Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-01-11, n. 201800139
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Pubblicato il 11/01/2018
N. 00139/2018REG.PROV.COLL.
N. 04118/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4118 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M B e R C, con domicilio eletto presso lo studio Roberto Gerosa in Roma, via Virgilio 18;
contro
Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, rappresentata e difesa dagli avvocati C C e M P, con domicilio eletto presso lo studio Associazione Professional Studio Legale De Vergottini in Roma, via Bertoloni N. 44;
nei confronti di
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale Clodio 14;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III QUATER n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente L'ANNULLAMENTO della comunicazione a mezzo pec del -OMISSIS-, con la quale il Responsabile degli Affari Generali e Legali della Fondazione Policlinico Universitaria A. Gemelli – Università Cattolica del Sacro Cuore ha respinto la richiesta d'accesso, formulata dal legale di fiducia della ricorrente in data -OMISSIS-, alla documentazione sanitaria connessa all'intervento neurochirurgico subito dall'odierno controinteressato in data -OMISSIS-;
PER L'ACCERTAMENTO del diritto della ricorrente all'accesso alla documentazione sanitaria di cui sopra;
E PER LA CONDANNA della Fondazione Gemelli all'ostensione del documento oggetto dell'istanza d'accesso.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli e di -OMISSIS-;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2017 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati M P e C M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con sentenza n. -OMISSIS-(pubblicata il 3 maggio 2017) il TAR per il Lazio ha respinto il ricorso proposto da -OMISSIS- avverso il diniego dell'accesso alla documentazione sanitaria connessa all'intervento neurochirurgico subito dall’ex coniuge, -OMISSIS-, in data -OMISSIS- presso il Policlinico “Gemelli” in Roma, per l’asportazione di una cisti lombare.
Il primo giudice - dopo aver ricordato che tra la ricorrente e l’ex coniuge è in corso una procedura di separazione ove si controverte anche sull’affido condiviso della figlia minore della coppia – ha motivato il rigetto del ricorso osservando che la parte ricorrente non ha fornito sufficiente dimostrazione dei prescritti requisiti di stretta necessità e indispensabilità dell’accesso agli atti richiesto.
In particolare, rileva il TAR, che “ parte ricorrente: a) non evidenzia in alcun modo per quale ragione – anche soltanto in linea potenziale – una siffatta operazione (asportazione cisti lombare) possa de futuro determinare una grave compromissione delle capacità psicofisiche dell’ex marito e delle conseguenti possibilità di accudire in maniera adeguata la figlia minore;b) non evidenzia allo stesso modo per quali motivi una siffatta compromissione possa derivare – anche in questo caso soltanto in linea potenziale – dall’utilizzo dei medicinali post intervento;c) evidenzia soltanto – ed in maniera alquanto generica – che la salute dell’ex marito “non è purtroppo adamantina” … e che la suddetta “operazione … potrebbe avere avuto conseguenze sulla salute … e rendere per lui più difficile la cura della piccola” ed ancora che “gli esiti dell’intervento vanno ad ogni modo controllati anche per verificare l’idoneità del controinteressato alla cura di una minore..”.
Avverso tale decisione propone appello -OMISSIS- precisando, in fatto, che altre richieste di analoga natura sono state, in precedenza, accolte e che la richiesta di accesso oggetto del presente giudizio è motivata dalla necessità di assumere informazioni in ordina al trattamento farmacologico post-dimissioni cui è sottoposto il dott. -OMISSIS-con specifico riferimento alla prescrizione di psicofarmaci e/o farmaci stabilizzanti dell’umore, al fine di individuare le maggiori tutele giudiziarie nel regime di affidamento della figlia della coppia.
Lamenta, pertanto, con un primo motivo di gravame, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 22 e ss. della l. 241/90;violazione dell’art. 60 del codice della privacy ed eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza di istruttoria e illogicità manifesta.
Con un secondo motivo deduce la violazione dei principi di ripartizione dell’onere della prova, avendo il Tar omesso di considerare che l’istanza non riguardava la sola rimozione della cisti, ma, soprattutto, la prescrizione farmacologica che ne è seguita per la degenza ed il periodo successivo alla stessa.
Con tempestiva memoria si è costituita in giudizio la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli deducendo l’inammissibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse.
Si è, altresì, costituito in giudizio -OMISSIS- invocando il rigetto dell’appello.
Nella camera di consiglio del 12 dicembre 2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’Appello è infondato e deve essere respinto.
In tema di accesso ai documenti amministrativi le necessità difensive, riconducibili all’effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., debbano ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, ma l’applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorchè vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero, come nella fattispecie, dati sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato.
In questi casi l’accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 ( c.d. Codice della Privacy) secondo cui “ Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile ”.
Tale disposizione, riguardante, com’è noto, il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, chiarisce in modo inequivoco che, in questi casi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell’interessato.
Tale comparazione va effettuata in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza.
Soccorre in questa direzione la norma di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 – complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy – secondo cui l’accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici.
Tanto premesso, nel presente giudizio (ove, come è ben evidenziato nella sentenza di primo grado, l’accesso al dato sensibilissimo attiene, principalmente, alla contesa giudiziaria per l’affidamento della figlia minore dell’odierna appellante) assume valenza centrale ed assorbente la questione dell’assolvimento dell’onere probatorio gravante sul soggetto istante, in ordine all’indispensabilità dell’accesso richiesto per la tutela dei propri interessi giuridici.
In altri termini occorre che la parte fornisca la prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato cui chiede di accedere rispetto all’interesse oggetto di tutela.
Al riguardo – come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado - detto onere probatorio non risulta assolto dalla parte ricorrente.
Senza ripetere quanto già osservato sul punto dal Tar del Lazio va preso atto, come rilevato dalla Fondazione appellata, che la stessa istanza di accesso deve, di per sé, ritenersi generica nella parte in cui si chiede di “ visionare e di estrarre copia di ogni documento detenuto dal Gemelli – anche successivo alle dimissioni – relativo al Dott. -OMISSIS-e correlato all’intervento del -OMISSIS-, anche in relazione ad eventuali somministrazioni di psicofarmaci e/o farmaci stabilizzanti dell’umore, con indicazione della posologia ”.
Inoltre, è nozione di comune esperienza che la tipologia dell’intervento subito dal dott. -OMISSIS-non ha, di regola, alcuna correlazione con la somministrazione di psicofarmaci o farmaci stabilizzanti dell’umore.
Pertanto, ancor più rigorosa avrebbe dovuto essere l’indicazione, da parte dell’odierna appellante, di evidenze scientifiche che consentissero di presumere, sul piano astratto, che l’intervento in esame comportasse l’utilizzo di tale tipologia di farmaci. Ma, come detto, di tali evidenze non v’è traccia agli atti del giudizio.
Sicchè, già per questo verso, la pretesa dell’appellante, tenuto conto dei limiti della pertinenza e della non eccedenza, si conferma infondata.
A ciò deve aggiungersi, con riguardo al requisito della stretta necessità, che nelle memorie di replica la stessa ricorrente riferisce di aver “ raccolto 7 cartelle cliniche ed il documento rilasciato dal Direttore Sanitario della -OMISSIS-, da cui si desume che il dott. -OMISSIS-assume 3 psicofarmaci con continuità da anni .”
Il che dimostra per tabulas la non necessità di accertare se anche in esito all’intervento subito il -OMISSIS-dalla controparte siano stati prescritti tali farmaci.
Sicchè, alla carenza probatoria accertata dal giudice di primo grado si aggiunge l’evidenza della non necessità dell’accesso per acquisire un dato comunque sostanzialmente già noto alla parte istante, secondo quanto dalla stessa riferito.
Da ciò deriva, nella fattispecie concreta, la prevalenza delle esigenze di riservatezza dei dati sensibilissimi di cui si tratta rispetto a quelle esposte dall’odierna appellante.
La natura delle questioni trattate rende equo compensare interamente tra le parti le spese processuali del presente grado di giudizio.