Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-03-17, n. 202001892

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-03-17, n. 202001892
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001892
Data del deposito : 17 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2020

N. 01892/2020REG.PROV.COLL.

N. 08470/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8470 del 2009, proposto dal Ministero delle Finanze (ora Ministero dell’Economia e delle finanze) - Comando Generale della Guardia di Finanza - in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici domicilia in Roma via dei Portoghesi n. 12

contro

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. F C, con la quale elettivamente domiciliano presso lo studio dell’avv. U N in Roma, via Pilo Albertelli, 1;
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti F C e M M, con domicilio digitale presso i medesimi;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 8324 del 15 settembre 2008, resa tra le parti sul ricorso r.g. 184/2006, proposto per la declaratoria del diritto dei ricorrenti alla corresponsione dell’indennità per servizi esterni di cui all’art. 12 del D.P.R. 5 giugno 1990 n. 147, all’art. 42 D.P.R. 31 luglio 1995 n. 395 ed all’art. 48 del D.P.R. 18 giugno 2002 n. 164 per i servizi di piantone (ex capoposto), di capoposto (ex sottufficiale di ispezione) e di vigilanza svolti dal mese di dicembre 2000 e la conseguente condanna dell’Amministrazione resistente alla corresponsione in favore dei ricorrenti delle relative somme loro spettanti a tale titolo e non corrisposte, con interessi e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione dei rispettivi diritti fino a quella dell’effettivo soddisfo.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sigg. -OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2019 il Cons. Francesco Guarracino e uditi per l’appellante l’Avv. dello Stato Lucrezia Fiandaca e per gli appellati l’avv. Valeria Pecorone, su delega dell’avv. F C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, i sigg. -OMISSIS- militari del Corpo della Guardia di finanza in servizio presso la Caserma “Gen. Angelo Dus” di Castelporziano, sulla premessa di aver espletato servizi di piantone, di capoposto e di vigilanza, comportanti lo svolgimento di attività lavorativa di durata non inferiore alle tre ore continuative in ambienti esterni organizzati in turni sulla base di ordini formali di servizio, chiedevano il riconoscimento del diritto a percepire l’indennità per servizi esterni a far data dal dicembre dell’anno 2000.

Con sentenza n. 8324 del 15 settembre 2008, il T.A.R. adito accoglieva il ricorso nei limiti e nei termini di cui in motivazione, nella quale precisava che, tenuto conto che la documentazione prodotta, seppur sufficiente a determinare l’accoglimento del ricorso, non sarebbe stata esaustiva con riguardo alla quantificazione delle somme da corrispondere in favore dei ricorrenti, il ricorso doveva essere accolto “ nei limiti in cui gli stessi abbiano prestato servizio, in via permanente, in condizioni di disagio ambientale ed atmosferico per tutto il periodo in questione, secondo i principi sopra enunciati e, dunque, all’esito di una ricognizione che l’Amministrazione dovrà effettuare puntualmente per ciascun periodo in contestazione e con riferimento a ciascun ricorrente al fine di quantificare esattamente le somme da corrispondersi ” (pag. 11);
a tale esito la somma risultante dovuta avrebbe dovuta essere “ maggiorata esclusivamente ed in via alternativa della maggior somma fra interessi legali e rivalutazione monetaria ” (pag. 12 s.).

Il T.A.R. motivava la decisione affermando che sarebbe stato evidente che, in virtù di quanto prospettato dai ricorrenti con riferimento allo specifico servizio dagli stessi svolto, fossero loro pienamente applicabili l’art. 50 del D.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, sull’attribuzione dell’indennità anche al personale del Corpo della Guardia di finanza, e l’analoga previsione contenuta nel D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164, e che gli stessi avrebbero anche dimostrato documentalmente quale fossero le funzioni a ciascuno di loro affidate e gli orari svolti con l’indicazione dei turni di servizio.

Avverso detta sentenza ha proposto appello il Ministero delle Finanze (ora Ministero dell’Economia e delle finanze) - Comando generale della Guardia di Finanza, chiedendo il suo l’annullamento ed il rigetto del ricorso di primo grado.

Gli appellati hanno resistito in giudizio con memoria difensiva.

Il Ministero appellante ha depositato memoria di discussione ed alla pubblica udienza del 17 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione, sollevata dagli appellati, di inammissibilità delle nuove eccezioni in punto di fatto proposte per la prima volta in questa sede dal Ministero, che ha contestato che ricorressero i presupposti per il riconoscimento dell’indennità, in quanto essi avrebbero sempre espletato i propri servizi, prevalentemente se non esclusivamente, all’interno del corpo di guardia, allontanandosene in via del tutto sporadica.

