Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-12, n. 201805333

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-12, n. 201805333
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805333
Data del deposito : 12 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/09/2018

N. 05333/2018REG.PROV.COLL.

N. 00834/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 834 del 2018, proposto dalla società Sabbia D'Oro S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati E S D e F S M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato E S D in Roma, p.zza San Lorenzo in Lucina, 26;

contro

Comune di Gallipoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato D M, con domicilio eletto presso lo studio Cristiana Giorgiani in Roma, via Lattanzio, 66

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
Capitaneria di Porto di Gallipoli, Regione Puglia non costituiti in giudizio;
Federbalneari Salento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Avilio Presutti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Salvatore in Lauro 10

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce, Sezione I, n. 100/2018


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Gallipoli, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Federbalneari Salento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2018 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Marini, Mastrolia e Presutti, nonché l’avvocato dello Stato Nicoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

La Società Sabbia D’Oro S.r.l., odierna ricorrente, è titolare di concessione demaniale marittima n. 36/09 rilasciata dal Comune di Gallipoli avente ad oggetto un’area di 1089,30 mq in località Baia Verde allo scopo di utilizzarla per l’esercizio dell’attività di balneazione, sulla quale la stessa è titolare di uno stabilimento balneare denominato “Samsara”.

In data 9 luglio 2017 la Capitaneria di Porto di Gallipoli, eseguita una visita ispettiva presso detto stabilimento, con verbale n. 20/2017 contestava alla società concessionaria la violazione dell’art. 24 del regolamento di attuazione del Codice della Navigazione e dell’art. 36 dello stesso Codice per uso difforme del suolo demaniale marittimo assentito con concessione demaniale marittima n. 36 del 26 gennaio 2009. In particolare, secondo la contestazione, la concessione demaniale rilasciata per posa di ombrelloni e sedie a sdraio, in realtà era utilizzata quale area a uso discoteca come da rilievi fotografici/video effettuati all’atto dell’accertamento, con la presenza di numerose persone intente a ballare.

Successivamente, con nota prot. n. 21578 dell’8 agosto 2017, la Capitaneria di Porto richiedeva al Comune di Gallipoli l’avvio nei confronti della società Sabbia D’Oro S.r.l. del procedimento di decadenza del titolo concessorio.

Il Comune di Gallipoli, con nota prot. n. 4103 del 18 agosto 2017, comunicava quindi alla società concessionaria l’avvio del procedimento amministrativo avente ad oggetto la decadenza della concessione demaniale marittima n. 36/2009, ai sensi degli articoli 10, comma 1, della Legge Regionale n. 17 del 2015 e dell’articolo 47, lettere c) ed f) del Codice della Navigazione (i.e.: per mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata assentita la concessione e per inadempienza degli obblighi derivanti dalla stessa e di quelli imposti dall’Ordinanza Balneare della Regione Puglia del 2 maggio 2017).

Avverso tale comunicazione la società concessionaria presentava le proprie osservazioni;
il Comune, ritenendole non meritevoli di accoglimento, con determinazione n. 20909 del 23 novembre 2017 dichiarava la decadenza della concessione.

Quest’ultima determinazione è stata impugnata dalla società Sabbia D’Oro dinanzi al TAR Puglia – Lecce il quale ha rigettato il ricorso proposto con sentenza n. 100/2018.

La Società Sabbia D’Oro S.r.l. ha impugnato tale pronuncia con ricorso iscritto al n.834/2018 per i seguenti motivi:

- Insufficienza istruttoria – omessa e, comunque, falsa applicazione degli artt. 47, co. 1, lett. c) ed f), C.N. – violazione e falsa applicazione dell’art. 10, co. 5, L.R. 17/2015 – falsa applicazione dell’art. 3, co. 1, lett. s) dell’ordinanza balneare della Regione Puglia 2017 – contraddittorietà della motivazione;

- Violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano il giusto procedimento per mancata adozione di una previa diffida.

La ricorrente censura l’operato del Giudice di prime cure innanzitutto per aver fondato la sua decisione su un video che assume essere stato prodotto in violazione delle regole disciplinanti le modalità di acquisizione del materiale probatorio;
lamenta quindi che la decadenza della concessione sia stata disposta in violazione delle norme di legge e regolamentari in materia e senza essere preceduta da un preliminare atto di diffida.

Si sono costituiti il Comune di Gallipoli e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Gallipoli, i quali hanno concluso nel senso del rigetto del ricorso.

Si è altresì costituita la Federbalneari Salento, intervenuta ad adiuvandum nel giudizio di prime cure, insistendo per il suo accoglimento.

All’udienza del 7 giugno 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Sabbia d’Oro s.r.l., attiva nel settore balneare (titolare sin dal 2007 di una concessione demaniale marittima avente ad oggetto la gestione dello stabilimento balneare ‘Samsara’ di Gallipoli (LE)) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Puglia – Sezione staccata di Lecce con cui è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso il provvedimento della locale Capitaneria di Porto con il quale è stata disposta la decadenza della concessione di esercizio dello stabilimento per ‘mutamento sostanziale’ delle relative modalità di esercizio e per inadempienza agli obblighi derivanti dalla concessione, nonché da norme di legge o di regolamento (art. 47 Cod. Nav.).

2. In primo luogo il Collegio osserva che può prescindersi dall’esame della richiesta dell’appellante di dichiarare inammissibile la produzione in giudizio di un video da parte dell’Avvocatura erariale (articolo 136, comma 2 del cod. proc. amm.) e la cui visione avrebbe sortito un effetto determinante per l’esito del primo grado di giudizio.

E infatti, a prescindere dalla questione relativa alla ritualità o meno di tale produzione, il Collegio osserva che il ricorso può essere definito indipendentemente dalla sua acquisizione e valutazione.

3. Le contestazioni e le ragioni che hanno condotto alla decadenza dell’appellante dalla concessione demaniale ai sensi dell’articolo 47, lettere c) ed f) cod. nav. sono infatti adeguatamente desumibili i ) dal verbale di contestazione 20/17 del 9 luglio 2017, nonché ii ) dalla pare motiva dello stesso provvedimento di decadenza.

In particolare, dagli atti appena richiamati, unitariamente considerati, emergono effettivi e rilevanti profili “ [di] mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione ” (lettera c) dell’articolo 47, cit.9, nonché “ [di] inadempienza degli obblighi derivanti dalla concessione, o imposti da norme di leggi o di regolamenti ”.

Le contestazioni mosse all’appellante, per le ragioni che fra breve si esporranno, supportano in modo adeguato le conclusioni cui è pervenuto il Comune di Gallipoli e non palesano alcun profilo di abnormità valutativa.

3.1. Ciò rende non essenziale, ai fini del decidere, l’esame del motivo di appello con cui l’appellante Sabbia d’Oro s.r.l. chiede la riforma della sentenza in epigrafe per avere il primo Giudice ritenuto che il provvedimento di decadenza trovasse fondamento (anche o in particolare) nel superamento dei limiti di emissione sonora di cui all’articolo 3, comma 1, lettera s) della vigente Ordinanza Balneare regionale.

Può convenirsi con l’appellante che (contrariamente a quanto dedotto dal primo Giudice) lo stesso provvedimento impugnato in primo grado escludeva che il superamento dei limiti di emissioni sonore costituisse oggetto di contestazione.

Ma il punto è che, anche ad escludere (come appare doveroso in base agli atti di causa) la sussistenza di tale superamento (oltretutto, non contestato in sede di accesso in data 9 luglio 2017), nondimeno il provvedimento di decadenza impugnato in primo grado risulta adeguatamente suffragato dal raffronto fra le richiamate disposizioni codicistiche e le rilevate circostanze fattuali, che hanno evidenziato un mutamento sostanziale e profondo della destinazione in funzione della quale la concessione era stata rilasciata, con conseguente sottrazione dell’area all’uso generale da parte della collettività indifferenziata.

4. E’ appunto infondato il motivo di appello con cui (reiterando analogo motivo già proposto in primo grado e dichiarato infondato dal T.A.R.) l’appellante lamenta l’erroneità dell’impugnato provvedimento di decadenza per la parte in cui rileva la violazione dell’articolo 47, comma 1, lettere c) ed f) cod. nav. in relazione al mutamento sostanziale non autorizzato dei caratteri stessi dell’attività esercitata in concessione, nonché all’inadempimento degli obblighi derivanti dalla concessione ovvero imposti da norme di legge o da regolamenti.

Dalla documentazione in atti risulta infatti pienamente supportata, in punto di fatto, la contestazione mossa dalla Capitaneria di porto di Gallipoli (e poi fatta propria dal Comune) secondo cui l’appellante avesse in concreto trasformato l’attività oggetto di concessione, adibendo l’area – per una parte importante della giornata – a intrattenimento musicale, attraverso la sua sostanziale trasformazione in una sorta di ‘discoteca a cielo aperto’ e conseguente sviamento radicale dello scopo concessorio.

Allo stesso modo, non risultano affette da profili di abnormità e irragionevolezza le conseguenti determinazioni che il Comune di Gallipoli ha fatto conseguire al richiamato accertamento dello stato di fatto (al ricorrere dei presupposti di cui al richiamato articolo 47).

Già in sede di accesso ispettivo in data 9 luglio 2017 (iniziato nel tardo pomeriggio – ore 18,30) gli agenti della Capitaneria di porto avevano contestato, sulla base di quanto dagli stessi rilevato in loco, “ [un] uso difforme del suole demaniale marittimo assentito con concessione demaniale marittima n. 36 del 26/01/2009. In particolare, la D.M. adibita a posa di ombrelloni e sdraio in realtà era utilizzata quale area ad uso discoteca come da rilievi fotografici/video effettuati all’atto dell’accertamento con la presenza di numerose persone intente a ballare ”.

Con successiva nota in data 8 agosto 2017 la medesima Capitaneria di porto ha altresì rappresentato (in base a quanto emerso sulla base dell’attività di polizia marittima) che tutti i giorni, dalle 16 alle 20 circa, nello stabilimento in concessione all’appellante venivano organizzate “ in particolare [sulla porzione di arenile] adibita alla posa di lettini, attività che violano le norme di cui [all’Ordinanza balneare regionale del 12 maggio 2017]. In particolare sono sistematicamente programmati eventi di noti DJ con emissioni sonore e alte concentrazioni di persone intente a ballare su area demaniale marittima ”.

La Capitaneria di porto ha altresì allegato alla nota in parola alcuni rilievi fotografici e locandine pubblicitarie (della cui genuinità non è dato dubitare) le quali suffragano in punto di fatto il convincimento maturato dalle amministrazioni appellate circa il mutamento sostanziale dell’oggetto stesso dell’attività in concessione posto in essere dall’appellante.

La circostanza che la richiamata attività di intrattenimento musicale – coinvolgente alcune centinaia di persone - non occupasse tutte le ore del giorno (e che non avvenisse in modo ininterrotto nel corso dell’anno) non consente di pervenire a conclusioni diverse. E infatti, ai fini del contestato ‘mutamento sostanziale’ dei caratteri stessi della concessione (nonché ai fini della violazione degli obblighi rinvenienti dalla concessione o dalla normativa di settore) ciò che rileva è il carattere reiterato e sostanzialmente continuativo di tale attività, quanto meno nella stagione estiva (che rappresenta evidentemente il momento centrale e più importante nell’esercizio dell’attività in concessione). Rileva altresì il fatto che per una porzione importante del giorno la libera attività di balneazione (la quale rappresenta il proprium dell’attività in concessione) fosse sostanzialmente impedita in ragione del carattere del tutto prevalente e pervasivo dell’attività di intrattenimento musicale ( rectius : di ‘discoteca all’aperto’), vista la presenza di una moltitudine di persone presenti sul pubblico demanio marittimo, intente a ballare piuttosto che ad usufruire dei servizi e delle attrezzature come contemplate dall’atto concessorio.

L’appellante ha sottolineato al riguardo che le attrezzature finalizzate alla balneazione e le dotazioni di sicurezza erano comunque presenti in loco .

Ma il punto centrale, ai fini della decisione, non è dato da questo profilo formale ma è rappresentato dal dato sostanziale e funzionale che – secondo quanto accertato dagli operatori della locale Capitaneria di porto – fosse in concreto impossibile “ utilizzar[e] o anche semplicemente individuar[e tali attrezzature] ”.

Si tratta di accertamenti in fatto che non risultano adeguatamente confutati dall’appellante e di conseguenti valutazioni (in punto di impossibilità dell’esercizio dell’attività balneare) che risultano scevre da profili di abnormità e/o irragionevolezza.

