Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-06-20, n. 201602708

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-06-20, n. 201602708
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602708
Data del deposito : 20 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06970/2015 REG.RIC.

N. 02708/2016REG.PROV.COLL.

N. 06970/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6970 del 2015, proposto da:
G V, rappresentato e difeso dall'avv. M B, con domicilio eletto presso M B in Roma, Via Luigi Capuana, 207;

contro

Comune di B, rappresentato e difeso dall'avv. C L, con domicilio eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 00516/2015, resa tra le parti, concernente ordinanza n. 24/2013 di immediata rimozione del cancello che impedisce il libero accesso e transito sulla strada di uso pubblico interna all’abitato di Agnetta;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di B;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 maggio 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Bacci e Passeri per delega di Lenzetti alle preliminari, Bacci alla discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. 516/2015 del 30-3-2015 il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) rigettava il ricorso proposto dal signor G V, inteso ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Sindaco del Comune di B n. 24 del 4-12-2013, con la quale gli veniva ordinato di “ provvedere all’immediato intervento di rimozione del manufatto (cancello) che impedisce il libero accesso e transito sulla strada di uso pubblico interna all’abitato di Agnetta e di qualsiasi altro manufatto realizzato nel sottopasso e nelle pertinenze della via ad uso pubblico citata ”.

La predetta sentenza esponeva in fatto che: “ il ricorrente impugna l’ordinanza in epigrafe ritenendo che erroneamente il Comune avrebbe ritenuto assoggettato ad uso pubblico il passaggio pedonale sul quale il cancello è stato collocato. Il predetto sottopasso, infatti, non sarebbe interessato dal transito di una collettività indeterminata di persone (essendovi per questo un’altra strada) e non sarebbe mai stato oggetto di provvedimenti di manutenzione o polizia stardale da parte del Comune di B ”.

Avverso la decisione di primo grado il signor G V ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, deducendone l’erroneità e chiedendone la riforma.

Ha lamentato: 1) Error in iudicando. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 378 l. 20-3-1865 n. 2248 all. F – carente istruttoria – travisamento dei fatti – illogica e carente motivazione – insussistenza dei presupposti per la costituzione di una servitù di uso – sentenza resa su presupposti infondati ed illegici – omessa pronuncia;
2) Error in iudicando. Erroneità, illogicità e contraddittorietà della sentenza del TAR – difetto di motivazione , violazione e falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, d.lgs. 267/2000 – mancata pronuncia del giudice di primo grado sulla contestata violazione dell’articolo 54- errore di diritto – incompetenza del Sindaco.

Si è costituito il Comune di Agnetta, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Le parti producevano memorie illustrative e di replica, unitamente a documentazione.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 19-5-2016.

DIRITTO

Ritiene la Sezione di dover preliminarmente esaminare il secondo motivo di appello con il quale viene dedotto: Error in iudicando – erroneità, illogicità e contraddittorietà della sentenza del TAR- difetto di motivazione, violazione e falsa applicazione dell’articolo 54, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000 – mancata pronuncia del giudice di primo grado sulla contestata violazione e falsa applicazione dell’articolo 54, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000 – incompetenza del sindaco.

In sintesi, l’appellante deduce che il Tribunale non si sarebbe pronunciato sulla dedotta violazione dell’articolo 54 del TUEL. Nella specie mancherebbero i presupposti della contingibilità e urgenza ad intervenire per eliminare e prevenire il pericolo alla sicurezza o incolumità pubblica, atteso che il cancello apposto dal privato non determinava alcun pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica, rilevando, altresì, che l’ordinanza impugnata non recava motivazione alcuna in ordine alla sussistenza di tale indefettibile presupposto per l’adozione di un provvedimento extra ordinem.

Deduce ancora l’incompetenza del Sindaco di B all’adozione dell’ordinanza gravata. Considerando l’inesistenza di un “pericolo per l’incolumità pubblica” e la natura squisitamente “gestionale” del provvedimento, lo stesso avrebbe dovuto essere adottato dal Dirigente.

Il motivo di appello è inammissibile.

Quanto alla dedotta violazione dell’articolo 54 del d.lgs. n. 267/2000, va osservato che effettivamente il ricorso di primo grado deduce nella rubrica dell’unico motivo di ricorso la violazione dell’art. 54 del d.lgs. n. 267/2000.

