Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-22, n. 202004681

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-07-22, n. 202004681
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004681
Data del deposito : 22 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2020

N. 04681/2020REG.PROV.COLL.

N. 09039/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9039 del 2019, proposto dal Comune di Artena, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, l.go T R S;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

A C, F D C, I P, M I D, S C, Cnzo Pompa, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 03796/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2020 il Cons. Umberto Maiello e trattenuta la causa in decisione a seguito di camera di consiglio svolta in modalità da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Consiglio comunale di Artena è composto da 16 consiglieri (17 con il Sindaco).

In data 24 dicembre 2018 veniva protocollata la richiesta avanzata da n. 6 consiglieri comunali di convocazione del Consiglio comunale in seduta urgente “ onde procedere alla votazione per appello nominale” di una “mozione di sfiducia ex art. 52 del d.lgs. n. 267/2000 ”.

1.1. La suddetta richiesta veniva dichiarata inammissibile dal presidente dell’organo consiliare sul presupposto che il quorum necessario per la presentazione di una mozione di sfiducia ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 267/2000, ed individuato nei due quinti dei consiglieri assegnati, doveva intendersi, in un consiglio comunale formulato da n. 16 consiglieri, pari a sette e non già a sei consiglieri.

1.2. Ciò nondimeno, il Comune di Artena veniva compulsato, con nota prot. n. 28885 del 23 gennaio 2019 cui era allegato il decreto n. 27790/2019 del 22 gennaio 2019, dalla Prefettura di Roma che, su richiesta dei firmatari della mozione, invitava il suddetto Ente a dare corso alla procedura di cui all’articolo 52 del tuel sulla scorta anche di un parere licenziato dal Ministero dell’Interno (cfr. parere M.I. del 4.8.2015) e che riposa sull’applicabilità in siffatte evenienze del criterio dell’arrotondamento aritmetico.

1.3. A fronte della mancata ottemperanza da parte del Comune di Artena - che aveva trasmesso alla detta Autorità statale le proprie controdeduzioni - alla detta diffida nei termini assegnati, il Prefetto di Roma convocava il locale consiglio comunale per deliberare sulla detta mozione di sfiducia.

2. Da qui la proposizione, da parte del Comune odierno appellante, di un ricorso al TAR per il Lazio che vedeva una prima trattazione in sede cautelare nei termini di seguito sintetizzati:

- con il decreto cautelare n. 1066 del 13 febbraio 2019, il TAR per il Lazio, sede di Roma, Sez. III-ter, respingeva la domanda di concessione di provvedimento monocratico cautelare, fissando la trattazione collegiale della domanda cautelare al 12 marzo 2019;

- con decreto cautelare monocratico del 14 febbraio 2019, n. 695, il Consigliere delegato per la III Sezione del Consiglio di Stato, a seguito di appello, sospendeva l’efficacia degli atti impugnati, rinviando l’esame dell’istanza cautelare alla camera di consiglio collegiale già fissata innanzi al TAR;

- il ricorso veniva, dunque, trattato nella camera di consiglio del 12 marzo 2019 e definito con decisione in forma semplificata che respingeva il ricorso.

3. Il giudice di prime cure rilevava che il criterio della soglia numerica di almeno 2/5 dei consiglieri comunali prevista dall’articolo 52 del tuel per l’ammissibilità della mozione di sfiducia dovesse essere declinata, nel caso di numero decimale, alla stregua del criterio generale dell’arrotondamento aritmetico (nella fattispecie con individuazione del coefficiente per difetto essendo il decimale inferiore allo 0,5, nel numero di 6). Tanto anche in ragione del fatto che l’opposta tesi, della invalicabilità della soglia fissata dal legislatore, avrebbe comportato, nel caso di arrotondamento all’unità superiore (cioè 7 consiglieri), uno scostamento significativo (con il raggiungimento di una percentuale pari circa al 44% dei componenti dell’organo) dall’ordinaria proporzione desumibile da un’applicazione della norma nel caso di quozienti interi (pari al 40%). Di contro, l’opzione esegetica privilegiata avrebbe consentito un ragionevole compromesso idoneo a tutelare adeguatamente i diritti della minoranza.

4. Avverso la suddetta decisione, con un unico articolato motivo, il Comune appellante reputa erronea ed illegittima la decisione qui gravata siccome adottata in palese distonia con la disciplina di settore.

4.1. Resiste in giudizio il Ministero dell’Interno che ha concluso per il rigetto dell’appello.

4.2. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione di irricevibilità dell’appello sollevata dall’Avvocatura erariale secondo cui i termini per la sua spedizione sarebbero dimezzati, ricadendo la controversia qui in rilievo fra quelle di cui all’art.119, comma 1, lett. e) del c.p.a. che, come è noto, si riferisce anche ai “ provvedimenti di scioglimento degli organi di governo degli enti locali e quelli connessi, che riguardano la loro formazione e il loro funzionamento ”.

