Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-05-07, n. 201502284

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-05-07, n. 201502284
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502284
Data del deposito : 7 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08215/2014 REG.RIC.

N. 02284/2015REG.PROV.COLL.

N. 08215/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8215 del 2014, proposto da:
Ventura spa, con sede in Furnari (ME), rappresentata e difesa dagli avv. F G S e M F, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via Paisiello, 55;

contro



EXPO

2015 spa, con sede in Milano, rappresentato e difeso dagli avv. G G, M M e L M, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, Via Federico Confalonieri, 5;
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Milano e U.T.G. – Prefettura di Messina, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Impresa di Costruzioni Ing. E. Mni spa, con sede in Venezia, rappresentata e difesa dall'avv. Luca Antonini, con domicilio eletto presso l’avv. Francesco Pignatiello in Roma, piazza Sant'Andrea della Valle, 6;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO –

SEZIONE I n. 01806/2014, resa tra le parti, concernente informativa antimafia - risoluzione parziale di contratto


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’

EXPO

2015 spa, del Ministero dell'Interno, dell’ U.T.G. - Prefettura di Milano, dell’U.T.G. – Prefettura di Messina e dell’Impresa di Costruzioni Ing. E. Mni spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2015 il Cons. V S e uditi per le parti gli avvocati Scoca, Manzi, Scafarelli su delega dell’avv. Antonini e l’avvocato dello Stato T. Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Milano – Sezione I, con sentenza n. 1806 del 23 aprile – 9 luglio 2014 depositata il 10 luglio 2014, ha rigettato, con condanna alle spese, il ricorso con motivi aggiunti proposto dalla Ventura s.p.a., con sede in Furnari (ME), avverso: l’interdittiva antimafia e il diniego del suo aggiornamento emessi dalla Prefettura di Milano n. 12B7/27942 dell’8 gennaio e 9 dicembre 2013;
il provvedimento n. 20274 del 14 novembre 2013 emesso dalla Prefettura di Messina, recante il diniego di aggiornamento dell’interdittiva antimafia n. 3514 del 13 febbraio 2013;
la nota n. 12 del 14 gennaio 2013 con cui l’EXPO s.p.a. di Milano ha disposto, solo nei confronti della Ventura la risoluzione del contratto di appalto stipulato il 25 ottobre 2012 con l’Impresa di costruzioni Ing. E. Mni, capogruppo mandataria della R.T.I. con So.Co.Stramo, Consorzio Veneta Cooperativa scpa, S.I.E.L.V. spa e per l’appunto la Ventura (che hanno poi costituito, ad eccezione della SoCoStramo, la società consortile per l’

EXPO

2015) relativamente all’esecuzione di opere di verde e arredo urbano della cd. “Piastra” di collegamento per € 5.954.513,00 netti;
tutti i rapporti e le note delle forze dell’ordine di Messina, della Prefettura di Messina, della D.I.A., del G.I.A. e del G.I.C.E.X. (Gruppo Interforze per l’EXPO presso il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza) e in particolare il rapporto del 20 novembre 2013;
e ogni atto connesso.

Il T.A.R. dapprima ha dichiarato il difetto di giurisdizione riguardo all’impugnativa della citata risoluzione del contratto disposta dall’EXPO in attuazione del protocollo di legalità sottoscritto con la Prefettura di Milano e ai sensi dell’art. 1456 c.c., in quanto adottata nell’esercizio di una facoltà negoziale disciplinata dal diritto civile ed essendo il perimetro della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo limitato alla cognizione sulle modalità di affidamento dell’appalto.

Dopo una puntuale disamina normativa e giurisprudenziale in materia, ha quindi ritenuto pienamente legittime sia l’interdittiva antimafia milanese cd. “tipica” sia i dinieghi di aggiornamento emessi dalle Prefetture di Milano e di Messina, in quanto gli elementi informativi acquisiti dal G.I.C.E.X., anche a seguito di ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 2057/2013, hanno documentato il contesto indiziario già delineato nelle informative iniziali con il conseguente ridetto rigetto di aggiornamento favorevole, non essendo venute meno, nonostante il mutamento della compagine sociale, le condizioni di contiguità e di continuità con la precedente gestione ed anzi essendo anche sopravvenuti fatti che avrebbero supportato il dedotto pericolo di infiltrazione.

2.1. La Sezione, con la già citata ordinanza n. 2057 del 31 maggio 2013, ha accolto, ai fini della sollecita definizione nel merito, l’appello cautelare avverso l’ordinanza del T.A.R. n. 428/2013, disponendo l’approfondimento del quadro indiziario in relazione alla tipologia e alla rilevanza dei reati e delle condanne a carico di soci e amministratori, e quindi l’aggiornamento da parte del G.I.C.E.X. circa l’attività imprenditoriale della società e le ragioni dell’assenza, nella società consortile costituita nel dicembre 2012, di altre imprese mandanti dell’A.T.I. cui partecipa l’appellante.

2.2. Il T.A.R. Lazio – Roma – Sezione I Ter, con ordinanza n. 3323 del 17 luglio 2014, ha accolto l’istanza cautelare proposta dalla Ventura e volta alla sospensione del diniego di aggiornamento emesso il 14 novembre 2013 dalla Prefettura di Messina, delle interdittive della stessa Prefettura del 13 febbraio e 27 novembre 2013 nonché della relazione del G.I.C.E.X. del 20 novembre 2013, in attesa della pronuncia dell’Adunanza Plenaria sul regolamento di competenza in materia di interdittive antimafia.

2.3. Il T.A.R. Catania – Sezione IV, con ordinanza n. 2682 del 25 settembre 2014, ha sospeso, ai sensi dell’art. 80 c.p.a., il processo promosso dalla Ventura avverso: la nota del 18 febbraio 2013 con cui il Comune di Furnari ha denegato l’iscrizione nel proprio albo dei fornitori di beni e servizi, l’interdittiva della Prefettura di Milano 8 gennaio 2013 e atti degli organi di p.s. di Messina, nonché quelli già impugnati presso il T.A.R. Lazio, nella considerazione che il giudizio attivato dinanzi al T.A.R. Lombardia aveva carattere di pregiudizialità riguardo a quello pendente in Catania, tenendo conto dell’ordinanza dell’Adunanza Plenaria di questo Consesso n. 17/2014.

3. La Ventura s.p.a., con atto notificato il 9 ottobre 2014 e depositato il 7 dicembre 2014, ha interposto appello, con domanda di sospensiva, deducendo censure avverso la sentenza del T.A.R. e riproducendo sostanzialmente i motivi di primo grado ed anche quelli asseritamente non esaminati dal giudice di prime cure.

In via preliminare eccepisce il difetto di competenza, ex artt. 13 e segg. c.p.a., del T.A.R. Lombardia che si è pronunciato anche sugli atti emessi dalla Prefettura di Messina e successivi all’interdittiva del 13 febbraio 2013, che sarebbero stati qui impugnati solo perché depositati dall’Avvocatura generale e per evitare dichiarazioni di cessazione della materia del contendere o di difetto di interesse, come peraltro eccepito, mentre gli stessi sono stati gravati tempestivamente e ritualmente presso il T.A.R. Catania.;
si richiamano in proposito i ripetuti pronunciamenti dell’Adunanza Plenaria.

Quindi si deduce nel merito carenza assoluta di motivazione, difetto di istruttoria e ingiustizia manifesta, violazione dell’art. 10 D.P.R. n. 252/1998 e vari profili di eccesso di potere, contestando il contenuto dell’interdittiva milanese, generica, a senso unico, incompleta e inattuale per quanto concerne la compagine sociale e la governance della società, il passaggio delle quote sociali dai tre padri ai tre figli, le condanne penali e le affermazioni dei collaboratori di giustizia e quindi l’asserito condizionamento delle scelte societarie , così dando acriticamente rilievo decisivo agli atti provenienti da Messina, e che anche il T.A.R. avrebbe recepito acriticamente, nonostante l’irrilevanza degli elementi e dei fatti evidenziati dalla ricorrente, ipotizzando financo un’interpretazione della normativa antimafia in contrasto con la stessa Carta Costituzionale.

Il T.A.R. ha omesso anche di citare il supplemento d’indagine disposto da questa Sezione e le conseguenti considerazioni svolte dalla società, così indotta a reiterare le estese argomentazioni e le censure dedotte in primo grado avverso i dinieghi di aggiornamento delle Prefetture di Milano e di Messina e la seconda interdittiva messinese del novembre 2013, e così le numerose violazioni di legge e le varie figure sintomatiche di eccesso di potere.

Anche le relazioni del G.I.C.E.X., a suffragio dei due provvedimenti milanesi, circa vecchi e nuovi amministratori, parentele, collegamenti societari, liste INPS, migrazioni di personale, flussi finanziari, contatti, appalti in A.T.I. con altre imprese, sarebbero incomplete, non approfondite né istruite, anche riguardo ad indagini penali in corso per la capogruppo Mantovani e per la controllata FIP Industriale, ipotizzandosi così disparità di trattamento.

Rammenta le citate ordinanze dei TT.AA.RR. Catania e Lazio per chiedere esplicitamente in via preliminare l’intervento ancora dell’Adunanza Plenaria per dirimere la competenza nel caso di specie ritenuto differente dai precedenti esaminati in quella sede.

Si censura poi la declinatoria di giurisdizione riguardo all’impugnativa della risoluzione del contratto da parte dell’EXPO disposta dal T.A.R., per cui sostiene invece la giurisdizione del giudice amministrativo, deducendo che detta risoluzione non riflette vicende negoziali ma è conseguenza diretta e automatica di atto autoritativo quale l’interdittiva e a prescindere dal protocollo di legalità, la cui accettazione era comunque condizione di ammissione alla gara;
la diversa prospettazione verrebbe a ledere il principio di effettività della tutela giurisdizionale costringendo la società a ricorrere a due diversi giudici.

Ripropone integralmente infine, in quanto non esaminati dal T.A.R., i motivi di merito dedotti nei riguardi del provvedimento dell’EXPO (vizi procedurali concernenti mancanza di preavviso e difetto di istruttoria e di motivazione);
il ritardo nell’emissione dell’interdittiva milanese e irregolarità procedurali anche nelle specifiche linee guida del 2011 approvate dall’apposito Comitato;
la violazione della specifica normativa antimafia;
il parziale coordinamento con la Prefettura di Messina;
nonché quelli avverso l’interdittiva messinese del 13 febbraio 2013.

Con memoria depositata il 23 dicembre 2014 sono stati sinteticamente ribaditi i motivi dell’appello.

4.1. Il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Milano si sono costituiti con mero atto formale dell’Avvocatura Generale dello Stato depositato il 30 ottobre 2014 e poi, unitamente all’U.T.G. – Prefettura di Messina, con memoria depositata il 3 novembre 2014, hanno replicato argomentantamente alle censure dell’appello, a sostegno della correttezza dell’operato dell’Amministrazione e della legittimità nel merito della sentenza impugnata.

Si condivide il difetto di giurisdizione dichiarato dal T.A.R. Lombardia in merito alla ridetta risoluzione del contratto, per una commessa già quasi per intero eseguita, mentre la sentenza appellata non avrebbe dovuto pronunciarsi, per incompetenza, in merito ai provvedimenti della Prefettura di Messina, sia pure impugnati dalla Ventura presso questo T.A.R., che hanno “doppiato” quelli di Milano e, pur avendo in comune varie risultanze istruttorie, sono del tutto estranei al contenzioso milanese e autonomi, tanto da essere stati gravati presso diversi TT.AA.RR.;
per di più la Prefettura di Messina ha adottato altra informativa negativa in data 9 settembre 2014, quindi successiva alla sentenza impugnata, per cui si richiede la correzione della motivazione della sentenza in tali sensi.

Si insiste per la fondatezza delle interdittive milanesi, e in particolare per la insussistenza di fatti rivelanti una chiara e oggettiva discontinuità con il passato, ivi compresa la donazione, gratuita, delle quote dagli ex tre soci ai rispettivi tre figli.

Si respingono altresì tutte le censure non esaminate in primo grado e riprodotte.

4.2. L’EXPO s.p.a. si è costituita con atto depositato il 3 novembre 2014 e con memoria depositata il 29 dicembre 2014 rinvia integralmente alla memoria cautelare depositata il 3 novembre 2014, volta a dedurre l’inammissibilità/tardività dell’eccezione di incompetenza del T.A.R. Lombardia in ordine alla informativa messinese, posto che è stata la Società a optare con libera scelta per quel Tribunale, come avallato dallo stesso giudice e da questa Sezione in sede cautelare, e comunque è stato omesso l’esperimento del regolamento di competenza, per cui la pendenza presso altri TT.AA.RR. potrà conseguire, trattandosi di litispendenza, l’improcedibilità dei giudizi instaurati dinanzi ai TT.AA.RR. di Catania e Lazio.

Quanto alla giurisdizione si conferma la natura squisitamente privatistica della risoluzione contrattuale, ribadendo comunque l’infondatezza dell’appello sul punto e nel merito.

Con memoria depositata l’8 gennaio 2015 si ribadiscono le argomentazioni già svolte, e si sottolinea ancora il difetto di giurisdizione amministrativa (con richiamo all’Ad. Plen. 14/2014), posto che la risoluzione è stata indirizzata alla mandataria Mantovani in via preliminare per le iniziative conseguenti nei riguardi della mandante Ventura, con conseguente difetto di legittimazione attiva della Ventura e passiva della stessa EXPO, rilevato per mera completezza difensiva.

4.3. L’Impresa di Costruzioni Ing. E. Mni s.p.a. si è costituita con atto depositato il 31 gennaio 2015 e con memoria depositata l’8 gennaio 2015 ha censurato la asserita disparità di trattamento dedotta dall’appellante, posto che né i legali rappresentati né i soci sono stati mai coinvolti in indagini per mafia e, in un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Caltanissetta per usura, l’impresa è risultata persona offesa e si è costituita parte civile.

Si ritiene poi di precisare un’affermazione relativa alla consorella FIP Industriale, soggetto giuridico distinto, e a un procedimento penale in corso, e si chiede la cancellazione, ai sensi dell’art. 89 c.p.c., di espressioni non veritiere contenute a pagg. 43 e 44 dell’appello, comunque relative a censure inammissibili perché dedotte per la prima volta in appello e per evidente carenza di interesse.

5. La causa, rinviata alla trattazione di merito nella camera di consiglio del 6 novembre 2014, all’udienza pubblica del 29 gennaio 2015 è stata trattenuta in decisione.

6.1. L’appello è in parte fondato e in parte infondato e la sentenza impugnata va quindi parzialmente riformata.

La fattispecie è particolarmente complessa ed articolata per cui occorre preliminarmente delimitare, ai fini del decidere, il thema decidendum ad iniziare da alcuni profili attinenti, nell’ordine, alla giurisdizione, alla competenza e alla ammissibilità, a prescindere anche dalla prospettazione delle parti in causa e tenendo conto invece della loro consequenzialità e degli effetti in progress , preliminari e di merito, sul procedimento.

Pertanto emerge la necessità di definire:

- l’asserito difetto di legittimazione in qualche modo proposto dall’EXPO per sé (passiva) e per la Ventura (attiva);

- il giudice, ordinario o amministrativo, competente a esaminare e decidere il gravame avverso la nominata risoluzione contrattuale;

- il T.A.R. competente a giudicare le interdittive emanate in particolare dalla Prefettura di Messina, anche in relazione alla pendenza di analoghi procedimenti dinanzi ai TT.AA.RR. di Catania e del Lazio;

- di conseguenza, i profili di ammissibilità dell’impugnativa della Ventura avverso i provvedimenti messinesi dinanzi al T.A.R. Lombardia e l’eccezione di incompetenza sollevata dalla appellante;

- infine, il merito delle informative milanesi e, all’occorrenza, di quelle messinesi.

6.2. Quanto alla dedotta, sia pure per completezza, carenza di legittimazione, si osserva, anche a chiarimento, che nella fattispecie tutte le parti risultano avere un qualificato interesse, diretto, immediato e concreto a presenziare e coltivare il contenzioso, per l’appunto a tutela delle proprie diversificate posizioni assunte nell’occasione sul piano della legittimità o meno dei provvedimenti in contenzioso e incidenti su quelle posizioni sia pure a diverso titolo, quindi sul piano amministrativo, operativo ed economico-finanziario.

Così anche l’EXPO, che in ogni caso ha adottato la determinazione risolutiva, e la Ventura, che da quella risoluzione è stata concretamente pregiudicata.

6.3. Il T.A.R. Lombardia, come detto, ha sostenuto in primis il difetto di giurisdizione, sia pure non ribadito formalmente in dispositivo e assorbito nel rigetto dei ricorsi, con riguardo all’impugnativa avverso la risoluzione del contratto nei confronti della sola Ventura, ponendo in evidenza i vizi propri di quella risoluzione e i connessi aspetti meramente negoziali che sono disciplinati per l’appunto dal diritto civile.

Ma sul punto la Sezione non può non constatare che quella risoluzione è la conseguenza dell’applicazione di una specifica disposizione ex art. 1456 c.c., liberamente sottoscritta dall’appaltatore, e cioè dell’art. 22 del contratto e del protocollo di legalità stipulato con la Prefettura di Milano, e che si riferisce espressamente alla “sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa”.

Ne consegue già lo stretto collegamento fra l’interdittiva e la risoluzione stessa, e la giurisprudenza amministrativa, ormai consolidata (cfr. ex multis, III nn. 5021 e 6427/2011, nn. 5201 e 5962/2014), a prescindere dai protocolli di legalità ha riconosciuto nell’atto risolutivo un atto vincolato da parte dell’Amministrazione, che non ha poteri discrezionali circa il merito delle valutazioni della Prefettura, salvo casi eccezionali da motivare adeguatamente.

Al riguardo non può non richiamarsi l’ordinanza dell’Adunanza Plenaria n. 17 del 31 luglio 2014, ribadita dalla n. 29 del 7 novembre 2014, che, mutando indirizzo, ha, con chiare e puntuali argomentazioni che si richiamano anche per esigenze di economia processuale, evidenziato la portata degli artt. 13, 14, 39 e 119 c.p.a. e 31 c.p.c. nel loro complesso e così la vis attractiva della competenza sulla domanda principale anche sulla domanda accessoria, per il particolare legame dei provvedimenti impugnati e per il loro nesso di dipendenza logico-giuridica, individuando, in caso di contestuale impugnativa dell’informativa prefettizia interdittiva e dei conseguenti atti applicativi adottati dalla stazione appaltante, il giudice competente nel T.A.R. nella cui circoscrizione si trova la Prefettura che ha adottato l’informativa.

Tale intimo e stretto collegamento nel caso di specie trova ancor più supporti nella natura di organismo di diritto pubblico dell’EXPO ai sensi dell’art. 3, c. 26, del d.lgs. n. 163/2006 e nell’oggetto dell’appalto volto a soddisfare esigenze di interesse pubblico generale, che giustificano la giurisdizione del giudice amministrativo anche in sintonia con il diritto comunitario che privilegia in tal caso la trattazione unitaria di quei provvedimenti (cfr. sul punto anche Cons. Stato – Sezione IV n. 552/2015, relativa proprio ad appalto dell’Expo, e T.A.R. Piemonte – Sezione II n. 1906/2014).

Ne consegue che nella fattispecie il giudice competente in proposito è il T.A.R. Lombardia, e lo specifico motivo di appello, ex art. 9 c.p.a., è quindi fondato con la conseguente riforma della sentenza e rimessione del contenzioso a quel Tribunale ai sensi del comma 1 dell’art 105, esimendo così la Sezione dal valutare i motivi dedotti al riguardo.

Non hanno pregio al riguardo le avversarie argomentazioni, e, d’altra parte, per le considerazioni suesposte e a riprova, è sufficiente considerare che l’eventuale annullamento dell’interdittiva si riverserebbe naturalmente anche sulla efficacia del contratto, a prescindere dai vizi propri o meno, in quanto risolto a causa dell’interdittiva milanese.

6.4. In conseguenza, ancora preliminarmente è necessario verificare la dedotta eccezione di incompetenza del T.A.R. Lombardia a esaminare i ricorsi aventi a oggetto le interdittive emesse e confermate anche dalla Prefettura di Messina.

Agli atti risultano in essere i seguenti processi dinanzi al:

1) T.A.R. Lombardia, oggetto del presente giudizio, avverso i provvedimenti emanati dalle due Prefetture e connessi atti istruttori milanesi provenienti anche da Messina, nonché avverso la ridetta risoluzione contrattuale da parte dell’EXPO, tenendo presente che l’appellante censura la pronuncia anche per la parte relativa alle interdittive messinesi, gravate già dinanzi ad altri T.A.R. e qui impugnate tuzioristicamente per i motivi dianzi indicati;

2) T.A.R. Lazio, avverso i primi due provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Messina e la relazione G.I.C.E.X. del 20 novembre 2013 nonché la successiva interdittiva in data 27 novembre 2013, il quale, con la citata ordinanza n. 3323/2014, ha accolto l’istanza cautelare rinviando la trattazione del merito in attesa del chiarimento da parte dell’Adunanza Plenaria sulla competenza in materia di interdittive antimafia;

3) T.A.R. Catania, sostanzialmente avverso gli stessi atti di Milano e di Messina, e che, con la citata ordinanza n. 2682/2014, preso atto delle pendenze dinanzi ai due T.A.R. e dell’Ad. Plen. n. 17/2014, ha disposto la sospensione del processo ai sensi degli artt. 295 c.p.c. e 79, c. 1, c.p.a..

Si rileva altresì che il T.A.R. Lombardia si è pronunciato esplicitamente sulle interdittive milanesi nonché sul solo diniego di aggiornamento della Prefettura di Messina, specificatamente impugnato, e che la Ventura, con motivo di appello, e l’Avvocatura dello Stato, con argomentata deduzione, hanno eccepito l’incompetenza del T.A.R. Lombardia sugli atti emessi dalla Prefettura di Messina, e la Ventura financo ha chiesto di rimettere la questione all’Adunanza Plenaria, comunque riproponendo asseritamente per motivi cautelativi e tuzioristici le censure e le argomentazioni già svolte.

Orbene, alla luce proprio dei pronunciamenti della Adunanza Plenaria, la Sezione non può non rilevare innanzi tutto i profili di inammissibilità del ricorso di primo grado, che il T.A.R. avrebbe dovuto constatare, per la parte diretta avverso i provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Messina e di competenza del T.A.R. Catania, anche se da questo Tribunale poi collegati al giudizio di Milano.

Ne consegue che sul punto la sentenza impugnata va riformata, così rendendo superflui l’appello della Ventura pro-parte proposto peraltro “ad ogni buon fine” nonchè l’eccezione dell’Avvocatura dello Stato che avrebbe dovuto semmai formare oggetto di specifico motivo di appello incidentale, con la conseguente restituzione della competenza, integra e in toto, al T.A.R. Catania sugli atti interdittivi emessi dalla Prefettura di Messina e consentendo così il prosieguo e la definizione del giudizio in quella sede.

D’altra parte può altresì constatarsi che il T.A.R. Lombardia non si è soffermato sulla interdittiva messinese del 13 febbraio 2013 non esplicitamente impugnata né ha avuto modo di valutare l’ulteriore interdittiva emessa successivamente alla sentenza dalla Prefettura di Messina, e può sostenersi che la pronuncia sul diniego messinese di aggiornamento sia stata emanata solo accomunandolo a quello milanese incidenter tantum e per la comune istruttoria.

6.5.1. Resta ora da valutare la legittimità dei provvedimenti interdittivi emessi dalla Prefettura di Milano, che si appalesa come l’oggetto principale del contenzioso, e la Sezione ritiene di condividere la pronuncia del T.A.R. in proposito, in quanto supportata da puntuali ed esaurienti argomentazioni, alle quali ci si richiama direttamente.

6.5.2. Il giudice di primo grado invero ha già egregiamente riassunto la natura, le caratteristiche e il contenuto dell’informativa prefettizia, e comunque, sul piano generale, la Sezione intende conformarsi agli orientamenti ormai consolidati e quindi riferirsi alle motivazioni – che qui si riproducono per esigenze di economia processuale – già svolte in subiecta materia anche con proprie sentenze, che hanno fra l’altro sottolineato la specifica valenza degli accertamenti disposti dal Prefetto e delle conseguenti valutazioni formulate sulla base di un quadro indiziario nel quale assumono valore preponderante fatti e circostanze di varia natura da prendere in considerazione non isolatamente ma nella loro globalità (cfr., ex multis e da ultimo, fra le altre, III, nn. 287, 2290, 3487 e 5962/2014).

Si rammenta che l’informativa in questione, per la sua natura cautelare e preventiva, non richiede la prova di un fatto ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di infiltrazioni o collegamenti con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste, per cui gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico bensì nel loro insieme ed unitamente esplicitandosi in una valutazione nella quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri, non con finalità di accertamento di responsabilità, ma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, rispetto alla quale risultano rilevanti anche fatti e vicende solo sintomatiche o indiziarie, al di là delle individuazioni delle responsabilità penali.

Ne consegue, come detto, che la valutazione relativa al pericolo di infiltrazione mafiosa si configuri quale tutela avanzata nei riguardi di tale criminalità organizzata, tanto da operare anche quando non si sono ancora concretizzati elementi certi di collusione o di cointeressenza, proprio per la funzione di deterrenza anticipata, ma inevitabile, che questo tipo di valutazione viene a svolgere nell’ambito ordinamentale.

In sostanza, si sottolinea ancora che si tratta, come detto, del più avanzato livello di protezione dell’ordinamento da fenomeni particolarmente pericolosi ed aggressivi per la vita della collettività, rimesso alla valutazione prefettizia sulla base delle informative rese dalle forze di polizia e che, proprio per tale sua connotazione, non necessita del supporto di elementi contraddistinti da certezza ed univocità, operando in un ambito di prevenzione che, in quanto tale, deve potersi fondare anche sui meri elementi indiziari non assurgenti al rango di prova.

6.5.3. Alla stregua di tali ripetute premesse la Sezione ritiene quindi che anche nel caso di specie gli elementi indiziari e le valutazioni che giustificano le informative antimafia milanesi superino, come sottolineato anche dal T.A.R., il vaglio della congruità, logicità e ragionevolezza e che nessuno dei rilievi mossi – per di più ripetitivi – rivesta consistenza tale da incidere sulla loro legittimità, non sussistendo in effetti il lamentato difetto dei presupposti, di istruttoria e di motivazione né altre carenze, omissioni e violazioni vuoi nella sentenza appellata che negli atti impugnati in primo grado.

In effetti le interdittive contengono gli elementi indispensabili per configurare, in fatto e in diritto, la fattispecie all’esame, rifacendosi anche per relationem agli elementi emersi dai rapporti delle varie forze dell’ordine a seguito di puntuale istruttoria, e che hanno fatto emergere il quadro complessivo indiziario e sintomatico dell’oggettivo pericolo di inquinamento mafioso, come anche delineato dal T.A.R..

Gran parte degli atti istruttori hanno origine da Messina, ma la Sezione, proprio per scrupolo di completezza, ha ritenuto di acquisire, con la citata ordinanza istruttoria n. 2057/2013, ulteriori approfondimenti che sono stati poi forniti puntualmente in ordine alle specifiche richieste del Collegio.

Invero il rapporto MI-123-U-GICEX-1-2013-916 del 20 novembre 2013, integrato con nota n. 930 del 26 novembre 2013, è stato per l’appunto elaborato a seguito dell’ordinanza e ad aggiornamento delle precedenti relazioni, in modo corposo ed articolato avendo approfondito ulteriormente gli elementi concernenti persone e società, indagini e vicende penali, collegamenti e appalti, intrecci e passaggi sociali, e risulta ormai contenere gli elementi e i dati necessari ai fini del decidere corrispondendo esaurientemente ai chiarimenti richiesti, anche con la specificazione relativa alla società cooperativa CLES, che non ha mai fatto parte né del citato RTI né della società consortile per l’

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