Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-30, n. 202004167
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Pubblicato il 30/06/2020
N. 04167/2020REG.PROV.COLL.
N. 00738/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 738 del 2020, proposto da
A M, F B, D P, I T, L B, E G, B D B, S C, I D L, O R, M B, L C, R M, rappresentati e difesi dall'avvocato R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tar Lazio-Roma Sez. III-bis n. 7167 del 4/6/2019 che aveva accolto in parte, limitatamente agli insegnanti tecnico pratici e agli insegnanti di strumento musicale, il ricorso per partecipare ai concorsi ex art. 1, co. 110 della L. n. 107/2015 (c.d. buona scuola), escludendo tutti gli altri ricorrenti, in quanto laureati non abilitati che non rientrano nelle predette due categorie.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2020 il Cons. S S;
Dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84 comma 5 del Dl. n. 18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli appellanti, intendendo partecipare ai concorsi per titoli ed esami ex art. 1, comma 110, L. n. 107/2015 (c.d. buona scuola) per la copertura di 16.147 posti comuni di insegnamento nelle scuole secondarie di primo grado e di 17.232 posti comuni di insegnamento nelle scuole secondarie di secondo grado, avevano impugnato al TAR con ricorso collettivo, insieme ad altri indicati nella sentenza appellata, gli atti ministeriali relativi al reclutamento del personale docente e di sostegno nella scuola dell’infanzia e primaria, nella parte in cui (art. 3) ammettevano alla procedura concorsuale “esclusivamente” i candidati in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, escludendo così i candidati privi di abilitazione a quella data.
2. Il TAR del Lazio con ordinanza n. 8262/2016 respingeva la domanda cautelare.
Successivamente, in occasione delle prove suppletive, lo stesso TAR Lazio in accoglimento di una nuova istanza, con decreto cautelare n. 2197 del 5.5.2017 confermato con ordinanza 20/07/2017 n.3769, disponeva l’ammissione con riserva dei ricorrenti alle prove concorsuali.
A seguito dell’ammissione alle prove suppletive, superate con esito positivo (sia scritte che orali), gli appellanti erano inseriti con riserva nelle graduatorie definitive.
Il TAR Lazio tuttavia, con la sentenza appellata, accoglieva il ricorso “limitatamente agli insegnanti tecnico pratici e agli insegnanti di strumento musicale”, così implicitamente escludendo i ricorrenti che, pur vincitori di concorso, non rientravano tra dette categorie di docenti.
3. Gli appellanti invocano ora l’applicazione dell’art. 4 comma 2 bis del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 convertito con legge 17 agosto 2005, n.168, in relazione all’intervenuto superamento delle prove ed al loro inserimento nelle graduatorie, sulla base del precedente di cui alla recente sentenza di questa Sezione 19/12/2019 n.8601.
La norma in questione dispone che: “ Conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela ”. L’effetto prodotto dalla norma, come chiarito nella sentenza cit., discende infatti dal conseguimento del titolo in quanto tale, a prescindere dal fatto che l’amministrazione lo abbia o no rilasciato con riserva dell’esito del processo nel merito.
La Corte costituzionale, con la sentenza 9 aprile 2009 n.108 e l’ordinanza 19 maggio 2009 n.158, aveva dichiarato non fondate le questioni di costituzionalità di tale disposizione, sulla base di alcune considerazioni che ne chiariscono lo scopo. Ad avviso della Corte, in primo luogo la norma non prevede una sanatoria, dato che non riguarda vizi o irregolarità già verificatisi, ma dispone per il futuro, disciplinando in via generale gli effetti dell’azione amministrativa. In particolare, essa disciplina il caso, che qui rileva, in cui un candidato sia stato ammesso con riserva ad una prova d’esame per effetto di un provvedimento cautelare e l’abbia in concreto superata: in tal caso, la norma stessa interviene rendendo irreversibile l’effetto così creatosi, a prescindere dall’esito nel merito del processo. Sempre secondo la Corte, la norma in tal modo positivizza ed estende un principio già elaborato dalla giurisprudenza per gli esami di maturità, e pertanto si applica solo agli esami propriamente detti, e non ai concorsi pubblici. La sua ragione ispiratrice è allora costituita dalla volontà, espressa dal legislatore, di proteggere l’affidamento del privato, il quale abbia superato le prove di esame e - in ipotesi - avviato in buona fede la relativa attività professionale, nonché l'interesse generale alla certezza dei tempi di accertamento dell'idoneità dei candidati e dei relativi rapporti da loro instaurati nello svolgimento dell'attività professionale di cui si tratta. Per tale ragione, la Corte ha escluso che la norma violi da un lato la parità di condizioni dei candidati e dall’altro il diritto di difesa dell’amministrazione, perché l’effetto dell’abilitazione consegue pur sempre ad un nuovo accertamento dell’amministrazione stessa, che può riguardare, in potenza, chiunque dei candidati stessi.
5. La giurisprudenza della Sezione, su questa stessa linea, ha riconosciuto anch’essa che la norma è espressione di un principio generale valido per i corsi di studio ampiamente intesi, ritenendola applicabile anche a chi abbia iniziato e proseguito con profitto un corso universitario superando parte degli esami previsti (Sez. VI, 1° aprile 2019 n.2155) nonché al caso, analogo al presente, di ammissione con riserva di un insegnante ad un percorso abilitante speciale – PAS (Sez. VI, 4 gennaio 2016 n.6).
La norma in questione va quindi applicata al procedimento per cui è causa, e produce sul piano sostanziale il consolidamento degli effetti prodottisi con l’ammissione con riserva, con la conseguenza processuale dell’improcedibilità dei ricorsi originari.
6. Deve inoltre considerarsi che gli appellanti, oltre a possedere il titolo di studio idoneo (laurea), hanno anche svolto un periodo di servizio presso le scuole statali pari ad oltre 36 mesi.
La sentenza appellata, peraltro, nella motivazione aveva fatto riferimento alla sentenza n. 7789 del 13.11.2019 di questa Sezione Sesta che, nel ribadire l’efficacia soltanto inter partes (come stabilito nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n.5 del 27/02/2019) dell’annullamento del requisito dell’abilitazione all’insegnamento per partecipare al concorso di cui trattasi, aveva ritenuto che tale annullamento dovesse riferirsi solo ai docenti ITP e agli insegnanti di strumento musicale, per i quali non erano stati attivati i corsi abilitanti, con conseguente impossibilità di conseguire l’abilitazione.
7. Senonché, nella stessa decisione n. 7789/19, al punto 5, si riconosce che la ratio del requisito richiesto per partecipare al concorso (l’abilitazione oltre la laurea) “ è l’avere svolto un’attività di formazione orientata alla funzione docente, che abbia come specifico riferimento la fase evolutiva della personalità dei discenti ”.
Ed è appena il caso di ricordare che l’avere svolto attività didattica presso le scuole statali per oltre tre anni, è considerato titolo equiparabile alla abilitazione, secondo i principi enunciati nella sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014, nelle cause riunite C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13 (cd. sentenza Mascolo).
Del resto, un’identica equiparazione tra lo svolgimento di almeno tre annualità di servizio ed il titolo abilitativo è contenuta nell’art. 1, quinto comma, lett. a) del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, convertito con legge 20 dicembre 2019, n. 159, ai fini dell’indizione di una procedura straordinaria finalizzata alla stabilizzazione di ventiquattromila docenti precari per concorso, cui potranno partecipare coloro che hanno svolto tra il 2008/09 ed il 2019/20 almeno tre annualità di servizio nelle scuole secondarie statali.
8. In conclusione, poiché tutti i ricorrenti hanno superato il concorso con conseguente inserimento nelle graduatorie definitive in base alle quali possono conferirsi loro incarichi a tempo indeterminato, deve dichiararsi ai sensi dell’art. 34, 5°comma c.p.a., e in accoglimento dell’appello, l’improcedibilità, limitatamente ai nominativi indicati in epigrafe, del ricorso di primo grado, essendosi realizzata la piena soddisfazione della pretesa sostanziale invocata dagli stessi, dovendosi inoltre confermare per i medesimi l’esito di tali concorsi e i provvedimenti conseguenti.
Sussistono giusti motivi per compensare per intero fra le parti le spese dell’intero giudizio.