Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-08-13, n. 201905711

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-08-13, n. 201905711
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905711
Data del deposito : 13 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/08/2019

N. 05711/2019REG.PROV.COLL.

N. 00429/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 429 del 2009, proposto dal Signor G P (in proprio e quale procuratore speciale del signor G D) e dalla CO.GE.IM. s.a.s. in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'avvocato L V e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via del Seminario n. 113/116;

contro

il Comune di Nocera Superiore in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Mario D'Urso e con domicilio eletto presso l’architetto U C in Roma, via Ottorino Lazzarini n. 19;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 2285/2008, resa tra le parti, concernente sospensione lavori e annullamento di concessione edilizia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 luglio 2019 il Cons. G L e uditi per le parti l’avvocato Ludovico Visone e, su delega dell’avvocato Mario D'Urso, l’avvocato Antonio D'Urso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - Con atto d’appello, recante istanza cautelare, notificato al Comune di Nocera Superiore il 9 gennaio 2009 e depositato il 20 gennaio 2009 il signor G P (in proprio e quale procuratore speciale del signor G D) e la CO.GE.IM. s.a.s. (in persona del suo legale rappresentante signor Giacomo Adamo) hanno impugnato (in veste di comproprietari - il signor Adamo nella qualità di legale rappresentante della CO.GE.IM, il signor Delfino per acquisto da atti notarili - di un lotto edificatorio, sito alla via Matteotti, nel Comune di Nocera Superiore) la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 2285/2008, depositata il 22 settembre 2008.

La sentenza ha riunito i ricorsi n. 3941/1998 e n. 4637/1998, proposti dal suddetto signor P Giovanni e dal signor Villani Vittorio (nella qualità di titolari della concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997, assentita in esito ad intervento procedimentale di un Commissario ad acta nominato per l’esecuzione di un’ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale emessa in un precedente ricorso a quel Tribunale da parte dei medesimi istanti: v. infra ) e aventi ad oggetto:

- il ricorso n. 3941/1998 (recante quattro ordini di censure) l’impugnazione, con gli atti connessi, del provvedimento adottato dall'ingegnere capo dell'Ufficio tecnico comunale in data 26 giugno 1998, prot. n. 8248, recante ordine di sospensione lavori della suddetta concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997;

- il ricorso n. 4637/1998 (recante diciassette ordini di censure) l’impugnazione, con gli atti connessi, del provvedimento, adottato dall'ingegnere capo dell'Ufficio tecnico del Comune di Nocera Superiore in data 21 settembre 1998, d'annullamento della suddetta concessione edilizia n. 54/1997, nonché di sospensione dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi;

ed ha:

- dichiarato il ricorso n. 3941/1998 improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

- respinto il ricorso n. 4637/1988;

compensando le spese.

Sia il citato provvedimento in data 26 giugno 1998, prot. n. 8248, di sospensione lavori della concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997 (impugnato con il ricorso n. 3941/1998) sia il citato provvedimento del 21 settembre 1998, d'annullamento della suddetta concessione edilizia n. 54/1997, (impugnato con il ricorso n. 4637/1988) si basano su di una Relazione formulata il 19 marzo 1998 da un legale consulente del Comune.

La Relazione, dopo un esame complessivo dell’assentibilità della suddetta concessione edilizia n. 54/1997 alla stregua della normazione urbanistica del sito di interesse, ha da ultimo concluso: “ esistono elementi per ritenere la concessione edilizia rilasciata non conforme alle norme di legge per i diversi profili considerati nella presente relazione ”;
specificando:

1) La variante in diminuzione non è stata esaminata dalla Commissione edilizia, in violazione dell'art. 31 L. 1150/1942, 2, c. 6o, L. 662/1996 e del regolamento edilizio comunale;

2) La concessione edilizia rilasciata riguarda un immobile ricadente in zona Al del PRG e non in zona B l, per cui sono possibili interventi edilizi con concessione edilizia, in mancanza di piani di attuazione, solo quando integrano lavori di ristrutturazione edilizia;

3) il Piano urbanistico territoriale vieta il rilascio di concessione edilizia anche nelle zone 7, quando esse sono subordinate alla preventiva approvazione del Piano attuativo.

