Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-09-15, n. 201404683

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-09-15, n. 201404683
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201404683
Data del deposito : 15 settembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08774/2006 REG.RIC.

N. 04683/2014REG.PROV.COLL.

N. 08774/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8774 del 2006, proposto da:
D D in proprio e quale legale rappresentante Ditta Betulla S.n.c., rappresentato e difeso dagli avv. F B, S D C, con domicilio eletto presso F B in Roma, viale Angelico, 45;

contro

Comune di Bedollo, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti P S R, M D F, A L, con domicilio eletto presso P S R in Roma, viale Mazzini N.11;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - della Provincia di Trento n. 00166/2006, resa tra le parti, concernente diniego concessione in sanatoria per costruzione edificio residenziale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2014 il Cons. Nicola Russo e uditi per le parti gli avvocati Ionata, per delega dell'Avv. Bucellato, e l'Avv. Stella Richter;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

E’ impugnata la sentenza n. 166/2006, in epigrafe indicata, con cui il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto Adige, sede di Trento, ha respinto il ricorso n. 177/2005, proposto dal sig. Domenico D, in proprio e quale legale rappresentante della Ditta Betulla S.n.c., volto all’annullamento del provvedimento di diniego della domanda di concessione in sanatoria n. 2448, datata 20 aprile 2005, avente ad oggetto un edificio residenziale sulla p.f. 680 in località Piazze CC Bedollo, emesso dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Bedollo.

Col predetto ricorso il sig. D, ha adito il nominato T.A.R., chiedendo l'annullamento del provvedimento di diniego della domanda di concessione in sanatoria, deducendo a sostegno dell’impugnativa i seguenti motivi:

a) - violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma secondo, lett. b) della L.P. 8 marzo 2004, n. 3;

b)- in relazione al motivo sub a, ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma terzo, della L.P. 8 marzo 2004, n. 3;

c)- in relazione ai motivi sub a e b, eccesso di potere per motivazione insufficiente, inadeguata e contraddittoria.

Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso affermando:

- quanto al precedente punto sub c) che l’opera oggetto di condono, stante la sua precarietà, era stata correttamente valutata dall’Amministrazione nella sua istruttoria;

- quanto al punto sub a) che “la destinazione d’uso transitorio … non consente l’acquisizione di alcuna legittimazione della relativa sostanza materiale usata per fini diversi e non consentiti dalla zonizzazione”;

- quanto al punto sub b) che il rilevo è ultroneo, stante le considerazioni svolte al precedente punto.

I primi giudici, inoltre, hanno rilevato come lo stesso Tribunale amministrativo sia stato in precedenza investito di una questione correlata (tra le stesse parti) nella quale veniva impugnata una ingiunzione comunale di ripristino dello stato dei luoghi e fa proprie alcune considerazioni espresse nel giudizio citato, conclusosi con la reiezione del ricorso di cui alla sentenza n. 156 del 2003.

Di qui l'appello interposto dal sig. D, ricorrente in prime cure, ed affidato a quattro motivi, che saranno trattati nel prosieguo della presente pronunzia.

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione comunale intimata, resistendo all’appello e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza cautelare (n. 6692/2006), la Sezione ha accolto la domanda di sospensione della sentenza gravata, ritenendo che “sotto il profilo della gravità ed irreparabilità del danno conseguente alla esecuzione del provvedimento impugnato, sussistono i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare”.

Le parti hanno precisato in rispettive memorie le proprie tesi e, alla pubblica udienza del 25 febbraio 2014, l'appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. - L'appello è parzialmente fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – Il Collegio non può esonerarsi preliminarmente dal vagliare la questione sollevata dall’appellante nel primo punto del gravame relativa al mancato passaggio in giudicato della sentenza n. 156 del 2003 del T.R.G.A. di Trento, richiamata dalla sentenza oggetto della presente impugnazione.

La contestazione di cui sopra trae origine dall’errore in cui è incorso il primo giudice nel definire la ridetta sentenza come passata in giudicato, essendo stata la stessa (all’epoca dell’emanazione della sentenza che ha dato origine al presente gravame) ritualmente impugnata dal sig. D.

Nella citata sentenza (erroneamente dal T.A.R. definita come passata in giudicato) il giudice di prime cure era stato chiamato a pronunciarsi su di un ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, ingiunto dall’Amministrazione di Bedollo sempre al sig. D, relativamente ad un prefabbricato adibito (in seguito) ad abitazione sulla p.f. 680 in loc. Piazze C.C. Bedollo.

La posa di detto fabbricato, in precedenza, era invero stata autorizzata dal Comune con domanda del 10 ottobre 1989, stante la natura “servente” alla costruzione alberghiera in edificazione autorizzata con concessione edilizia n. 94 dd. 17 novembre 1989 sulle pp.ff. 669, 670, 671/2 671/3, 672 e 673 C.C. Bedollo, sempre di proprietà dello stesso sig. D, odierno appellante.

In realtà la costruzione dell’albergo, da quanto risulta al Collegio, non venne mai completata e il fabbricato fu successivamente utilizzato ad uso abitativo dal proprietario e successivamente anche dalla famiglia dello stesso, anziché come deposito di attrezzi.

Come correttamente hanno rilevato le parti del presente giudizio, nei propri scritti difensivi, la sentenza più volte richiamata è stata ritualmente impugnata e, pertanto, è evidente l’errore del primo giudice nel definirla passata in giudicato;
a chiusura e completezza il Collegio rileva che il richiamato giudizio di appello (ric. r.g. n. 7861/2003) è stato dichiarato perento col decreto decisorio n. 6660/2010.

La ricostruzione operata serve a tracciare un distinguo netto tra la fattispecie oggetto di odierno scrutinio (ovvero il provvedimento di diniego della domanda di concessione in sanatoria n. 2448 di data 20 aprile 2005) e quella che occupava il ricorso poi dichiarato perento (ovvero relativo ad ordinanza di rimozione e ripristino dello stato dei luoghi).

Quest’ultima ha visto il cristallizzarsi delle statuizioni contenute nella sentenza n. 156 del 2003 del T.R.G.A. di Trento, in quanto l’intervenuta pronuncia di perenzione nel giudizio di appello (pur non essendo questa una decisione di merito ma un provvedimento estintivo del giudizio), comporta la immodificabilità e la definitività delle statuizioni operate dal primo giudice, mentre il Collegio col gravame in trattazione è investito di un’autonoma questione, vertente sul diniego di sanatoria.

Pur essendo le due fattispecie collegate (e pur riguardando le stesse parti), esse non hanno alcun rapporto di dipendenza e sono pertanto scrutinabili autonomamente;
allo stesso tempo quello che può senz’altro definirsi un refuso o una errata percezione del primo giudice in ordine al passaggio in giudicato di una propria precedente pronuncia, non può spiegare i suoi riflessi (né in negativo né eventualmente in positivo) sul presente giudizio, avente ad oggetto, appunto, una questione diversa.

2.1. Pertanto la prima doglianza di cui al ricorso in appello non può essere accolta, stante la sua irrilevanza ai fini del decidere da parte di questo Collegio;
l’erroneo convincimento operato dal Tar circa la presenza di un giudicato (in realtà inesistente) non riverbera i suoi effetti sull’impianto motivazionale della pronuncia del primo giudice impugnata in questa sede, la quale, peraltro, ai successivi punti della sentenza (4.1, 4.2 e 4.3) motiva fondando il proprio convincimento su ulteriori e diversi profili.

3. Quanto alle doglianze sollevate coi successivi motivi di diritto dall’appellante, queste, invece, appaiono fondate nei termini di cui alla motivazione che segue.

3.1. Al punto quattro di diritto, del gravame in epigrafe, il sig. D ripercorre sinteticamente le doglianze già avanzate in primo grado, fondate sul corretto inquadramento della richiesta di sanatoria avanzata al Comune di Bedollo in osservanza della L.P. 8 marzo 2004, n. 3.

3.2. La tesi offerta dall’appellante appare condivisibile al Collegio.

Come è noto nel territorio della Provincia Autonoma di Trento la definizione degli illeciti edilizi di cui all'articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è stato regolato dalla Legge Provinciale n. 3/2004, la quale, oltre a definire dei limiti più stringenti rispetto alla normativa applicabile in ambito nazionale, fissava al comma 2 lett. b) delle condizioni di assoggettabilità al condono nei casi di: “mutamento con o senza opere della destinazione d'uso legittimamente preesistente delle unità immobiliari, nel rispetto comunque dei limiti previsti dalla lettera a), con esclusione dei casi di mutamento di destinazione dall'uso preesistente in attività commerciali aventi caratteristiche diverse da quelle degli esercizi di vicinato…”.

L’ambito spaziale offerto alle Amministrazioni locali è dato dalla stessa normativa provinciale che richiede che vi siano opere preesistenti che non subiscano variazioni superiori al 30 per cento dei valori di progetto, di cui alla lett. a) del ridetto comma 2.

Il prefabbricato adibito ad abitazione dalla famiglia D rientra nel novero dei manufatti suscettibili di sanatoria, essendo questo non solo legittimamente autorizzato nella sua posa in opera (al riguardo nessuna contestazione è stata mai mossa), ma il cambiamento di destinazione d’uso, come più volte rimarcato dal ricorrente, è stato più volte tacitamente assentito dal Comune con il rilascio anche della residenza del nucleo familiare.

Non rientrando il manufatto nelle opere ex novo oggetto di condono, ma rientrando nel novero di quelle suscettibili di mero cambiamento di destinazione d’uso, correttamente la legislazione provinciale, più volte richiamata, appare attagliarsi al caso in questione.

Non appare, pertanto, condivisibile la conclusione a cui è giunto il primo giudice (punto 4.1.) nel definire la “rappresentata situazione dei luoghi … chiara e ben considerata dalla Amministrazione comunale” nella sua istruttoria;
né le conclusioni di cui al successivo punto (4.2.) nello stabilire che la “destinazione d'uso transitorio della struttura precaria non consente l'acquisizione, per decorso del tempo, di alcuna legittimazione della relativa sostanza materiale usata per fini diversi e non consentiti dalla zonizzazione”.

4. Il Collegio, infine, ritiene assorbite le doglianze dell’appellante di cui ai punti due e tre del gravame proposto, in quanto anch’esse si fondano sulla confutazione del giudicato esterno con riflessi sull’appellata sentenza, proponendo argomentazioni tesa a dar prova dell’affidamento del sig. D nel trasferire la propria residenza nel manufatto oggetto di condono e pertanto volte a dimostrare come l’Amministrazione abbia “tacitamente” assentito alla trasformazione implicita del prefabbricato in epoca precedente alla richiesta di condono.

Tali argomentazioni, flebili quanto non dirimenti la controversia, non rafforzano l’impianto defensionale e sono di fatto superate alla luce delle doglianze proposte (o meglio riproposte in appello) di cui all’analizzato punto quattro sulla corretta individuazione degli strumenti normativi di sanabilità dell’opera.

In conclusione, l’appello deve essere accolto nei limiti sopra esposti e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, deve essere annullato il provvedimento di diniego della domanda di concessione in sanatoria n. 2448 datata 20 aprile 2005 emesso dal Comune di Bedollo.

Tenuto conto altresì della peculiarità della vicenda amministrativa esaminata, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

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