E’, invero, di tutta evidenza come la res controversa qui in rilievo – che involge esclusivamente i presupposti dell’esercizio di specifici poteri sostitutivi nelle ordinarie dinamiche di funzionamento degli organi comunali – non possa essere sussunta nella distinta categoria sopra citata, dovendo altresì soggiungersi che la disposizione di cui all’articolo 19 del c.p.a., per la sua evidente valenza derogatoria, è di stretta interpretazione.

5. Tanto premesso, in accoglimento di un’ulteriore eccezione formulata dall’Avvocatura erariale, l’azione proposta dal Comune di Artena va dichiarata improcedibile.

5.1. A tal riguardo, giova premettere che, anzitutto, per effetto del decreto cautelare monocratico assunto in sede di gravame il 14 febbraio 2019, n. 695, la seduta consiliare convocata in via sostitutiva dal Prefetto di Roma per deliberare sulla specifica mozione di fiducia a firma dei consiglieri comunali A C, Cnzo Pompa, F D C, I P, M I D e S C non ha avuto luogo.

Occorre soggiungere che la detta mozione nemmeno potrà essere mai più discussa in quanto, giusta quanto riferito dallo stesso Comune appellante, nella primavera del 2019 si sono tenuti i comizi per l’elezione del Sindaco e il rinnovo del Consiglio comunale di Artena, di guisa che, pur essendo stato confermato il medesimo Sindaco uscente, è di tutta evidenza che il nuovo consiglio comunale, nella sua attuale composizione, non potrebbe giammai essere messo in discussione da una mozione riferita alla precedente consiliatura.

Tanto rende di immediata evidenza la sopravvenuta inettitudine dell’originario provvedimento impugnato in prime cure ad esplicare i suoi effetti nella sfera giuridica dell’Ente appellante.

Ne discende in definitiva che, anche nell'ipotesi in cui per effetto dell’accoglimento del mezzo in epigrafe i provvedimenti impugnati venissero formalmente espunti dall'ordinamento giuridico, il Comune appellante non ne potrebbe, comunque, ricavare un effetto utile.

5.2. Occorre, infine, soggiungere, sotto diverso profilo, che difettano, altresì, conferenti allegazioni di segno contrario idonee ad accreditare, in termini obiettivamente apprezzabili, interessi ulteriori e diversi in capo al Comune a sostegno della permanente utilità ex articolo 34 comma 3 c.p.a. di un accertamento sull’illegittimità degli atti originariamente gravati che, peraltro, esaurivano i propri effetti nel dare semplicemente impulso ad un procedimento destinato a sfociare in un deliberato, non assunto e che non potrà più intervenire per le ragioni suesposte.

5.3. Nelle memorie in atti il Comune appellante insiste nel rivendicare l’interesse alla riforma della sentenza gravata, affinché il Giudice Amministrativo dichiari che l’Amministrazione comunale, nella gestione delle convocazioni del Consiglio comunale, ha correttamente agito senza conculcare le prerogative dei consiglieri comunali di minoranza. Pur tuttavia, è evidente come l’interesse dichiarato al riconoscimento della legittimità del proprio operato non ha una sua autonoma rilevanza né la prospettazione astratta e formulata in via incidentale ed ipotetica di una possibile azione risarcitoria giustifica un approdo di segno contrario.

Tanto più che, secondo un indirizzo giurisprudenziale, la riserva di chiedere in un separato giudizio il risarcimento dei danni non è di per sé sufficiente all'accertamento dell'illegittimità dell’atto oggetto del contendere;
occorre, invero, che il ricorrente abbia allegato i presupposti per la successiva proposizione dell'azione risarcitoria od abbia, almeno, comprovato, sulla base di elementi concreti, il danno ingiustamente subito (in termini, cfr. Cons. Stato, V, 15 marzo 2016, n. 1023).

5.4. Né costituiscono un ostacolo al rilievo dell’improcedibilità del ricorso il regime delle spese definito dalla sentenza appellata secondo il criterio della soccombenza, essendo la relativa statuizione destinata a rimanere assorbita nella riforma della detta sentenza che consegue al rilievo dell’improcedibilità sopravvenuta del ricorso di primo grado, evenienza questa che determina, com’è noto, l'annullamento senza rinvio della sentenza appellata. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 35, comma 1, lettera c), 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm., nel giudizio amministrativo il rapporto processuale non perde la sua unitarietà per il fatto di essere articolato in gradi distinti, sicché la sopravvenuta carenza dell’interesse al ricorso di primo grado determina l’improcedibilità non solo dell’appello – indipendentemente da chi l’abbia proposto – ma pure dell’impugnativa originaria spiegata innanzi al giudice di primo grado, e comporta quindi, qualora non si verta in ipotesi di difetto della condizione dell’azione inficiante il solo giudizio di appello (situazione che non ricorre nel caso di specie) l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III n. 6832 dell’8.10.2019;
Sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3752;
Sez. IV, 1° agosto 2018, n. 4741;
Cons. Stato, Sez. V, 11 ottobre 2017, n. 4699).

Quanto al regime delle spese l’obiettiva controvertibilità della questione giustifica, in via eccezionale, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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