Il Sindaco di Nocera Superiore, quindi, potrà agire in sede di autotutela sulla concessione rilasciata dal Commissario, individuando e precisando l'interesse pubblico all'annullamento, seguendo il procedimento di legge, tenendo conto dell'attuale stato dei lavori .”.

2 - Gli appellanti prospettano quanto segue.

2.1 - Il lotto edificatorio d’interesse, di loro proprietà, è ricompreso in zona B del vigente strumento urbanistico, con destinazione ribadita anche nella variante generale al Piano regolatore generale (P.R.G.), di adeguamento al Piano urbanistico territoriale (P.U.T.), adottata con delibera commissariale n. 2/1998.

Conformemente alle previsioni urbanistiche dell'area venne redatto un attento e calibrato progetto per sfruttare le capacità edificatorie del terreno, e a tal fine, in data 30 agosto 1995, venne inoltrata apposita istanza, completa di ogni prescritto elaborato, per il rilascio della concessione edilizia.

Ma la Commissione edilizia ritenne di poter esprimere parere negativo, fatto proprio dal Sindaco.

Avverso tali provvedimenti veniva proposto dinanzi al Tar di Salerno il ricorso n. 380/1996, che l’appello riferisce ancora pendente.

Con l’ordinanza cautelare di rigetto n. 430/1996 il Tar, proseguono i ricorrenti, ritenne di poter elidere il danno ingentissimo da loro patito, ordinando però al Comune di pronunciarsi sull’istanza di concessione edilizia alla luce dei motivi di ricorso entro il termine di sessanta giorni dalla notifica del provvedimento cautelare.

Il Comune - prosegue l’appello - non eseguiva la predetta statuizione e poneva in essere un atto avente nuova motivazione (la nota assessorile prot. n. 10101 del 29 maggio 1996, recante la comunicazione del parere negativo della Commissione edilizia, reso nella seduta del 30 aprile 1996, verbale n. 5457/3569), ma sostanzialmente reiterativo di quelli già impugnati.

Queste nuove determinazioni erano impugnate dinanzi al Tar con il nuovo ricorso 1715/1996;
e - sottolinea l’appello - in accoglimento dell'istanza cautelare proposta unitamente a tale ricorso, il Tribunale chiariva, con ordinanza cautelare n. 1174/1996, notificata in data 2 agosto 1996, la impossibilità di ritenere ancora operanti i vincoli, sostanzialmente espropriativi, di cui al Piano particolareggiato (P.P.), assunto quale unico elemento ostativo al rilascio della richiesta concessione edilizia, in uno alla impossibilità di assumere un Piano particolareggiato quale variante al P.R.G., essendo il P.P. per sua essenza uno strumento esecutivo di quello generale di cui al P.R.G.

In mancanza di spontanea esecuzione i ricorrenti chiedevano al Tar l'adozione di tutti gli ulteriori conseguenziali provvedimenti;
ed il Tar, con ordinanza n. 250 del 19 febbraio 1997, ordinava al Comune di Nocera Superiore di dare ottemperanza alla citata ordinanza cautelare n. 1174 del 24 luglio 1996 nel termine di giorni trenta;
disponendo altresì che in caso di ulteriore inerzia il Prefetto di Salerno, su istanza di parte, avrebbe provveduto alla nomina di un Commissario ad acta che, nel termine di trenta giorni dalla nomina avrebbe dato esecuzione alla prefata ordinanza.

Nell’inottemperanza del Comune il Prefetto, con decreto prot. 115/1997, nominava un Commissario ad acta , il quale ritenne assentibile la richiesta concessione edilizia, mandando all'Ufficio tecnico comunale, ex lege 15 maggio 1997, n. 127, di formalizzare e rilasciare materialmente il titolo concessorio.

In esecuzione fu rilasciata la citata concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997;
sicché, versati gli oneri (quantificati in £ 270 milioni), in data 27 novembre 1997 fu comunicato l'inizio dei lavori.

