informazioni ai suddetti controlli. Eventuali errori devono essere sanati prima dell’invio della segnalazione, senza nocumento per il rispetto delle scadenze previste

.….

La mancata o tardiva produzione delle informazioni costituisce elemento negativo di valutazione della situazione organizzativa dei soggetti segnalanti e può configurare inadempimento sanzionabile ai sensi della normativa vigente.

In linea generale, la valutazione di eventuali profili sanzionatori in relazione alle segnalazioni assume a riferimento situazioni che presentino complessivamente o sistematicamente un carattere di criticità, quali la mancata trasmissione dell’intera segnalazione o di porzioni significative della stessa, ovvero la reiterata trasmissione di segnalazioni non trattabili informaticamente o di dati errati o non attendibili in numero significativo.

Anche la mancata o tardiva produzione delle rettifiche richieste costituisce elemento negativo di valutazione della situazione organizzativa dei soggetti segnalanti e può configurare inadempimento sanzionabile ai sensi della normativa vigente ».

Le informazioni dovute ai sensi del suddetto Manuale devono essere trasmesse attraverso una piattaforma informatica, denominata “INFOSTAT-COVIP” [https://www.covip.it/per-gli-operatori/fondi-pensione/le-segnalazioni-di-vigilanza-e-statistiche].

1.2 Come risulta anche dal Bollettino della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione - Numero 4 - 2019 (pp. 16-27) la COVIP ha adottato, in data 16 ottobre 2019, tre delibere (di contenuto quasi identico) relative agli esiti delle verifiche effettuate in relazione ad alcune forme di previdenza complementare gestite dalla società Genertellife s.p.a. La delibera n. 3726/2019 ha sanzionato i componenti del Collegio Sindacale della società e la società in solido per una somma complessiva pari a euro 7.800. La delibera n. 3725/2019 ha sanzionato gli Amministratori della società e la stessa società in solido per una somma complessiva pari a euro 29.800 (la posizione dei componenti del Consiglio di Amministrazione forma oggetto di separato giudizio pure trattenuto in decisione da questo Collegio in data 6 dicembre 2022). La delibera 3727/2019 ha sanzionato il Responsabile dei PIP, signor D’Amato, e la società in solido per una somma pari a euro 1.000 (la posizione del Responsabile dei PIP forma oggetto di separato giudizio pure trattenuto in decisione da questo Collegio in data 6 dicembre 2022).

1.3 Nella delibera n. 3726/2019 relativa al Collegio Sindacale, di cui si discute in questa sede, si legge:

« CONSIDERATO che in merito al processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto delle segnalazioni statistiche e di vigilanza alla COVIP, sono state accertate in sede ispettiva, in relazione alla totalità dei citati PIP, gravi disfunzioni nei presidi organizzativi di tale processo, affidato a un unico referente, tali da determinare il non corretto invio delle segnalazioni periodiche mensili, trimestrali e annuali previste dalla COVIP con la Circolare n. 250 dell’11 gennaio 2013, l’omessa presa in considerazione delle numerosi comunicazioni COVIP di anomalia, l’omessa tempestiva correzione degli errori che si sono prodotti, nonché la mancata tempestiva informazione da parte di tale referente ai dirigenti della società o al Responsabile dei PIP circa i rilievi comunicati dalla COVIP in merito all’erronea attività compiuta;

CONSIDERATO che, solo successivamente all’apertura dell’ispezione, la società ha provveduto a prendere atto dell’esistenza di gravi disfunzioni nel processo delle segnalazioni statistiche e di vigilanza e a porre in essere iniziative funzionali a rettificare le informazioni non inserite correttamente, all’invio dei dati strutturali mancanti e ad attribuire la responsabilità delle segnalazioni al Chief Financial Officer della società, oltre che a inserire nelle procedure un nuovo insieme di informazioni da inviare al Responsabile dei PIP, al fine di rafforzarne l’attività di controllo;

[omissis];

VISTE le lettere di contestazione del 25 marzo 2019, notificate in pari data, con le quali, in esito all’attività di vigilanza svolta, il direttore generale ha dato avvio al procedimento sanzionatorio nei confronti dei componenti del Collegio Sindacale della società:

A) per la mancata vigilanza sul rispetto della Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013, recante il Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione, sanzionabile ai sensi dell’art. 19-quater, comma 2, lett. b), del decreto lgs. 252/2005;

[omissis];

RILEVATO che le violazioni sopra indicate sono state contestate anche alla società, in qualità di soggetto obbligato in solido, tramite separata notifica in pari data dei predetti atti di contestazione;

[omissis];

RITENUTO che le argomentazioni difensive complessivamente addotte dagli interessati … non siano idonee a revocare in dubbio la sussistenza, in relazione alla totalità dei PIP, di gravi disfunzioni nei presidi organizzativi del processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto delle segnalazioni statistiche e di vigilanza alla COVIP…;

RITENUTO, in particolare, che la società abbia adottato un’organizzazione interna e un processo volti alla produzione e alla trasmissione delle segnalazioni statistiche e di vigilanza alla COVIP inadeguati, giacché le strutture societarie non sono state in grado di prendere tempestiva contezza delle criticità concernenti gli obblighi informativi nei riguardi della COVIP e di adottare efficaci misure di rettifica, così da protrarre per un considerevole lasso di tempo l’invio alla COVIP di segnalazioni non conformi rispetto alle Istruzioni della stessa;

RITENUTO che gli adempimenti previsti dal Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione, di cui alla Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013, non siano stati correttamente posti in essere dalla società…;

RITENUTO altresì che anche la comprovata assenza di effettivi controlli sull’operato dell’unità di personale non dirigenziale preposta alle segnalazioni alla COVIP, ancorché formalmente inserita all’interno di un’articolazione gerarchica aziendale, costituisca dimostrazione dell’accertata inidoneità dei presidi funzionali della società;

RITENUTO inoltre che l’inidoneità organizzativa risulti ulteriormente confermata dalla presenza di un’inappropriata prassi operativa aziendale circa l’acquisizione e la trattazione delle comunicazioni istituzionali provenienti dalla COVIP, considerato che le numerose comunicazioni di anomalia inviate dalla COVIP alla società relativamente alle segnalazioni statistiche e di vigilanza, avrebbero dovuto formare oggetto, diversamente da quanto accertato, di un processo di attento monitoraggio e tempestiva trattazione;

RITENUTO, al riguardo, che il sistema è invece risultato del tutto inadeguato, considerato anche che tali comunicazioni non erano inviate alla posta elettronica del solo referente indicato dalla società, bensì venivano indirizzate dalla COVIP anche alla PEC istituzionale della società stessa, essendo questa la casella funzionale allo scambio di informazioni con la COVIP, come specificatamente indicato dalla società nel modulo per la richiesta di accreditamento alla piattaforma INFOSTAT-COVIP;

RITENUTA pertanto accertata, sulla base delle risultanze istruttorie, la violazione della Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013, recante il Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione, contestata con i sopra menzionati atti del 25 marzo 2019, notificati in pari data;

RITENUTO che la violazione sia imputabile a titolo di colpa ai Sindaci della società, non essendo stata fornita dimostrazione di aver correttamente vigilato, con la professionalità e la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, sull’adozione da parte della società, nel periodo oggetto dell’accertamento ispettivo, di adeguate iniziative volte al rispetto del Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione, di cui alla Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013;

[omissis] ».

2. Il primo motivo di appello è rubricato: Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la censura con cui è stata denunciata la violazione del contraddittorio procedimentale: violazione del diritto di difesa, delle garanzie del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori e del principio della separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie: violazione e falsa applicazione degli artt. 3 ss. della l. n. 689/81, dell’art. 7 della l. n. 241/90, dell’art. 19- quater , comma 4, del d.lgs. n. 252/2005, dell’art. 24, comma 1, della l. n. 262/05, dell’art. 3, comma 2, dell’art. 24 Cost. e dell’art. 6 Convenzione EDU.

2.1 Si censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha rigettato il motivo con cui era stata denunciata la violazione del principio del contraddittorio. Si sostiene che:

- il regolamento di cui alla deliberazione 30 maggio 2007 vìola il principio della separazione tra le funzioni istruttorie e le funzioni decisorie (corollario del principio del contraddittorio), ed è anzi connotato, a dispetto di quanto statuito dall’art. 2 del regolamento medesimo, da un’evidente commistione tra le due funzioni;

- il direttore generale della COVIP formula la contestazione dell’illecito (con ciò attivando la parte istruttoria del procedimento sanzionatorio) e, allo stesso tempo, “partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni della Commissione stessa” (art. 14, comma 2, lett. b), del regolamento di organizzazione e funzionamento della COVIP), e dunque prende parte alla fase decisoria del procedimento;

- il Tar ha reputato la censura non meritevole di accoglimento sull’assunto che la predetta partecipazione del direttore generale alle riunioni della COVIP assolve ad un normale modulo di raccordo tra le risultanze dell’istruttoria e la valutazione decisoria che ne consegue che non presenta una violazione dei principi denunciati dai ricorrenti;

- diversamente da quanto sostenuto dal Tar, la partecipazione del direttore generale gli consente di poter influire sul processo decisionale della Commissione;

- la piena esplicazione del principio del contraddittorio postula proprio la più netta separazione tra fase istruttoria e fase decisoria, onde strutturare un confronto tra le parti secondo il criterio della parità delle armi e garantire all’interessato la possibilità di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa, offrendo all’Autorità competente la propria rappresentazione dei fatti rilevanti e il proprio punto di vista su di essi;

- ciò vale ancor di più nei procedimenti di carattere para-giurisdizionale o, comunque, che possono concludersi con l’adozione di provvedimenti di tipo punitivo-sanzionatorio, come quello in esame;

- la disciplina del procedimento sanzionatorio contenuta nel regolamento COVIP non è pertanto conforme ai principi del contraddittorio e della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie che, con specifico riferimento ai procedimenti sanzionatori COVIP, sono espressamente richiamati dall’art. 24 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 recante “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”;

- la Consob ha modificato il procedimento sanzionatorio regolato con Delibera n. 18750 del 19 dicembre 2013 proprio per ampliare le garanzie di partecipazione e contraddittorio nei procedimenti sanzionatori, rispondendo così alle istanze espresse dalla dottrina, dal mercato e dalla stessa giurisprudenza.

2.2 La censura è infondata.

L’art. 24 della legge 262/2005 recita:

« Ai procedimenti della Banca d'Italia, della CONSOB, dell'ISVAP e della COVIP volti all'emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i principi sull'individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull'accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono svolti nel rispetto dei principi della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all'irrogazione della sanzione ».

Con Deliberazione n. 130 del 30 maggio 2007 (vigente all’epoca dei fatti oggetto di accertamento) la COVIP ha adottato il regolamento in materia di procedure sanzionatorie.

Per quanto qui rileva è utile citare alcuni articoli di detto regolamento e in particolare:

art. 2, comma 2: « Le decisioni in ordine all’applicazione delle sanzioni sono adottate dalla Commissione »;

art. 3: « Il procedimento sanzionatorio ha inizio con la contestazione formale. . L’atto di contestazione a firma del Direttore generale, o in sua assenza o impedimento a firma di un Direttore centrale, è notificato… Le controdeduzioni devono essere indirizzate al Direttore generale ».

In base al citato Regolamento, il ruolo del direttore generale è quello di contestare, ad esito degli accertamenti compiuti dagli uffici, le presunte violazioni, non di procedere alla relativa irrogazione delle sanzioni. Il potere di irrogare le sanzioni, al contrario, è conferito – conformemente alla normativa primaria – alla Commissione.

Sussiste, pertanto, una netta distinzione tra chi esercita il potere istruttorio e chi esercita il potere decisorio in ordine ai procedimenti sanzionatori. Tale distinzione non è in alcun modo inficiata dal fatto che il direttore generale, in base al Regolamento di organizzazione e funzionamento della COVIP, partecipi senza alcun diritto di voto, e quindi senza alcuna potestà decisoria, alle riunioni della Commissione.

La presenza del direttore generale e di altri dirigenti dei servizi amministrativi alla riunione della Commissione che ha deliberato il provvedimento sanzionatorio non costituisce un vizio del procedimento, trattandosi di presenza necessaria affinché l’organo decidente possa essere informato con pienezza e completezza di tutti gli elementi acquisiti nella fase istruttoria.

Laddove non risulti (come nel caso di specie) che i dirigenti amministrativi abbiano influenzato la decisione finale, non esiste alcuna ragione logica da cui dedurre un presunto potere di condizionamento e di influenza dei servizi amministrativi nei confronti dell’organo dell’Autorità indipendente.

Non risultano violati i diritti di difesa degli appellanti. Questa Sezione, con la sentenza del 17 maggio 2022 n. 3850, ha affermato la sostanziale legittimità del procedimento sanzionatorio che si svolge innanzi alla COVIP sia per la ragione che l’ordinamento assicura un successivo controllo giurisdizionale sulle sanzioni medesime, sia per la ragione che non si può predicare la natura penale ed afflittiva delle sanzioni inflitte dalla COVIP, sia infine perché gli appellanti non hanno specificamente indicato quale vulnus sarebbe stato in concreto loro arrecato.

Come nel caso deciso con la citata sentenza 3850/2022 nella specie non esistono elementi sufficienti per dubitare della legittimità del procedimento e per determinare l’illegittimità delle sanzioni.

2.3 Altre censure sollevate dagli appellanti riguardano l’omessa ostensione integrale della documentazione riguardante l’accertamento ispettivo che avrebbe integrato una violazione del contraddittorio. Si sostiene che:

- non può condividersi la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che difettasse un interesse dei soggetti sanzionati in tal senso poiché le sanzioni sarebbero comunque scaturite dall’apprezzamento di elementi noti;

- l’istanza di accesso è stata accolta solo parzialmente e l’accoglimento è avvenuto anche a pochi giorni dalla scadenza del termine per presentare le osservazioni;

- entrambe le circostanze, diversamente da quanto sostenuto dal giudice di primo grado, hanno comportato l’evidente menomazione del diritto di difesa avendo determinato l’impossibilità di formulare controdeduzioni approfondite e complete;

- la statuizione della sentenza si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza che in materia di accesso agli atti detenuti da Autorità amministrative indipendenti propende per un’assoluta prevalenza delle esigenze difensive e ha precisato che non è richiesta la dimostrazione di una necessità degli atti richiesti ai fini della tutela dei diritti e interessi vantati. Ciò vale tanto più nei procedimenti sanzionatori.

2.3.1 La censura è infondata.

Come ribadito da Cons. Stato, sez. VI, 12/09/2022, n. 7896, le finalità dell'accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell'istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione, in modo da consentire all'Amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta, di astratta pertinenza con la situazione finale controversa, con la precisazione che deve escludersi la sufficienza di un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente o ancora instaurando, poiché l'ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa.

Nella specie l’istanza di accesso è stata accolta con la nota COVIP del 15 maggio, nel rispetto dei termini di legge previsti dalla legge n. 241/1990, nonché in un termine considerabile congruo rispetto alle esigenze difensive.

Non è stato dimostrato in che modo sarebbe stati violati i diritti di difesa visto che dal complesso degli atti emerge che gli appellanti avevano piena conoscenza di tutti gli atti relativi al procedimento sanzionatorio.

2.4 L’appello svolge ulteriori censure circa l’omessa audizione dei Sindaci nel corso degli accertamenti ispettivi. Si sostiene che:

- la mancata audizione dei Sindaci nel corso delle attività ispettive costituisce violazione di regola procedimentale, che ha determinato la lesione del diritto di difesa degli stessi;

- la concretezza ed effettività della lesione è dimostrata dalla circostanza per cui nel corso degli accertamenti ispettivi è stato invece correttamente sentito, con richiesta di informazioni, il Responsabile dei PIP e ciò ha comportato nei suoi confronti l’irrogazione di una sanzione significativamente più ridotta.

2.4.1 La censura è infondata.

Il citato regolamento in materia di procedure sanzionatorie (Deliberazione n. 130 del 30 maggio 2007), all’articolo 4, prevede che i soggetti ritenuti responsabili delle violazioni, ove lo ritengano necessario, possono avanzare richiesta di essere sentiti personalmente o attraverso propri rappresentanti.

Ne discende che l’Autorità non aveva un obbligo di ascoltare i Sindaci.

Nella specie non risulta neanche che sia stata avanzata formale richiesta di essere ascoltati.

Peraltro l’audizione va correlata alle esigenze istruttorie che dall'espletamento di tale incombente possono venire soddisfatte: il diritto di difesa va misurato con riferimento a tutti i meccanismi procedimentali posti a tutela del soggetto passibile di sanzione come il prendere visione di atti o la presentazione di controdeduzioni. Nella specie, ancora una volta, non ci sono elementi utili a suffragare la tesi di una compressione del diritto di difesa.

Non condivisibile è anche l’affermazione secondo cui al Responsabile dei PIP sarebbe stata irrogata una sanzione minore proprio perché lo stesso sarebbe stato sentito in istruttoria: non c’è nessun elemento che leghi le due circostanze né esiste neanche un principio di prova sull’esistenza di un nesso di causalità necessaria tra le ridette circostanze.

3. Il secondo motivo di appello è rubricato: Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la censura con cui è stata denunciata la tardività della contestazione: violazione e falsa applicazione della Deliberazione 30 maggio 2007, dell’art. 14 l. 689/81, dell’art. 97 Cost. e dei principi di efficienza, buon andamento e certezza dell’azione amministrativa. Violazione dei principi sulla partecipazione e dei principi del giusto processo anche sotto il profilo dei tempi del procedimento.

Si denuncia la sentenza del Tar per il Lazio nella parte in cui ha disatteso il secondo motivo di ricorso, con cui – ancora sul piano procedurale – era stata dedotta la tardività della contestazione per aver COVIP notificato gli atti di contestazione oltre il termine di novanta giorni dall’accertamento dei fatti ex art. 3, comma 2, del Regolamento in materia di procedure sanzionatorie. Si sostiene che:

- l’attività ispettiva era stata intrapresa il 30 maggio 2018 e si era conclusa il 4 febbraio 2019, dopo 9 mesi nonostante il breve periodo oggetto di accertamento (1° gennaio 2018/30 maggio 2018);

- le contestazioni agli organi della società sono avvenute il 25 marzo 2019;

- la pronuncia gravata afferma in modo netto che “la COVIP si attivava tempestivamente nei confronti dei Sindaci, tenuto anche conto della complessità degli accertamenti da effettuare, dovendo poi ben valutarsi gli elementi emersi”;

- le statuizioni del Tar sono erronee e meritano di essere riformate;

- secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, il termine per la contestazione decorre dal momento in cui la medesima attività si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere essendo il predetto termine posto a presidio del diritto di difesa, nonché finalizzato a garantire l’esigenza di efficienza dell’agire amministrativo e la certezza dei tempi del procedimento a beneficio del soggetto che ne è sottoposto;

- il Tar per il Lazio erra nel ritenere che solo con la conclusione dell’istruttoria sia avvenuta la piena cognizione della violazione ipotizzata;

- come risulta dalla Relazione Ispettiva, già dai primi incontri con i gruppi ispettivi la Commissione ha acquisito piena conoscenza della condotta poi contestata;

- fin dall’avvio delle attività ispettive l’Autorità aveva comunque compiuto un accertamento completo, avendo acquisito gli elementi di fatto necessari ad avere un quadro sufficientemente chiaro per formulare la contestazione entro tempi molto più ravvicinati;

- il dies a quo per la decorrenza dei novanta giorni non può esser fatto coincidere con la conclusione dell’istruttoria avvenuta il 4 febbraio 2019 (dopo 9 mesi dal suo avvio);

- non può trovare conferma la sentenza gravata nella parte in cui ha rilevato che la contestazione delle inadempienze da parte delle COVIP ha richiesto accertamenti complessi, rispetto ai quali i tempi di conclusione dell’istruttoria sarebbero stati congrui;

- né nei provvedimenti, né nella documentazione in atti risulta che sia stata compiuta attività, anche di acquisizione di documentazione, talmente articolata da necessitare di 9 mesi di tempo, a maggior ragione se si considera il breve periodo oggetto di accertamento (1° gennaio 2018/30 maggio 2018);

- non può pertanto condividersi quanto affermato dal Tar secondo cui gli accertamenti delle prassi e delle regole interne di Genertellife sono stati di una complessità tale da richiedere attività ispettive protratte per tutto quel tempo.

3.1 La censura è infondata.

Il già citato Regolamento COVIP in materia di procedure sanzionatorie, adottato con Deliberazione COVIP del 30 maggio 2007, in vigore al tempo dei fatti oggetto di contestazione, dispone all’art. 3, commi 2 e 3:

« 2. L’atto di contestazione a firma del Direttore generale, o in sua assenza o impedimento a firma di un Direttore centrale, è notificato entro 90 giorni, ovvero entro 180 giorni per i soggetti residenti all’estero, dall’accertamento dei fatti.

3. Il termine di cui al comma 2 decorre dal momento in cui è stata riscontrata la sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, dell’infrazione. Per le irregolarità riscontrate nel corso di ispezioni, il predetto termine decorre dalla conclusione degli accertamenti ispettivi. Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi alla COVIP con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma 2 decorrono dalla data di ricezione ».

In generale, con riferimento all’art. 14 della l. 689/1981 (che pure gli appellanti assumono essere stato violato), Cons. Stato, sez. VI, 24/05/2021, n.4020, ha chiarito che « In tema di sanzioni amministrative, ciò che rileva ai fini del rispetto del principio della immediatezza della contestazione recato dall'art. 14 l. 1981, n. 689 non è la notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma l'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro dell'esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti;
sicché, per un verso, il termine per la contestazione dell'infrazione non decorre dalla sua consumazione, ma dal completamento dell'attività di verifica di tutti gli elementi dell'illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all'Amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari per l'individuazione in fatto degli estremi di responsabilità amministrativa, e, per altro verso, il termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta - o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie - l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa
».

Con specifico riferimento all’attività delle Autorità indipendenti, Cons. Stato, sez. VI, 01/06/2016, n.2328 ha affermato che « L'arco di tempo entro il quale l'AGCM deve provvedere alla notifica della contestazione, ai sensi dell'art. 14, l. 24 novembre 1981, n. 689 (“ Legge di depenalizzazione ”) è collegato non già alla data di commissione della violazione, ma al tempo di accertamento dell'infrazione, da intendersi in una prospettiva teleologicamente orientata e quindi non già alla notizia del fatto sanzionabile nella sua materialità, ma all'acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita, implicante il riscontro dell'esistenza e della consistenza della infrazione e dei suoi effetti;
pertanto, il fatto che l'Autorità Antitrust deliberi l'avvio dell'istruttoria a distanza di vari mesi dalla segnalazione della possibile infrazione non può in alcun modo essere considerato come una violazione dei diritti delle imprese coinvolte, né un superamento dei termini procedimentali, in quanto la stessa valutazione dell'esigenza di avviare o meno l'istruttoria può presentarsi complessa;
di conseguenza, il termine di novanta giorni previsto dal comma 2 dell'art. 14, l. n. 689/1981 cit. inizia a decorrere solo dal momento in cui è compiuta — o si sarebbe dovuta ragionevolmente compiere, anche in relazione alla complessità della fattispecie — l'attività amministrativa intesa a verificare l'esistenza dell'infrazione, comprensiva delle indagini intese a riscontrare la sussistenza di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi dell'infrazione stessa
».

Nel caso di specie l’accertamento ispettivo ha richiesto complessi accertamenti in ordine alla consistenza delle prassi e delle regole interne della società, volti alla più attenta valutazione di tutte le circostanze idonee a denotare in concreto anche le condizioni di esigibilità di comportamenti diversificati. Tale accertamento ha riguardato quattro PIP e una pluralità di aspetti marcatamente tecnici. Oggetto di esame sono state tutte le modalità di produzione dei dati, lo scambio dei flussi tra i vari soggetti coinvolti nella gestione e controllo dei PIP, le banche dati utilizzate, le modalità dei controlli di qualità, le procedure interne di monitoraggio dei processi e l’attività specifica posta in essere dal referente.

La valutazione degli elementi emersi durante la complessa attività ispettiva svolta non poteva essere compiutamente fatta durante l’attività ispettiva stessa ma in un momento successivo, ovvero quando il quadro delle risultanze istruttorie fosse risultato completamente chiaro.

L’ispezione è iniziata il 30 maggio 2018 e si è conclusa il 4 febbraio 2019 con la lettera di chiusura ispezione a firma del Responsabile del Gruppo ispettivo, mentre con nota prot. 950 del 14 marzo 2019 sono stati comunicati alla società gli interventi da porre in essere. Le lettere di contestazione del 25 marzo 2019 sono state notificate in pari data ai destinatari, quindi entro i 90 giorni previsti dal citato Regolamento in materia di procedure sanzionatorie.

4. Il terzo motivo di appello è rubricato: Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la censura sull’insussistenza di responsabilità del Collegio Sindacale: violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 252/2005, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 ss. l. n. 689/81, dell’art. 19- quater , comma 4, del d.lgs. n. 252/2005 sotto il profilo dell’assenza dell’elemento soggettivo, violazione e falsa applicazione della Circolare n. 250 dell’11 maggio 2013. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e, in particolare, difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto, contraddittorietà, insufficienza della motivazione, violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza.

Gli appellanti sostengono che:

- anche il capo della pronuncia di primo grado che ha confermato la legittimità dei provvedimenti sanzionatori è viziato e merita di essere riformato;

- le sanzioni irrogate dalla COVIP poggiano sulla ravvisata violazione del Manuale in ragione di presunte disfunzioni – in relazione a 4 PIP gestiti da Genertellife – nei presidi organizzativi del processo di produzione e trasmissione alla COVIP delle informazioni oggetto delle segnalazioni statistiche e di vigilanza, tali da determinare il non corretto invio delle segnalazioni periodiche previste dal Manuale e l’omessa tempestiva correzione degli errori che si sarebbero prodotti;

- secondo il ragionamento seguito dall’Autorità, i Sindaci non avrebbero correttamente vigilato sull’adozione da parte della società di adeguate iniziative volte al rispetto del Manuale, in violazione dell’obbligo sugli stessi gravante di vigilare sull’osservanza delle leggi e dello statuto e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo adottato dalla Società medesima e sul suo corretto funzionamento;

- con il terzo motivo di ricorso, era stata censurata siffatta contestazione a fronte dell’insussistenza di una responsabilità colposa degli Amministratori, non essendo imputabili gli errori nell’invio delle segnalazioni statistiche e di vigilanza all’assetto organizzativo della società e/o alla mancata vigilanza sull’efficacia dello stesso, essendo – per contro – riconducibili alla sola condotta negligente del Preposto, non conosciuta e non conoscibile e neppure avrebbe potuto ritenersi sussistente una responsabilità del Collegio Sindacale per culpa in vigilando ;

- il Tar ha respinto il motivo ritenendo, invece, che non sarebbero state adottate le misure esigibili per il caso di specie in quanto, essendo state ignorate le segnalazioni di anomalia dal Consiglio di Amministrazione, tale carenza non poteva essere addebitabile (esclusivamente) al Preposto, ma discendeva da una non corretta impostazione dell’assetto organizzativo della società, pienamente rientrante, come tale, nelle competenze degli Amministratori. Da questo assunto il Tar ha fatto discendere una colpa dei Sindaci per culpa in vigilando sull’operato degli Amministratori.

4.1 Secondo gli appellanti le conclusioni a cui giunge la sentenza impugnata non sono condivisibili in considerazione degli effetti pregiudizievoli che la stessa ingiustamente arreca sul piano reputazionale. Si sostiene che:

- la sentenza di primo grado finisce per consolidare un principio pur a fronte dell’impossibilità per i componenti degli organi sociali di strutture delle dimensioni di Genertellife di avere puntuale contezza delle singole interazioni del Preposto con la COVIP;

- non è sostenibile che i componenti del Consiglio di Amministrazione e in generale la società siano tenuti a conoscere ogni singola mail ricevuta dal Preposto dalla COVIP o ogni singola mail di riscontro da questi inviata o non inviata (e, conseguentemente, che i Sindaci siano tenuti a vigilare su questo);

- la società ha istituito un apposito presidio specificamente incaricato di tale attività, collocandolo nell’ambito di un’articolata organizzazione aziendale a diretto riporto di una figura dirigenziale;

- sia il Preposto che i responsabili delle diverse funzioni di controllo, che compongono l’articolato sistema di controllo di cui la società è dotata, ai sensi della vigente normativa, hanno in più occasione rassicurato gli Amministratori, i Sindaci ed il Responsabile dei PIP in merito all’insussistenza di criticità relativamente alla materia poi oggetto di sanzione;

- nonostante questi soggetti siano nella impossibilità - materiale ed oggettiva - di conoscere siffatte informazioni, sarebbero ad ogni modo tenuti ad intervenire - con una sorta di caccia all’errore - anche in assenza di campanelli di allarme e, per contro, in presenza di report di conforto sull’attività svolta.

4.2 Sotto un diverso profilo gli appellanti affermano che i rilievi del Tar non tengono evidentemente conto di quanto emerso nel corso degli accertamenti ispettivi, che hanno dato evidenza del fatto che, anche a seguito dei cambiamenti intervenuti a decorrere dal giugno 2017, le modalità di gestione dei dati da parte del sistema INFOSTAT-COVIP hanno portato il Preposto – il quale ha comunque puntualmente alimentato la piattaforma entro i termini normativamente prescritti – ad interpretare i rilievi di volta in volta inviati da COVIP, ed i relativi solleciti, come mere anomalie di sistema.

Si sostiene che:

- in conseguenza di tali cambiamenti, si sono generate incongruenze nella elaborazione dei dati analitici, che non venivano evidenziate nei dati di sintesi nel formato originale excel, con la conseguenza che l’Autorità riceveva le segnalazioni incomplete ovvero inesatte;

- tali incompletezze ed inesattezze non venivano rilevate dal Preposto il quale, erroneamente, riteneva si trattasse di anomalie di sistema derivanti dalle nuove modalità di invio delle segnalazioni;

- il medesimo, poi, per sua negligenza, contribuiva all’incremento della mole di rilievi da parte di COVIP, non indagando le ragioni sottostanti i solleciti stessi;

- è stata la sola condotta del Preposto a peggiorare progressivamente la situazione perché non ha investigato sulle ragioni dei continui solleciti, ha permesso il cumularsi di solleciti inevasi e non ha condiviso la ricezione dei rilievi di COVIP con i suoi diretti superiori o con il Responsabile dei PIP;

- i Sindaci sono chiamati a vigilare sull’osservanza delle leggi e dello statuto e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo adottato dalla Società medesima e sul suo corretto funzionamento;

- i Sindaci sono esposti – oltre che ad una forma di responsabilità diretta ed esclusiva per eventuali dichiarazioni false e violazione del segreto sui fatti appresi per ragione del loro ufficio – a responsabilità concorrente a quella degli Amministratori derivante dal non aver vigilato in modo idoneo a prevenire i danni cagionati da questi ultimi;

- in quest’ultima ipotesi, affinché possa configurarsi una responsabilità in capo ai Sindaci, è necessario: i. un inadempimento da parte degli Amministratori;
ii. un danno conseguente a tale inadempimento;
iii. una violazione degli obblighi di controllo gravanti sui Sindaci;
iv. l’esistenza di un nesso causale tra l’omissione di controllo e il danno;
v. l’elemento soggettivo della colpa;

- il Tar non si è avveduto che nel caso di specie difettano gli elementi fondanti una responsabilità colposa dei Sindaci vista l’inesistenza della presunta violazione del Manuale da parte degli Amministratori. Infatti, in difetto di una violazione del Manuale, non è configurabile alcuna responsabilità dei Sindaci per non aver vigilato sull’adozione da parte della Società di iniziative volte al rispetto del Manuale medesimo;

- gli errori nell’invio delle segnalazioni statistiche e di vigilanza sono riconducibili alla sola condotta negligente del Preposto, non conosciuta e non conoscibile dal Consiglio di Amministrazione e dal Collegio Sindacale, con conseguente insussistenza di una responsabilità dei Sindaci per culpa in vigilando sul primo;

- a fronte della palese illegittimità della contestazione nei confronti degli Amministratori, di riflesso, parimenti illegittima è la contestazione di omesso controllo sull’osservanza del Manuale formulata dall’Autorità nei confronti dei Sindaci, che – per contro – non hanno in alcun modo omesso di porre in essere gli interventi di loro competenza, avendo al contrario adempiuto agli obblighi sugli stessi gravanti in forza delle previsioni di legge e di statuto, usando la diligenza e la professionalità richieste dalla natura dell’incarico;

- non può di certo ritenersi dovuto per non incorrere in responsabilità colposa, uno sforzo di diligenza da parte dei componenti degli organi sociali tale per cui, anche a fronte della concreta infattibilità di controllare tutta la corrispondenza con COVIP e pur in presenza di comunicazioni di assenza di criticità sull’attività di segnalazione, vadano prese iniziative;

- un tale onere di diligenza equivarrebbe a ritenere esimente di possibili addebiti di colpa solo una attività di controllo capillare ed operativo delle attività quotidiane del Preposto, attività che, ammessane in ipotesi la fattibilità, sarebbe all’evidenza non compatibile con le funzioni deputate agli organi di amministrazione e controllo;

- il Tar non si è interrogato su quale tipo di iniziativa (materialmente fattibile) avrebbero potuto adottare gli organi della società tenuto conto del materiale che veniva sottoposto in relazione alla regolarità dell’attività di segnalazione svolta dal Preposto.

4.3 Sotto un ulteriore profilo gli appellanti criticano il primo giudice, laddove ha ritenuto la responsabilità per culpa in vigilando dei Sindaci collegata alla responsabilità degli Amministratori il cui fondamento sarebbe stato correttamente ricondotto dalla COVIP alla mancanza di una struttura adeguata a prevenire gli inadempimenti del Preposto.

Essi sostengono che:

- nel caso di specie difettano gli elementi fondanti una responsabilità colposa degli Amministratori (esecutivi e non) avendo tutti correttamente adempiuto agli obblighi sugli stessi gravanti;

- svariate circostanze ed evidenze documentali comprovano il corretto adempimento da parte degli Amministratori degli obblighi sugli stessi incombenti;

- quand’anche ci fossero state delle disfunzioni nel processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto di segnalazione, queste non potevano essere conoscibili, specialmente in considerazione delle rassicurazioni fornite agli Amministratori (così come ai Sindaci e al Responsabile dei PIP) in merito all’inesistenza di criticità;

- per i fatti sanzionati non c’è stata segnalazione della benché minima criticità in Consiglio di Amministrazione, ma al contrario in quella sede è stata sempre rappresentata l’assenza di anomalie nel processo di produzione ed invio delle segnalazioni;

- il Tar si è infatti limitato a condividere de plano quanto dedotto dalla Commissione, ovvero che le anomalie rilevate sono dipese da un’errata predisposizione dei presidi organizzativi relativi all’invio delle segnalazioni statistiche e di vigilanza;

- la società si è prontamente dotata di un adeguato processo organizzativo prevedendo di: (i) attribuire ad una funzione aziendale, denominata “Controllo di Gestione e Bilancio tecnico della società” ed inserita nell’area “Pianificazione Amministrazione e Controllo”, il compito di sovrintendere alle segnalazioni statistiche e di vigilanza;
(ii) individuare un referente delle segnalazioni (il “Preposto”) all’interno della predetta funzione aziendale, articolata e gerarchicamente strutturata sulla base di diversi livelli di responsabilità, al fine di garantire i necessari presidi di controllo sull’operato dello stesso;

- è proprio in relazione alla presenza di una struttura e di un processo organizzato e codificato per lo svolgimento delle attività in questione, che devono essere adempiuti i doveri di controllo, vigilanza ed eventualmente intervento incombenti, secondo le rispettive competenze, sugli organi di amministrazione e controllo della società.

4.4 Sotto un diverso profilo, gli appellanti sostengono che quand’anche ci fossero state delle disfunzioni nel processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto di segnalazione, ai fini di una responsabilità dei Sindaci è necessaria una condotta colposa (onde evitare forme di imputazione a titolo di responsabilità oggettiva), colpa configurabile solo ove questi non abbiano negligentemente rilevato i segnali di allarme connessi al fatto illecito posto in essere da terzi e non siano intervenuti per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze.

Ne deriva che, anche a voler ritenere che ci siano state delle disfunzioni nel processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto di segnalazione, queste non potevano essere conoscibili dai Sindaci in ragione delle circostanze poc’anzi evidenziate e in presenza di rassicurazione in merito all’inesistenza di criticità.

4.5 Sotto un ulteriore profilo gli appellanti ritengono privo di fondamento il rilievo per cui le segnalazioni avrebbero potuto essere conosciute in quanto inviate anche alla PEC della società. Si afferma che:

- il controllo diretto e periodico della casella PEC della società costituirebbe un presidio di controllo di primo livello, che, nell’organizzazione normativamente prevista del sistema dei controlli di una compagnia di assicurazioni – articolato su tre livelli: controlli operativi di primo livello, controlli di secondo livello affidati a compliance e risk management e controlli di terzo livello affidati all’ internal audit – non sono attribuibili agli Amministratori di una società;

- un’interpretazione diversa comporta infatti in capo agli Amministratori un obbligo di controllo diretto ed in tempo reale di tutti gli adempimenti operativi necessari per il rispetto della normativa di settore, vanificando di fatto il ruolo e la funzione del sistema di controllo interno, come previsto dalla vigente normativa;

- è materialmente impossibile ed infattibile per gli Amministratori controllare la corrispondenza PEC di una società delle dimensioni di Genertellife.

4.6 Gli appellanti sostengono che:

- le considerazioni svolte dimostrano come debba essere esclusa una responsabilità colposa dei Sindaci, che hanno osservato una condotta senz’altro conforme ai canoni della diligenza da questi esigibili in assenza di “campanelli di allarme” dell’altrui attività illegittima, ma anzi in presenza di rassicurazione sull’inesistenza di criticità;

- sono state fornite prove atte a superare la presunzione di colpa prevista dall’art. 3 della legge n. 689/1981 per chi pone in essere o manca di impedire un fatto vietato mediante la dimostrazione della loro estraneità al fatto o dell’impossibilità di evitarlo;

- quelli illustrati costituiscono infatti elementi univoci e chiari in ordine al corretto adempimento degli obblighi gravanti sui Sindaci idonei ad escludere qualsiasi profilo di condotta colposa a dispetto di quanto assunto nei provvedimenti sanzionatori e confermato nella sentenza gravata.

Infine gli appellanti criticano la sentenza del Tar per il Lazio nella parte nella parte in cui enfatizza la circostanza per cui le segnalazioni di anomalie inviate dalla COVIP sarebbero state “numerose”. Si sostiene che:

- la statuizione non considera che la previsione contenuta nel Manuale stabilisce che la reiterata trasmissione di un numero significativo di dati errati o non attendibili, di segnalazioni non trattabili sotto il profilo informatico, costituiscono, nell’ambito dell’attività di vigilanza, un elemento di valutazione dell’organizzazione del soggetto vigilato, che “può configurare inadempimento sanzionabile”;

- la corretta interpretazione di siffatta previsione avrebbe pertanto dovuto condurre la COVIP a non irrogare alcuna sanzione.

4.7 Le censure sono infondate.

4.7.1 La COVIP è tenuta a rilevare informazioni quantitative dalle forme pensionistiche per almeno due finalità: (i) esercitare l’ordinaria attività di vigilanza;
(ii) produrre e diffondere informazioni statistiche sul settore (cfr. l’ incipit della Premessa del “Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione. Schemi di segnalazione e istruzioni di compilazione” di cui alla Circolare n. 250 dell’11 gennaio 2013).

I soggetti segnalanti sono tenuti a trasmettere le informazioni dovute entro i termini previsti, nel rispetto delle modalità di rappresentazione dei fenomeni e degli standard tecnici indicati nel citato Manuale. E gli organi delle forme pensionistiche devono predisporre adeguati presidi organizzativi del processo di produzione delle informazioni. Come è facile intuire, l’attivazione di efficaci sistemi di controllo preventivo dei dati presso i soggetti segnalanti è strumento essenziale per assicurare la massima affidabilità delle informazioni prodotte.

Nella specie la COVIP ha accertato con riferimento al processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto delle segnalazioni statistiche e di vigilanza relativo a taluni PIP (citati in narrativa), gestiti da Genertellife s.p.a., gravi disfunzioni nei presidi organizzativi di tale processo, affidato a un unico referente, tali da determinare il non corretto invio delle segnalazioni periodiche mensili, trimestrali e annuali previste dalla COVIP con la Circolare n. 250 dell’11 gennaio 2013, l’omessa presa in considerazione delle numerosi comunicazioni COVIP di anomalia, l’omessa tempestiva correzione degli errori che si sono prodotti, nonché la mancata tempestiva informazione da parte di tale referente ai dirigenti della società o al Responsabile dei PIP circa i rilievi comunicati dalla COVIP in merito all’erronea attività compiuta.

La COVIP ha quindi sanzionato gli Amministratori, il Collegio Sindacale (per culpa in vigilando ), il Responsabile dei PIP, e la società come obbligata in solido, per la violazione della Circolare COVIP n. 250 dell’11 gennaio 2013, recante il Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione, sanzionabile ai sensi dell’art. 19- quater , comma 2, lett. b), del d.lgs. 252/2005, norma che così recita: « I componenti degli organi di amministrazione e di controllo i direttori generali, i titolari delle funzioni fondamentali, i responsabili delle forme pensionistiche complementari, i liquidatori e i commissari nominati ai sensi dell'articolo 15 che in relazione alle rispettive competenze … che non osservano le disposizioni previste negli articoli 1, commi 1-bis e 4, 4-bis, 5, 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies, 5-sexies, 5-septies, 5-octies, 5-nonies, 6, 7, 11, 13-bis, 13- ter, 13-quater, 13-quinquies, 13-sexies, 13-septies, 14, 14-bis, 15, 15-bis, 17-bis, e 20 ovvero le disposizioni generali o particolari emanate dalla COVIP in base ai medesimi articoli nonché in base all'articolo 19 del presente decreto, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 25.000 ».

Gli appellanti sostengono che tutta la (eventuale) responsabilità debba ricadere sul Preposto (“referente” nel linguaggio usato da COVIP).

Ma la tesi non può essere condivisa.

Ciò che il Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione impone ai soggetti segnalanti è un obbligo ben preciso che corrisponde ad un risultato altrettanto specifico: trasmettere determinate informazioni sulla base di griglie utili a mettere la COVIP nella condizione di svolgere i compiti specifici prima richiamati: vigilare e diffondere informazioni attendibili (a tutela, evidentemente, degli aderenti ai fondi pensione effettivi o potenziali).

Ai soggetti segnalanti non sono imposte prescrizioni di dettaglio su come agire per adempiere a detto obbligo. Il Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione stabilisce solo che « É cura degli organi delle forme pensionistiche predisporre adeguati presidi organizzativi del processo di produzione delle informazioni. L’attivazione di efficaci sistemi di controllo preventivo dei dati presso i soggetti segnalanti è strumento essenziale per assicurare la massima affidabilità delle informazioni prodotte ». Si precisa unicamente che: « Per agevolare una rapida interazione sulle eventuali problematiche connesse alle segnalazioni, i soggetti segnalanti comunicano alla COVIP i nominativi, i recapiti telefonici e l'indirizzo di posta elettronica dei funzionari preposti alla produzione e all’invio delle segnalazioni nonché il numero di telefax ».

Se ne ricava che una società che gestisce dei PIP è libera di organizzarsi nel modo ritenuto più opportuno per far fronte agli obblighi di segnalazione su di essa gravanti: può preporre una singola persona, più persone, o quant’altro sia reputato utile allo scopo. La cosa importante è il risultato, ovvero la trasmissione corretta delle informazioni. Se ad una verifica ex post risulta che le informazioni non sono state fornite nella maniera attesa prende corpo un’unica spiegazione: il presidio organizzativo del processo di produzione delle informazioni non era adeguato allo scopo. Di qui la responsabilità degli organi sociali e della società come obbligata in solido (art. 19, comma 4, d.lgs. 252/2005).

La società che gestisce i PIP e gli organi sociali che manifestano la sua volontà sono nella condizione migliore per individuare ed attuare gli strumenti più utili ad attuare un determinato obbligo imposto dalle norme. Se l’obbligo rimane inattuato non si può concludere che tutta la colpa sia del soggetto cui singolarmente era stata delegata tutta l’attività (che, per ipotesi, può essere anche un soggetto non in possesso delle necessarie competenze): si deve concludere, invece, che sono state sbagliate le scelte operate a livello organizzativo per assicurare l’adempimento dell’obbligo. Della scelta organizzativa sbagliata non può che rispondere chi ha operato la scelta stessa.

4.7.2 Le irregolarità sanzionate non sarebbero accadute se il Consiglio di Amministrazione avesse previsto una corretta impostazione organizzativa della società.

La società ha adottato un’organizzazione interna e un processo volti alla produzione e alla trasmissione delle segnalazioni statistiche e di vigilanza alla COVIP inadeguati perché:

- le strutture societarie non sono state in grado di prendere tempestiva contezza delle criticità concernenti gli obblighi informativi nei riguardi della COVIP e di adottare efficaci misure di rettifica;

- sono mancati effettivi controlli sull’operato dell’unità di personale non dirigenziale preposta alle segnalazioni alla COVIP;

- esisteva un’inappropriata prassi operativa aziendale circa l’acquisizione e la trattazione delle comunicazioni istituzionali provenienti dalla COVIP, considerato che le numerose comunicazioni di anomalia inviate dalla COVIP alla società avrebbero dovuto formare oggetto di un processo di attento monitoraggio e tempestiva trattazione;

- tali comunicazioni non erano inviate alla posta elettronica del solo referente indicato dalla società, bensì venivano indirizzate dalla COVIP anche alla PEC istituzionale della società senza che vi fossero apprezzabili riscontri.

4.7.3 Questo stato di fatto (e, quindi, l’inadeguata organizzazione interna) è imputabile a titolo di colpa agli organi sociali.

L’articolo 3 della legge 689/1981 recita: « Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa ».

Come affermato da Cons. Stato, sez. IV, 02/03/2012, n. 1203, costituisce jus receptum , ai sensi dell'art. 3, l. 24 novembre 1981 n. 689, il principio secondo il quale per le violazioni amministrative sanzionate è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, sia essa dolosa o colposa, a carico di colui che le abbia commesse, non essendo necessaria la concreta dimostrazione del dolo o della colpa in capo all'agente, sul quale grava, pertanto, l'onere della dimostrazione di avere agito senza colpa.

Il principio è stato più volte ribadito. Ad esempio, da Cons. Stato, sez. VI, 08/05/2012, n. 2658 a cui dire: « Ex art. 3 l. n. 689/1981, il principio secondo cui per le violazioni colpite da sanzione amministrativa sarebbe richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposa, dev'essere inteso nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta prova del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a quest'ultimo l'onere di provare di aver agito senza colpa ».

L’art. 3, l. n. 689 del 1981, nella parte in cui attribuisce rilievo alla coscienza e volontà dell'azione o dell'omissione, sia essa dolosa o colposa, nell'escludere l'imputabilità dell'illecito amministrativo a titolo di responsabilità oggettiva, postula una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, la colpa dovendosi ritenere positivamente dimostrata se la condotta rilevante ai fini della sanzione integra violazione di precise disposizioni normative. Il richiedere per la responsabilità nell'illecito amministrativo che la condotta attiva od omissiva rivesta i caratteri della coscienza e della volontarietà, e sia perlomeno colposa, pone quindi una presunzione iuris tantum di colpa in chi ponga in essere o manchi di impedire un fatto vietato, dal che consegue che è legittima l'irrogazione della sanzione in assenza di prove atte a superare detta presunzione mediante la dimostrazione della propria estraneità al fatto o dell'impossibilità di evitarlo. Il principio posto dalla citata norma, secondo cui per le violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva sia essa dolosa o colposa, deve quindi essere inteso nel senso della sufficienza dei suddetti estremi, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l'onere di provare di aver agito senza colpa.

Nella specie gli appellanti non hanno dimostrato la bontà delle scelte organizzative limitandosi ad addossare ogni responsabilità al preposto. Ma la loro responsabilità nasce proprio dalle scelte organizzative fatte.

4.7.4 Non possono essere condivise le argomentazioni svolte a proposito del grave pregiudizio reputazionale che i componenti dei diversi organi della società avrebbero subito.

L’Autorità aveva il compito di stigmatizzare comportamenti scorretti applicando le sanzioni previste. Non poteva né doveva valutare eventuali conseguenze ulteriori che, peraltro, avrebbero potuto essere evitate semplicemente dotandosi di una struttura organizzativa adeguata.

4.7.5 Non può essere condivisa la tesi secondo cui è proprio per effetto della negligenza del Preposto che gli organi sociali non hanno potuto prendere le contromisure necessarie. L’adeguatezza di una struttura organizzativa si misura anche dalla capacità di individuare (eventuali) carenze dei singoli addetti e di por rimedio alle stesse.

4.7.6 Non può essere condivisa la tesi secondo cui non è compito degli Amministratori leggere tutta le PEC che arrivano ad una società. Il tema, ancora una volta, è l’esistenza di una organizzazione che metta gli Amministratori nelle condizioni di essere informati di quanto accade nella società.

4.7.7 Per le ragioni esposte in precedenza non si può condividere la tesi secondo cui sarebbero state fornite prove atte a superare la presunzione di colpa nei confronti degli Amministratori e dei Sindaci prevista dall’art. 3 della legge n. 689/1981.

4.7.8 Per le ragioni esposte in precedenza non si può condividere la tesi secondo cui la COVIP non avrebbe dovuto irrogare alcuna sanzione.

4.7.9 Alla luce delle considerazioni esposte non possono quindi essere accolte le censure dianzi richiamate che riguardano specificamente la posizione dei componenti del Collegio sindacale.

Alla acclarata responsabilità degli Amministratori si accompagna anche la responsabilità dei componenti del Collegio sindacale per culpa in vigilando .

A norma dell’articolo 2403 del codice civile (rubricato: “Doveri del Collegio Sindacale”) il Collegio Sindacale deve vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento.

Obbligo specifico dei componenti del Collegio Sindacale è proprio quello di vigilare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo.

Le irregolarità sanzionate non sarebbero accadute se il Consiglio di Amministrazione avesse previsto una corretta impostazione organizzativa della società (anche per quanto riguarda la ricezione e smistamento delle comunicazioni provenienti dall’Autorità di vigilanza) e se il Collegio Sindacale avesse adeguatamente verificato la correttezza della suddetta impostazione organizzativa.

Di qui la responsabilità dei componenti del Collegio Sindacale che, conviene ricordare, sono responsabili per i fatti o le omissioni degli Amministratori, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica (art. 2407 del codice civile).

5. Il quarto motivo di appello è rubricato: Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la censura con cui è stato contestato l’erroneo apprezzamento delle controdeduzioni presentate nell’ambito del procedimento: Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 10 della l. n. 241/1990. Eccesso di potere per insufficienza della motivazione e difetto di istruttoria.

Gli appellanti censurano la sentenza del Tar Lazio nella parte in cui ha respinto il quarto motivo di ricorso con il quale era stato contestato il difetto di motivazione e le carenze istruttorie che affliggono le ordinanze sanzionatorie.

Si sostiene che:

- la motivazione dei provvedimenti impugnati è stereotipata, limitandosi ad affermare l’inidoneità degli elementi forniti a superare gli addebiti contestati, senza darsi carico di fornire anche solo un accenno di dimostrazione al riguardo;

- COVIP si è limitata – nell’ambito dei provvedimenti gravati – ad asserire che le argomentazioni difensive complessivamente addotte dagli interessati in riferimento alla fattispecie contestata sotto la lettera A) « non siano idonee a revocare in dubbio la sussistenza, in relazione alla totalità dei PIP, di gravi disfunzioni nei presidi organizzativi del processo di produzione e trasmissione delle informazioni oggetto delle segnalazioni statistiche e di vigilanza alla COVIP, tale da determinare nel periodo considerato il non corretto invio delle segnalazioni periodiche previste dalla COVIP con la Circolare n. 250 dell’11 gennaio 2013 e l’omessa tempestiva correzione degli errori che si sono prodotti »;

- è palese la violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, aggravata dal fatto che l’omessa motivazione attiene ad aspetti decisivi del processo decisionale che hanno condotto all’adozione dei provvedimenti sanzionatori.

5.1 Le censure sono infondate.

5.1.1 Non è condivisibile la tesi secondo cui gli atti impugnati conterrebbero una motivazione stereotipata.

La motivazione dei provvedimenti amministrativi deve consistere nell'indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'Amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. (Cons. Stato, sez. II, 03/06/2022, n. 4567;
Cons. Stato, sez. VI, 04/04/2022, n. 2441).

Sono stati in precedenza riportati ampi stralci dei provvedimenti sanzionatori. La loro lettura dimostra che l’Autorità ha esposto in maniera più che sufficiente le ragioni in fatto e in diritto che hanno portato all’adozione dei provvedimenti stessi.

5.1.2 Non è condivisibile la tesi secondo cui l’Autorità non avrebbe tenuto nel giusto conto gli scritti difensivi prodotti degli interessati nel corso dell’istruttoria.

Dalla lettura degli atti emerge l’esatto contrario.

In ogni caso, costituisce regola generale, convalidata da un consolidato orientamento giurisprudenziale, quella per la quale le memorie e gli scritti procedimentali debbono essere valutati dall'Autorità emanante senza che però occorra nel provvedimento finale una confutazione punto per punto degli argomenti addotti, essendo sufficiente un "iter" motivazionale che renda percepibili le ragioni complessive in base alle quali le difese del privato non sono state condivise (Cons. Stato, sez. VI, 20/04/2017, n.1858).

6. Il quinto motivo di appello è rubricato: Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la censura relativa agli importi delle sanzioni irrogate: violazione e falsa applicazione dell’art. 19- quater , comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 252/05, degli artt. 3 e ss. l. n. 689/81, violazione del principio di proporzionalità, eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e in particolare illogicità, irragionevolezza, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione.

In primo grado gli appellanti avevano sostenuto l’irragionevolezza e il difetto di proporzionalità nella quantificazione della sanzione. Il Tar ha ritenuto insussistenti i predetti vizi rilevando che “la scelta discrezionale afferente all’irrogazione della sanzione pecuniaria non appare all’evidenza irragionevole né nel quantum , né tantomeno nell’ an ”.

Gli appellanti criticano detta statuizione sostenendo che:

- la COVIP non avrebbe dovuto procedere all’irrogazione delle sanzioni in ragione della previsione contenuta nel Manuale in forza della quale la mancata o tardiva produzione delle informazioni richieste, la reiterata trasmissione di un numero significativo di dati errati o non attendibili, di segnalazioni non trattabili sotto il profilo informatico, costituiscono, nell’ambito dell’attività di vigilanza, un elemento di valutazione dell’organizzazione del soggetto vigilato, che “può configurare inadempimento sanzionabile”;

- la COVIP non era tenuta all’irrogazione di sanzioni, con la conseguenza che – nel caso di specie – avrebbe dovuto astenersi dall’esercizio del potere sanzionatorio alla luce di quanto illustrato nei paragrafi che precedono in ordine alla condotta osservata dagli organi sociali;

- in ogni caso, la sanzione è affetta da ingiustizia manifesta anche nel quantum;

- la sanzione irrogata è di 2.600,00 euro per ciascun Sindaco laddove l’art. 19- quater , comma 2, lett. b) del d.lgs. n. 252/05 prevede una forbice edittale tra 500 e 25.000 euro;

- le sanzioni avrebbero dovuto essere quantomeno quantificate nella misura minima di 500 euro per ciascun presunto autore della violazione, anche considerata l’opinabilità della sussistenza della colpa dei predetti soggetti rispetto al fatto contestato, nonché l’opera svolta dalla società che, successivamente all’insediamento del gruppo ispettivo, ha posto in essere (e continua a porre in essere) azioni correttive volte a ripristinare l’osservanza del Manuale;

- il Tar ha erroneamente ritenuto legittime le sanzioni irrogate dalla COVIP ignorando la loro arbitrarietà, irragionevolezza e sproporzionalità, nonché il pregiudizio da queste arrecato sul piano reputazionale;

- la proporzionalità, quale requisito caratterizzante della necessarietà, dell’adeguatezza e dell’idoneità, non deve essere considerata come un canone rigido ed immodificabile, configurandosi quale regola che implica la flessibilità dell’azione amministrativa e, in ultima analisi, la rispondenza della stessa alla razionalità e alla legalità da intendersi nella sua accezione etimologica e dunque da riferire al senso di equità e di giustizia, che deve sempre caratterizzare la soluzione del caso concreto, non solo in sede amministrativa, ma anche in sede giurisdizionale.

In riforma della sentenza gravata, si chiede a questo Collegio di esercitare i poteri riduttivi connessi alla giurisdizione di merito propria dei procedimenti sanzionatori.

6.1 Le censure sono infondate.

Allorché una norma preveda la sanzione indicandone la misura minima e quella massima, non c'è l'obbligo di determinarla nella misura minima, dovendo essa essere determinata nella misura tra minima e massima, che si ritenga congrua all'infrazione commessa sulla base dei criteri per l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie fissati dall' art. 11, l. n. 689 del 1981, i quali devono ritenersi applicabili sia dall'autorità amministrativa che dal giudice (argomentando ex Cass., sez. I, 14/06/1996, n. 5499).

Nel caso di specie le sanzioni sono state determinate in misura ampiamente inferiore alla media della forbice edittale, tenendo in debito conto tutti gli elementi del caso, oltre che le iniziative e i contegni riparatori che la società ha dichiarato di aver assunto successivamente all’intervento ispettivo, volti a ripristinare l’osservanza del Manuale delle segnalazioni statistiche e di vigilanza dei fondi pensione.

D’altronde, come chiarito da Cons. Stato, sez. IV, 15/05/2017, n. 2256, con riferimento alle sanzioni pecuniarie rientra nei poteri del giudice non già la riduzione della misura della sanzione concretamente irrogata quanto la verifica, ai sensi dell'art. 11, l.24 novembre 1981, n. 689 del rispetto del principio di proporzionalità in sede di quantificazione concreta della misura della sanzione e, dunque, del corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell'Amministrazione.

Nella specie i poteri di quantificazione delle sanzioni sono stati legittimamente esercitati.

7. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

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