Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-02-14, n. 201700649

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-02-14, n. 201700649
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700649
Data del deposito : 14 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/02/2017

N. 00649/2017REG.PROV.COLL.

N. 08795/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 8795 del 2014, proposto dal signor G G, rappresentato e difeso dagli avv.ti G P P e B S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F C in Roma, via Altino, 8,

contro

il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, e l’U.T.G. - PREFETTURA DI FROSINONE, in persona del Prefetto pro tempore , rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma

della sentenza nr. 450/2014, emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione distaccata di Latina, in data 17 aprile 2014, depositata il 12 giugno 2014 e pubblicata in pari data, con la quale veniva respinto il ricorso promosso dal signor Giovanni Gesuale avverso il decreto del Prefetto di Frosinone Cat.6D/P.A. area I del 28 settembre 2007 e di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, con il quale l’Autorità appellata ha vietato al ricorrente la detenzione di armi, ai sensi dell’art. 39 del r.d. 18 giugno 1931, nr. 773.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Frosinone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017, il Consigliere R G;

Udito l’avv. dello Stato Antonio Grumetto per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In data 28 settembre 2007, la Prefettura di Frosinone, nell’esercizio del potere previsto dall’art. 39 del r.d. 18 giugno 1931, nr. 773, ha adottato il decreto Cat. 6D/P.A. area I di divieto di detenzione di armi nei confronti del signor Giovanni Gesuale, ritenendo che quest’ultimo non avesse dato affidamento di non abusare delle armi in suo possesso.

Tale valutazione si basava sulle segnalazioni della stazione dei Carabinieri di Ripi dalle quali risultava che il signor Gesuale aveva cattivi rapporti di vicinato che avevano determinato “più volte (…) l’intervento dei militari per le continue lamentele circa il (suo) comportamento ”.

2. Avverso tale provvedimento l’interessato ha proposto ricorso giurisdizionale, lamentando i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, rilevando l’inadeguatezza della motivazione e la carenza dell’istruttoria, nonché l’erroneità dei presupposti alla base del decreto, considerato che l’intervento dei militari – si assume - era stato occasionato da chiamate dello stesso sig. Gesuale e che non risultavano a suo carico denunce né procedimenti penali pendenti o altri precedenti.

3. Il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo il decreto impugnato.

In particolare, il Tribunale di prime cure ha ritenuto che il quadro delineato dall’informativa della stazione dei Carabinieri di Ripi – acquisita in giudizio a mezzo dell’istruttoria – giustificasse il giudizio di inaffidabilità formulato dall’Amministrazione nei confronti del ricorrente.

4. Con l’odierno appello, l’originario ricorrente insorge avverso la predetta pronuncia, lamentando la violazione ed errata applicazione dell’art. 39 del r.d. nr. 773/1931 e l’eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione.

Segnatamente l’odierno appellante rileva l’assenza, da parte dell’Amministrazione, di qualunque valutazione della sua personalità tale da poter giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità;
difatti, nel caso di specie non sarebbe stata avviata alcuna congrua e adeguata istruttoria atta a evidenziare le circostanze di fatto idonee a dimostrare la sua pericolosità o la sua capacità di abusare delle armi in suo possesso.

Lamenta infine l’appellante la carenza del provvedimento sotto il profilo della motivazione, ridotta ad una “ mera enunciazione ”.

5. L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio con atto di stile, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

6. All’udienza del 12 gennaio 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Tutto ciò premesso, l’appello è infondato e va conseguentemente respinto.

7.1. Occorre innanzitutto premettere, in via generale, che la valutazione del Prefetto di cui all’art. 39 del r.d. nr. 773/1931 (il quale prevede che: “ …Il prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti (…) alle persone ritenute capaci di abusarne ”) è una valutazione caratterizzata da ampia discrezionalità, che ha lo scopo di prevenire, per quanto possibile, i delitti, ma anche i sinistri involontari, che potrebbero avere occasione per il fatto che vi sia la disponibilità di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili (cfr. Cons. Stato, sez. III, 1 agosto 2014, nr. 4121).

Il giudizio alla base di tale provvedimento di divieto non è quindi un giudizio di pericolosità sociale bensì un giudizio prognostico sull’affidabilità del soggetto e sull’assenza di rischio di abusi, per certi versi più stringente del primo, atteso che il divieto può fondarsi anche su situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma che risultano genericamente non ascrivibili a “buona condotta” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2016, nr. 922;
id., 12 giugno 2014, nr. 2987;
id., nr. 4121/2014, cit.;
id., 19 settembre 2013, nr. 4666).

7.2. Ciò chiarito, si deve ritenere che i dati risultanti dall’informativa della stazione dei Carabinieri di Ripi relativi alle vicende polemiche e litigiose tra l’odierno appellante e i suoi vicini risultino idonei e sufficienti a giustificare il divieto di detenzione di armi nei confronti dell’odierno appellante;
d’altronde la sussistenza di tale situazione di conflittualità è confermata dallo stesso istante, a nulla rilevando ai fini che qui rilevano chi ne avesse la responsabilità (cfr., per un precedente analogo, Cons. Stato, sez. III, 5 luglio 2016, nr. 2996).

Tenuto conto quindi della già evidenziata ristrettezza del sindacato giudiziale consentito in subiecta materia, deve dunque escludersi nel caso di specie il difetto di istruttoria, nonché l’assenza di valutazione della personalità del soggetto interessato (e, quindi, della sua affidabilità nel detenere armi).

7.3. Anche la motivazione, richiamando i dati e le circostanze di fatto che hanno fondato il giudizio di inaffidabilità sull’istante, risulta del tutto ragionevole e adeguata, essendo quindi destituita di fondatezza anche l’ultimo profilo di doglianza articolato nell’appello.

8. In considerazione dell’assenza di difese scritte dell’Amministrazione, sussistono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del grado.

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