L’eccezione è infondata, in ragione del consolidato orientamento di questo Consiglio secondo cui il divieto di domande o eccezioni nuove in appello ex art. 104, comma 1, cod. proc. amm. si applica solo all’originario ricorrente, poiché solo a quest’ultimo, una volta delimitato il thema decidendum con i motivi di impugnazione articolati in primo grado, è precluso un ampliamento dello stesso nel giudizio d’appello. Viceversa, rispetto alle parti resistenti il medesimo divieto va inteso come riferito alle sole eccezioni in senso tecnico, non rilevabili d’ufficio, come ad esempio la prescrizione del diritto, ma non anche alle mere difese rispetto agli altrui motivi di impugnazione (cfr. Cons. Stato, sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7090;
sez. III, 14 gennaio 2019, n. 347;
sez. V, 8 marzo 2017, n. 1094;
sez. IV, 26 agosto 2016, n. 3703).

Venendo al merito, con un unico motivo di appello il Ministero, osservando che la ratio dell’indennità in questione risiede nell’esigenza di ristorare e compensare il personale che si trovi ad operare in situazioni di particolare disagio, come l’esposizione ad agenti atmosferici ed ai rischi comunque connessi alla prestazione del servizio in ambienti esterni, sostiene che, sulla scorta della normativa e dei relativi indirizzi della giurisprudenza, i servizi svolti possono essere legittimamente definiti esterni solo quando vengono espletati fuori dei locali dell’ufficio di appartenenza, che essi possono dare titolo alla corresponsione dell’indennità solo se la loro durata è pari o superiore all’intera durata del turno (dall’introduzione del beneficio in parola fino al 31 agosto 2002) ovvero a tre ore (a decorrere dal 1° settembre 2002, data di entrata in vigore del D.P.R. 18 giugno 2002, n. 164) e che l’indennità richiede che l’attività di servizio “a cielo aperto” sia espletata in via continuativa per l’intero arco temporale minimo richiesto.

Su questa premessa, deduce che nel caso di specie tali condizioni non sarebbero state integrate dal servizio concretamente svolto dagli appellati, poiché lo svolgimento delle operazioni di servizio dagli stessi espletate sarebbe avvenuto in via esclusiva o prevalente all’interno di appositi locali al coperto, al riparo dagli agenti atmosferici, disimpegnando attività all’esterno degli stessi solo in via sporadica e per una durata inferiore alle tre ore.

Soggiunge, sotto altro concorrente profilo, che i servizi svolti dagli appellati erano remunerati attraverso uno specifico compenso erogato in favore dei “servizi interni di caserma”, disciplinato dall’art. 64 del D.P.R. 254/99, secondo cui “ all’ufficiale di picchetto, al sottufficiale d’ispezione, al sottufficiale di giornata e al militare di servizio di piantone e casermiere (Decreto Interministeriale 25.07.90) ... “ spetta un compenso orario “ ... nella misura del 100% di un’ora di straordinario per ogni ora aggiunta all’orario settimanale ”.

Nelle loro difese gli appellanti oppongono che:

- quanto alla durata dei turni, per ognuna delle qualifiche di appartenenza è stata allegata e provata la durata dei turni, periodicamente ripetuti con stabilità e tutti di durata superiore alle tre ore continuative: 12 ore continuative, dalle 7.00 alle 19.00, per il Piantone ed il Capoposto;
sei ore continuative (07-13, 13-19, 19-01 e 01-07) per il militare di vigilanza;

- quanto all’esternalità dei servizi, in primo grado è stato puntualmente dedotto, senza alcuna contestazione e con supporto documentale, che le mansioni venivano svolte all’esterno degli uffici di assegnazione, presso il corpo di guardia e con continuo e periodico allontanamento dallo stesso per espletare funzioni di vigilanza e controllo.

L’appello è fondato.

L’indennità di servizio esterno è dovuta, per le forze di polizia ad ordinamento militare, dal 1° novembre 1995 (ex art. 42, comma 1, del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, di recepimento dell’accordo sindacale del 20 luglio 1995) in quanto la durata del servizio esterno coincida con l’orario di servizio giornaliero e, a decorrere dall’entrata in vigore del d.P.R. 18 giugno 2002, n. 164 (avente natura innovativa e non interpretativa: Cons. Stato, sez. IV, 5 Luglio 2007, n. 3826) per l’attività esterna di durata giornaliera non inferiore alle tre ore (art. 48 del d.P.R. ult. cit.) (cfr. Cons. stato, sez. IV, 3 ottobre 2018, n. 5679).

Requisito per il sorgere del diritto all’indennità è l’espletamento del servizio esclusivamente all’aria aperta (costituendo questo lo specifico disagio che essa intende compensare), per una durata non inferiore a quella sopra indicata.

Già col parere n. 1252/97 del 28 luglio 1998 questo Consiglio ebbe a chiarire come le condizioni di particolare disagio, consistenti nella esposizione ad agenti atmosferici e ai rischi connessi alla prestazione del servizio in ambienti esterni, compensate dall’indennità in questione ricorressero in presenza di situazioni fattuali in cui il servizio fosse reso tendenzialmente per tutta la durata del turno all’aria aperta, da cui la necessità di non obliare la differenza tra servizi istituzionalmente da svolgersi all’esterno, in ambiente aperto e con i correlati disagi e rischi, e servizi che potevano richiedere l’espletamento di attività all’esterno, in cui la presenza all’aria aperta era solo eventuale ed occasionale e, comunque, non protratta per l’intera durata dell’orario di lavoro (Cons. Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 900)

Da quelle considerazioni, tutt’ora attuali, deriva la conclusione che il beneficio non compete qualora il servizio esterno sia svolto in maniera occasionale o sporadica, richiedendo l’esposizione continuativa a particolari fattori di disagio ambientale ( ex ceteris , Cons. Stato, sez. IV, 23 ottobre 2017, n. 4865;
sez. III, 20 maggio 2014, n. 2581;
sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3583), fatte salve le particolari ipotesi estensive, che qui non rilevano, previste dall’art. 50 del d.P.R. 16 marzo 1999, n. 254, in favore del personale del Corpo della Guardia di finanza impiegato nei servizi organizzati in turni e sulla base di ordini formali di servizio che esercita precipuamente attività nel campo della verifica e controllo per il contrasto all’evasione fiscale e di tutela degli interessi economico finanziari, svolti all’esterno dei comandi o presso enti e strutture di terzi.

Nel caso di specie, non è provato che nell’espletamento delle mansioni loro assegnate gli appellati abbiano svolto, nei turni loro assegnati, attività all’aperto per una durata non inferiore al predetto limite, nonostante incombesse sugli stessi l’onere della prova, ai sensi dell’art. 64, comma 1, del cod. proc. amm.

Alla stregua di quanto detto, infatti, è nel vero il Ministero nel sostenere che, per la corretta valutazione dei requisiti previsti per la concessione del beneficio in parola, non è sufficiente una generalizzata indicazione dei servizi resi, essendo, invece, necessario un puntuale riscontro delle condizioni di tempo e di luogo delle attività effettivamente svolte, da eseguirsi, di volta in volta, con riferimento ai singoli servizi.

Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, allora, non poteva bastare all’accoglimento del ricorso l’allegazione dei prospetti riepilogativi dei servizi svolti da ciascuno dei ricorrenti o la dimostrazione delle funzioni affidate a ciascuno di loro e degli orari svolti, con l’indicazione dei turni di servizio, non essendo sufficiente che i compiti svolti in ragione della qualifica posseduta prevedessero periodici allontanamenti dal corpo di guardia, una volta rimasto incontestato quanto precisato dal Ministero sul concreto contenuto dei servizi disimpegnati alla luce delle consegne di servizio, relativamente al fatto che quest’ultimo venisse svolto prevalentemente all’interno dei locali del corpo di guardia (cfr., per riferimenti documentali, le schede prodotte innanzi al T.A.R. dall’amministrazione e la scheda degli orari di controllo allegata al ricorso di primo grado, oltre a quanto si evince dalla descrizione dei servizi contenuta nello stesso ricorso di primo grado).

E’ significativo, d’altronde, che il T.A.R. abbia ritenuto di poter accogliere il ricorso solo “ nei limiti in cui gli stessi abbiano prestato servizio, in via permanente, in condizioni di disagio ambientale ed atmosferico per tutto il periodo in questione, secondo i principi sopra enunciati e, dunque, all’esito di una ricognizione che l’Amministrazione dovrà effettuare puntualmente per ciascun periodo in contestazione e con riferimento a ciascun ricorrente al fine di quantificare esattamente le somme da corrispondersi ”, finendo per rimettere in concreto all’amministrazione l’accertamento della ricorrenza dei presupposti costitutivi del diritto azionato da ciascun ricorrente, piuttosto che la quantificazione del quantum debeatur .

Per queste ragioni l’appello dev’essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dev’essere respinto il ricorso di primo grado.

La natura della controversia consente di compensare integralmente fra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

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