Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-30, n. 201302974

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-30, n. 201302974
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302974
Data del deposito : 30 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10151/2008 REG.RIC.

N. 02974/2013REG.PROV.COLL.

N. 10151/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10151 del 2008, proposto da:
L L, E D L S, G E L, L E L, rappresentati e difesi dagli avv. G F R, Sergio D'Amato, con domicilio eletto presso G F R in Roma, via Cosseria N. 5;

contro

M U, rappresentato e difeso dagli avv. F M B, R S, con domicilio eletto presso R S in Roma, viale Mazzini, 11;
Comune di Baselga di Pine';

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00288/2008, resa tra le parti, concernente concessione edilizia


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati Romanelli e Serafini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, notificato il 15-17.10.2007 e depositato il successivo 23.10 il sig. Ugo M ha impugnato, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, la concessione edilizia n. 44 del 16.5.2007, rilasciata dal Comune di Baselga di Pinè al controinteressato sig. Luciano L, cui sono stati assentiti i lavori di ricostruzione dell'edificio in p.ed. 73 C.C. Miola.

L'Amministrazione comunale ed il controinteressato si costituivano sollevando eccezioni di inammissibilità del ricorso e chiedendo nel merito una pronuncia di reiezione.

Il giudice di prime cure disattendeva le eccezioni di inammissibilità, ritenendo sussistenti le condizioni dell’azione del vicino, proprietario di immobile sito nella zona interessata attesa l’adiacenza delle particelle 63 e 64, e non ritenendo tardiva la proposizione rispetto a lavori solo iniziati e non ancora ultimati e anche in assenza di ogni prova in senso contrario.

Il primo giudice accoglieva nel merito il ricorso accogliendo la prima censura formulata, di difetto di adeguata istruttoria, annullando la concessione edilizia n.44 del 16 maggio 2007.

Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello il signor L, deducendo i seguenti motivi: 1) in primo luogo, sarebbe errata la sentenza laddove ha riconosciuto sussistenti le condizioni dell’azione a favore del M, non essendo sufficiente che il medesimo sia proprietario di beni immobili in prossimità dell’intervento da realizzare, in difetto del concreto interesse alla lesione derivante dal titolo rilasciato, anche per la considerazione che, secondo lo stesso appellante, dopo l’incendio dell’anno 1962, la particella 73 già comprendeva fabbricato con lo stesso numero di piani oggi esistenti;
2) la sentenza sarebbe errata anche nel punto in cui ha rigettato l’eccezione di tardività, in quanto l’inizio dei lavori è avvenuto in data 21 giugno 2007, il ricorso è stato notificato in data 15 ottobre 2007 e rispetto a censure come i vincoli di inedificabilità cimiteriali l’impugnativa va proposta immediatamente;
3) viene contestata la conclusione della sentenza laddove ha riscontrato il vizio di istruttoria rilevando che “non siano state previamente analizzate le caratteristiche del manufatto preesistente, ancorché le stesse fossero agevolmente riscontrabili dalla documentazione storica e dalle risultanze del Libro fondiario”, in sostanza avallando la censura mossa dal ricorrente originario secondo cui il compendio dell’edificio sarebbe notevolmente più alto di quello preesistente e avrebbe volumetria maggiore;
al contrario, come risulterebbe dalla documentazione anche fotografica prodotta dall’appellante, è stato riproposto lo sviluppo altimetrico preesistente con copertura simmetrica a doppia falda;
al contrario, una documentazione filologica completa relativa all’edificio non esiste per il recupero filologico;
l’unica possibilità era di operare una ricostruzione guidata basata sul sedime dell’edificio e sull’agglomerato urbano, non specifica e distintiva dell’immobile in questione, come prevede l’art. 18 PGTIS;
inoltre, alla costruzione in questione si applicherebbe l’art. 31 N.A. del PGTIS, secondo cui l’edificio rientra tra quelli di interesse perduto.

Per il resto, l’appellante chiede disporsi consulenza tecnica di ufficio per verificare la documentazione storica e attuale versata in atti e circa la mancata corrispondenza tra l’intervento assentito ed eseguito sulla particella ed.73 C.C. Miola con quello previsto dalle norme del PGTIS e dal PRG del Comune di Baselga di Pinè.

