Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-02, n. 201902181

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-02, n. 201902181
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902181
Data del deposito : 2 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/04/2019

N. 02181/2019REG.PROV.COLL.

N. 02591/2017 REG.RIC.

N. 04973/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2017, proposto dalla Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G P in Roma, via Sabotino;

contro

Le società -OMISSIS-, -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e quali componenti del relativo RTI, rappresentate e difese dall'avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;

nei confronti

Siarc S.p.A non costituita in giudizio;
Asp di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del 2017, proposto dalle società -OMISSIS- e -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, in proprio e quali componenti del relativo RTI, rappresentate e difese dall'avvocato M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini n.30;

contro

Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, via Sabotino;

nei confronti

della S.I.A.R.C. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Izzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
dell’Asp di Cosenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

A) quanto al ricorso n. -OMISSIS- del 2017,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per La Calabria, sede di Catanzaro (Sezione Prima), n. -OMISSIS-,

B) quanto al ricorso n. -OMISSIS- del 2017,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per La Calabria, sede di Catanzaro (Sezione Prima), n. -OMISSIS-.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2019 il Cons. U M e uditi per le parti gli avvocati G P su delega dichiarata dell’avv. G N, M P e E M D M su delega dell’avv. A G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Stazione Unica appaltante della Regione Calabria ha indetto una gara, suddivisa in sette lotti, per l’affidamento del servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione.

Il raggruppamento temporaneo di imprese “-OMISSIS- - -OMISSIS-” (d’ora in poi, -OMISSIS-) ha partecipato alla gara in relazione al lotto 4, riguardante l’Azienda sanitaria di Cosenza, avente un valore stimato di € 18.927.347,40, per la durata di 36 mesi.

Il raggruppamento -OMISSIS-, cui è stato attribuito il punteggio più alto a seguito dell’esame dell’offerta tecnica, è stato poi escluso dalla gara, in quanto avrebbe presentato un’offerta in aumento rispetto all’importo annuale dell’appalto.

È stato escluso, per ragione analoga, anche l’unico altro concorrente rimasto in gara, il raggruppamento temporaneo di imprese Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a. (l’altro concorrente S.I.AR.C. s.r.l., infatti, era stato già escluso in precedenza).

La gara è stata pertanto dichiarata deserta.

2. Con sentenza n. -OMISSIS- del 18 novembre 2015 il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, Sezione di Catanzaro, chiamato a decidere il ricorso del raggruppamento -OMISSIS-, lo ha accolto ed ha conseguentemente annullato l’atto di esclusione. La sentenza citata è stata confermata con sentenza n. -OMISSIS- del 10 giugno 2016 del Consiglio di Stato nella quale si afferma: “Quanto alla non convenienza dell’offerta, in quanto superiore al prezzo pubblicato sull’Osservatorio, va rilevato che la non sostenibilità dell’impegno economico non poteva giustificare l’esclusione dalla gara della concorrente, potendo invece consentire l’adozione di altro genere di rimedi, quale, ad esempio, la revoca della gara (ovvero il suo annullamento, nel caso di rilevazione di un errore materiale in cui sia incorsa l’autorità nella predisposizione degli atti precedenti di indizione della gara)”.

3. La Stazione Unica appaltante, con provvedimento del 29 agosto 2016, anzichè concludere la gara ha disposto, ritenendo evidentemente tale provvedimento in linea con quanto giudicato, l’annullamento dei decreti n. -OMISSIS- del 15 novembre 2013 e n. -OMISSIS- del 13 ottobre 2015, rispettivamente di indizione della gara e del decreto di approvazione degli atti di gara, entrambi nella parte relativa al Lotto n. 4, concernente il servizio di ristorazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.