5. La ricostruzione dei fatti effettuata dalla Capitaneria di porto e sostanzialmente condivisa dal Comune con il provvedimento impugnato in primo grado risulta dunque plausibile e scevra da difetti di valutazione.

Ne consegue che non rileva, ai fini del decidere, la circostanza se la presenza della ‘bandiera rossa’ nella giornata del 15 agosto 2017 stesse a indicare l’indisponibilità all’attività di balneazione al fine di consentire l’esercizio in via esclusiva dell’attività di ‘feste animazioni ed altre forme di intrattenimento’.

6. Per le ragioni esposte neppure può trovare accoglimento il motivo con cui l’appellante ha negato che nel caso in esame possa ravvisarsi un mutamento sostanziale della concessione (art. 47, I, c) cod. nav.) sub specie di variazione essenziale concernente le “modalità di esercizio” ai sensi dell’articolo 24 del Regolamento per la navigazione marittima.

Non appare negabile, infatti, che la frequenza, la rilevanza, la durata e la dimensione degli intrattenimenti musicali realizzati in loco avesse mutato in modo del tutto rilevante, strutturale e sostanziale le caratteristiche dell’attività in concessione, assumendo carattere del tutto centrale (e certamente non accessorio e secondario, secondo quanto ammesso dal comma 6 dell’articolo 11 della l. 217 del 2011) e, comunque, impedendo per ampi lassi di tempo l’esercizio dell’ordinaria attività di balneazione.

7. A ogni modo, dalla documentazione in atti emerge che, per le loro caratteristiche, le attività svolte nell’area in concessione all’appellante fossero ascrivibili alla nozione di “ feste, animazioni ed altre forme di intrattenimento ” (le quali, ai sensi della pertinente Ordinanza balneare richiedono il previo rilascio di un’autorizzazione, mai rilasciata all’appellante).

Al contrario, tali attività non sembrano rientrare nel novero del mero “ intrattenimento musicale e danzante ” (il quale, ai sensi della medesima Ordinanza balneare, è consentito ai gestori purché confinato entro i limiti dell’accessorietà).

8. Le richiamate circostanze risultano del tutto dirimenti ai fini del decidere e confermano quindi la complessiva correttezza dell’operato delle amministrazioni appellate.

8.1. Né può pervenirsi a conclusioni diverse da quelle appena richiamate in ragione del fatto che (secondo quanto riconosciuto dalla stessa Capitaneria di porto) l’appellante fosse in regola con ulteriori e diversi vincoli rinvenienti dalla concessione demaniale (come quelli relativi alla garanzia di accesso per le persone diversamente abili, nonché alla possibilità di accedere all’arenile ad intervalli non superiori a 150 mt.).

E’ evidente al riguardo che il rispetto dei richiamati obblighi e prescrizioni non valga ex se ad escludere (al ricorrere delle relative condizioni) la sussistenza delle ipotesi decadenziali di cui all’articolo 47, comma 1, lettere c) ed f) del cod. nav.

9. La sussistenza delle ipotesi di decadenza di cui al più volte richiamato articolo 47, comma 1, lettera c) (per “ mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione ”) risulta di per sé idonea a giustificare la reiezione della presente impugnativa.

Tanto, alla luce del consolidato – e qui condiviso – orientamento secondo cui a fronte di un atto amministrativo di segno negativo il quale fondi la decisione su una pluralità di ragioni ostative, ciascuna delle quali risulterebbe di per sé idonea supportarla, l’impugnativa svolta in sede giurisdizionale avverso tale decisione non può trovare accoglimento se anche uno solo dei motivi di doglianza resista alle censure mosse (in tal senso: Cons. Stato, V, 12 settembre 2017, n. 4297; id ., V, 21 agosto 2017, n. 4045; id ., V, 12 giugno 2017, n. 2801).

10. Quanto appena osservato rende irrilevante ai fini del decidere l’esame dell’ulteriore argomento con cui l’appellante lamenta l’assenza nel caso in esame della ragione decadenziale di cui alla lettera f) del più volte richiamato articolo 47 (per come esplicitata dall’articolo 10 della legge regionale 10 aprile 2015, n. 17 – “ Disciplina della tutela e dell'uso della costa ”).

Al riguardo ci si limita ad osservare che la disposizione da ultimo richiamata (la quale, in effetti, elenca una serie di condotte tipiche di ‘inadempienza degli obblighi’) non può assumere carattere tassativo ed esaustivo, ma si limita a una mera indicazione esemplificativa di alcune fattispecie rientranti nell’ambito del ridetto articolo 47, lettera f).

11. Non può poi trovare accoglimento il motivo con cui l’appellante sottolinea che l’occupazione con lettini e poltroncine della fascia del demanio marittimo destinata al libero transito non giustificherebbe l’impugnato provvedimento di decadenza.

Al riguardo ci si limita ad osservare che la richiamata circostanza (la quale era stata sanzionata con il verbale n. 7/07 del 9 luglio 2017 per violazione dell’articolo 1164 cod. nav., nonché dell’articolo 7 dell’Ordinanza balneare regionale) non ha sortito valenza alcuna ai fini dell’adozione del provvedimento di decadenza (il quale si è invece incentrato sulla diversa questione dell’accertato uso difforme del suolo demaniale).

12. Con il secondo motivo di appello la Sabbia d’Oro s.r.l. lamenta che il primo Giudice non abbia rilevato la violazione, da parte del Comune di Gallipoli dei princìpi di gradualità e proporzionalità che devono necessariamente presiedere all’adozione di provvedimenti di decadenza sanzionatoria quale quello impugnato in primo grado.

Non nega l’appellante che il Comune di Gallipoli abbia trasmesso la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’adozione del provvedimento decadenziale (in tal senso la nota comunale del 18 agosto 2017), ma sottolinea che tale passaggio procedimentale non abbia soddisfatto agli oneri di collaborazione che devono gravare sull’amministrazione in un’ottica di leale collaborazione con il privato.

Sotto tale aspetto, nella consapevolezza delle gravissime conseguenze connesse al paventato provvedimento sanzionatorio, l’amministrazione avrebbe dovuto in primis diffidare l’appellante all’immediata cessazione delle condotte contestate, piuttosto che limitarsi (sia pure, previa comunicazione di avvio del procedimento) ad avviare un iter procedimentale inevitabilmente finalizzato alla più grave conseguenza della decadenza dal titolo.

Gli argomenti in questione sono stati sostanzialmente condivisi dalla Federbalneari Salento nella sua memoria di costituzione.

12.1. Il motivo non può trovare accoglimento.

Non viene qui in discussione il generale principio secondo cui l’esercizio dell’attività di controllo e sanzione da parte dell’amministrazione (in specie nei casi in cui possa risolversi nell’adozione di provvedimento particolarmente afflittivi per il privato) debba essere ispirato ai generali canoni della ragionevolezza, dell’adeguatezza, della proporzionalità e della gradualità.

Neppure viene in discussione il principio secondo cui l’applicazione dei richiamati princìpi impone che, in via generale, prima di avviare – e concludere - un procedimento finalizzato all’adozione di provvedimenti massimamente afflittivi, l’amministrazione debba contestare in modo puntuale all’interessato le violazioni commesse, anche al fine di sollecitare una spontanea conformazione agli obblighi violati.

Ma il punto è che nel caso in esame l’appellante era stato posto in condizione sin dal 9 luglio 2017 di comprendere esattamente quali fossero le condotte a lui ascritte e di porvi rimedio.

Sotto tale aspetto, il verbale in tale occasione stilato indicava in modo sintetico ma inequivoco il contenuto delle contestazioni e la lamentata modifica in senso sostanziale dell’oggetto stesso della concessione.

Né risulta che l’appellante (pur a conoscenza delle specifiche contestazioni che le erano state rivolte) abbia spontaneamente conformato la propria attività, se è vero che – secondo le risultanze in atti – ancora in data 30 luglio 2017 si svolgevano in loco attività del tutto simili a quelle oggetto dell’iniziale contestazione (si veda sul punto la documentazione fotografica allegata agli atti del primo grado – all. 13 del deposito della Capitaneria di porto di Gallipoli -).

Anche sotto tale aspetto, quindi, il ricorso in epigrafe non può trovare accoglimento, anche in considerazione della proporzionalità della misura in relazione alla gravità e alla reiterazione delle condotte violative degli obblighi concessori..

13. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ravvisa giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi