Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-16, n. 201908511
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Testo completo
Pubblicato il 16/12/2019
N. 08511/2019REG.PROV.COLL.
N. 06339/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6339 del 2010, proposto dai dottori -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Bruno Nicola Sassani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via XX Settembre, 3,
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e il Consiglio di Stato, in persona dei rispettivi Presidenti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda quater ) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente riconoscimento del diritto all’indennità di trasferta, ai sensi dell’art. 3, comma 79, della legge n. 350 del 2003
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e del Consiglio di Stato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2019 il Cons. Cecilia Altavista, e uditi per le parti l’avvocato Francesco Mangazzo su delega dell’avv. Bruno Nicola Sassani e l’Avvocato dello Stato Alessandro Maddalo.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I dottori -OMISSIS-, magistrati già in servizio presso le Sezioni consultive del Consiglio di Stato, residenti fuori dal distretto della Corte d’appello di Roma, con istanze presentate tra il 18 dicembre e il 2 marzo 2009, hanno chiesto all’Amministrazione di appartenenza il pagamento dell’indennità di trasferta prevista dall’art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
2. Le loro istanze sono state respinte con le note del Segretario generale della Giustizia amministrativa del -OMISSIS-, sulla base del dato letterale della norma dell’art. 3, comma 79, della legge n. 350/2003, che attribuisce tale indennità ai magistrati in servizio presso le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato.
3. Hanno, pertanto, proposto ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, unitamente al dottor -OMISSIS-, che non aveva presentato un precedente istanza all’Amministrazione, per l’accertamento del diritto alla percezione di tale indennità e la condanna al pagamento delle relative somme maturate per i periodi di assegnazione alle funzioni consultive; hanno dedotto con i motivi di ricorso che l’interpretazione della norma secondo il principio di ragionevolezza avrebbe dovuto condurre all’applicazione della norma anche ai magistrati addetti a funzioni consultive, comunque caratterizzate da terzietà e indipendenza, di natura “paragiurisdizionale”, in particolare con riferimento ai pareri espressi in sede di decisione dei ricorsi straordinari al Capo dello Stato; inoltre hanno evidenziato lo svolgimento di tali funzioni con riferimento all’intero territorio nazionale, con le medesime esigenze quindi di garantire ai magistrati residenti fuori Roma di rendere meno disagevole l’ adempimento del loro ufficio; hanno poi sollevato, nella ipotesi in cui non si fosse accolta una tale interpretazione, la questione di legittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui non prevede la indennità di trasferta anche per i magistrati addetti a funzioni consultive, denunciando la ingiustificata disparità di trattamento e la violazione dell’art. 100 della Costituzione, in relazione alla unitarietà delle funzioni del Consiglio di Stato, nonché la violazione degli articoli 5 e 36 della Costituzione
4. La sentenza di primo grado ha respinto il ricorso sulla base del dato letterale della disposizione e della natura eccezionale della stessa, derogatoria dell’obbligo generale di residenza nel luogo di servizio, quindi, non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica; a sostegno della natura eccezionale della disposizione il giudice di primo grado ha richiamato, altresì, il regime delle indennità di missione previste per le applicazioni temporanee dei magistrati amministrativi ad un Tribunale amministrativo diverso da quello di servizio; ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata, in relazione alla natura eccezionale della norma e alla diversità delle funzioni consultive da quelle giurisdizionali, per cui la diversità di trattamento deve farsi rientrare nell’esercizio del potere discrezionale del legislatore, rispetto al quale è da escludere una manifesta illogicità o irragionevolezza, anche tenuto conto dell’analogo trattamento previsto per i magistrati della Corte dei conti e delle funzioni esclusivamente giurisdizionali della Corte di cassazione e comunque della possibilità per i magistrati di rotazione tra le Sezioni.
5. Con l’atto di appello, depositato il 14 luglio 2010, sono state riproposte le censure del primo grado contestando la natura eccezionale della norma; sono state contestate le argomentazioni del giudice di primo grado relative all’obbligo di residenza nella sede di servizio e al relativo potere di deroga dell’Amministrazione, ad avviso dell’appellante, inconferenti rispetto al profilo dell’eventuale riconoscimento della indennità di trasferta così come il richiamo al principio generale della temporaneità del pagamento delle indennità di missione, previste in caso di applicazioni temporanee di magistrati ad un Tribunale amministrativo diverso da quello di ordinario servizio, mentre dalla norma deriverebbe invece il principio generale che per le Corti superiori sarebbe previsto in via generale il pagamento della indennità, in quanto si tratta di funzioni svolte esclusivamente a Roma ma per un ambito di riferimento nazionale; pertanto, l’esigenza di favorire lo svolgimento di tali rilevanti funzioni anche da magistrati al di fuori della sede romana sarebbe la medesima anche per le funzioni consultive del Consiglio di Stato.
E’ stata dunque riproposta la questione di legittimità costituzionale sotto il profilo dell’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento; con riferimento all’art. 100 della Costituzione, in quanto tale differente regime economico lederebbe il principio di pari dignità tra tutti i magistrati del Consiglio di Stato; all’art. 5 della Costituzione, non essendo così rispettata la effettiva rappresentatività di tutto il territorio nazionale anche per le funzioni consultive, nonché all’art. 36 della Costituzione, in quanto sarebbe