Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-09-27, n. 201704517

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-09-27, n. 201704517
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704517
Data del deposito : 27 settembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/09/2017

N. 04517/2017REG.PROV.COLL.

N. 08801/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8801 del 2016, proposto da:
F G, rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, n. 6;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Commissione Esami per l'Iscrizione all'Albo degli Avvocati presso la Corte d'Appello di Catanzaro e Commissione Esami per l'Iscrizione all'Albo degli Avvocati presso la Corte d'Appello di Bologna non costituite in giudizio;

nei confronti di

Angotti Francesca non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE II, n. 1782/2016, resa tra le parti, concernente mancata ammissione alle prove orali esami per avvocati.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti l’avvocato A. Morcavallo e l’avvocato dello Stato G. Galluzzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Calabria, l’odierno appellante invocava l’annullamento del provvedimento emesso dalla commissione esami avvocati presso la Corte d'Appello di Bologna di non ammissione alle prove orali degli esami per l’iscrizione all’Albo degli avvocati.

2. Il primo giudice, esaminati i motivi dell’impugnazione, respingeva il ricorso, valutandolo come infondato.

3. Avverso la pronuncia individuata in epigrafe propone appello l’originario ricorrente, lamentando che: a) il TAR avrebbe dovuto rilevare che i criteri approvati unanimemente da tutte le sottocommissioni il 13 gennaio 2016 avrebbero stabilito che in sede di correzione si sarebbero dovuti apporre sugli elaborati segni atti ad evidenziare i punti errati degli elaborati o male scritti. Con una autovincolo che avrebbe dovuto garantire l’imparzialità, la trasparenza ed il buon andamento dell’attività amministrativa. Mentre non sarebbe sufficiente l’apposizione del mero voto numerico;
b) il primo giudice non avrebbe rilevato che l’operato della sottocommissione non avrebbe avuto ad oggetto gli elaborati del candidato ricorrente;
c) ancora il TAR non avrebbe dato alcun rilievo al tempo medio di correzione dei singoli elaborati che sarebbe stato di pochi minuti, che ne avrebbe impedito una lettura a voce alta;
d) il giudice di prime cure non avrebbe rilevato che con il verbale del 13 gennaio 2016 le sottocommissioni in seduta plenaria avrebbero proceduto alla suddivisione degli elaborati da correggere secondo un criterio predeterminato, basato su una progressione numerica che si porrebbe in contrasto con la normativa e con i criteri generali secondo i quali la suddivisione dei plichi deve avvenire alla rinfusa senza un criterio prestabilito. Inoltre, non sarebbe stato apprezzato ai fini della caducazione dell’atto impugnato il motivo con il quale si censurava che le operazioni di rimescolamento dei plichi sarebbe avvenuta senza la presenza di tutte le componenti professionali.

4. Costituitosi in giudizio il Ministero della Giustizia invoca la conferma della sentenza impugnata.

5. Nelle successive difese l’appellante insiste nelle proprie conclusioni, tornando ad argomentare attorno al motivo di cui supra sub d).

6. L’appello è infondato e non può essere accolto, risultando destituite di fondamento tutte le doglianze ivi contenute.

6.1. Quanto alla prima censura, deve rilevarsi che questa Sezione con un orientamento costante (cfr. ex multis, Cons. St., sez. IV, n. 1590/10;
Id., sez. IV 2094/10;
Id., n. 60/10;
Id., n. 8626/09) ha avuto modo di chiarire che la fase della correzione degli elaborati non è isolabile dalla relativa attività di giudizio e non richiede pertanto l'annotazione, né sugli elaborati stessi né nel verbale delle attività della Commissione, di particolari chiarimenti circa gli errori o le inesattezze giuridiche rilevati: ciò perché, da un lato, secondo la stessa lettera della legge ( v. penultimo comma dell’art. 23 del R.D. n. 37/1934), alla lettura dei “lavori” segue l’assegnazione del punteggio, che dunque non può considerarsi diversa od ulteriore rispetto alla “correzione” di cui ai commi 1 e 3 dello stesso articolo;
e, dall’altro, detto punteggio, pacificamente, è sufficiente ad esprimere in forma sintetica il giudizio tecnico-discrezionale demandato alla Commissione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti ( v., per tutte, Cons. St., IV, 17 febbraio 2009, n. 855 ).

Se è vero, poi, che tale attività è regolata dai criteri fissati dalla Commissione di cui all’art. 22 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, agli stessi non è certo riconducibile l’invito formulato nel caso di specie dalla anzidetta Commissione, risultando esso del tutto estraneo al momento della valutazione e del giudizio tecnico-discrezionale di competenza della sottocommissione ( che, come già detto, è sufficientemente sintetizzato dal voto numerico ) e dunque piuttosto attinente a mere operazioni materiali dell’attività della sottocommissione stessa, sì da non essere in alcun modo in grado di assumere per essa quell’efficacia vincolante riconoscibile ai criteri di valutazione propriamente detti;
e nemmeno una qualche limitazione dell'attività delle competenti sottocommissioni può derivare dal conforme verbale, successivo alla adozione dei criteri di cui si è detto, dell'assemblea dei Presidenti titolari e supplenti delle sottocommissioni medesime, atteso che solo da deliberazioni delle sottocommissioni preposte alla revisione possono scaturire autolimitazioni, nella fattispecie non individuabili, alla attività a ciascuna di esse demandata (fermo, peraltro, che, anche in caso di autolimitazione in tal senso formalmente adottata, il mero dato formale della omessa effettuazione di operazioni materiali, cui la sottocommissione si fosse autovincolata in sovrappiù rispetto alle già minuziose indicazioni procedurali dettate dal legislatore, non può in ogni caso assumere carattere invalidante quando, come accade nella situazione in esame, criteri di riferimento per la valutazione siano comunque sussistenti e non vengano comunque segnalati errori di fatto nel giudizio reso ovvero elementi di macroscopica irrazionalità dello stesso, sì che la stessa eventuale omissione non è comunque di per sé idonea, in assenza quanto meno di un sufficiente principio di prova di erroneità del giudizio, a fornire un idoneo indizio di una valutazione palesemente incongrua o comunque di un qualche possibile sviamento).

6.2. Venendo alla seconda censura, invece, deve rilevarsi che con la stessa si pretende di sostituire in modo meramente assertivo il giudizio dell’appellante a quello della commissione, in ragione del fatto che in assenza di correzioni sul tema, in realtà la commissione non avrebbe esaminato gli elaborati dell’originario ricorrente con modalità idonee a dare conto dei criteri asseritamente non rispettati dal medesimo e delle sintetiche ragioni del giudizio negativo. Una simile affermazione risulta, tuttavia, infondata per le ragioni già esposte al punto precedente, mentre le affermazioni del ricorrente circa la completezza e qualità dei suoi elaborati risultano generiche, prive di qualsiasi principio di prova e tali da impingere nel merito del giudizio riservato in via diretta, salvo la presenza di irragionevolezza, illogicità o travisamento di fatto, all’amministrazione;
pertanto, non può che essere respinta.

6.3. Con una terza doglianza si contesta che la sottocommissione avrebbe mediamente impiegato pochi minuti per la valutazione degli elaborati nella seduta nella quale sono stati corretti quelli dell’appellante. Ora, in disparte il fatto che non si offre una precisa indicazione temporale né media, né tantomeno riferita a quelli dell’originario ricorrente, in ogni caso l’art. 23, comma 2, R.D. 37/1934, dispone che la commissione compia la revisione dei lavori scritti nel più breve tempo, pertanto, non può che essere ribadita anche per la presente fattispecie la fondatezza della giurisprudenza – assolutamente prevalente – secondo la quale in sede di impugnazione degli atti riguardanti l’ammissione alle prove orali della sessione di esami di avvocato i tempi di correzione degli elaborati scritti sono di per sé privi di significato, perchè i componenti della commissione, in ragione delle loro specifiche competenze poste a base dei loro atti di nomina, sono perfettamente in grado di valutare in breve tempo un elaborato (cfr. ex multis , Cons. Stato, Sez. IV, 18 giugno 2009 n. 3991).

6.4. Venendo, infine, all’ultima censura, va esaminata dapprima la questione relativa alla mancanza, nella seduta di rimescolamento delle schede, di tutte le componenti professionali dalle quali deve essere composta la commissione. Al riguardo, deve premettersi che la ratio che ispira l’art. 22, R.D.L. 1578/1933 è quella di assicurare che l’accesso ad una professione così delicata, quale quella forense, debba passare attraverso un vaglio ponderato dei candidati da parte delle diverse professionalità che arricchiscono il mondo della giurisprudenza, ossia quella accademica, quella forense e quella magistratuale.

Tanto premesso, però, non può sostenersi una non sostituibilità tra i membri delle commissioni quando le stesse debbano comporsi per svolgere compiti, quale quello di mescolamento delle buste, rispetto ai quali la diversa provenienza appare del tutto irrilevante. Pertanto, il diverso assunto dell’odierno appellante non può essere condiviso.

Da ultimo, va esaminata la questione delle operazioni tese ad assicurare l’anonimato degli elaborati da correggere. Deve premettersi un chiarimento di ordine fattuale: ciò che si contesta è la previsione da parte delle sottocommissioni in seduta plenaria della scelta di un criterio basato sulla progressione numerica nella suddivisione degli elaborati da correggere.

Tanto premesso deve rammentarsi in che termini si esprima la disciplina normativa di riferimento, ossia l’art. 22, comma 4, del R.D. n. 37/1934: “ Nel giorno immediatamente successivo all'ultima prova e nell'ora indicata dal presidente, la commissione in seduta plenaria, alla presenza di almeno di cinque candidati designati dal presidente e tempestivamente avvertiti, constata l'integrità dei sigilli e delle firme, apre i pacchi contenenti le buste con i lavori, raggruppa le tre buste aventi sui rispettivi tagliandi lo stesso numero e, dopo aver staccato i tagliandi, le chiude in un'unica busta più grande, nella quale viene apposto un numero progressivo soltanto quando è ultimata l'operazione di raggruppamento per tutte le buste con i lavori, avendo cura di rimescolare le buste stesse prima di apporvi il predetto numero progressivo ”. Si tratta come è evidente di operazioni che sono poste in essere dalla commissione presso la Corte d’Appello dove vengono svolte le prove scritte, che dovrà poi trasmettere le buste contenenti gli elaborati presso la Corte d’Appello dove risiede la commissione deputata alla correzione degli stessi.

Il senso della norma è quello di evitare che l’operazione di anonimato, che si traduce nel raggruppamento delle buste aventi lo stesso numero sul rispettivo tagliando e nella coeva rimozione dei tagliandi in questione, possa essere posta nel nulla dall’apposizione di un numero progressivo che consenta di individuare comunque le buste contenenti gli elaborati. Da qui l’obbligo di mescolamento prima dell’apposizione del numero progressivo. Una volta terminata quest’ulteriore operazione non è più possibile correlare le buste al precedente numero identificativo posto sul tagliando.

Una volta ricevute le buste contenenti gli elaborati da parte della Corte d’Appello dove ha sede la commissione competente a valutarli, la circostanza che la suddivisione del lavoro tra le sottocommissioni avvenga, utilizzando un criterio distributivo basato su di un numero progressivo, non contrasta con il dato normativo e non può in alcun modo fondare una lesione del principio di anonimato. Al contrario, si tratta di un’operazione che contribuisce ad una certa e chiara ripartizione dell’attività di correzione che favorisce il buon andamento delle operazioni di valutazione. Da qui l’assoluta infondatezza della doglianza in questione.

7. L’appello in esame deve, quindi, essere respinto. Nella complessità in diritto delle questioni trattate si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del presente grado di giudizio.

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