Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201504995

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-11-03, n. 201504995
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504995
Data del deposito : 3 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01371/2012 REG.RIC.

N. 04995/2015REG.PROV.COLL.

N. 01371/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1371 del 2012, proposto da:
M A D, rappresentata e difesa dagli avvocati D C, F B, con domicilio eletto presso D C in Roma, via Corvisieri, 46;

contro

Comune di Agnadello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. B D R, con domicilio eletto presso Riccardo Viceré in Roma, lungotevere Flaminio, 60;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia - sez. staccata di Brescia: sezione I n. 01088/2011, resa tra le parti, concernente adozione e approvazione del piano di governo del territorio - destinazione area


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Agnadello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2015 il cons.

G C e uditi per le parti gli avvocati Mercati, per delega di Basile, e De Rosa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con le delibere n. 18 del 30 giugno 2007 e n. 30 del 17 dicembre 2007 il Consiglio comunale di Agnanello ha prima adottato e poi approvato il piano di governo del territorio – P.G.T.

Con separati ricorsi, la signora M A D ha impugnato tali delibere, nella parte in cui assoggetterebbero a un regime edificatorio sfavorevole un’area di sua proprietà.

Riuniti i ricorsi e respinta un’eccezione preliminare di inammissibilità per mancata notificazione alla Provincia, il T.A.R. per la Lombardia – Brescia, sez. I, li ha respinti nel merito con sentenza 19 luglio 2011, n. 1088.

La signora Doneda ha interposto appello contro la sentenza, ritenendola illegittima per violazione di legge, erroneità, contraddittorietà e insufficienza della motivazione con riferimento a tutte le censure proposte nei ricorsi introduttivi.

1.1. Con il primo motivo, l’appellante ha dedotto il contrasto tra il documento di piano, che individua l’area come zona di trasformazione residenziale, e il piano delle regole, che la qualifica come area agricola speciale.

Il T.A.R. ha sostenuto che, nel sistema delineato dalla legge della Regione Lombardia 16 marzo 2005, n. 12, l’uno servirebbe a progettare le direttrici di sviluppo urbanistico del territorio e non produrrebbe effetti giuridici diretti sul regime dei suoli (art. 8, comma 3), che conseguirebbero solo all’approvazione dei piani attuativi (art. 12, comma 5);
l’altro assolverebbe finalità di regolamentazione edilizia dei singoli edifici e delle singole aree non edificate, cosicché la destinazione impressa dal documento non sarebbe di ostacolo all’attuale regolamentazione edilizia del piano delle regole.

Visto il carattere progettuale del documento di piano, il piano delle regole sarebbe necessario per la determinazione della concreta disciplina edilizia.

Obietta l’appellante che il documento di piano individuerebbe però una vocazione edificatoria del bene (art. 8, comma 2, lett. e), pur subordinandola all’approvazione di un piano attuativo.

Sarebbe inoltre errata la ricostruzione, fatta dal T.A.R., di un supposto duplice regime delle aree. Questo sarebbe smentito dall’art. 10 della legge, secondo cui documento di piano e piano delle regole si escluderebbero reciprocamente. Al piano delle regole sarebbero estranei gli ambiti di trasformazione interni al tessuto urbano consolidato, disciplinati dal solo documento di piano;
lo stesso piano delle regole individuerebbe le aree destinate all’agricoltura e ne detterebbe la disciplina (artt. 59 e segg.).

1.2. Sarebbe poi errata le tesi del Giudice di primo grado che, nel respingere il motivo secondo cui la perimetrazione del tessuto urbano consolidato avrebbe dovuto ricomprendere anche le aree libere intercluse o di completamento (fra le quali quella dell’appellante), avrebbe evocato un potere altamente discrezionale del Comune.

Il piano delle regole ricomprenderebbe nel tessuto urbano consolidato, invece, sia le parti del territorio su cui è già avvenuta l’edificazione o la trasformazione dei suoli, sia le relative aree intercluse o di completamento (art. 10, comma 1, lett. a). La norma limiterebbe il potere di zooning dell’Amministrazione e renderebbe arbitrario inserire tra gli ambiti di trasformazione l’area controversa, caratterizzata da opere di urbanizzazione primaria e secondaria nelle dirette vicinanze e, in definitiva, semplice lotto di completamento.

1.3. Con altra statuizione, il T.A.R. ha respinto i motivi che

censuravano la sottostima dell’incremento demografico nel Comune. Così facendo, il Tribunale territoriale avrebbe travisato il secondo motivo del ricorso, secondo cui il Comune avrebbe determinato in modo apodittico, senza adeguata istruttoria e motivazione, la volumetria massima assentibile nel quinquennio di durata del documento di piano e non avrebbe determinato in via preventiva i criteri di selezione delle iniziative edilizie ammesse, privilegiando ingiustificatamente coloro che avevano presentato con maggior tempestività la domanda di piano di lottizzazione sino a saturare la volumetria disponibile.

