Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-10, n. 202301459

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-02-10, n. 202301459
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301459
Data del deposito : 10 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/02/2023

N. 01459/2023REG.PROV.COLL.

N. 03208/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3208 del 2016, proposto dal signor -OMISSIS- in proprio e quale procuratore speciale della signora -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati E C, M C, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Giovanni Antonelli, n.49;

contro

il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n.12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativa regionale del Lazio, sede di Roma, Sezione III- ter n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero degli affari esteri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4- bis , cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria del giorno 14 dicembre 2022 il consigliere S M;

Viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La signora -OMISSIS- ha stipulato con il signor -OMISSIS- un contratto di soggiorno per espletare le mansioni di badante.

Il 30 maggio 2015 la signora è tornata nelle Filippine, suo Paese d’origine, per indifferibili esigenze familiari ma ha omesso di chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno che è scaduto il 2 luglio 2015.

In data 21 luglio 2015 ella ha poi chiesto il visto di reingresso ma con provvedimento n. 663/2015 del 7 agosto 2015, l’Ambasciata d’Italia a Manila ha respinto l’istanza sulla base del parere negativo espresso dalla Questura di Reggio Emilia la quale con nota del 3 agosto 2015 ha evidenziato che la predetta era titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato scaduto il 2 luglio 2015, in relazione al quale non era stata presentata richiesta di rinnovo.

2. Avverso siffatto provvedimento è insorto in primo grado il signor -OMISSIS- (in proprio, nonché in qualità di procuratore speciale della signora -OMISSIS-), deducendo tre mezzi di gravame.

3. Nella resistenza del Ministero degli Affari esteri, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa, il T.a.r. ha respinto il ricorso e compensato tra le parti le spese di lite.

4. Nello specifico, il primo giudice ha fatto osservare che ai sensi dell’art. 8 d.P.R. n. 394/1999 il visto può essere rilasciato solo nelle ipotesi in cui il cittadino straniero sia, comunque, in possesso di un titolo (l’originale smarrito o sottratto o la tempestiva domanda di rinnovo) che legittimi la sua presenza nel territorio nazionale. Ipotesi che non ricorre nella fattispecie, in quanto al momento della richiesta del visto di reingresso (21 luglio 2015), la signora -OMISSIS- era titolare di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato scaduto il 2 luglio 2015, in relazione al quale non era stata presentata richiesta di rinnovo.

5. L’appello del signor -OMISSIS- è affidato ai seguenti motivi.

I. In primo luogo, l’appellante si duole della violazione e/o erronea applicazione dell’art. 6- bis del d.P.R. 394/1999, dell’art. 4 d.lgs. n. 286 del 1998 e del difetto di motivazione.

Il T.a.r. avrebbe trascurato che la normativa richiamata nel provvedimento di diniego non era riferita al reingresso (art. 8 d.P.R. 394/1999), ma solo al visto di ingresso (art. 6- bis , d.P.R. 334/1999).

Il che confermerebbe che la signora avrebbe presentato una richiesta di un nuovo visto di ingresso e non di un visto di reingresso.

L’appellante ha poi lamentato il fatto che il T.a.r. abbia dato rilievo alla motivazione postuma fornita in giudizio dall’Amministrazione.

II. Con il secondo motivo, l’appellante ha impugnato il capo della sentenza concernente il rigetto della doglianza relativa alla violazione e/o erronea applicazione dell’art. 10- bis , della l. n. 241/1990. Una corretta ricostruzione della vicenda nei termini esposti con il primo motivo di appello negherebbe la natura vincolata e la correttezza sostanziale dell’atto impugnato.

III. Con il terzo motivo, si insiste nel ribadire che vi erano i presupposti sostanziali del rinnovo del permesso di soggiorno ai fini del rilascio di un nuovo visto di ingresso, non essendo cambiato alcunché rispetto alla situazione che aveva portato ad assentire il permesso originario.

4. Si è costituito, per resistere, il Ministero degli affari esteri.

5. Con ordinanza n. -OMISSIS-, è stata respinta l’istanza cautelare.

6. In data 10 febbraio 2020, e poi 27 maggio 2021, l’appellante ha confermato il permanente interesse alla definizione del giudizio.

7. L’Amministrazione ha depositato una memoria in data 12 settembre 2022.

8. L’appellante ha depositato due ulteriori memorie (in data 8 novembre 2022 e 18 novembre 2022).

9. L’appello, infine, è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza di smaltimento del 14 dicembre 2022.

10. È possibile prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Amministrazione resistente, in quanto l’appello è infondato nel merito e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

11. In primo luogo, va evidenziato che la fattispecie attiene esclusivamente ad una domanda di visto ai fini del reingresso nel territorio dello Stato.

Lo stesso appellante - pag.4 dell’atto di appello – evidenzia che la signora -OMISSIS-, a causa della situazione familiare “non ha considerato che il permesso di soggiorno in Italia, in assenza di richiesta di rinnovo o proroga, andava a scadere il 2 luglio 2015. Quando di ciò si è avveduta, ha provveduto a presentare all'Ambasciata di Italia di Manila la domanda di visto di reingresso […]”.

La domanda in esame è disciplinata dall’art. 8 del d.P.R. n. 394/1999 e non dall’art.6- bis , del medesimo Regolamento.

Per quanto qui interessa, l’art. 8 dispone che “ Per lo straniero regolarmente soggiornante in Italia che, dopo esserne uscito, intende farvi ritorno, il reingresso è consentito previa esibizione al controllo di frontiera del passaporto o documento equivalente e del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno in corso di validità ” (comma 2).

Inoltre “3. Lo straniero, il cui documento di soggiorno è scaduto da non più di sessanta giorni e che ne abbia chiesto il rinnovo nel rispetto dei termini, per rientrare nel territorio dello Stato è tenuto a munirsi di visto di reingresso, rilasciato dalla rappresentanza diplomatica o consolare italiana nel Paese di provenienza, previa esibizione del documento scaduto. Il predetto termine di sessanta giorni non si applica nei confronti dello straniero che si è allontanato dal territorio nazionale per adempiere agli obblighi militari e si estende fino a sei mesi in caso di sussistenza di comprovati gravi motivi di salute dello straniero, dei suoi parenti di I grado o del coniuge, fermo restando il possesso dei requisiti previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno ”.

11.1. Relativamente alla circostanza che, solo in giudizio, l’Amministrazione avrebbe chiarito la motivazione del proprio operato (in relazione al parere rilasciato all’Ambasciata dalla competente Questura), va ricordato che l’art. 4 comma 2 d. lgs. n. 286/98, nel richiamare le ipotesi in cui il diniego di visto deve essere necessariamente motivato, non include la fattispecie in esame.

Alla luce delle disposizioni del Regolamento n. 394 del 1999 – in precedenza riportate – è poi evidente che, in assenza di un valido titolo di soggiorno ovvero di una tempestiva domanda di rinnovo, il diniego di visto di reingresso è un atto vincolato.

11.2. Anche la giurisprudenza amministrativa ha più volte sottolineato che – ferma restando la centralità della motivazione quale presidio del diritto costituzionale di difesa - il divieto di integrazione in sede processuale della motivazione da parte della p.a. non ha carattere assoluto.

È questo il caso degli atti di natura vincolata di cui all’art. 21 - octies , l. n. 241 del 1990, nei quali l’Amministrazione può dare in giudizio la dimostrazione dell'impossibilità di un diverso contenuto dispositivo dell’atto ( ex plurimis , Cons. Stato, sez. V, 4 dicembre 2020, n. 7681).

11.3. Per la stessa ragione, risulta infondato anche il secondo motivo d’appello.

Il fatto che l’Amministrazione non abbia proceduto a comunicare il c.d. preavviso di rigetto non può avere un effetto viziante poiché, stante la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

11.4. Infine, il fatto che la signora -OMISSIS- sarebbe in possesso dei requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno e, quindi, per il rilascio di un nuovo visto d’ingresso per lavoro subordinato, è del tutto irrilevante poiché si tratta di un titolo di tipologia diversa rispetto a quello nella fattispecie richiesto (ed in relazione al quale l’Amministrazione ha provveduto).

12. In definitiva, l’appello deve essere respinto.

Sussistono tuttavia gravi ed eccezionali ragioni, in considerazione della peculiarità della fattispecie, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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