In ordine alle censure assorbite in prime cure, riguardanti il rispetto dei vincoli cimiteriali (che non riguarda l’edificio) e altre violazioni di legge, che riguardano solo le nuove costruzioni o ristrutturazioni, ne chiede il rigetto.

Con comparsa di costituzione per la prosecuzione del giudizio i signori A M S, G L e L L, unici eredi del signor L L, deceduto in data 10 ottobre 2009, si sono costituiti in prosecuzione chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Si è costituito l’appellato M U chiedendo il rigetto dell’appello. L’appellato sostiene che con l’intervento contestato si è in realtà effettuata la creazione di un nuovo manufatto, completamente in contrasto con le prescrizioni dello strumento urbanistico locale, più alto di un piano rispetto al precedente e di maggior rilievo volumetrico, come risulta dalla documentazione fotografica agli atti del ricorso;
ripropone i motivi assorbiti e non esaminati dal primo giudice, relativi ai vincoli cimiteriali rispetto agli aumenti e di esigenza di installare l’ascensore.

Con ordinanza cautelare del 20 gennaio 2009 n.300 la Sezione ha sospeso l’esecutività dell’appellata sentenza.

Con memoria depositata per l’udienza pubblica del 23 aprile 2013 parte appellante, nel ribadire le precedenti conclusioni, eccepisce l’improcedibilità per non avere il controinteressato impugnato la successiva d.i.a. del 16 giugno 2010 riguardante opere di completamento sulla particella ed.73.

La memoria di replica del M deduce l’inammissibilità della produzione di nuovi documenti.

Alla udienza di discussione del 23 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.In primo luogo, va rigettata l’eccezione preliminare di improcedibilità per mancata impugnazione di una successiva denunzia di inizio attività, non potendosi certo ritenere superata l’impugnativa rispetto al titolo originariamente impugnato e non spiegando, invero, neanche la parte deducente la reale connessione che comporterebbe la sopravvenuta carenza di interesse (del ricorso originario), trattandosi di opere di completamento rispetto ad un assentimento contestato in radice nella sua totalità per altezza e volumetria.

2.Si può prescindere dal valutare l’eccezione di inammissibilità della ulteriore produzione di documenti effettuata da parte appellante, in quanto l’appello è comunque infondato e quindi da rigettare.

E’ da rigettare il primo motivo di appello, che tende a mettere in discussione la sussistenza delle condizioni dell’azione in favore del ricorrente originario M U.

In punto di diritto, (così Consiglio Stato sez. IV, 12 maggio 2009, n. 2908), il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. vicinitas , cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato, esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione atteso che l'esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione , che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare.

Nella specie, in fatto, il M è proprietario delle particelle 63 e 64;
egli lamentava una alterazione in suo danno del preesistente assetto urbanistico ed edilizio con un assentimento concretante nuovo edificio anziché mero recupero, avvenuto contra legem;
le suddette sue particelle sono, affermazione non smentita dall’appello, addirittura in posizione adiacente e cioè di fronte alla particella ed.73, di proprietà di parte appellante.

3. E’ da rigettare anche l’altro motivo di appello, che si basa sulla asserità tardività del ricorso originario, sostenuta perché il termine decorrerebbe dall’inizio dei lavori e perché talune censure, come quella dei vincoli di inedificabilità, dovrebbero dedursi ab initio.

In punto di diritto, si osserva che (così, tra tante, Consiglio di Stato sez. IV, 19 dicembre 2012, n. 6557), in base agli ordinari criteri di riparto dell'onere della prova, ex art. 2697 c.c., la dimostrazione della tardività del ricorso e, quindi, della pregressa piena conoscenza degli elementi essenziali dell'atto in capo al destinatario, deve essere fornita da chi eccepisce la tardività dell'impugnazione;
in particolare, la conoscenza effettiva e completa del titolo edilizio da parte del terzo si verifica di regola con l' ultimazione dei lavori di costruzione dell'immobile, e non solo con il loro inizio;
ai fini della tempestività dell'impugnazione del titolo edilizio da parte del terzo a ciò legittimato, la piena conoscenza dalla quale decorre il termine decadenziale per la proposizione dell'impugnazione medesima va riferita al momento dell'ultimazione dei lavori, ovvero al momento nel quale la costruzione realizzata riveli in modo inequivoco le caratteristiche essenziali dell'opera agli effetti della sua eventuale difformità rispetto alla disciplina urbanistico-edilizia vigente, fermo restando che la prova della tardività dell'impugnazione deve essere fornita rigorosamente e incombe, secondo le regole generali, alla parte che la deduce (Consiglio di Stato sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5657).

