Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-05-02, n. 201202488
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N. 02488/2012REG.PROV.COLL.
N. 02513/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2513 del 2004, proposto da:
Sposato A, rappresentato e difeso dall'avv. F S, con domicilio eletto presso F S in Roma, Lungotevere delle Navi 30;
contro
Comune di Bisignano, rappresentato e difeso dall'avv. A B, con domicilio eletto presso Arnaldo Del Vecchio in Roma, via G. Carini n.58;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE II n. 2549/2003, resa tra le parti, concernente AMMODERNAMENTO,POTENZIAMENTO E RIQUALIFIC. IMPIANTO ARTIGIANALE;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati Naccarato, per delega dell'Avv. Sorrentino, e Bove;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 18 maggio 1999 A Sposato presentava al Comune di Bisignano domanda di concessione edilizia per la costruzione di un capannone ad un piano con opere di recinzione da adibire ad impianto per la produzione di calcestruzzo, il tutto alla distanza di 140 metri dagli argini del fiume Crati.
In seguito all’acquisizione dei pareri necessari, ivi compreso quello paesistico, il 6 settembre 2000 veniva rilasciata allo Sposato la concessione edilizia n. 85, ma di lì a poco gli uffici comunali venivano interessati dall’Ufficio opere idrauliche della Regione Calabria per una verifica sulla regolarità del titolo edilizio, con la considerazione che la zona interessata era ubicata all’interno dell’argine sinistro del fiume;seguiva ulteriore carteggio e successivamente il Comune convocava il 14 marzo 2001 conferenza di servizi ai sensi dell’art. 9 L. 340/00, al fine di accertare l’esatta ubicazione dell’area interessata dall’intervento: in detta conferenza gli uffici regionali intervenuti esprimevano pareri negativi sulla costruzione, determinando così il provvedimento prot. 5341 del 16 marzo 2001 recante annullamento d’ufficio della concessione con relativo ordine di demolizione, fondati sulle limitazioni di cui alla L. 431/85 ed all’art. 132 R.D. 368/04.
Il TAR della Calabria, cui lo Sposato si era rivolto per chiedere l’annullamento del provvedimento prima indicato, dichiarava con sentenza n. 2549 del 31 luglio 2003 l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica alla Regione Calabria, in quanto il provvedimento impugnato sarebbe immediatamente derivato dalle risultanze della conferenza dei servizi, nella quale il parere contrario espresso dagli uffici regionali coinvolti avrebbe precostituito le basi logico-giuridiche del provvedimento poi emesso dal Comune nell’esercizio della propria autotutela;più in generale la Regione si sarebbe attivata sulla base dei propri poteri decisori di cui all’art. 90 co. 2 lett. e) d.P.R. 616/77 e il suo apporto nella conferenza dei servizi avrebbe avuto un ruolo sostanziale di partecipazione pregnante da collocarsi oltre il contributo istruttorio.
Con ricorso notificato l’11 marzo 2004 A Sposato impugnava al Consiglio di Stato la predetta sentenza 2549/03, sostenendo che la conferenza dei servizi del 14 marzo 2000 non sarebbe stata attivata dal Comune unicamente allo scopo di verificare se l’area interessata alla costruzione fosse o meno compresa entro gli argini del Crati, ma ciò senza attribuire alla medesima un autonomo momento decisorio, tipico invece di quelle conferenze di servizi finalizzate ad emettere una deliberazione finale sostitutiva di provvedimento. Né la stessa Regione era mai stata interessata da procedimenti autorizzatori o repressivi in materia di artt. 132 e 136 R.D. 368/1904, quindi il suo intervento poteva semmai configurarsi come un parere negativo e certamente non come un atto autonomamente lesivo della sfera del privato: tanto è che ove la conferenza non fosse stata seguita dal provvedimento impugnato davanti al TAR della Calabria, le considerazioni di questa non si sarebbero concretizzate in un esercizio di potere amministrativo.
L’appellante concludeva quindi per l’accoglimento del ricorso e il conseguente rinvio degli atti al TAR della Calabria ed in via subordinata per la concessione dell’errore scusabile ai fini della notifica del ricorso di primo grado alla Regione, visto che i termini della convocazione della conferenza lasciavano intendere che la riunione fosse finalizzata ad una mera consultazione di carattere tecnico.
Il Comune di Bisignano si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente si deve prendere in considerazione il fatto che l’appellante, in pendenza del presente ricorso, ha presentato domanda di condono edilizio al Comune di Bisignano ai sensi della L. 24 novembre 2003 n. 326, relativamente al capannone in controversia.
Il Comune non si è ancora pronunciato, ma il Collegio non vede ragioni per sospendere il giudizio, così come richiesto dallo Sposato. Infatti, ove le tesi dell’appellante fossero ritenute infondate, il procedimento attinente al condono edilizio dovrebbe continuare sino all’emanazione del provvedimento finale, vista appunto la presenza di opere abusive oggetto di ingiunzione demolitoria;in caso contrario, lo stesso procedimento non avrebbe modo di procedere in quanto riferito ad opere la cui regolarità è stata riconosciuta giudizialmente.
Nel merito si devono trarre le considerazioni che seguono.
Oggetto del contendere è la sentenza con cui il TAR della Calabria ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso l’annullamento d’ufficio di concessione edilizia per un capannone con destinazione artigianale, situato a 140 metri dall’argine sinistro del fiume Crati: l’origine dell’inammissibilità risiede nel fatto che detto ricorso non era stato notificato anche alla Regione Calabria, la quale aveva segnalato i divieti di edificazione, ribadendo poi i propri intenti nella successiva conferenza di servizi tenutasi su iniziativa comunale.
L’appellante si duole che gli atti regionali siano consistiti in mero apporto istruttorio, senza l’adozione di provvedimenti definitivi, e che perciò la stessa Regione non avrebbe emesso atti autonomamente lesivi: tale elemento avrebbe quindi escluso la necessità di chiamarla in giudizio.
Il TAR ha affermato che il provvedimento impugnato presenta un nesso di immediata derivazione con le risultanze della conferenza di servizi convocata dal Comune di Bisignano e finalizzata a verificare l’esatta ubicazione dell’opera rispetto all’argine del Crati;in detta conferenza gli uffici regionali avevano dichiarato la sussistenza del contrasto della costruzione con l’art. 132 del R.D. n. 368/1904, a causa della “riduzione dell’officiosità della sezione idraulica del fiume Crati” conseguente alla realizzazione dell’opera.
Ed erano state proprio le stesse censure, sollevate con il ricorso di primo grado, a contestare l’incidenza della costruzione rispetto al regime di tutela delle opere idrauliche, questione che costituiva uno dei presupposti del provvedimento di annullamento: né poteva ritenersi risolutivo il nomen iuris della pronuncia dei rappresentanti regionali – parere – espresso nel corso del proprio intervento.
Non va trascurato poi il dato normativo della spettanza regionale del potere di valutazione della compatibilità dei lavori effettuati da privati con le esigenze della difesa idraulica ai sensi dell’art. 90 co. 2 lett. e) d.P.R. 616/77;inoltre, dato realmente fondamentale, il cosiddetto parere concretizzava una situazione definitivamente ostativa all’attuazione del progetto, così come chiaramente emerge dai contenuti valutativi delle determinazioni espresse nella conferenza.
Da tutto ciò discende che l’annullamento giurisdizionale del provvedimento comunale non avrebbe potuto avere alcuna utilità per il ricorrente, in quanto l’attività edificatoria sarebbe stata comunque paralizzata dall’esercizio delle competenze dell’autorità posta a presidio del vincolo idraulico.
Il Collegio condivide il ragionamento svolto dalla sentenza n. 2549/03.
Come infatti segnalato dalla giurisprudenza, l’utilizzo del modulo procedimentale della conferenza di servizi - che come tale non configura un ufficio speciale della p.a., autonomo rispetto ai soggetti che vi partecipano - non altera le regole che presiedono, in via ordinaria e generale, all’individuazione delle autorità emananti, con la conseguenza che il ricorso va notificato a tutte le amministrazioni che, nell’ambito della conferenza, hanno espresso pareri o determinazioni che la parte ricorrente avrebbe avuto l’onere di impugnare autonomamente, se fossero stati emanati al di fuori del peculiare modulo procedimentale in esame (Cons. St., sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1248).
Nella specie, la determinazione negativa della Regione in sede di conferenza di servizi era stata adottata nell’ambito del procedimento autorizzatorio parallelo di cui agli artt. 132 e 136 R.D. n. 384 del 1904, come atto conclusivo: aveva quindi natura provvedimentale e doveva essere impugnata congiuntamente alla determinazione conclusiva della conferenza di servizi dell’amministrazione procedente.
Il ricorso, invece, non era stato notificato alla Regione Calabria: esso, quindi, era inammissibile in quanto diretto contro un provvedimento non impugnato e divenuto inoppugnabile.
L’appello va quindi rigettato in quanto infondato.
La peculiarità della questione e la pendenza di domanda di condono edilizio giustificano la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.