2.2 - Iniziava allora la fase della vicenda specificamente oggetto del presente contenzioso.

Era emesso - preceduto dalle la note sindacali prot. n. 15998 del 2 dicembre 1997e prot. n. 147 del 18 giugno 1998 - l’ordine di sospensione lavori in data 26 giugno 1998, prot. n. 8248, impugnato, unitamente ai sopra riferiti atti pregressi, con il citato ricorso n. 3941/1998, deciso, unitamente al pure citato ricorso n. 4637/1998, con la sentenza oggetto del presente appello.

Era poi emesso - preceduto dal parere della Commissione edilizia n. 500 del 2 luglio 1998;
dal parere della Commissione edilizia n. 502 del 15 settembre 1998;
dalla relazione dell'Ufficio tecnico comunale del 27 gennaio 1998, n. 472R, dalla successiva relazione integrativa, dal verbale reso nella conferenza di servizi del 9 giugno 1998;
dal provvedimento sindacale recante l'annullamento del certificato di destinazione urbanistica - il provvedimento in data 21 settembre 1998, d'annullamento della citata concessione edilizia n. 54/1997, nonché di sospensione dei lavori e ripristino dello stato dei luoghi;
atto impugnato, unitamente ai testé riferiti atti pregressi, con il citato ricorso n. 4637/1998, pure deciso, unitamente al citato ricorso n. 3941/1998, con la sentenza oggetto del presente appello.

L’appello ascrive alla sentenza impugnata:

I - Error in iudicando - erronea interpretazione di legge: art. 27, n. 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 - violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;

Il - Error in iudicando - erronea interpretazione di legge art. 27, n. 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 - violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;

III - Error in iudicando - violazione di legge: art. 27, n. 4, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054 - violazione degli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione;

IV - Error in iudicando - violazione ed erronea applicazione di legge: artt. 7 e 55, della legge n. 1150/1942;
legge della Regione Campania n. 14/1982;
art. 12 delle Preleggi;

V - Error in iudicando - violazione di legge: art. 9 e 10, della legge n. 1150/1942 - erronea motivazione - violazione di legge: art. 97 e 117 della Costituzione;

VI - Error in iudicando - violazione dell’art. 21 della legge n. 1034/1971;
art. 16 della legge n. 205/2008;
artt. 27 e 44 del regio decreto n. 1054/1954;

VII - Error in iudicando - violazione dell’art. 26 della legge n. 1034/71;
art. 16 della legge n. 205/2008;
art. 44 del regio decreto n. 1054/1954;

VIII - Error in iudicando - violazione del principio di tipicità degli atti giurisdizionali;
violazione di legge: artt. 7, 9 e 10, della legge n. 1150/1942;
art. 35 della legge della Regione Campania n. 35/1987 - erronea motivazione - violazione di legge: artt. 97 e 117 della Costituzione;

IX - Error in iudicando - violazione di legge (art. 112 del codice di procedura civile) - erronea motivazione - violazione di legge: artt. 24 e 111 della Costituzione;
art. 6, § 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

X - Error in iudicando - violazione di legge: art. 2909 del Codice civile - erronea motivazione - violazione di legge: artt. 97 e 111 della Costituzione;

XI - Error in iudicando - violazione di legge (art. 23 della legge n. 1034/1971) - difetto di motivazione - violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;
art. 6, § 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;

XII·- Error in iudicando - error in procedendo - violazione di legge (artt. 112 e 277 del codice di procedura civile, art. 21- octies della legge 7 agosto 1990, n. 241) - difetto di motivazione - violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione;

XIII - Error in iudicando - violazione di legge (art. 51 della legge n. 142/1990, nel testo novellato dall'art. 6, secondo comma, della legge n. 127/1997) - difetto di motivazione;

XIV - Error in iudicando - violazione di legge (art. 6 della legge n. 241/1990) - difetto di motivazione;

XV - Error in iudicando - violazione di legge (art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito dalla legge n. 493/1993) - difetto di motivazione;

XVI - Error in iudicando - violazione di legge (artt. 4, 5, 6, 7, 8 e ss. della legge n. 241/1990, in relazione anche all'art. 4, primo comma, del citato decreto-legge n. 398/1993) - difetto di motivazione;

XVII - Error in iudicando - difetto di motivazione - violazione di legge: art. 97 della Costituzione.

L’appello ripropone altresì, anche ai sensi dell’art. 346 del codice di procedura civile, i quattro motivi del ricorso n. 3941/1998 e i diciassette motivi del ricorso n. 4637/1998 già proposti in primo grado.

3. - Con ordinanza n. 610 del 3 febbraio 2009 si è dato atto della rinuncia all’istanza cautelare.

Il Comune si è costituito in data 31 marzo 2009, chiedendo il rigetto del ricorso perché inammissibile, irricevibile ed improcedibile, nonché infondato nel merito.

In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 17 giugno 2014 parte ricorrente ha depositato, in data 14 ottobre 2014, domanda di fissazione di udienza.

Il Comune ha depositato documenti in data 4 giugno 2019.

Parte appellante ha depositato documenti in data 12 giugno 2019;
e una memoria in data 14 giugno 2019 in cui ha chiesto l’acquisizione, ai sensi dell’art. 104, secondo comma, del codice del processo amministrativo, dei nuovi documenti versati in atti, affermando che essi sono non solo indispensabili per la risoluzione della questione, ma anche venuti ad esistenza dopo la definizione del giudizio di primo grado.

Il Comune ha depositato, in data 15 giugno 2019, memoria ai sensi dell’art. 73 del codice del processo amministrativo rilevando, prima ancora della infondatezza dell’appello nel merito, pure eccepita, l’inammissibilità dei suddetti documenti depositati da parte appellante il 12 giugno 2019;
nonché l’inammissibilità dell’appello sotto un duplice profilo:

- difetto di interesse dovuto alla sentenza dello stesso Tar di Salerno, n. 6682 dell’11 novembre 2009, passata in giudicato, la quale ha respinto il citato ricorso P n. 380/1996 (v. il capo 2.1 che precede), escludendone l’auspicata iniziativa edificatoria;

- difetto di interesse dovuto all’ulteriore sentenza dello stesso Tar n. 2293 dell’11 dicembre 2012, pure passata in giudicato, la quale ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse l’ulteriore ricorso P n. 1715/1996 (v. parimenti il capo 2.1 che precede) nel corso del quale, a seguito di inottemperanza a provvedimento cautelare del giudice, era stata emessa – su indicazione del Commissario ad acta nominato dal Prefetto, a sua volta officiato dalla pure citata ordinanza del Tar n. 250 del 19 febbraio 1997 - la più volte citata concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997, sospesa e poi annullata in autotutela dai provvedimenti comunali impugnati nel primo grado del presente giudizio.

Parte appellante ha replicato e controdedotto con memoria depositata il 25 giugno 2019.

Il Comune ha controdedotto alla memoria depositata da parte appellante il 14 giugno 2019 con propria memoria depositata il 25 giugno 2019.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 16 luglio 2019.

DIRITTO

1. - Sono fondati il rilevi del Comune che affermano l’incidenza sul presente appello (“ inammissibilità per carenza di interesse ”; recte : improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse) delle sopravvenute sentenze del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Salerno, n. 6682 dell’11 novembre 2009 e n. 2293 dell’11 dicembre 2012, entrambe passate in giudicato.

Come risulterà dalla esposizione in prosieguo, il giudicato formatosi sulla destinazione urbanistica in contestazione esclude il rilievo ai fini del decidere, asserito da parte appellante, della documentazione depositata oltre il termine di cui all’art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo, e segnatamente del certificato di destinazione urbanistica di una parte del sito di interesse, certificato peraltro riferito all’anno 2013 e non alle più risalenti date degli atti impugnati.

1.1- Il petitum del presente appello - così come quello di entrambi i ricorsi di primo grado disattesi dall’appellata sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 2285/2008 - è la rivivescenza della concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 97, sospesa e poi annullata in autotutela dai provvedimenti comunali impugnati nel primo grado del presente giudizio;
e dunque l’edificazione assentita da quella concessione edilizia.

La base urbanistica di quella perseguita edificazione è, secondo le prospettazioni di parte appellante, l’inserimento del suolo di proprietà in un lotto edificatorio (sito alla via Matteotti, nel Comune di Nocera Superiore) ricompreso in zona B dal vigente strumento urbanistico e per questo oggetto di apposita istanza edificatoria in data 30 agosto 1995 (vedi il ricorso in appello, pagina 2).

Il relativo diniego comunale, espresso con la nota prot. n. 23958/1995 recante il parere negativo della Commissione edilizia, è stato impugnato dal signor G P dinanzi al medesimo Tar di Salerno con il citato ricorso n. 380/1996, che ha visto due successive ordinanze di rigetto delle richieste cautelari (l’ordinanza di rigetto n. 430/1996, la quale peraltro, come riferito in appello, ordinava al Comune di pronunciarsi sull’istanza di concessione edilizia alla luce dei motivi di ricorso;
la successiva ordinanza di rigetto n. 1228/1996).

Il ricorso era ancora pendente alla data di proposizione del presente appello, che ne richiama il petitum , ma è stato poi deciso con la sentenza n. 6682 dell’11 novembre 2009.

La sentenza, passata in giudicato, ha respinto il ricorso P.

In particolare la definitiva sentenza n. 6682 dell’11 novembre 2009 ha respinto la tesi del ricorrente secondo cui:

a) le aree oggetto del prefigurato intervento edificatorio ricadevano in zona B1, alla stregua del vigente strumento urbanistico generale;

b) la destinazione vincolistica a verde pubblico attrezzato, impressa dal Piano particolareggiato, era divenuta inefficace vuoi in relazione alla sopravvenuta inefficacia dello stesso Piano (stante l’ultrattività, scolpita dall’art. 17 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, delle sole previsioni di allineamento e delle prescrizioni di zona), vuoi in relazione alla decadenza ex art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 (trattandosi in tesi di vincolo a carattere ablatorio e non conformativo);

c) le aree all’interno del Piano particolareggiato decaduto non erano però prive di regolamentazione urbanistica, permanendo piuttosto la disciplina di pianificazione generale e quella di linea fondamentale ed essenziale di pianificazione attuativa, e ciò a differenza delle aree sprovviste della disciplina dello strumento urbanistico generale o con vincoli di inedificabilità decaduti (c.d. zone bianche o depianificate), per le quali restano applicabili i limitati indici di edificabilità previsti dall’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

Pertanto il petitum edificatorio del presente gravame, che coincide con il petitum edificatorio rigettato dalla citata sentenza n. 6682/2009, risulta definitivamente respinto con efficacia di giudicato.

Ciò rende il presente appello improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché anche ove accolte le ulteriori censure, che ascrivono all’appellata sentenza vizi diversi da quelli direttamente connessi alla perseguita edificazione del suolo d’interesse (ivi compreso il vizio di error in procedendo denunciato nel dodicesimo motivo d’appello), questa edificazione sarebbe, con riferimento alla situazione urbanistica oggetto dell’appellata sentenza, preclusa da giudicato.

Parte appellante, nella memoria di replica depositata il 25 giugno 2019, sostiene che la citata sentenza n. 6682/2009 non incide sul presente gravame perché superata dagli sviluppi provvedimentali e processuali successivi (nuovo parere negativo della Commissione edilizia., sua impugnazione, nomina del Commissario ad acta , rilascio del titolo abilitativo, suo annullamento e successiva impugnazione), sicché, ove non fosse stato impugnato il testé citato secondo parere della Commissione edilizia, atto per stessa ammissione della difesa del Comune non meramente confermativo del precedente parere, il primo giudizio si sarebbe dovuto concludere a rigore con una pronuncia di improcedibilità per mancata impugnazione del parere sopravvenuto.