4. -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno impugnato tale provvedimento, deducendone l’illegittimità e chiedendone l’annullamento oltre che la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

In particolare, con unico articolato motivo, le parti ricorrenti hanno dedotto dinanzi al Tar Catanzaro la nullità del provvedimento per violazione o elusione del giudicato, la violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies, della l. n. 241 del 1990;
l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, e in particolare per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, non essendo asseritamente condivisibile il passaggio motivazionale del provvedimento con il quale viene addotto, quale fondamento della statuizione di annullamento, la contraddittorietà tra atti, foriera di incertezza. Secondo i ricorrenti, la regola per la quale, in caso di contraddizioni tra atti, deve essere data prevalenza al bando, avrebbe dovuto invece consentire di sciogliere la rilevata situazione di incertezza. E in applicazione del principio di prevalenza del bando, il mero errore materiale non sarebbe potuto assurgere a fondamento del provvedimento di autotutela. Il provvedimento non terrebbe altresì conto degli interessi del raggruppamento ricorrente, la cui posizione di aggiudicataria si sarebbe ormai consolidata anche a causa del lungo tempo trascorso tra l’indizione della gara e l’annullamento in autotutela degli atti della stessa.

5. Il Tar Catanzaro ha respinto la domanda demolitoria sul rilievo che “4.1. Non sussiste, innanzi tutto, alcuna violazione del giudicato. Le sentenze intervenute in relazione alla vicenda, pronunciate in primo grado e in appello, si sono occupate unicamente dell’aspetto relativo alla legittimità dell’esclusione, per la situazione di incertezza che ha indotto in errore i concorrenti. Entrambe le sentenze, però, hanno fatto espresso riferimento alla possibilità di adozione di un atto di autotutela. Nella sentenza di appello, in particolare, si è fatto riferimento alla revoca o all’annullamento quale rimedio idoneo ad ovviare alla non sostenibilità dell’impegno economico. Nella sentenza di primo grado sono stati fatti salvi i successivi provvedimenti dell’amministrazione.

4.2. Quanto agli altri profili evocati dalle ricorrenti, nelle sentenze sopra richiamate si è fatta applicazione del principio secondo cui le conseguenze della presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse.

Nella sentenza del Consiglio di Stato si specifica che deve essere attribuito rilievo decisivo alle previsioni del bando, che ha fissato il termine di durata del contratto in 36 mesi.

È stato, quindi, richiamato il principio cui fa riferimento parte ricorrente, per il quale, in caso di contrasto tra le previsioni del disciplinare o del capitolato e quelle del bando, deve essere attribuita prevalenza a quest’ultimo.

Questo principio, tuttavia, ha assunto rilievo ai fini dell’accertamento del carattere illegittimo dell’esclusione dei concorrenti, non certo della legittimità di un atto che, proprio in considerazione della necessità di applicare il principio stesso e delle conseguenze che ciò comporterebbe, ha provveduto ad annullare in autotutela gli atti di gara”.

Il giudice di prime cure ha invece accolto (sia pure in parte) la domanda, formulata in via di subordine dalle ricorrenti, tesa ad ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede incombenti sulle parti nel corso delle trattative.

Ha affermato il giudice di primo grado: “Osserva il Collegio che appare condivisibile la tesi di parte ricorrente che inquadra la fattispecie nell’alveo della responsabilità precontrattuale. Il lamentato pregiudizio, infatti, appare connesso, più che al provvedimento di annullamento degli atti della gara, al fatto che la gara stessa non sia stata portata alla sua naturale conclusione, con un provvedimento di aggiudicazione e, quindi, con la stipulazione del contratto…… nel caso di specie, l’atto di autotutela che ha determinato l’annullamento dell’intero procedimento è stato causato dalla rilevata contraddittorietà delle previsioni della lex specialis predisposta dalla stazione appaltante. Tale circostanza implica di per sé la violazione degli obblighi nei confronti dei soggetti che, nel quadro del procedimento amministrativo, abbiano fatto affidamento sulla correttezza, buona fede e professionalità dell’amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale. …. Sulla base di ciò deve, pertanto, affermarsi la responsabilità dell’Amministrazione regionale per i danni subiti dal R.T.I. odierno ricorrente, nei limiti, come rilevato nello stesso ricorso, dell’interesse negativo. A tale proposito, spetta, innanzi tutto, il ristoro del pregiudizio economico correlato alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, nei limiti in cui verrà dimostrato dal R.T.I. che le spese sono state realmente effettuate, non essendo al riguardo sufficiente l’esibizione di fatture, che non dimostrano l’avvenuto pagamento. Tra tali spese va ricompreso il pregiudizio connesso alla retribuzione del personale dipendente e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, ma il danno deriva dal fatto che le società hanno destinato una parte delle loro risorse umane e materiali alla partecipazione alla gara, rinunciando al loro utilizzo in altre attività (così, Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633). Non è possibile quantificare con precisione l’ammontare di tale danno, per cui esso può essere determinato in via equitativa nella misura del 25% dell’importo relativo alle spese sostenute per i c.d. costi vivi affrontati per la predisposizione dell’offerta e la partecipazione alla gara (criterio utilizzato in Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633, cit.). Parte ricorrente ha chiesto anche che sia riconosciuto il danno connesso al fatto di non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali. Essa, tuttavia, non ha curato di fornire la benché minima prova al riguardo, perlomeno mediante indicazione delle occasioni perse a causa della partecipazione alla gara considerata in questa sede.

Non può essere riconosciuto, benché richiesto, il risarcimento del c.d. danno curriculare, atteso che, secondo l’orientamento prevalente, esso attiene all’interesse positivo, vale a dire all’interesse all’esecuzione del contratto e, quindi, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall’esecuzione (per tutte, Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633, cit.).

Con riferimento ai pregiudizi in relazione ai quali è stato riconosciuto ristoro, il Collegio ritiene di avvalersi del disposto dell’art. 34, comma 4, c.p.a. e di assegnare alle parti il termine di giorni 120 entro il quale la Regione Calabria dovrà proporre alle ricorrenti il pagamento di una somma, determinata sulla base della documentazione probatoria esibita dalle stesse.”.

6. Avverso la sentenza hanno proposto appello sia la Regione Calabria (r.g. -OMISSIS- del 2017) che -OMISSIS- - -OMISSIS- (r.g. -OMISSIS- del 2017).

La Regione Calabria ha, in particolare, dedotto che:

a) La responsabilità precontrattuale non sarebbe configurabile anteriormente alla scelta del contraente, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono ancora meri partecipanti ad una gara e possono vantare solo un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione (è citato Cons. St., sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831;
id. 21 agosto 2014, n. 4272;
sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748;
id. 14 febbraio 2017, n. 660);
addirittura la giurisprudenza del Consiglio di Stato avrebbe ritenuto non accoglibile tale domanda finanche ove formulata dall’aggiudicatario provvisorio (Cons. St., sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142);

b) la pronuncia appellata avrebbe inoltre omesso totalmente di individuare l’elemento soggettivo in capo alla Regione, anche solo in termini di colpa, e tale mancato “rinvenimento” inciderebbe insanabilmente sulla possibilità di accogliere la domanda;

c) in ogni caso - anche prescindendo dalle superiori censure - il Tribunale avrebbe dovuto respingere, in applicazione degli artt. 63 e 64 c.p.a. e 2697 c.c., la domanda risarcitoria, considerato che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dell’onere della prova “opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento”, non potendo supplirvi la c.d. “sentenza sui criteri”. Quest’ultima sarebbe emanabile quando la quantificazione del danno necessiti di ulteriore attività collaborativa da parte della P.A., e non quando la totale mancanza di prova documentale da parte della parte istante non consenta una pronuncia di accoglimento.

In questo giudizio si è costituita l’ASP di Cosenza ed ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva. Si sono altresì costituite le società -OMISSIS- e -OMISSIS- ed hanno chiesto la reiezione del gravame.