Il mancato rispetto del principio di imparzialità integrerebbe l’eccesso di potere, anche per il contrasto con i principi di derivazione comunitaria, e si tradurrebbe inoltre nella violazione dell’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, posto che l’approvazione di un piano di lottizzazione rappresenterebbe un vantaggio economico attribuito dalla P.A. a un privato, con conseguente applicabilità della disposizione richiamata.

1.4. Infine, non avrebbe avuto risposta la censura di illegittimità del P.G.T. per difetto di istruttoria e sviamento, perché nella V.A.S. l’area sarebbe stata rappresentata in modo di far parte del centro edificato, la contraddittorietà fra le cartografie documenterebbe lo sviamento di potere e l’illegittima attribuzione all’area dell’appellante della qualifica di area agricola speciale.

2. Ciò premesso, l’appellante dichiara di riproporre i motivi di gravame contenuti nei ricorsi in primo grado.

Il Comune di Agnadello si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

Con sentenza non definitiva 14 maggio 2015, n. 2424, la Sezione, dei motivi dell’appello, ha respinto il primo, dichiarato inammissibili il terzo e il quinto e disposto istruttoria sul secondo e sul quarto.

Il Comune ha fatto pervenire la relazione richiesta.

Le parti hanno depositato memorie.

All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Come già detto nella sentenza non definitiva n. 2424/2015, il Collegio ribadisce come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite. Ne segue che, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio.

2. Con il secondo motivo dell’appello la parte privata censura la mancata inclusione della propria area nel perimetro del tessuto urbano consolidato, che sarebbe errata per avere l’area medesima le caratteristiche oggettive - compresa la presenza di opere di urbanizzazione primarie e secondarie nelle immediate vicinanze - necessarie per l’inserimento in tale contesto, come lotto di completamento.

In questo motivo rifluisce sostanzialmente il quarto (nella V.A.S. l’area sarebbe stata rappresentata come parte del centro edificato).

A tale riguardo, il Tribunale territoriale ha osservato che anche l’eventuale inclusione dell’area nell’ambito del tessuto urbano non attribuirebbe per ciò solo alla proprietaria diritti edificatori.

Vero è che “entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il piano delle regole … definisce … le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell'impianto urbano esistente …” (art. 10, comma 2).

In altri termini, la collocazione all’interno del tessuto urbano non sottrae l’area all’ambito di trasformazione (art. 8, comma 2, lett. e) e alla necessità di far ricorso, per la realizzazione dell’intervento, agli strumenti previsti dall’art. 12. La Sezione non ha ritenuto corretta la tesi della parte privata, essere cioè le aree urbanizzate e quella assimilate soggette non alla disciplina del documento di piano, ma solo a quella del piano delle regole.

E’ anche vero che, in linea generale, la ricomprensione del suolo nel perimetro urbano non vincola il pianificatore nella definizione del regime di edificabilità, sul quale influisce una pluralità di fattori (carico antropico, consumo dei suoli, sufficienza delle infrastrutture, ecc.), il complesso dei quali può essere apprezzato dall’Amministrazione con amplissima discrezionalità, notoriamente sindacabile solo per vizi macroscopici, travisamento dei fatti, violazione delle norme sul procedimento.

3. Ciò premesso, la Sezione ha rilevato che l’affermazione che, con il motivo in esame, l’appellante si prefiggerebbe di ottenere un regime edificatorio semplificato - come osservava il Comune nella memoria conclusionale - può essere vera in punto di fatto, ma, nei termini in cui è posta, appare piuttosto il risultato di un processo alle intenzioni. La parte privata rivendica una destinazione dell’area conforme a (quelle che ritiene esserne) le caratteristiche oggettive e a essa spetterà poi decidere quale uso farne, una volta eventualmente ottenuta una qualificazione conforme alle proprie richieste.

In altre parole, si tratta di vedere se il Comune, nel qualificare l’area come agricola speciale, abbia correttamente esercitato la propria discrezionalità, senz’altro molto lata, ma non per questo non insindacabile almeno nei casi-limite prima ricordati.A tale riguardo, il Collegio ha ritenuto opportuno disporre istruttoria, al fine di acquisire dall’Amministrazione una dettagliata relazione che illustri le ragioni per cui all’area controversa sia stata attribuita una classificazione difforme da quella cui la parte privata sostiene di avere diritto ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a).

4. Nella propria relazione, il Comune osserva che, nel passare da un tipo all’altro di pianificazione urbanistica, avrebbe inteso operare una continuità fra le vecchie previsioni di P.R.G. e le nuove programmazioni di P.G.T. L’area dell’appellante non sarebbe stata in alcun modo discriminata, avendo invece ricevuto l’attribuzione di una capacità edificatoria tripla, in termini volumetrici, rispetto alla precedente. Alla luce dell’ampiezza della superficie e del carico insediativo previsto, tuttavia, l’area non avrebbe potuto essere inclusa nell’ambito del tessuto urbano consolidato, soggetto a intervento diretto, ma l’operazione edilizia avrebbe dovuto essere necessariamente programmata, convenzionata e resa partecipe alla dotazione dei necessari servizi. Pertanto, come altri terreni in condizioni analoghe, sarebbe stata inserita nella programmazione del documento di piano.

L’inserimento delle aree libere di dimensioni rilevanti negli ambiti di trasformazione urbanistica del documento di piano anziché nell’ambito consolidato del piano delle regole, da assoggettare a piano attuativo, avrebbe in pratica lo stesso scopo e risponderebbe all’intento di alleviare la tassazione imposta ai proprietari.

L’inclusione dell’area controversa nel centro storico, rappresentata dalla V.A.S., sarebbe stata invece corretta nelle tavole che individuano il perimetro del centro edificato e non avrebbe per nulla influito sulla inclusione negli ambiti di trasformazione urbanistica, determinata piuttosto dalla dimensione e dal carico antropico.

Nelle proprie memorie, l’appellante replica che il Comune, attribuendo all’area una destinazione edificatoria, non avrebbe fornito alcuna indicazione sulle ragioni della scelta di classificare poi l’area stessa come agricola speciale in base al piano delle regole. La motivazione resa in chiave di mitigazione della tassazione sarebbe debole e inidonea a legittimare la scelta urbanistica. Infine la destinazione agricola dell’area contraddirebbe la disposizione dell’art. 12 delle N.T.A. al piano delle regole, il quale demanda al P.G.T. l’individuazione delle aree agricole speciali che, essendo suscettibili di essere interessate da ulteriori espansioni urbanizzative, dovrebbero rimanere libere da qualunque edificazione di carattere agricolo produttivo o di deposito.

5. Ritiene il Collegio che la relazione del Comune non dia sufficiente ragione della scelta urbanistica effettuata.

L’ente afferma che l’intervento potenzialmente sviluppabile nell’area controversa, di cui conferma la vocazione edificatoria, non poteva essere inserito negli ambiti del tessuto urbano consolidato soggetti a intervento diretto, “perché troppo rilevante dal punto di vista insediativo per una realtà piccola qual è quella di Agnanello” e doveva invece “essere obbligatoriamente programmato, convenzionato e reso compartecipe alla dotazione di servizi che tale insediamento avrebbe altrimenti contribuito ad aggravare” (pag. 5).

Le preoccupazioni del Comune meritano rispetto. Non se ne comprende tuttavia il senso alla luce del rilievo successivo, secondo cui l’inserimento “in un ambito consolidato del piano delle regole da assoggettare … ad un piano attuativo obbligatorio … in buona sostanza avrebbe conseguito lo stesso scopo” (pag. 7).

A chiare lettere, sembra smentito l’assunto che, una volta inserita l’area nell’ambito del tessuto urbano consolidato, secondo il piano delle regole, gli interventi edilizi rimarrebbero assoggettati a semplice permesso di costruire.

In effetti, come sopra ricordato, l’art. 10, comma 2, della legge regionale n. 12/2005 prevede che il piano delle regole definisca:

le caratteristiche fisiche-morfologiche che connotano l’esistente;

le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato.

Poiché, in concreto, il Comune non contesta che l’area in oggetto abbia le obiettive caratteristiche del fondo intercluso o di completamento (art. 10, comma 1), la ragione della scelta fatta (area agricola speciale inserita negli ambiti di trasformazione secondo il documento di piano) sarebbe stata quella di avvantaggiare i proprietari con una tassazione più leggera, sgravandoli sino al momento dell’effettiva trasformazione urbanistica.

La spiegazione non è comprensibile, anche perché i proprietari (o almeno l’appellante) contestano il preteso trattamento di favore.

Proprio tenendo conto della possibilità per l’Amministrazione di imporre il ricorso alla pianificazione attuativa, la contestata previsione del Comune - che ha “effetti diretti sul regime giuridico dei suoli” (art. 10, comma 5) -, pur nella sua incontestabile ampia discrezionalità, appare palesemente irragionevole e immotivata.

In definitiva, l’Amministrativa non ha addotto convincenti ragioni per giustificare quella che appare (e a giudizio del Collegio è) una violazione dell’art. 10, comma 1, lett. a), della legge regionale citata.

Gli atti impugnati sono dunque illegittimi in parte qua e vanno perciò annullati.

Resta assorbito il quarto motivo dell’appello.

5. Dalle considerazioni che precedono discende che, per i profili indicati, l’appello è fondato e va pertanto accolto, con annullamento in parte qua della sentenza di primo grado e, per l’effetto, accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.

Tenuto conto della complessità della vicenda e del disposto della precedente sentenza non definitiva, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate fra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi