Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-06, n. 201502260
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 02260/2015REG.PROV.COLL.
N. 10151/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10151 del 2014, proposto dalla Caffè Vanvitelli Sas in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. P R e A T, con domicilio eletto presso l’avv. P R in Roma, piazza del Popolo 18;
contro
Il Comune di Napoli in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. F M F e A I F, con domicilio eletto presso l’avv. Nicola Laurenti in Roma, Via F. Denza, 50/A;la Asl Napoli 1 Centro, rappresentata e difesa dall'avv. F C, con domicilio eletto presso lo Studio degli avvocati Capece Minutolo Del Sasso in Roma, Via dei Pontefici 3;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII n. 5883/2014, resa tra le parti, concernente l’annullamento in autotutela della concessione provvisoria di suolo pubblico;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e della Asl Napoli 1 Centro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2015 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati Andrea Abbamonte su delega dell'avv. P R, Nicola Laurenti su delega dell'avv. F M F;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A seguito della presentazione dell’istanza prot. n. 192701 dell’8.3.2013 la “Caffè Vanvitelli s.a.s. di Antonio Assentato e C.”, titolare dal 2001 dell’esercizio commerciale sito in Napoli, piazza Carlo III nn.49/50, e dotato della correlata autorizzazione sanitaria, otteneva il rilascio della concessione provvisoria n. 27 dell’8.10.2013 per l’occupazione della superficie di mq. 13,73 di suolo pubblico antistante il detto locale.
Sennonché, con la nota del Comune di Napoli giunta a mezzo pec il 24 febbraio 2014, detta concessione provvisoria veniva annullata in autotutela per violazione dell’art. 5 del regolamento per l’occupazione del suolo pubblico, adottato con delibera consiliare n. 12/2012, in quanto, come accertato dal parere igienico sanitario prot. n. 3502 del 4.12.2013, il locale non era munito di servizi igienici riservati al pubblico.
La Caffè Vanvitelli impugnava dinanzi al TAR di Napoli la nota soprarichiamata deducendo l’illegittimità del provvedimento impugnato e gli atti presupposti, ivi compreso il regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico per violazione di legge (art. 28 del D.P.R. n. 380/1980;art. 97 Cost.;D.L. 6.12.2011 n. 201, convertito con modificazioni nella legge 22.12.2011 n. 214;art. 1 della legge n. 241/1990) e per eccesso di potere sotto molteplici profili, chiedendone l’annullamento.
Si costituivano in giudizio il Comune di Napoli e l’Asl Napoli 1 Centro, eccependo il primo, in via preliminare, l’irricevibilità per tardività del ricorso nella parte in cui impugnava la delibera consiliare n. 12 del 19.6.2012 di approvazione del regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico, perché parte ricorrente ne era già a conoscenza dalla data di emissione della concessione provvisoria, con conseguente inammissibilità del gravame avverso il provvedimento di annullamento, essendo le censure sollevate basate esclusivamente sull’applicazione del citato regolamento. Nel merito l’amministrazione comunale e quella sanitaria concludevano per la reiezione del ricorso.
Con sentenza n. 5883 del 14 novembre 2014 il TAR prescindeva dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità e respingeva il ricorso, in quanto infondato nel merito.
In primo luogo, quanto alla censura in forza della quale sarebbe stato necessario solo “un servizio igienico per il personale (ed eventualmente per i clienti nel caso sia ritenuto compatibile o un nuovo servizio igienico non possa essere oggettivamente realizzato)”, il giudice di primo grado rilevava che l’art. 18 del regolamento di igiene e sanità, nello stabilire i requisiti minimi dei locali per la somministrazione di alimenti e bevande, in particolare la lettera c) della categoria degli esercizi commerciali di tipo B del citato art. 18, stabiliva per i “bar e caffè con sola pasticceria da colazioni e non” il rilascio dell’autorizzazione sanitaria, con la dizione “esclusa la preparazione di alimenti”, in presenza di: “1.(…);2. un servizio igienico per il personale (ed eventualmente per i clienti nel caso sia ritenuto compatibile o un nuovo servizio igienico non possa essere oggettivamente realizzato);3. (…)”.
L’art. 5 del regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico antistante gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, approvato con la delibera consiliare n. 12 del 19 giugno 2012, stabiliva la necessità del rispetto da parte della concessione dei parametri igienico sanitari rapportati alla somma delle superfici dell’esercizio pubblico esistente e di quelle da occupare e, specificamente alla capacità operativa dell’esercizio e al numero di servizi igienici riservati all’utenza e al personale addetto. In particolare, doveva essere rispettato il seguente rapporto servizi igienici/pubblico, a condizione che fosse comunque garantita la presenza di un servizio igienico per il personale: fino a n. 30 posti di somministrazione almeno n. 1 servizio igienico (1 lavandino 1 wc);fino a n. 50 posti di somministrazione almeno n. 2 servizi igienici doppi distinti per sesso;fino a n. 100 posti di somministrazione almeno n. 2 servizi igienici doppi (n. 2 lavandini e n. 2 WC) distinti per sesso;oltre n. 100 posti di somministrazione n. 3 servizi igienici tripli (n.3 lavandini, n. 3 WC) distinti per sesso.
Era quindi evidente, a parere del TAR, che il regolamento di igiene e sanità prescriveva una serie di requisiti minimi dei quali i locali dovevano essere muniti per il rilascio della relativa autorizzazione, requisiti parametrati al tipo di attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata, a seconda delle differenti tipologie enucleate (distinte a seconda della preparazione e somministrazione, della somministrazione di cibi precotti ovvero della sola somministrazione di alimenti e bevande).
Dal raffronto delle norme di cui ai due regolamenti, si doveva desumere che la prima disciplinava i requisiti minimi per ottenere il rilascio dell’autorizzazione sanitaria per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, mentre la seconda rappresentava un quid pluris che, ammessa la prima autorizzazione, ne prevedeva e stabiliva di ulteriori per ottenere il rilascio dell’occupazione di suolo pubblico antistante l’esercizio commerciale, dunque non tanto un’illegittima sovrapposizione di norme, ma la disciplina di fattispecie differenti.
Altrettanto infondata era la seconda censura con la quale la società ricorrente si doleva della contraddittorietà dell’art 5 del regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico antistante gli esercizi commerciali con l’art. 18 del regolamento di igiene e sanità, in quanto quest’ultimo avrebbe consentito, in ipotesi di impossibilità di realizzazione di un servizio igienico per i clienti, di utilizzare quello realizzato per il personale.
Il giudice di primo grado rilevava poi l’infondatezza dei motivi terzo e quarto con i quali la ricorrente deduceva il vulnus al principio della libera concorrenza e della libertà di iniziativa economica derivante dal citato art. 5 e l’insussistenza di alcun interesse pubblico all’annullamento del titolo concessorio, viste le caratteristiche della fattispecie.
Come già esposto dalla stessa amministrazione resistente in sede di contraddittorio ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241/1990 “non sono stati posti limiti all’iniziativa economica privata in quanto il provvedimento di annullamento non attiene all’attività di somministrazione, ma all’utilizzo del suolo pubblico”, né il mancato godimento di suolo pubblico poteva incidere sulla libera iniziativa economica, poiché la concessione di suolo pubblico deve essa stessa rispondere all’interesse pubblico.
Era infine infondato anche il quinto motivo con il quale la ricorrente lamentava l’illegittimità del parere dell’ASL Napoli 1 richiamato nel provvedimento impugnato, giacché tale ultima amministrazione avrebbe ben dovuto conoscere i requisiti igienico sanitari richiesti per il rilascio delle autorizzazioni e conseguentemente avrebbe dovuto dare parere positivo, atteso il possesso degli stessi da parte del locale gestito dalla società Caffè Vanvitelli s.a.s..
Il Collegio rilevava di dover richiamare quanto già affermato in precedenza, evidenziando che il parere dell’Asl resistente era stato reso nell’esercizio della discrezionalità tecnica sulla base dei limiti e dei parametri dettati dal regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico antistante gli esercizi commerciali.
Era poi inammissibile per carenza di interesse la sesta e ultima censura concernente la provvisorietà dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico.
Oltre all’intempestività del motivo, il Collegio rilevava il difetto di interesse a censurare un provvedimento provvisorio favorevole e comunque superato dal successivo annullamento in autotutela.
Con appello in Consiglio di Stato notificato l’1 ed il 2 dicembre 2014 la Caffè Vanvitelli s.a.s. impugnava la sentenza in questione, sollevando le seguenti censure:
1. Error in iudicando . Violazione del regolamento comunale di Napoli materia di igiene e sanità. Eccesso di potere. Sviamento della funzione. Illogicità manifesta e disparità di trattamento. Violazione dell’art. 28 D.p.r. 380/1980. Violazione dell’art. 97 Cost. Assenza di interesse pubblico. Difetto di motivazione. La presenza di un servizio igienico riservato al pubblico non è necessaria per lo svolgimento dell’attività nei locali autorizzati alla somministrazione di alimenti e bevande e la contraria pretesa comunale contrasta con il regolamento di igiene e sanità adottato con delibera consiliare n. 46 del 9 marzo 2001. L’art. 18 lett. b) impone tra l’altro un servizio igienico per il personale ed eventualmente per i clienti nel caso sia ritenuto compatibile o un nuovo servizio igienico non possa essere oggettivamente realizzato;quindi l’esclusività posta a base del provvedimento è del tutto illegittima, non essendovi nemmeno un’analoga norma statale. Tale previsione è invece esistente nel regolamento riguardante l’occupazione di suolo pubblico antistante l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, in cui viene prevista e graduata la sussistenza di specifici servizi igienici del pubblico;tale previsione è in evidente sviamento della funzione, poiché nulla ha a che vedere con le occupazioni di suolo e va a disciplinare una materia già compiutamente governata dal regolamento di igiene e sanità, questione virtualmente ignorata dal giudice di primo grado, il tutto con effetti concreti del tutto illogici.
2. Error in iudicando . Eccesso di potere per contraddittorietà e contrasto con il regolamento di igiene e sanità vigente nel Comune di Napoli. Manifesta illogicità, disparità di trattamento. Difetto di motivazione. Violazione dell’art. 97 Cost. Divieto di aggravamento dell’iniziativa economica privata. Il regolamento di igiene e sanità prevede la possibilità di utilizzare il servizio igienico per il personale nel caso di impossibilità di realizzarne uno specifico per i clienti e dunque l’obbligo stabilito dall’art. 5 del regolamento per l’occupazione di suolo pubblico è contraddittorio ed aggrava senza motivazione aspetti normalmente regolati da altro tipo di provvedimento, senza considerare che le aree oggetto di concessione costituiscono le vere pertinenze di quella principale, quindi aree secondarie.
3.Segue. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Manifesta illogicità. Violazione di principi comunitari e costituzionali in materia di libera concorrenza, libertà di prestazioni di servizi libertà di iniziativa economica privata. Violazione del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201 convertito nella L. 22 dicembre 2011 n. 214. Violazione dell’art. 97 Cost. e del divieto di aggravamento procedimentale. L’appellante ribadiva in buona sostanza quanto sostenuto davanti al TAR circa l’aggravio alla libera iniziativa economica privata impresso dall’obbligo contenuto nell’art. 5 in parola.
4.Segue. Eccesso di potere per violazione del principio di buon andamento della P.A. Assenza di interesse pubblico. Manifesta illogicità, disparità di trattamento. Difetto di motivazione. La scelta del Comune è illogica, irragionevole e contraddittoria rispetto ai regolamenti vigenti, crea disparità di trattamento e aggrava il procedimento.
5.Sul parere igienico sanitario. Violazione dell’art. 1 L. 41/1990. Divieto di aggravamento dei procedimenti amministrativi. Eccesso di potere. Difetto di motivazione..
6.Sulla concessione provvisoria n. 81/2013. Violazione. L’inammissibilità rilevata circa la provvisorietà della concessione appare del tutto errata, vista la sua limitazione a soli tre anni.
7.Sulla tempestività dell’impugnativa del regolamento comunale per la concessione di occupazione di suolo pubblico e sulla domanda di disapplicazione dello stesso. L’eccezione di tardività formulata dalle difese comunali sull’impugnazione dell’art. 5 del regolamento generale dell’occupazione di suolo pubblico antistante gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è destituita di fondamento, poiché le previsioni regolamentari riguardano pluralità indistinte e non determinabili di destinatari, e si caratterizzano per la loro ripetibilità, il che ne determina l’astrattezza. Dunque si tratta di un atto amministrativo di per sé non immediatamente impugnabile, perché non immediatamente lesivo.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso con vittoria di spese.
Il Comune di Napoli e la ASL 1 si sono costituiti in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
All’odierna udienza del 24 marzo 2015 la causa è passata in decisione.
Si deve dapprima eliminare ogni ombra di dubbio sulla tempestività del ricorso di primo grado nella parte questo è stato rivolto verso il regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico: è evidente che si tratta dell’impugnazione di un atto avente carattere normativo e che l’impugnazione può essere proposta solamente nel momento in cui viene a maturare una lesione, lesione che può derivare nella generalità dei casi solamente tramite un’applicazione del regolamento stesso, così come avvenuto nella presente fattispecie.
I motivi primo e secondo, che sono il nucleo sostanziale della controversia, sono infondati.
L’art. 18 del regolamento comunale di igiene e sanità prescrive per le tipologie di esercizio bar delle dimensioni del Caffè Vanvitelli, avente la superficie complessiva di 40 mq. di cui 15 per il pubblico, la sufficienza della presenza di un servizio igienico di carattere promiscuo, ossia riservato principalmente al personale dipendente, ma usufruibile anche dalla clientela;l’art. 5 del regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico antistante gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande stabilisce ulteriori requisiti igienico sanitari concretizzantisi in almeno un servizio igienico per il personale ed inoltre, un servizio igienico per la clientela per i locali con una capienza di somministrazione fino a 30 posti e di 2 servizi igienici distinti per sesso fino a 50 posti.
L’applicazione della norma fa sì che la concessione rilasciata all’appellante e poi annullata d’ufficio venga ad essere ritenuta illegittima per l’ampliamento complessivo del locale di mq. 13,73, tanto è lo spazio pubblico prospiciente l’esercizio al tempo concesso, con il risultato, del tutto ignorato dal giudice di primo grado a parere della Caffè Vanvitelli, che se gli stessi metri quadrati fossero stati interni alle mura originarie non vi sarebbe stato alcun tema di discussione e ciò per una norma dettata da un regolamento avente un oggetto del tutto diverso dalle regole igieniche e sanitarie.
La tecnica normativa dell’inserimento di specifiche norme igienico sanitarie all’interno di un regolamento avente un oggetto palesemente diverso non appare effettivamente del tutto appropriata, ciò però non fa trasmodare la censurata previsione di cui all’art. 5 prima richiamato in manifesta illogicità e disparità di trattamento.
In primo luogo un esercizio di somministrazione di bar pasticceria collocato nell’interno di mura private è cosa affatto diversa dallo stesso tipo di esercizio collocato per metà in un locale e per la residua metà all’esterno in un’area pubblica. Tale è appunto il caso del Caffè Vanvitelli con 15 mq. disponibili per il pubblico siti all’interno dell’esercizio e mq. 13,73 collocati all’esterno su terreno pubblico, tra l’altro in una piazza di Napoli dal contesto alquanto scenografico.
In merito va condiviso il richiamo fatto dalle difese comunali alla maggiore affluenza e ancor più alla maggiore permanenza degli utenti a fronte di un simile ampliamento, con la necessità del rispetto di diversi parametri igienico-sanitari, per cui la condizione della sussistenza di due servizi igienici non appare ictu oculi irragionevole e carente di interesse pubblico.
Va poi aggiunto che le deduzioni dell’appellante non appaiono sufficientemente provate laddove si parla esclusivamente di superficie disponibile per la clientela;sarebbe stato necessario un richiamo alla capacità complessiva numerica di capienza dell’esercizio, sia con la sola parte privata, sia con l’aggiunta dell’area rilasciata in concessione;infatti non può assumersi come dato incontrovertibile che lo stesso tipo di esercizio collocato al solo interno delle mura con una superficie di mq. 80 per il pubblico possa essere autorizzato avendo un solo servizio igienico: lo stesso art. 18 del regolamento di igiene e sanità prescrive il doppio servizio igienico, ove si riscontrino i requisiti per una ricettività oltre i 30 clienti e nulla dice l’appellante circa il massimo della ricettività una volta ottenuta la concessione di suolo pubblico, senza appunto sottacere il dato della permanenza richiamato dal Comune di Napoli, elemento che non può che rafforzare le ragioni del “doppio servizio”.
Dalle considerazioni sin qui richiamate discende l’infondatezza dei motivi terzo, quarto e quinto, concernenti in breve le asserite illegittime compressioni delle libertà di iniziativa economica privata e della libera concorrenza ed inoltre l’illegittimità del parere sanitario rilasciato dalla ASL Napoli 1 Centro.
Questo ultimo non può essere ritenuto inficiato dai vizi sostenuti, visto quanto osservato circa il provvedimento comunale e per quanto riguarda la libera concorrenza ed il diritto di iniziativa economica privata, non si ravvisano le illegittimità dedotte, trattandosi in primo luogo e fondamentalmente della sorte di un’area pubblica e non entrando in campo una diversità di trattamento tra esercizi dello stesso genere, mentre è del tutto sufficiente il richiamo all’utilità sociale, nel caso al soddisfacente rispetto dell’igiene pubblica soprattutto in un territorio problematico come quello di Napoli, per sgombrare il campo da sospetti di irragionevoli compressioni di diritti costituzionalmente garantiti.
Occorrono poi brevi osservazioni per confermare quanto tratto dal Tar circa l’impugnazione della provvisorietà, solo triennale, dell’originaria concessione di suolo pubblico. A prescindere dal superamento del provvedimento rimosso in autotutela, i principi generali in materia di giustizia amministrativa ne imponevano l’impugnazione al momento del rilascio.
Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere dunque respinto.
Anche in questo grado di giudizio sussistono i motivi per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti, viste le particolarità della complessiva vicenda.