7. Le società -OMISSIS- e -OMISSIS- nel loro appello hanno per converso dedotto che:

a) le statuizioni del TAR si fonderebbero sull’erroneo presupposto che l’eventuale aggiudicazione della gara, in favore di esse appellanti, comporterebbe per le casse pubbliche una spesa in tre anni, pari a quella che la ASP aveva preventivato di impegnare in quattro. In particolare - secondo le appellanti - se il TAR avesse esaminato compiutamente tutti gli atti sottoposti al suo vaglio si sarebbe reso conto che tale assunto è erroneo, atteso che, in concreto, l’offerta si porrebbe nettamente al di sotto dell’impegno di spesa assunto dalla ASP sia che lo stesso venga parametrato a tre anni sia che lo stesso venga rapportato ad un quadriennio;

b) le sentenze che hanno preceduto il provvedimento impugnato in primo grado, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza gravata, avrebbero a ben vedere affermato che l’aggiudicazione al RTI appellante è doverosa, essendo illegittima l’esclusione. Il TAR, del tutto inopinatamente, ha ritenuto insussistente la violazione del giudicato. Del resto la P.A. avrebbe difeso in due gradi di giudizio la legittimità della procedura, salvo modificare completamente idea proprio quando era giunto il momento di aggiudicare la gara alle appellanti;

c) diversamente da quanto opinato dal TAR emergerebbe chiaramente che l’Amministrazione non ha ritenuto di specificare l’interesse pubblico concreto posto alla base della propria determinazione, limitandosi ad uno sterile rimando ai principi dell’ordinamento;

d) Il giudice di primo grado, nel valutare la legittimità dell’atto in quanto tendente ad assicurare l’integrità delle casse pubbliche avrebbe invaso la sfera della discrezionalità pubblica, ove si consideri che il provvedimento non era di “revoca” ma di “annullamento”.

e) quanto alla domanda risarcitoria, il Tar avrebbe errato nel non riconoscere il danno connesso al fatto di non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali, poiché così facendo avrebbe imposto l’onere di dimostrare un fatto negativo, del tutto obliterando l’oramai pacifico principio secondo il quale “ negativa non sunt probanda ”. Avrebbe altresì errato nel non riconoscere il risarcimento del c.d. danno curriculare, posto che l’appellante era da ritenersi sostanzialmente aggiudicataria.

8. In questo giudizio si è costituita la Regione Calabria chiedendo la reiezione del gravame, nonché l’ASP, la quale anche in questo caso ha reiterato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva.

9. Con sentenza parziale n. -OMISSIS- del 24 novembre 2017 la Sezione ha riunito, ex art. 96, comma 1, c.p.a., i due appelli, avendo gli stessi ad oggetto la medesima sentenza, rigettando alcuni motivi e sospendo la decisione dei rimanenti.

Ha respinto i motivi dell’appello delle società -OMISSIS- e -OMISSIS- concernenti il capo della sentenza con la quale il Tar ha respinto la domanda di annullamento dei provvedimenti impugnati a mezzo del ricorso introduttivo. Ha sospeso il giudizio in ordine ai rimanenti motivi concernenti l’ an ed il quantum del disposto risarcimento.

10. Con ordinanza 24 novembre 2017, n. -OMISSIS- la Sezione ha rimesso all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la disamina di talune controverse questioni concernenti i profili risarcitori sollevati sia nell’appello proposto dal raggruppamento -OMISSIS- sia nell’appello proposto dalla Regione Calabria

In particolare, la Regione Calabria, nel suo appello, ha posto un problema preliminare che riguarda, in radice, i presupposti per il configurarsi della responsabilità precontrattuale. Ha infatti affermato che siffatto genere di responsabilità viene in rilievo quando il contraente sia individuato a mezzo dell’aggiudicazione. Nel caso di specie, poiché il procedimento si sarebbe arrestato a seguito di una serie di esclusioni, per poi essere posto nel nulla per l’effetto del gravato provvedimento, non si sarebbe mai giunti alla fase dell’“individuazione” del contraente.

La Sezione, con la citata ordinanza n. -OMISSIS- del 2017, preso atto del contrasto giurisprudenziale che sussiste sulla questione, ne ha rimesso la soluzione all’Adunanza Plenaria, formulando i seguenti quesiti: “se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione;
se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione”.

11. Con sentenza n. -OMISSIS- 2018 l’Adunanza Plenaria ha enunciato i seguenti principi di diritto, rimettendo per la decisione della restante parte del giudizio alla Sezione rimettente:

a) anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare, oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza. Da qui l’ordinaria possibilità che una responsabilità da comportamento scorretto sussista nonostante la legittimità del provvedimento amministrativo che conclude il procedimento;

b) nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito di tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento;

c) la responsabilità precontrattuale della Pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede;

d) affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti:

-) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà;

-) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo;

-) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione. Occorre, dunque, che dimostri che il comportamento scorretto dell’amministrazione ha rappresentato, secondo la logica civilistica del “più probabile che non”, la condicio sine qua non della scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico di cui chiede il risarcimento.

12. La Sezione nel dare ulteriore impulso al procedimento ha, poi, rilevato che, con precedente sentenza n. -OMISSIS- 2018, la stessa Adunanza plenaria ha affermato che il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità ex lege , parziale - in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione - e tendenzialmente temporanea, con la conseguenza che al soggetto – persona fisica o giuridica – è precluso avere con la Pubblica Amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Ha aggiunto l’alto Consesso che il divieto di ottenere (o meglio, l’incapacità a poter ottenere), da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”, ricomprende anche l’impossibilità di percepire somme dovute a titolo di risarcimento del danno patito in connessione all’attività di impresa.

Da qui la necessità di un approfondimento istruttorio volto ad acquisire la notizia se a carico delle due società componenti il raggruppamento appellante (nel procedimento -OMISSIS-) ed appellato (nel procedimento n. -OMISSIS-/2017) sono state emesse interdittive antimafia (oltre a quella già nota a carico di -OMISSIS-, che è stata però stata assoggettata alla misura ex art. 34 bis, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011).

13. A tale incombente ha dato riscontro il Ministero dell’Interno con produzione depositata in atti il 31.10.2018. Segnatamente, e richiamando qui gli esiti dell’istruttoria svolta dal Ministero dell’Interno, è emerso quanto segue: quanto alla società -OMISSIS-, il Prefetto di Roma, con provvedimenti 22.9.2015 e 5.10.2015, ha rilasciato una liberatoria antimafia;
inoltre, il Tribunale Ordinario di Roma, con decreto del 27.7.2016, ha disposto la revoca della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria ed ha disposto il controllo giudiziario ex articolo 34 comma 8 del d. lgs 159/2011 per un periodo minimo di tre anni. Nei confronti della società in argomento sarebbe, poi, tuttora in corso l’iter di aggiornamento delle informazioni antimafia ai sensi dell’articolo 91 del d. lgs 159/2011. Quanto, poi, alla società -OMISSIS- risulta emessa l’interdittiva n. -OMISSIS- del 28.4.2017 con successivo aggiornamento n. -OMISSIS- del 26.3.2018. Ciò nondimeno, gli effetti della detta interdittiva, ad oggi, risulterebbero sospesi ope legis in ragione della ammissione della -OMISSIS- alla misura di cui all’art. 34 bis, comma 6, del d.lgs. n. 159 del 2011 per la durata di due anni, giusta decreto del Tribunale Ordinario di Catanzaro -OMISSIS-2017. La Regione Calabria ha, sul punto, fatto rilevare che, con sentenza n° -OMISSIS-, il TAR per la Calabria, Sede di Catanzaro, ha respinto sia il ricorso che i motivi aggiunti avanzati dalla -OMISSIS- avverso l’interdittiva antimafia ed il suo provvedimento di conferma.

14. Tanto premesso, e venendo allo scrutinio dei residui profili della res iudicanda rimasti sub iudice , mette preliminarmente conto evidenziare come, per effetto delle riserve contenute nei precedenti decisa intervenuti nel corso dei procedimenti in epigrafe, e da intendersi qui integralmente richiamati, l’ambito cognitivo del presente giudizio verte oggi esclusivamente sul capo della decisione di prime cure recante la statuizione di condanna della Regione Calabria al risarcimento dei danni da responsabilità precontrattuale secondo le indicazioni operative formulate dal TAR Calabria, sede di Catanzaro, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 34 del c.p.a. Il suddetto capo risulta, peraltro, fatto oggetto di gravame da ambo le parti e per profili distinti, nei termini già sopra esposti e, comunque, di seguito passati in rassegna.

14.1. In via preliminare, s’impone, però l’estromissione dal presente giudizio per difetto di legittimazione passiva, in entrambi i procedimenti qui riuniti, dell’ASP di Cosenza in accoglimento dell’apposita eccezione formulata dalla suddetta parte.

Ed, invero, in tal senso aveva già disposto il giudice di prime cure atteso che la procedura de qua è stata gestita dall'Autorità regionale della Regione Calabria denominata “Stazione Unica Appaltante” nella qualità di “soggetto aggregatore” in ossequio al disposto dell’art. 1 comma 1 L.R. n. 26/07 legge regionale della Regione Calabria n. 26 del 07/12/2007.

Il corrispondente capo della sentenza del TAR Catanzaro non risulta fatto oggetto di specifici motivi di doglianza;
ciò nondimeno gli appelli in epigrafe risultano partecipati anche all’ASP di Cosenza che, pertanto, siccome formalmente evocata in giudizio, si è costituita ribadendo la sua estraneità alla res controversa .

Va, dunque, qui ribadita l’estromissione della suddetta parte dal presente giudizio essendo già stato definitivamente accertato il suo difetto di legittimazione passiva con argomentazioni, peraltro, del tutto condivisibili.

14.2 Ritiene, poi, il Collegio di poter prescindere dalla disamina delle ulteriori eccezioni sollevate in rito dalla Regione Calabria in considerazione della fondatezza, nel merito, delle tesi sviluppate dal predetto Ente in entrambi i procedimenti qui in rilievo.

Segnatamente, a giudizio del Collegio, va respinto l’appello (n. -OMISSIS-/2017) proposto dalle società -OMISSIS- e -OMISSIS-, mentre merita accoglimento nei termini di seguito evidenziati quello proposto dalla Regione Calabria (n. -OMISSIS-/2017), di talchè restano assorbite nelle suddette statuizioni le eccezioni sollevate dal predetto Ente di irricevibilità per tardività dell’appello n. -OMISSIS-/2017 ovvero di inammissibilità del suddetto gravame e di improcedibilità del ricorso di primo grado (proposto dalle società -OMISSIS- e -OMISSIS-) a cagione della rilevata pendenza di un’interdittiva antimafia (peraltro fatta oggetto di istruttoria con conseguente acquisizione dei dati soprarichiamati).

15 Così perimetrato l’ambito decisorio, per i residui profili di merito della res controversa qui in rilievo, rileva, anzitutto, il Collegio come non possa dubitarsi che il confezionamento della complessiva disciplina di gara, articolata in modo poco chiaro e contraddittorio quanto alla durata della procedura e, conseguentemente, al valore annuale dell’appalto, così come il progressivo incedere del relativo iter fino quasi alla soglia della fase dell’aggiudicazione, nonostante i vizi genetici che obiettivamente ne condizionavano la legittimità, abbiano, nel loro complesso, leso l’affidamento incolpevole delle società -OMISSIS- e -OMISSIS- all’utile partecipazione alla procedura in argomento, condizionando, in tal modo, le strategie e le scelte aziendali inutilmente convogliate verso la prospettiva di acquisizione di tale commessa pubblica che, viceversa, è poi risultata vana per le irregolarità solo successivamente neutralizzate attraverso un atto di ritiro, la cui legittimità risulta oramai definitivamente accertata.

16. Né può dubitarsi del fatto che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, avendo questa, di fatto, dato causa ai divisati profili di irregolarità che hanno poi condotto al successivo annullamento della gara con conseguente vanificazione delle aspettative delle suddette società ad una positiva conclusione della suddetta procedura selettiva.

Deve, infatti, ritenersi esigibile dall’Autorità procedente, preposta alla specifica funzione di stazione appaltante per la gestione delle procedure di gara nel territorio della Regione Calabria, uno sforzo di maggiore diligenza e professionalità nell’adempimento della propria missione istituzionale a tutela dell’affidamento degli operatori, laddove la complessiva condotta tenuta dal predetto organo riflette, invece, una gestione in chiara distonia con i dovuti predicati della lealtà e della correttezza.

17. Pur tuttavia, difetta per l’affermazione di una responsabilità risarcitoria a carico della Regione Calabria l’elemento indefettibile del danno, di cui non risulta offerta la relativa prova ovvero perché rivendicato in riferimento a voci non configurabili nel caso di responsabilità precontrattuale.

17.1. Procedendo nel solco delle coordinate tracciate dall’A.P. n. -OMISSIS- occorre tener conto che incombe sulla parte che ha azionato la pretesa risarcitoria provare sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione.

Sotto tale profilo, va qui, anzitutto, ribadito che in subiecta materia il danno risarcibile non è mai commisurato alle utilità che sarebbero derivate dal contratto sfumato, ma al c.d. interesse negativo (l’interesse appunto a non subire indebite interferenze nell’esercizio della libertà negoziale).

Segnatamente, mentre i danni da mancata aggiudicazione sono parametrati al c.d. interesse positivo e consistono nell'utile netto ritraibile dal contratto, oltre che nei pregiudizi di tipo curriculare e all'immagine commerciale della società, ingiustamente privata di una commessa pubblica, nel caso di responsabilità precontrattuale i danni sono limitati al solo interesse negativo, ravvisabile nel caso delle procedure ad evidenza pubblica nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative (in tal senso - ex multis –da ultimo Consiglio di Stato sez. V, 28/01/2019 n.697 ed ancora Cons. Stato, V, 27 marzo 2017, n. 1364;
id., IV, 20 febbraio 2014, n. 790;
id., V, 6 marzo 2013, n. 1357).

17.2. Correttamente è stato, dunque, escluso, in primo grado, il danno curriculare dal novero delle voci risarcibili.

Del pari, condivisibile e meritevole di conferma deve ritenersi l’approdo decisorio cui è giunto il giudice di prime cure nella parte in cui ha rilevato la mancanza di conferenti elementi di prova a sostegno della lamentata perdita di chances.

Era, invero, onere della parte deducente comprovare, quantomeno con un principio di prova, le possibili, alternative occasioni di guadagno cui l'operatore leso avrebbe potuto attingere in assenza del contegno dannoso dell'amministrazione, indicandole e comprovandone la concreta praticabilità, essendo di tutta evidenza come siffatte evenienze, ricadendo comunque nella sfera di signoria dell’interessato, avrebbero dovuto essere allegate e circostanziate onde renderne obiettiva evidenza in vista del conseguimento del rivendicato ristoro sostitutivo.

Tanto è sufficiente per respingere l’appello proposto dalle società -OMISSIS- e -OMISSIS- che, per i profili qui in rilievo, afferenti al capo della decisione impugnata relativo all’affermata responsabilità contrattuale della Regione Calabria, si incentrava giustappunto sulle suddette questioni sopra passate in rassegna.

7.3. Vanno, viceversa, accolte le doglianze veicolate dalla Regione Calabria nel proprio mezzo ed afferenti alla mancanza di conferenti prove a sostegno delle voci di danno ritenute ristorabili dal giudice di prime cure.

Giova, qui, rammentare che il TAR per la Calabria ha perimetrato l’obbligo risarcitorio in relazione al pregiudizio economico correlato alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, “ nei limiti in cui verrà dimostrato dal R.T.I. che le spese sono state realmente effettuate..” , includendo in esse anche il pregiudizio connesso alla retribuzione del personale dipendente e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale.

Sul punto, va nuovamente affermato che è ius receptum in giurisprudenza, come sopra già anticipato e, peraltro, ribadito anche dalla richiamata decisione dell’A.P. n. -OMISSIS-, che, in tema di responsabilità̀ precontrattuale, è onere del ricorrente dedurre e provare la sussistenza del danno.

Il suddetto onere avrebbe, dunque, dovuto essere ritenuto incondizionatamente esigibile sia quanto alla sussistenza e all'entità̀ delle spese vive, nella misura quantificata e con puntuale specificazione dei relativi criteri utilizzati, sia quanto agli ulteriori costi eventualmente sostenuti (ad esempio quantità di tempo/lavoro e/o le risorse umane ed economiche investite nelle trattative ovvero ai fini dell'elaborazione intellettuale dell'offerta).

Di contro, nel giudizio di prime cure il suddetto onere probatorio risulta, di fatto, eluso, non essendosi le società -OMISSIS- e -OMISSIS- peritate di supportare l’azionata domanda risarcitoria di pertinenti e circostanziate allegazioni ovvero di utili appigli probatori idonei a dar contezza, sia pur in via di principio, dei danni azionati.

Tanto è a dirsi non solo per la voce di costo già sopra scrutinata – occasioni alternative sfumate, lacuna questa efficacemente rilevata dal giudice di prime cure – ma finanche per le stesse spese vive che, ciò nondimeno, risultano, comunque, ammesse dal TAR al risarcimento nonostante la mancanza di puntuali indicazioni nella domanda all’uopo avanzata;
e ciò tanto sul piano delle allegazioni che su quello dei relativi, necessari contributi dimostrativi (es: fatture).

Segnatamente, la stessa piana lettura del ricorso proposto dalle suddette società riflette con immediatezza che tale segmento della domanda, compendiato in poche righe, si risolveva essenzialmente nell’enunciazione dei principi generali che governano tale forma di responsabilità e l’astratta indicazione delle voci di costo suscettive di risarcimento, senza che venisse anche solo enunciata la misura della concreta ed effettiva incidenza della condotta illecita tenuta dalla parte pubblica nella sfera giuridica delle dette società.

Né ha credito l’eccezione sollevata dalle dette società nella parte in cui oppongono che la liquidazione del danno è avvenuta in via equitativa e che detta statuizione non sarebbe stata gravata ex adverso .

Sul punto, è anzitutto agevole obiettare che le deduzioni svolte dalla Regione involgono uno stadio del percorso logico di accertamento e di liquidazione del danno antecedente a quello cui, in termini fisiologici, andrebbe ascritto il ricorso alla liquidazione equitativa.

Segnatamente, ciò che qui assume rilievo dirimente è il fatto che, come già sopra anticipato, la parte asseritamente danneggiata non ha, in apice, perimetrato l’ambito delle pregiudizievoli conseguenze rinvenienti dalla condotta illecita dell’Amministrazione evocando, in via del tutto generale, possibili voci di costo senza però alcun concreto aggancio alle concrete e dirette conseguenze generate dal negativo impatto della condotta illecita serbata dall’Amministrazione con la propria sfera giuridica.

Nella detta prospettiva, e come già sopra evidenziato, le ricorrenti società -OMISSIS- e -OMISSIS- hanno completamente omesso di documentare, per quanto qui di più diretto interesse, le spese sostenute, sia quelle vive sia i presunti ulteriori costi direttamente conseguenti all’inutile partecipazione alla procedura.

E’, dunque, di tutta evidenza come solo in relazione ad un substrato fattuale compiutamente tracciato nella domanda di parte può innestarsi, in via di ausilio, ed in presenza di obiettive situazioni di difficoltà di misurazione dei danni, il ricorso alla liquidazione equitativa.

Come efficacemente dedotto, l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all'art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare, dall'altro non ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare la sussistenza e l'entità materiale del danno, nè esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno” (ex plurimis, Cass. Civ., II, 22.2.18, n° 4310).

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, va respinto l’appello proposto dalle società -OMISSIS- e -OMISSIS-, mentre va accolto l’appello proposto dalla Regione Calabria con conseguente riforma nei sensi indicati in parte motiva della sentenza appellata.

Le spese, in ragione della novità e della complessità della questioni scrutinate, possono essere compensate.

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