Nella specie, il termine non poteva che decorrere dalla ultimazione dei lavori, potendosi desumere soltanto a quella data la significativa alterazione planivolumetrica delle caratteristiche dell’edificio costruito rispetto al preesistente.

Né ha senso limitarsi a valutare le censure di non edificabilità per rispetto della fascia cimiteriale, sia perché anche esse non escludono del tutto la edificabilità (come deduce nei riproposti motivi l’appellato) vietando certamente la ipotesi di notevole aumento di volume, sia perché tale valutazione in senso limitativo riguarderebbe, evidentemente, solo una parte delle censure proposte nel ricorso originario.

E’ evidente che la percezione del superamento dei limiti di altezza e volume nella consistenza lamentata non poteva che avvenire a costruzione pressoché ultimata e non ad inizio dei lavori.

4.Nel merito l’appello è infondato.

Come osservato dal primo giudice e non adeguatamente contrastato dall’appello, il libro mastro tavolare (stato storico) ed il Piano casa, sulle caratteristiche storiche del manufatto di proprietà L, evidenziavano che, prima dell’incendio verificatosi nell’anno 1962, l’edificio aveva uno sviluppo verticale contenuto ed era composto di tre livelli, con piano terra, primo piano e sottotetto. La stessa documentazione fotografica storica dimostrava che tale edificio aveva una altezza ben inferiore rispetto a quella degli edifici confinanti.

A seguito del titolo abilitativo contestato, si sarebbe consentito all’appellante la realizzazione di un terzo piano e un quarto piano-sottotetto, in evidente discontinuità con la costruzione precedente, come comprovata dalla documentazione agli atti, per aumento altezza e volumi. L’ingombro volumetrico sarebbe stato di oltre un terzo superiore al precedente.

Pertanto, tale realizzazione si pone in netta contrarietà rispetto alla volontà di recuperare e ricostruire l’edificio bruciato con l’incendio nell’anno 1962;
né corrisponderebbe al vero che l’altezza sarebbe rimasta immutata rispetto a quella attuale.

La particella 73 era caratterizzata, prima dei lavori assentiti dall’avversato titolo edilizio, dalla presenza dei ruderi del compendio edilizio originariamente esistente ed in seguito distrutto da un incendio, rappresentante uno dei manufatti di rilevanza storica che connotavano l'agglomerato della frazione di Montagnaga del Comune di Baselga di Pinè.

Le peculiarità architettoniche e planivolumetriche del complesso immobiliare già insistente sulla ridetta p.ed. 73 ne avevano consigliato l’inserimento all'interno di un'area classificata dal vigente P.G.T.I.S. quali "ruderi di preesistenze edilizie", la cui utilizzazione, a fini edificatori, è soggetta al rispetto alle previsioni dell'art. 33 delle norme di attuazione del P.G.T.I.S.

In base alla vista disposizione attuativa i "ruderi di preesistenze edilizie", sono recuperabili volumetricamente e funzionalmente secondo le modalità fissate dall'art. 18 delle ridette norme del P.G.T.I.S.

Tale ultima norma precisa al primo comma che l'intervento di ripristino ammesso è finalizzato alla ricostruzione dell'edificio preesistente già demolito, in tutto od in parte o in condizioni tali da rendere impossibili altri interventi conservativi.

Non è condivisibile l’argomentazione dell’appellante secondo cui il recupero del manufatto già esistente sulla p.ed. 73, potrebbe prescindere dalle caratteristiche del compendio preesistente.

A tal fine l’appello espone come il Piano generale per la tutela ed il recupero degli insediamenti storici del Comune di Baselga di Pinè abbia previsto al secondo comma dell’art. 18 delle N.T.A, quale tipologia di intervento, sia quella del ripristino filologico che quella del ripristino tipologico.

Il ripristino filologico “riguarda gli edifici di cui esiste una documentazione completa formata dalle parti superstiti dell'edificio medesimo (fondazioni, parti basamentali, strutture in elevazione) e/o rilievi grafici e fotografici moderni, disegni antichi, ecç. - quando essi sono in stato di rovina completa o già così avanzata da configurare l'operazione come una ricostruzione filologica anziché un restauro, in quanto la quota di ripristino filologico diventa preponderante”.

Il ripristino tipologico “riguarda gli edifici per cui la documentazione esistente è limitata al sedime (rilevato o accertato catastalmente), alle fondazioni e/o a documentazioni grafiche e fotografiche insufficienti. In questo caso l'operazione si configura come una ricostruzione guidata - oltre che dai suddetti elementi - dalla conoscenza dei caratteri propri della tipologia di appartenenza della sub-area;
essa differisce dalla ristrutturazione totale in quanto la quota di ripristino tipologico diventa preponderante”.

In assenza della possibilità di effettuare il primo tipo di recupero, secondo la tesi di parte appellante, sarebbe stato assentito il secondo.

La tesi è infondata.

Infatti, dall’esame degli atti di causa – e anche dal documento 5 menzionato dall’appello che raffigurerebbe in modo fotografico lo stato di taluni fabbricati interessati dall’incendio verificatosi nell’anno 1962 - si evince che non sono state in modo compiuto analizzate le reali caratteristiche del manufatto preesistente, mentre esser erano facilmente desumibili dalla documentazione fotografica storica e dalle risultanze del Libro Fondiario.

Dalla documentazione fotografica depositata dal ricorrente in primo grado, emerge che, alla luce del raffronto tra l’attuale struttura edilizia e quella rappresentata nelle foto storiche degli anni 1956 - 1961 dei prospetti nord, est e sud (le due ultime allegate anche al progetto di ricostruzione), la parte dell’edificio affacciante sul piazzale della chiesa sia stato oggetto di sopraelevazione dopo l’incendio del 1962, mentre, invece, la parte di rudere di cui alla p.ed. 73 era rimasta invariata fino all'attuale intervento ricostruttivo;
inoltre, l’edificio storico, in relazione agli edifici circostanti, aveva un’altezza inferiore a quella da ultimo assentita.

In definitiva, l’intervento contestato, come ben argomentato dal primo giudice, si poneva non solo in contrasto con la normativa urbanistica in materia, ma prima ancora non era immune dalle censure di eccesso di potere per evidente difetto di istruttoria, avendo considerato una tipologia di recupero ammessa soltanto in caso di indisponibilità di sufficiente documentazione, mentre in realtà essa documentazione era disponibile al fine di verificare la sostanza del manufatto preesistente, anche prima dell’incendio verificatosi nell’anno 1962.

5. Il rigetto dei motivi di appello consente di evitare la disamina delle riproposte censure sui vincoli cimiteriali e sulla esigenza di installare l’ascensore.

E’ da rigettare altresì la richiesta di disporsi consulenza tecnica di ufficio. Infatti, non solo la documentazione depositata in atti e richiamata dalle difese è sufficiente ai fini della decisione, ma deve anche richiamarsi il principio pacifico di giurisprudenza secondo cui la consulenza tecnica di ufficio (da ultimo, tra tante, Consiglio di Stato sez. III, 30 ottobre 2012, n. 5542) non è un mezzo di prova vero e proprio, ma uno strumento istruttorio per la soluzione, sulla scorta delle acquisizioni di causa, di questioni di carattere non strettamente giuridico con l'ausilio di un soggetto tecnicamente qualificato;
al pari di ogni altro mezzo istruttorio il giudice di merito dispone di un'ampia sfera di apprezzamento discrezionale sull'opportunità di disporre o non la consulenza tecnica di ufficio e la scelta se avvalersene o non è sindacabile solo entro limiti molto ristretti.

6.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto, con conseguente conferma dell’appellata sentenza.

La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza;
le spese sono liquidate in dispositivo;
in parte sussistono giustificati motivi di compensazione.

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