Questi rilievi però non incidono sulla decisiva circostanza che i presupposti urbanistici per l’edificazione perseguita dal presente gravame sono stati espressamente esclusi da una sentenza resa tra le stesse parti e passata in giudicato.

1.2 – La successiva sentenza n. 2293 dell’11 dicembre 2012, anch’essa passata in giudicato, ha dichiarato, su espressa indicazione del medesimo signor P Giovanni, come in quel giudizio rappresentato e difeso, la sopravvenuta carenza di interesse al relativo ricorso.

Trattasi del ricorso nella cui fase cautelare, in esito a ordinanze del Tar e alle conseguenti determinazioni dei soggetti da esse officiati, era stata adottata la concessione edilizia n. 54 del 13 novembre 1997, poi annullata dal Comune in sede di autotutela e che il presente gravame intende far rivivere.

Quell’assenso edilizio era stato sì emesso, come rivendica il presente appello, in esito a un ordine del giudice, ma lo era stato nella fase cautelare del giudizio.

La fase cautelare per sua natura comporta provvedimenti giurisdizionali non definitivi, emanati con riserva di accertamento della fondatezza nel merito, con l’evidente finalità di evitare che la pendenza del giudizio pregiudichi la parte vittoriosa all’esito del processo. Questi provvedimenti dunque sono interinalmente subordinati alla verifica definitiva della fondatezza della tesi del ricorrente, e i definitivi effetti di carattere sostanziale conseguono solo al passaggio in giudicato della pronuncia di merito favorevole, che è la sola idonea a conformare con effetti permanenti la realtà giuridica interinalmente cristallizzata dal provvedimento cautelare del giudice (confr. Cons. Stato, Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448).

Ne consegue che l’efficacia del provvedimento cautelare e degli atti che da esso traggono fondamento viene meno in conseguenza di qualunque vicenda processuale abbia effetti estintivi sul processo cautelare o sull’intero giudizio (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 28 giugno 2019, n. 4461);
così come avvenuto nella presente fattispecie per effetto della sentenza n. 2293 dell’11 dicembre 2012, che - senza definitivi effetti conformativi della realtà giuridica sostanziale (modificata solo interinalmente dalle ordinanze cautelari intervenute nel corso del giudizio), ma con effetti soltanto dichiarativi della sopravvenuta carenza di interesse affermata da parte ricorrente - ha chiuso il processo con una pronuncia d’improcedibilità, pronuncia definitiva che ha fatto cessare le determinazioni interinali della fase cautelare, ivi compresa la suddetta concessione edilizia n. 54/1997, conseguente a pronuncia interinale del giudice.

In proposito parte appellante, nella suddetta memoria di replica depositata il 25 giugno 2019, sostiene che il rilascio di quella concessione edilizia n. 54/1997, all’esito della nuova istruttoria compiuta dal Commissario ad acta , rendeva inutile la prosecuzione del giudizio ed una pronuncia di merito in ordine alla legittimità del diniego del parere della Commissione edilizia, per essere l’interesse dedotto in giudizio integralmente soddisfatto. La stessa memoria aggiunge che il carattere interinale delle ordinanze cautelari è strumentale alla tutela delle ragioni del ricorrente nelle more della decisione di merito “ ovvero dell’adozione di un provvedimento satisfattivo che tenga luogo della sentenza ”;
e che sarebbe aberrante ritenere che la interinalità della pronuncia cautelare comporti la caducazione del provvedimento emanato dopo la sua adozione ovvero in esecuzione della stessa.

Ma il provvedimento satisfattivo e sostitutivo degli effetti della sentenza, perché possa concretare il definitivo soddisfacimento delle ragioni del ricorrente, deve essere un provvedimento esterno al processo e non un provvedimento interno al giudizio e interinale, che per definizione non può che essere provvisorio e prodromico alla pronuncia che chiude il giudizio.

L’appellante, in definitiva, non può fondare le sue ragioni su una pronuncia interinale di un giudizio che non ha poi avuto la necessaria definitiva pronuncia di merito.

3. - In conclusione l’appello va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza virtuale che emerge dalle considerazioni che precedono.

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