Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-01-23, n. 202300739
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Testo completo
Pubblicato il 23/01/2023
N. 00739/2023REG.PROV.COLL.
N. 06330/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6330 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Emiliano Amato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero della difesa ed il Comando Legione Carabinieri -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il -OMISSIS-, Sez. Prima bis, n. -OMISSIS-, pubblicata l’8 gennaio 2020, con la quale è stato respinto il ricorso n. RG n. 4074/2013 proposto dall’odierno appellante.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2023 il consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto e udito per l’appellante l’avvocato Federica Berruti in sostituzione dell’avvocato Emiliano Amato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’appellante, appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri, impugna la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il -OMISSIS- ha respinto il ricorso dal medesimo proposto in primo grado avverso il diniego opposto dal Comando Legione Carabinieri -OMISSIS- della possibilità di fruire dei due periodi di riposo giornalieri di un’ora ciascuno di cui agli artt. 39 e 40 del d.lgs. n. 151/2001 a decorrere dal 17 gennaio 2013 e sino al compimento di un anno di età della figlia, nata il [...].
Nella relativa istanza e nelle osservazioni conseguenti al preavviso di rigetto il militare aveva rappresentato e adeguatamente documentato che la moglie, “ coadiuvante dell’impresa artigiana ” del padre – regolarmente iscritta all’INPS dall’1 gennaio 2000 nonché all’INAIL ed alla Camera di Commercio -OMISSIS- dal 18 gennaio 2000 –, come tale doveva considerarsi alla stregua di “ lavoratrice non dipendente ”, non beneficiava di tali permessi e, previa domanda di congedo di maternità, aveva percepito la relativa indennità dal 16 agosto 2012 al 16 gennaio 2013.
L’Amministrazione aveva tuttavia ritenuto che non sussistessero i presupposti per la concessione dei permessi in parola ed aveva conseguentemente respinto l’istanza con provvedimento n. 60/59-1 P del 2 marzo 2013 ritenendo che, in base al quadro normativo di riferimento, “ la figura di ‘coadiuvante dell’impresa artigiana’ assume il carattere - collaborazione familiare - e non costituisce rapporto di lavoro dipendente e, quindi, subordinato ”.
2. Il giudice di prime cure, aderendo alla tesi dell’Amministrazione, ha respinto il gravame ritenendo che “ la moglie dell’odierno esponente è «coadiuvante» nell’impresa artigiana del padre, vale a dire, è un collaboratore familiare dell’imprenditore che, in virtù della sua particolare posizione, non assume la veste di lavoratore subordinato, non è tenuto al rispetto di un orario predeterminato di lavoro, ancorché la sua attività deve essere svolta con carattere di abitualità e prevalenza, e ha diritto al sostentamento/mantenimento da parte del proprio parente artigiano, senza possibilità di percepire alcun tipo di compenso per l’attività prestata nell'impresa artigiana; così come, d’altra parte, per la sua particolare condizione, non può ricondursi alla figura del lavoratore autonomo o in proprio, non possedendone i requisiti previsti. La moglie del ricorrente, dunque, non rientra in alcuna delle fattispecie contemplate dall’art. 41, comma 1, lettere b) e c) del d. lgs. 151/2001, non essendo lavoratrice dipendente né lavoratrice autonoma, e neppure lavoratrice casalinga. Opera, invece, come ‘coadiuvante in impresa artigiana’ del proprio genitore, attività lavorativa che si caratterizza per una certa flessibilità dell’orario di lavoro giornaliero e per la possibilità di alternarsi con gli altri componenti dell’impresa, sicché non sembrano prospettarsi, nella specie, quelle difficoltà organizzative legate all’allattamento e all’accudimento del neonato nel primo anno di vita che il legislatore ha avuto presente nel disciplinare i ‘permessi per allattamento’ giornalieri”.
3. L’interessato ha interposto appello avverso detta pronuncia, sostenendo, in estrema sintesi, che il primo giudice non avrebbe adeguatamente tenuto conto del quadro normativo di riferimento e della relativa ratio , né della giurisprudenza (anche costituzionale) formatasi al riguardo.
In particolare, l’istituto dei permessi in questione, de iure condito scissi dalle necessità dell’allattamento originariamente alla base della misura, sarebbe volto a preservare e favorire “ tutte le responsabilità genitoriali, incluse quelle del padre ”, così da soddisfare le esigenze fisiologiche ed affettive del minore e realizzare il pieno sviluppo della sua personalità; si tratterebbe, quindi, di una misura a sostegno della famiglia in attuazione delle finalità generali che trovano fondamento nell’art. 31 Cost. e che sono rivolte in misura paritetica ad entrambi i genitori.
Nel caso di specie sarebbe stato adeguatamente dimostrato e documentato che la coniuge, madre della minore, ha prestato attività lavorativa “ in modo abituale e prevalente ” dal 2000 al 2018 nell’impresa artigiana del padre di gestione di un distributore di carburanti, occupandosi personalmente della vendita dei carburanti medesimi alla clientela “ in modo stabile, prevalente e continuativo ” nelle fasce orarie di apertura dell’impianto, e ciò anche in considerazione del fatto che non vi era altro personale oltre alla predetta ed al genitore titolare dell’impresa.
Inoltre, il giudice di prime cure non avrebbe considerato che la figura professionale della coniuge sarebbe da ricondurre piuttosto alla fattispecie di cui all’art. 40, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 151/2001, che attribuisce al padre il diritto ai riposi giornalieri in caso di madre “ non lavoratrice dipendente ”, in un’accezione da ritenersi necessariamente ampia della relativa attività svolta in forma autonoma.
In considerazione del tempo trascorso e dell’età nel frattempo maturata dalla figlia, l’appellante chiede l’accertamento del diritto a fruire dei riposi in parola e la condanna dell’Amministrazione all’integrale risarcimento dei danni patiti, da determinarsi in un importo commisurato ai permessi indebitamente negati, oltre interessi e rivalutazione monetaria, o comunque nella diversa somma da liquidarsi in via equitativa.
Con memoria del 15 dicembre 2022 l’interessato, nel ribadire le proprie doglianze e conclusioni, richiama anche l’ordinanza n. 2649/2022 con la quale questa Sezione ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione circa l’esatta portata della locuzione “ non lavoratrice dipendente ” e chiede di interessare nuovamente detto alto consesso o, in alternativa, di sospendere il giudizio in attesa di conoscerne le determinazioni.
4. Le Amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.