Va però rilevato che, al di là della mera indicazione della norma in rubrica, manca nel ricorso di primo grado l’esplicitazione di qualsivoglia censura o doglianza che riguardi l’articolo 54.

In esso, invero, si legge: “ tale provvedimento risulta illegittimo per violazione delle indicate norme in quanto al Sindaco è concesso l’esercizio di autotutela possessoria solo in presenza della sottrazione del bene strada all’uso pubblico”;
“il sottopasso ..non ha alcuna destinazione pubblica né può essere considerato strada”;
“non sussistono le condizioni di palese uso pubblico del sottopasso”;
“l’impugnato provvedimento, emesso quale autotutela possessoria in via amministrativa volta alla tutela di beni pubblici ed in particolare volto alla restituzione del bene al pubblico transito pedonale risulta viziato per mancanza del presupposto fondamentale: la natura di bene privato ad uso pubblico del sottopasso in cui il ricorrente ha apposto il cancello"”.

Da quanto sopra, dunque, emerge che nel ricorso di primo grado non è stata articolata la doglianza relativa al difetto dei presupposti legittimanti l’utilizzo del provvedimento previsto dall’articolo 54 del TUEL e, segnatamente, la contingibilità e l’urgenza al fine di eliminare un pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica.

Tali rilievi vengono svolti per la prima volta nell’atto di appello, onde deve ritenersi che il motivo sia nuovo e, come tale, inammissibile, in quanto violativo del disposto dell’articolo 104 c.p.a. che sancisce il divieto di nuove domande nel giudizio di appello.

Tra l’altro, in considerazione di quanto sopra esposto, non risultando articolata censura alcuna in ordine alle ragioni della violazione del richiamato articolo 54, deve ritenersi che non vi sia stata alcuna omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado, essendosi lo stesso pronunciato sulla questione realmente prospettata e sviluppata nel ricorso dinanzi allo stesso presentato.

Analoga valutazione di inammissibilità deve essere resa in ordine al secondo motivo di appello nella parte in cui deduce l’incompetenza del Sindaco all’adozione dell’atto, assumendo la competenza dell’organo dirigenziale.

Invero, anche tale censura manca nel ricorso di primo grado, onde il motivo è nuovo e, come tale, inammissibile.

Ciò premesso, deve essere esaminato nel merito il primo motivo di appello.

Con esso il signor V lamenta : Error in iudicando. Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 378 l. n. 2258 lett. F del 1865;
carenza di istruttoria;
travisamento dei fatti;
errata illogica e carente motivazione;
insussistenza dei presupposti per la costituzione di una servitù d’uso;
sentenza resa su presupposti infondati ed illogici;
omessa pronuncia.

Censura la sentenza gravata con riferimento agli specifici indici che la stessa ha indicato quali idonei a dimostrare la natura pubblica del passaggio.

Con riferimento al carattere di strada pavimentata che mette in collegamento la via pubblica Carlaga con l’abitato di Agnetta, evidenzia in primo luogo che la strada non è dotata di pavimentazione ma di un lastricato in pietra dissestato, inidoneo ad assicurare l’attraversamento in sicurezza, non è dotato di illuminazione pubblica ed è pressocchè buio anche di giorno.

Evidenzia, poi, che il mero accesso sulla pubblica via non dimostra l’uso pubblico del “volto”, dovendo inserirsi in un sistema organico di viabilità quale normale via di transito in quanto destinato al transito di un numero indifferenziato di persone, mentre lo stesso è utile unicamente ad una minoranza di soggetti.

Contesta, poi, la valenza del riferimento operato dal Tribunale, secondo il quale “nel passaggio risultano presenti allacciamenti fognari e la rete del gas”.

Rileva, infatti, che la tubatura del gas e l’acquedotto sono stati posti dagli enti distributori ed a spese dei privati, mentre l’esistenza dell’impianto fognario non assurge a prova in quanto spesso ciò avviene nelle strade private.

Censura, inoltre, il valore attribuito dalla sentenza alla rappresentazione del vicolo nel catasto leopoldino quale strada pubblica.

Rileva che egli ha prodotto documentazione catastale dalla quale risulta che lo stesso è di sua proprietà e deduce ancora di aver rinvenuto, sia pure dopo la sentenza di primo grado, presso l’Archivio di Stato di Massa documentazione catastale del 1858 (successiva alla mappa leopoldina), da cui emerge l’acquisto della relativa proprietà da parte della famiglia V.

Deduce ancora che il “volto” non è concreto ed idoneo ad una utilizzazione quale strada pubblica, essendo impervio, pericoloso e non illuminato.

Contesta, poi, il requisito della ”immemorabilità” ravvisato dal TAR.

A parte che non si riscontra l’iter logico di tale conclusione, evidenzia che per immemorabile uso pubblico si intende un comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione di esercitare il diritto d’uso della strada.

Il passaggio che vi è stato lo si è consentito per mera tolleranza e dalle dichiarazioni presentate dal Comune non si evince la suddetta consapevolezza.

Mancherebbe , poi, il requisito della “concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via”. Il collegamento tra le strade pubbliche è già efficacemente assicurato da altre strade più comode ed il passaggio di cui trattasi può tornare utile solo alla minoranza occupante immobili vicini a quelli dell’appellante. Né rileverebbe la possibilità di raggiungere l’Oratorio, essendo questo già servito dalla strada pubblica.

Evidenzia, infine, che il “passo” in questione non è indicato nell’elenco di cui all’art. 20 della legge n. 2248/1965 alla F.

La gravata sentenza così motiva la decisione reiettiva del ricorso di primo grado.

La natura pubblica del passaggio in questione risulta attestata da una serie di indici univoci e concordanti.

Si tratta infatti di un passaggio pavimentato che mette in collegamento la via pubblica carrabile di Corlaga con l’abitato di Agnetta.Nel passaggio risultano presenti allacciamenti fognari ed alla rete del gas. Esso risulta, inoltre, rappresentato nel catasto leopoldino come strada pubblica. Tutto ciò dimostra non solo la concreta idoneità ed utilizzazione del bene come strada pubblica (la quale, peraltro, non implica che si debba dare prova di un passaggio continuativo di un certo numero di utenti) ma anche che essa avviene da tempo immemorabile, essendo, perciò presenti tutti gli elementi che la giurisprudenza richiede per comprovare la sussistenza di una servitù di uso pubblico sul bene ”.

La Sezione ritiene che il motivo di appello sia fondato, risultando il provvedimento assunto dal Comune di B affetto dai lamentati vizi di carenza di istruttoria e di motivazione in ordine all’uso pubblico del “volto” di cui trattasi.

Tanto sulla base delle considerazioni che di seguito si espongono.

L’ordinanza n. 24 del 4-12-2013 così motiva la determinazione assunta: “ …il fatto che una collettività di persone abbia transitato su una determinata strada produce il sorgere, con il protrarsi del tempo, dell’usucapione di un diritto di uso pubblico da parte dell’ente territoriale (Comune) , il quale potrà, conseguentemente, esercitare i poteri di autotutela (previsti dal combinato disposto dell’art. 378 legge 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e 15 decreto luogotenenziale 1 settembre 1918 n. 1466) , che si renderanno, di volta in volta, più opportuni. La via interna di Agnetta citata è da considerarsi ad ogni effetto di uso pubblico perché il transito è stato fino ad oggi e da tempo immemorabile libero e consentito a tutti, nessuno escluso, senza che sia occorso il consenso di alcuno. Ad ulteriore conferma è la circostanza che nella mappa del Catasto Leopoldino (1826) è riportato il tracciato della viabilità e il registro definisce l’appezzamento 1251(3) come strada di proprietà della Comunità di B;
Ritenuto: * che gli atti e i comportamenti messi in atto senza titolo alcuno dimostrato dal sig. V Giovanni impediscono il libero transito sulla strada di uso pubblico interna all’abitato di Agnetta, esercitato da tempo immemore da parte della totalità degli utenti senza alcuna limitazione e che la stessa è strada pedonale interna al centro abitato di collegamento tra la via pubblica comunale Agnetta-Orturano e la via interna comunale al centro abitato della frazione di Agnetta e con l’Oratorio della Visitazione S. Antonio di Agnetta;
* che sulla stessa l’Amministrazione Comunale ha realizzato nel tempo le opere della rete pubblica di urbanizzazione, circostanza che ne conferma l’uso pubblioc e la disponibilità da parte dell’Ente comunale…..
” .

Ciò posto, rileva la Sezione che, per costante giurisprudenza, la natura e l’uso pubblico di una strada dipendono dalla esistenza di tre concorrenti elementi, che sono: a) che vi si eserciti il passaggio ed il transito iuris servitutis publicae da una moltitudine indistinta di persone qualificate dall’appartenenza ad un ambito territoriale ;
b) la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento con la via pubblica, le esigenze di carattere generale e pubblico;
c) titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, il quale può identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile ( comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione di esercitare il diritto d’uso della strada).

La giurisprudenza ritiene ancora che di tali elementi il Comune debba dare idonea dimostrazione con onere probatorio di particolare rigore (cfr. TAR Lazio-Roma, II, 5-10-2015, n. 11478).

Tale onere probatorio risulta vieppiù rigoroso quando, come nel caso di specie, la strada non risulti inserita nell’elenco delle strade comunali (circostanza non contestata dalle parti), onde non opera la presunzione semplice di appartenenza di essa all’ente ovvero del suo uso pubblico.

Nella vicenda in esame ritiene il Collegio che dell’esistenza dei suddetti elementi non sia stata data prova rigorosa e sufficiente, con conseguente sussistenza del vizio di carenza di istruttoria e di motivazione.

Quanto al requisito della “concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale anche per il collegamento con la pubblica via”, va osservato che sussistono elementi che depongono per la sussistenza del suddetto requisito. Va in proposito considerato che il “volto” di cui trattasi consente effettivamente il collegamento tra due strade comunali ( via Agnetta-Orturano e strada interna comunale della frazione Agnetta) e consente effettivamente di accorciare il tragitto per passare da una strada all’altra, il quale dovrebbe altrimenti avvenire percorrendo altra strada comunale.

Osserva, tuttavia, la Sezione che il requisito dell’idoneità va apprezzato in concreto e con riferimento alle peculiari caratteristiche del passaggio, non potendosi all’uopo operare mero riferimento alla cennata possibilità di collegamento.

Orbene, nella fattispecie in esame il “volto” di cui trattasi è certamente percorribile, ma – per quanto emerge dalla documentazione fotografica in atti - è buio, privo di illuminazione, con pavimentazione parziale e sconnessa (salvo che per la porzione del ricorrente, che assume averla eseguita a sue spese), connotato da restringimenti, presenza di prolungamenti di pareti, andamento non lineare.

Orbene, il Comune, ai fini della ritenuta sussistenza del requisito dell’idoneità, doveva esaminare anche tali aspetti in relazione al soddisfacimento, da parte del “volto”, di esigenze generali;
tanto a maggior ragione tenendo conto della circostanza che trattasi di un piccolo borgo e che il collegamento viario ordinario non è lontano.

Sotto tale profilo, pertanto, non riveste valenza dirimente che esso consenta di raggiungere l’Oratorio di Agnetta, considerandosi che tale tratto non è l’unica strada per raggiungere tale struttura, risultando essa accessibile anche attraverso l’ordinaria viabilità pubblica.

Orbene, in ordine alle suddette circostanze non vi è alcuna motivazione nell’atto impugnato.

Va, inoltre, considerato che la giurisprudenza ( cfr. TAR Aosta, 15-3-2016, n. 12), nel richiedere la dimostrazione del requisito della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di interesse generale, ha chiarito che la possibilità di collegamento con una via pubblica non è elemento di per sé sufficiente, ritenendosi necessario che l’Amministrazione fornisca la prova della sussistenza di interventi volti ad assoggettare il tratto di strada all’uso pubblico.

Orbene, la prova in proposito fornita dall’ente non appare sufficiente.

Trattandosi di una “strada” e, dunque, di un tratto destinato al “transito”, risultano al riguardo avere rilievo dirimente interventi specifici a ciò destinati.

E’ in primo luogo necessaria una pavimentazione idonea della stessa, risultando questa essenziale per il transito.

Orbene, nel “volto” oggetto del presente giudizio esiste ( al di là di una parte, messa in opera dall’appellante) una pavimentazione parziale e del tutto sconnessa, la quale risulta assolutamente priva di manutenzione e diversa rispetto alla situazione delle strade pubbliche che esso mette in collegamento.

Non risulta, inoltre, essere servito da illuminazione pubblica, la quale costituisce intervento essenziale ai fini del transito pubblico, specie considerandosi che il tratto per cui è causa è un sottopasso, dunque, per sua natura, scarsamente illuminato dalla luce solare.

Orbene, il Comune ha omesso di prendere in considerazione i suddetti elementi nella valutazione della idoneità del bene a soddisfare interessi di carattere generale, onde anche sotto tale profilo il provvedimento appare carente nella istruttoria e nella motivazione.

Non risulta sufficiente in proposito la circostanza della presenza della rete idrica, del gas e della fognatura, considerandosi che esse non sono espressione di un pubblico transito e ben potendosi giustificare in relazione alla esigenza di servire le abitazioni (e, dunque, i proprietari) ivi esistenti.

Quanto agli altri elementi necessari per potere ritenere una strada di uso pubblico (esercizio del transito da parte di una molteplicità cittadini iuris servitutis publicae , come appartenenti alla comunità territoriale;
titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico che può identificarsi nella protrazione dell’uso da tempo immemorabile), si osserva quanto segue.

Va in primo luogo considerato che il riferimento alla mappa del Catasto Leopoldino del 1826 (che la indica come strada della Comunità di B) non è di per sé sufficiente, considerandosi che pacificamente le indicazioni catastali non hanno efficacia costitutiva.

Deve, poi, evidenziarsi che, in contrario, l’appellante ha prodotto mappe catastali recenti dalle quali risulta l’intestazione del bene a suo nome.

Va, inoltre, considerato che la giurisprudenza ( cfr. Cons. Stato, V, 22-12-2014, n. 6197;
20-12-2011, n. 6712) ha chiarito che l’immemorabile uso pubblico va inteso come comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione - pur essa palesata da una situazione dei luoghi che non consente di distinguere la strada in questione da una qualsiasi altra strada- di esercitare il diritto d’uso della strada.

Dunque, non è sufficiente il mero comportamento del transito, ma occorre altresì una connotazione soggettiva dello stesso, costituita dalla convinzione di esercitare il diritto d’uso della strada.

La sussistenza di tale elemento soggettivo si ricava dalle caratteristiche della situazione dei luoghi, tali da non distinguere la strada in questione da una qualsiasi altra strada.

Orbene, lo stato concreto dei luoghi nella vicenda in esame pone in serio dubbio la sussistenza di tale convinzione nei soggetti che vi transitano e che vi hanno transitato.

Il “volto”, per quanto emerge dalla documentazione fotografica in atti, risulta decisamente diverso rispetto alle adiacenti strade pubbliche.

Esso si trova al di sotto e a margine di abitazioni o locali privati;
è buio e presenta uno sviluppo irregolare: condizioni queste che, in uno alla decisa diversità rispetto alle adiacenti strade pubbliche, lasciano oggettivamente ritenere che si stia esercitando il transito non lungo una via di uso pubblico ma attraversando uno spazio privato antistante locali privati che consente da essi di accedere alla via pubblica.

Orbene, il Comune di B, nell’adottare l’ordinanza impugnata, non ha preso in considerazione le richiamate circostanze quali influenti sulla sussistenza del requisito dell’immemorabile uso nel tempo, né ha motivato in ordine alla loro eventuale irrilevanza per la presenza di elementi ulteriori, quali, ad esempio, l’esistenza nel Comune di altri passaggi di uso pubblico aventi consimili caratteristiche, onde avvalorare la sussistenza, in relazione al passaggio attraverso il “volto” per cui è causa, dell’elemento soggettivo cui si è sopra fatto riferimento, conferendo al predetto “volto” l’oggettiva caratteristica di un passaggio pubblico “tipico” di quel luogo.

Né a diversa conclusione possono indurre le n. 21 dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, a firma di persone residenti e non residenti, prodotte dal Comune, considerandosi che da esse si desume esclusivamente la dichiarazione di avvenuto passaggio senza ostacoli o impedimenti, ma non anche la convinzione che lo stesso avvenisse per un luogo di uso pubblico.

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, emerge l’illegittimità dell’ordinanza adottata dal Sindaco di B per carenza di istruttoria e di motivazione.

Ne consegue l’accoglimento dell’appello e, in riforma della gravata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 24 del 4-12-2013.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese del doppio grado del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti costituite, avuto riguardo alla proposizione comunque, da parte dell’appellante, di alcuni motivi inammissibili ed alla peculiarità della presente controversia, connotata dalla presenza di non univoci elementi fattuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi