Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-07-31, n. 201905424

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-07-31, n. 201905424
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905424
Data del deposito : 31 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/07/2019

N. 05424/2019REG.PROV.COLL.

N. 04434/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4434 del 2015, proposto da
M G, rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Largo Somalia 53;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti

Società Cooperativa CO.MI. a r.l.., in liquidazione, in persona del commissario liquidatore, rappresentata e difesa dagli avvocati S Mirra e Pietro Mazzanti, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Lungotevere Michelangelo 9.

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 5888/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Società cooperativa CO.MI. a r.l., in liquidazione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 luglio 2019 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Pinto, dello Stato Marchini e Mirra;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso proposto da M G, in qualità di erede di F G, contro il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e nei confronti della Società cooperativa CO.MI. a responsabilità limitata, per l’annullamento della delibera del commissario governativo pro-tempore della cooperativa, dott. Antonio Bafaro, dell’11 settembre 2003, con la quale erano state disposte l’esclusione del signor F G da socio della cooperativa e la sua cancellazione immediata dal libro soci, nonché la revoca dell’assegnazione dell’alloggio sociale e dei suoi accessori.

1.1. La sentenza - dato atto che il provvedimento impugnato è basato, in primo luogo, sulle circostanze che la moglie del socio F G, signora Lucia V, era proprietaria di altra abitazione (composto da sette vani catastali, quindi da ritenersi “ adeguata ai bisogni della famiglia ”), sita nello stesso centro urbano (in via Marco Aurelio n. 31 - Roma), nella quale il G era risultato anagraficamente residente sin dal 1981 insieme al proprio nucleo familiare, e che solo in data 4 marzo 2000 aveva trasferito la propria residenza nell’alloggio della cooperativa (sito in via Luigi Tenco n.13 - Roma), che gli era stato assegnato sin dal 25 gennaio 1985 - ha ritenuto che l’assegnazione di tale alloggio fosse effettivamente in contrasto con gli artt. 31, lett. a), e 98, comma 3, del R.D. n. 1165 del 1938, come contestato dalla cooperativa.

1.2. Data la mancanza dei presupposti di fatto, in capo all’originario ricorrente, per aspirare al godimento del bene della vita di cui trattasi, il primo giudice ha ritenuto carente di interesse la deduzione da parte del ricorrente dell’ulteriore profilo di illegittimità, di carattere formale, individuato nell’incompetenza del Commissario Governativo pro tempore della Società Cooperativa CO.MI. a r.l. a disporre l’esclusione del socio.

1.3. Ne è seguito, come detto, il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese di lite.

2. M G ha proposto appello con due motivi.

2.1. Ha resistito al gravame, depositando memoria di costituzione, la Società Cooperativa CO.MI. a responsabilità limitata, in liquidazione coatta amministrativa (a seguito di d.m. del 18 settembre 2013, intervenuto nel corso del giudizio di primo grado), in persona del commissario liquidatore.

2.2. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha depositato atto di costituzione formale.

2.3. Alla pubblica udienza del 25 luglio 2019, fissata su istanza di prelievo avanzata dalla cooperativa ai sensi dell’art. 71 bis Cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memoria dell’appellante.

3. Preliminarmente va dato atto che, sebbene con la memoria conclusiva l’appellante abbia fatto presente che è stato ammesso allo stato passivo della procedura di liquidazione della CO.MI. e che sarebbero tuttora in corso trattative volte alla definizione transattiva della controversia, quest’ultima non è stata raggiunta, tanto che entrambi i difensori hanno chiesto l’assegnazione della causa a sentenza.

4. Col primo motivo ( incompetenza e violazione di legge e precisamente degli artt. 103, 98 e 31 del T.U. n. 1165 del 1938 ), si ripropone la censura di vizio di incompetenza, perché il provvedimento di esclusione del socio e di revoca dell’assegnazione dell’alloggio è stato adottato dal Commissario Governativo mentre, secondo l’appellante, la competenza sarebbe spettata all’allora Ministro dei Lavori Pubblici, attualmente Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ai sensi dell’art. 103 del T.U. n. 1165 del 1938;
dato ciò, si critica la decisione di primo grado, di carenza di interesse, osservandosi che, non essendo intervenuta neanche la ratifica ministeriale ai sensi dell’art. 2545 sexdecies , comma 2, cod. proc. civ., il provvedimento di esclusione, oltre ad essere viziato da incompetenza, non avrebbe potuto esplicare alcuna efficacia.

4.1. Il motivo di appello va respinto poiché è infondata la censura di incompetenza.

Va premesso che la motivazione del provvedimento impugnato si fonda su due distinti ordini di ragioni:

- le ragioni sopra sintetizzate, in base alle quali il primo giudice ha concluso per la legittimità del provvedimento di revoca dell’assegnazione dell’alloggio sociale, per mancanza, in capo al socio, del requisito dell’impossidenza di altro alloggio di cui all’art. 31, lett. a), e per la violazione, da parte del socio, dell’obbligo di occupare l’alloggio nel termine di trenta giorni dalla consegna, di cui all’art. 98, comma 3, del T.U. n. 1165 del 1938;

- l’ulteriore ragione, della sussistenza di morosità, contestata per la somma di lire 4.139.736 (€ 2.137,99) ed accessori, oltre che per la mancata regolarizzazione del versamento ICI per cinque anni, sanata in data 15 dicembre 2003.

4.2. L’art. 103 del T.U. n. 1165 del 1938, la cui applicazione è invocata dall’appellante per sostenere la competenza del Ministro dei Lavori Pubblici, oggi del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, prevede siffatta competenza, ai commi 3 e 4, esclusivamente per l’ipotesi della decadenza dal diritto all’alloggio dei soci morosi per almeno due mensilità consecutive nel pagamento delle rate di ammortamento ed accessori (su proposta dell’ente mutuante) ovvero per l’ipotesi che i soci assegnatari non abbiano ottemperato al pagamento di passività sociali o di spese generali alle condizioni ivi previste (su proposta motivata del presidente della cooperativa debitamente autorizzato dal consiglio di amministrazione). La competenza ministeriale quindi è prevista per il provvedimento di decadenza per morosità.

Nel caso di specie, essa rileva soltanto in riferimento alle seconda delle contestazioni poste a fondamento del provvedimento di esclusione e revoca.

Detta competenza non riguarda invece provvedimenti di diversa natura, specificamente i provvedimenti di esclusione e di revoca/decadenza dall’assegnazione dell’alloggio, per mancanza dei requisiti per l’assegnazione in proprietà o per violazione degli obblighi dei soci.

4.3. Tali ultimi provvedimenti rientrano tra quelli adottabili dall’organo di gestione della cooperativa, anche ai sensi del primo comma dello stesso art. 103 (così già Cons. Stato, VI, 16 febbraio 2011, n. 978).

Lo statuto della Società cooperativa CO.MI., in coerenza con tale ultima disposizione, agli artt. 11 e 16 prevede che, per la violazione degli obblighi del socio stabiliti dall’art. 11, l’esclusione è deliberata dagli amministratori, previa contestazione e concessione al socio del termine di trenta giorni per rimuovere la causa o fornire giustificazioni.

Poiché ai sensi dell’art. 128 del T.U. n. 1165 del 1938, i commissari governativi hanno i poteri del consiglio di amministrazione (oltre quelli conferiti dallo statuto all’assemblea), la deliberazione di esclusione del socio e di revoca dell’assegnazione provvisoria dell’alloggio sociale, adottata dal commissario governativo nei confronti di F G, proviene dall’organo competente, senza che fosse necessaria nemmeno la ratifica ministeriale di cui è detto, in subordine, nell’atto di appello.

4.4. Il primo motivo va perciò respinto, previa correzione della motivazione della sentenza secondo quanto sopra.

5. Col secondo motivo ( eccesso di potere nelle seguenti figure sintomatiche della insufficiente ed illogica motivazione, nella mancata ed erronea valutazione dell’interesse pubblico, nella mancanza dei presupposti di fatto e diritto, nel travisamento dei fatti medesimi, della contraddittorietà dei precedenti procedimenti, provvedimenti e comportamenti della resistente amministrazione, della disparità di trattamento e manifesta ingiustizia ) si sostiene che:

- a) nei trenta giorni dall’assegnazione dell’alloggio (avvenuta il 25 gennaio 1985) il socio F G (che aveva sottoscritto l’atto di impegnativa e prenotazione dell’alloggio il 7 dicembre 1978, versando, da tale data e fino alla messa in liquidazione della cooperativa, tutte le somme man mano richieste, a vario titolo) vi si sarebbe trasferito, occupando l’alloggio unitamente alla figlia Patrizia;

- b) nei successivi venti anni la cooperativa non contestò mai la carenza dei requisiti in capo al socio, poi deceduto, F G, e comunque gli unici requisiti espressamente richiesti dallo statuto sociale erano il possesso della cittadinanza italiana e l’appartenenza alle Forze Armate o agli organi di polizia;

- c) non avrebbe potuto costituire motivo di decadenza la titolarità del diritto di proprietà di altra abitazione in capo alla moglie del socio, signora Lucia V, a lui premorta, laddove l’attuale appellante M G, figlio ed erede del padre Francesco (ma non della madre), non è proprietario di altri immobili;

- d) con decisione del Consiglio di Stato, sez. II, in data 22 gennaio 2003, n. 2520 si è ritenuta non ostativa all’assegnazione di alloggio di cooperativa con contributo a carico dello Stato, ai sensi dell’art. 31 del T.U. n. 1165 del 1938, la proprietà di altri alloggi in capo al coniuge del socio, nel caso si tratti di bene personale, escluso dalla comunione legale ai sensi dell’art. 179 cod. civ., come nel caso di specie;

- e) erronea sarebbe la valutazione dell’abitazione di proprietà della V come alloggio “ adeguato ai bisogni della famiglia ” perché è stata fatta sulla base dei vani indicati in catasto e non dei vani risultanti dall’atto di acquisto che erano soltanto tre ed accessori;

- f) erronea sarebbe altresì l’esclusione disposta per mancata occupazione dell’alloggio nei trenta giorni dall’assegnazione, in base alle risultanze anagrafiche, dato che la residenza anagrafica prescinde dalla effettiva occupazione che, nel caso di specie, sarebbe avvenuta nei termini, come da dichiarazione a suo tempo presentata e mai contestata;

- g) poiché F G aveva i requisiti per essere socio della cooperativa, l’accertamento dei presupposti per l’assegnazione della casa sociale sarebbe dovuto avvenire soltanto al momento dell’attribuzione in proprietà individuale e con il frazionamento del mutuo indiviso, non ancora effettuati alla data di presentazione dell’appello.

5.1. Il motivo è infondato, sotto ogni profilo, atteso che:

- a) come rilevato in sentenza, l’assunto difensivo secondo cui F G si sarebbe trasferito nell’alloggio nei trenta giorni successivi all’assegnazione è smentito dal fatto che lo stesso è risultato anagraficamente residente, col proprio nucleo familiare, sin dal 1981 nell’abitazione di proprietà della moglie, avendo trasferito la propria residenza anagrafica nell’alloggio sociale soltanto in data 4 marzo 2000;

- b) è irrilevante l’omessa contestazione della mancanza dei requisiti da parte della cooperativa, per oltre venti anni, non essendo allo scopo fissato alcun termine a favore del socio, fino al momento del trasferimento in proprietà individuale dell’alloggio sociale;
la previsione esplicita di specifici requisiti indicati nello statuto per l’iscrizione alla cooperativa non è, inoltre, ostativa all’applicazione degli altri requisiti richiesti dalla legge per l’assegnazione dell’alloggio sociale, dal momento che -come pure rilevato in sentenza- gli artt. 7 e 8 dello statuto fanno rinvio alle norme vigenti in materia di edilizia economica e popolare, tra cui quelle del T.U. n. 1165 del 1938;

- c) la mancanza del requisito dell’impossidenza di altro alloggio, prescritto dall’art. 31, lett. a), del T.U., rileva in capo al socio originario assegnatario, vale a dire F G, poiché, come pure argomentato nella memoria di costituzione della Cooperativa, il ricorrente M G è succeduto nel rapporto sociale quale erede dell’originario assegnatario, ex art. 116 T.U., quindi nella medesima posizione di quest’ultimo;

d) il precedente di cui al parere di questo Consiglio di Stato, II, 22 gennaio 2003, n. 706 (citato dall’appellante col n. 2520, riferito all’iscrizione del procedimento, appunto n. 2520/2002) non è pertinente poiché relativo ad un caso in cui il bando di concorso per l’assegnazione degli alloggi da parte delle Ferrovie dello Stato, per quanto risulta dal testo del parere, riproduceva la formula dell’art. 31 del T.U. n. 1165 del 1938 (secondo cui “ Non possono essere assegnate in proprietà case economiche e popolari costruite col concorso ed il contributo dello Stato: a) a chi sia proprietario nello stesso centro urbano di altra abitazione che risulti adeguata ai bisogni della propria famiglia. Si ritiene adeguata l'abitazione composta di un numero di vani, esclusi gli accessori, pari a quello dei componenti la famiglia, con un minimo di tre e un massimo di cinque vani; […]”) ma senza riprodurre la disposizione dell’inciso finale dello stesso art. 31, per la quale “ Le stesse esclusioni sono stabilite per le persone il cui coniuge non separato legalmente si trovi nelle suddette condizioni ”;
nel caso di specie, la revoca dell’assegnazione è stata disposta ai sensi di tale ultima disposizione;

e) il riferimento al numero di vani contenuto nell’art. 31, lett. a), è da intendersi fatto ai vani catastali, trattandosi di accertamento per il quale importa il dato oggettivo della risultanza catastale, senza che sia prevista alcuna valutazione discrezionale, da effettuarsi caso per caso, in base allo stato di fatto dell’abitazione;

f) parimenti è da ritenere rilevante il dato oggettivo della residenza anagrafica, fatta salva la prova contraria, che non può essere costituita soltanto dalla dichiarazione resa dal socio a seguito del provvedimento di assegnazione provvisoria;
nel caso di specie, come rilevato già dal primo giudice, soltanto la figlia P G (poi beneficiaria del testamento olografo della madre avente ad oggetto la proprietà dell’abitazione di via Marco Aurelio) risultava abitare nell’alloggio della cooperativa con i suoi tre figli, mentre “ nessuna ulteriore documentazione è stata prodotta agli atti di causa al fine di provare l’effettiva locazione (rectius, occupazione) da parte del sig. G dell’immobile in questione unitamente al proprio nucleo familiare, circostanza ulteriormente contraddetta dallo stesso certificato di residenza della sig.ra G, rilasciato dal Comune di Roma, che alla data del 26.01.2004 risulta residente “dalla nascita” nella propria abitazione di via Marco Aurelio ”;

g) infine, è privo di fondamento l’ultimo degli argomenti esposti dall’appellante, considerato che il possesso dei requisiti è richiesto alla data dell’assegnazione provvisoria dell’alloggio e che la decadenza dell’art. 98, comma 3, è conseguenza della mancata occupazione nel termine di trenta giorni dalla consegna, non rilevando il momento del trasferimento della proprietà individuale e del frazionamento del mutuo.

6. In conclusione, l’appello va respinto, restando così superata l’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse all’azione, sollevata dalla Società Cooperativa CO.MI., in conseguenza della messa in liquidazione e dell’opzione esercitata dal Commissario Liquidatore, ai sensi dell’art. 72 della legge fallimentare, di sciogliersi dalle obbligazioni assunte dalla precedente gestione e di apprendere tutti gli immobili edificati dalla cooperativa alla massa attiva, per le finalità liquidatorie di cui all’art. 210 della legge fallimentare.

6.1. La parziale correzione della motivazione della sentenza e la natura della controversia giustificano la compensazione delle spese processuali.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi