Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-08-02, n. 201603493
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Pubblicato il 02/08/2016
N. 03493/2016REG.PROV.COLL.
N. 06693/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6693 del 2015, proposto da:
B P, rappresentato e difeso dall'avvocato M G G (C.F. GQNMGL67T22H501W), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Terenzio, n. 10;
contro
Comune di Santa Maria del Cedro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato G G (C.F. GNTGCR66A11D086Q), con domicilio eletto in Roma, Via Magliano Sabina, n. 24;
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma:
della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione II, n. 801 dell’8 maggio 2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Santa Maria del Cedro e della Agenzia del Demanio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2016 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avvocato Giaquinto, l’avvocato Caputo, per delega dell’avvocato Gentile, e l’avvocato dello Stato Aurelio Vessichelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il signor B P, titolare di una concessione su un’area del demanio marittimo di mq. 3215, sulla quale insistono manufatti per l’attività sportiva e per l’intrattenimento, ha impugnato davanti al T.A.R. per la Calabria gli atti con i quali il Comune di Santa Maria del Cedro ha richiesto il pagamento del canone dovuto per la concessione.
2.- Il T.A.R. per la Calabria, Sede di Catanzaro, Sezione II, con sentenza n. 801 dell’8 maggio 2015, resa in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ha ritenuto il ricorso in parte irricevibile e in parte inammissibile.
2.1.- In particolare, il T.A.R. ha ritenuto che l’unico atto impugnato nel termine decadenziale di 60 giorni era la nota del Comune di Santa Maria del Cedro del 12 gennaio 2015, n. 187, con la conseguenza che il ricorso risultava irricevibile, ai sensi dell’art. 35, del c.p.a., per gli altri atti precedenti impugnati.
2.2.- In relazione alla citata nota del 12 gennaio 2015 il T.A.R. ha poi rilevato che con la stessa il Comune si era limitato a confermare quanto già era stato determinato con i propri precedenti atti a seguito della richiesta di rettifica del canone per il locale adibito a bar con annesso deposito.
In conseguenza, poiché l’atto risultava meramente confermativo e non impugnabile autonomamente, il ricorso, per tale parte, doveva ritenersi inammissibile.
3.- Il signor P ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.
3.1.- L’appellante ha sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., la nota del Comune di Santa Maria del Cedro, in data 12 gennaio 2015, non poteva ritenersi meramente confermativa in quanto il Comune, pur avendo adottato un atto di identico contenuto dispositivo, aveva provveduto allo stesso dopo aver effettuato comunque una nuova istruttoria ed aver esaminato la sua istanza e la relazione tecnica allegata a firma dell’ing. C.
3.2.- Secondo l’appellante, le conclusioni raggiunte dal T.A.R. sono poi erronee anche per non aver considerato che doveva essere concesso l’errore scusabile per la complessa configurazione delle situazioni soggettive protette.
Peraltro, ha aggiunto il signor P, la stessa Amministrazione lo aveva indotto in errore non avendo indicato il termine decadenziale entro il quale poteva ricorrere ed avendo indicato nei suoi atti quale giudice avente giurisdizione in materia il giudice ordinario anziché quello amministrativo.
3.3.- Il signor P ha infine insistito nel sostenere la fondatezza nel merito delle doglianze sollevate in quanto il provvedimento impugnato si basa sull’erroneo presupposto che le opere indicate erano state devolute allo Stato già nel 2007, ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione.
4.- L’appello non è fondato.
4.1.- In primo luogo, si deve ritenere corretta la decisione del T.A.R. nella parte in cui ha ritenuto che il signor P ha impugnato tardivamente, oltre il termine decadenziale di 60 giorni previsto dall’art. 29 del c.p.a., i numerosi atti dell’Amministrazione che erano stati a lui comunicati e che hanno preceduto la pure impugnata nota del Comune di Santa Maria del Cedro n. 187 del 12 gennaio 2015. Correttamente il T.A.R. ha quindi dichiarato l’irricevibilità, per tale parte, del ricorso proposto.
4.2.- Né può essere censurata le decisione del T.A.R. per non aver ritenuto di concedere l’errore scusabile per la tardiva proposizione dell’impugnazione avverso gli atti in questione.
Si deve ricordare, infatti, che nel processo amministrativo la rimessione in termini per errore scusabile costituisce un istituto di carattere eccezionale in quanto introduce una deroga al principio cardine della perentorietà dei termini di impugnativa.
La norma, contenuta nell’art. 37 del c.p.a., che prevede la possibile concessione dell’errore scusabile nel processo ammnistrativo solo “in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto” deve quindi ritenersi di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità del giudice che essa presuppone, lungi dal rafforzare l’effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del principio di parità delle parti nel rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 3031 dell’11 luglio 2016, Adunanza Plenaria n. 32 del 9 agosto 2012).
Come è stato sottolineato dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria, l’errore scusabile, per consolidata giurisprudenza, può essere pertanto riconosciuto solo se le ragioni di incertezza sono oggettive e sono ascrivibili di volta in volta alla oggettiva difficoltà di interpretare una norma o all’esistenza di contrasti giurisprudenziali, oppure alla particolare complessità della vicenda dedotta in giudizio o anche al comportamento non lineare dell’amministrazione.
4.3.- Ciò posto, ritiene il Collegio che, nella vicenda in esame, l’errore scusabile non poteva essere riconosciuto tenuto conto della mancanza di oggettive situazioni di incertezza sulla disciplina applicabile, della mancanza di contrasti giurisprudenziali e della non particolare complessità della vicenda dedotta in giudizio. Né può ritenersi sufficiente ai fini della possibile concessione dell’errore scusabile la sola circostanza che il Comune, nella richiesta di pagamento del canone demaniale marittimo dovuto per l’anno 2014, effettuata in data 9 aprile 2014, ha indicato la possibile proposizione di un’azione davanti al giudice ordinario.
5.- La decisione del T.A.R. deve essere poi confermata anche nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’impugnazione della nota del Comune di Santa Maria del Cedro n. 187 del 12 gennaio 2015 in quanto meramente confermativa dei precedenti atti dell’Amministrazione non impugnati tempestivamente.
5.1.- Si deve, al riguardo, ricordare che, per principio pacifico, l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame, nei suoi elementi di fatto o di diritto, della questione che aveva condotto al precedente provvedimento, costituisce un nuovo provvedimento suscettibile di autonoma impugnazione.
Quando l'Amministrazione invece, a fronte di un'istanza di riesame, si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova e diversa motivazione, l'atto si deve ritenere “meramente confermativo”, e quindi non impugnabile (Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 758;Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667).
5.2.- Nella fattispecie, come ha ritenuto il T.A.R., l’impugnata nota del Comune di Santa Maria del Cedro n. 187 del 12 gennaio 2015 non fa riferimento ad alcuna nuova attività valutativa dell’Amministrazione ma si limita a ribadire il contenuto dei precedenti provvedimenti che erano stati in precedenza assunti dall’Amministrazione.
Tale atto pertanto, come ha affermato il T.A.R., è meramente confermativo delle precedenti determinazioni e non è autonomamente impugnabile.
Infatti il Comune, dopo aver ricordato una precedente comunicazione dell’Agenzia del Demanio, Direzione Regionale Calabria e la visura catastale dell’immobile in questione, si è limitato a confermare “quanto determinato con missive del 31/12/2013 prot. n. 8507 e del 9/04/2014 prot. n. 2594 e del 20/11/2014, prot. n. 8502”.
6.- L’appello, in conclusione, per le ragioni esposte, deve essere respinto. Ciò non consente l’esame nel merito delle censure che sono state sollevate avverso le determinazioni dell’Amministrazione sui canoni dovuti dall’appellante.
7.- Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.