Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-11-24, n. 200907372

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-11-24, n. 200907372
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200907372
Data del deposito : 24 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04293/2004 REG.RIC.

N. 07372/2009 REG.DEC.

N. 04293/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4293 del 2004, proposto da:
G L, rappresentato e difeso dall'avv. N D S P, con domicilio eletto presso Manilio Franchi in Roma, via Gramsci,28;
P M, D C A, P P, S N, C R, T F, G C, S D, S V, L C, Balo' Stefania, F P, M T, S S, T E, M M, B S, D'Angelo Cinizia, B P, T B, F B, G C, B I, D'Arco Lucia, B S, M C, P M, S L, R I;

contro

Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio - Roma sezione III Bis n. 07394/2003, resa tra le parti, concernente DINIEGO AMMISSIONE ALLA SESSIONE DI ESAMI PER L'ABILITAZIONE ALL'INSEGNAMENTO.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione appellata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 luglio 2009 il consigliere R V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Le insegnanti di religione Laura Giori, Maria Pascarella e altri chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tar del Lazio ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza ministeriale n. 153 del 1999, nella parte in cui non ammette alla sessione di esami per l’abilitazione all’insegnamento coloro che hanno svolto insegnamento della religione cattolica. Espongono i ricorrenti di aver chiesto l’ammissione in quanto precari e di aver impugnato sia l’ordinanza citata sia il successivo provvedimento di esclusione;
di essere stati ammessi con riserva e di aver superato la sessione d’esami, conseguendo la relativa abilitazione, sia pure con riserva;
di non poter usufruire della legge n. 186 del 2003, che prevede l’immissione nei ruoli dello Stato del personale che insegna religione cattolica.

Gli appellanti, ritenendo che il Tar abbia errato nel ritenere che non sussistano ragioni per discostarsi dalla argomentazioni addotte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 343 del 1999, che riguardava non la legge n. 124 del 1999, ma la precedente legge n. 417 del 1989, chiedono la riforma della sentenza appellata per violazione dell’obbligo di motivazione e violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, poiché i primi giudici si sono limitati a riportare pedissequamente la motivazione della sentenza della Consulta, senza tener conto che la legge n. 124, a differenza della precedente, ammette alla procedura in esame anche gli insegnanti assunti sulla base del solo titolo di studio, indipendentemente dall’appartenenza ad una graduatoria e considera rilevante anche l’insegnamento reso in scuole non statali o in altro ordine scolastico, quindi indipendentemente dalla circostanza che l’insegnamento stesso sia relativo ad una delle materie comprese in classi di concorso o corrisponda a posti di ruolo.

Gli appellanti concludono per la riforma della sentenza, evidenziando nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 4 comma 2 bis legge n. 168 del 2005, ritenendo di aver titolo alla sanatoria ivi prevista.

Si è costituita l’Amministrazione intimata, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

DIRITTO

L’appello deve essere respinto, poiché le censure sollevate sono infondate.

Va premesso che, contrariamente a quanto pretendono gli appellanti, essi non possono usufruire del diritto a conseguire l’abilitazione per effetto dell’applicazione dell’art. 4 comma 2 bis della legge n. 168 del 2005, poiché secondo la lettera, tale norma, eccezionale e quindi di stretta intepretazione, concerne il conseguimento dell’abilitazione professionale o il titolo, e non riguarda il diverso settore dell’abilitazione all’insegnamento.

Nel merito, la sentenza impugnata merita conferma.

Come hanno rilevato i primi giudici, infatti, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 343 del 1999 non è più consentito dubitare della costituzionalità dell’esclusione degli insegnanti precari di religione dalle procedure di cui si tratta. E’ ben vero che, come sostengono gli appellanti, la pronuncia della Corte ha preso in esame la legge n. 417 del 1989 e non la legge n. 124 del 1999, vigente all’epoca dell’emanazione dei provvedimenti impugnati, ma quel che rileva è che sul punto che ha determinato l’esclusione dei ricorrenti (e cioè che il servizio prestato in tale insegnamento non è valido al fine dell’ammissione alla sessione riservata in quanto non prestato su posti di ruolo né relativi a classi di concorso) ed esaminato dalla Corte, la normativa sia uguale in entrambe le disposizioni legislative. Sia la legge del 1989 che quella del 1999 prescrivono, infatti, che l’insegnamento rilevante è quello corrispondente a posti di ruolo o relativo a classi di concorso, ed è solo la mancata corrispondenza del servizio prestato dai ricorrenti nel senso così precisato che ne ha determinato l’esclusione. Come ha rilevato il Tar sulla scorta della pronuncia della Corte, tale servizio, infatti, è stato prestato sulla base di specifici profili di qualificazione professionale che, di per sé, non costituiscono titolo di accesso ad altri insegnamenti, né, all’epoca dei fatti, corrispondeva a posti di ruolo o a classi di concorso.

Come per la legge n. 417 del 1989, anche la successiva legge n. 217 del 1999 è pertanto immune dal dubbio di violazione dell’art. 3 della Costituzione, poiché la discriminazione lamentata corrisponde a situazioni non assimilabili e non produce lesione al buon andamento della pubblica amministrazione.

La sentenza impugnata merita pertanto conferma, ma le spese di lite devono essere compensate tra le parti anche per questo grado del giudizio, ricorrendo per ciò giusti motivi.

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