Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-02-19, n. 201901167
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Testo completo
Pubblicato il 19/02/2019
N. 01167/2019REG.PROV.COLL.
N. 01159/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1159 del 2016, proposto dalla società Amica Chips S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano D’Apolito, M O, M B e R C ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli ultimi due tra i suindicati difensori in Roma, via del Tritone, n. 169;
contro
l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Unione nazionale dei consumatori, in persona del rappresentante legale pro tempore , non costituita nel presente giudizio in grado di appello;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 10 novembre 2015 n. 12708, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed i documenti prodotti;
Esaminate le memorie difensive e gli ulteriori atti depositati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il Cons. Stefano Toschei e uditi per le parti l’avvocato M O e l’avvocato dello Stato Alberto Giua;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - La presente controversia, nella sede d’appello, muove dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 10 novembre 2015 n. 12708 con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla società Amica Chips S.p.a. nei confronti del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato 3 febbraio 2015 n. 17896 con il quale è stata irrogata alla predetta società la sanzione pecuniaria di € 300.000,00 ed inibita alla stessa la prosecuzione di pratiche ritenute scorrette.
2. - Dalla documentazione versata da entrambe le parti nei due gradi di giudizio e dalla lettura della sentenza qui fatta oggetto di gravame si può ricostruire la vicenda contenziosa che ha condotto a questo giudizio in sede di appello come segue:
- l’Autorità avviò un procedimento nei confronti della società oggi appellante, che svolge attività di produzione e di distribuzione di patatine fritte in busta, con il quale le contestava che: “ a) sul frontpack, nello spot televisivo e sulle pagine web aziendale, relativamente alle referenze “Eldorada Tradizionale” e “Eldorada Cotte a mano”, spicca, con grande evidenza grafica, il claim “- 20% di grassi”, cui segue immediatamente, ma con una scritta a caratteri piccolissimi, la dicitura “rispetto alla patatina fritta tradizionale”, in contrasto con le disposizioni del Regolamento C.E. 1924/2006; b) negli stessi posti, in relazione alle referenze “Eldorada Cotte a mano”, “Alfredo’s al sale marino” e “Alfredo’s al pepe nero”, risulta l’indicazione “cotte a mano”, mentre in altre sezioni del sito aziendale è descritta una produzione di tipo industriale; c) sul frontpack della referenza “Eldorada La Tradizionale” risulta, con evidenza cromatica e dimensionale, l’indicazione “con olio d’oliva”, senza alcuna specifica, mentre sul retro della confezione si afferma che nella preparazione si usa solo il 5% di tale componente, insieme con altri oli vegetali; d) sul frontpack della referenza “Pollo roasted” c’è l’immagine di un alimento (maionese, hamburger, paprika,ecc.) senza alcuna specificazione e solo sul retro della confezione viene spiegato che, nella preparazione, possono essere utilizzati come aroma ” (così come viene riportato nella documentazione prodotta in giudizio e sintetizzato a pag. 3 della sentenza qui fatta oggetto di appello nonché alle pagg. 2, 3 e 4 dell’atto di appello);
- in ragione di tali contestazioni l’Autorità garante riteneva che la pratica commerciale posta in essere dalla società Amica Chips S.p.a. costituisse una pratica commerciale scorretta ai sensi degli arti. 20, 21 comma 1, lettera b), e 22, comma 2, del Codice del Consumo inibendone, di conseguenza, la diffusione e la continuazione;
- l’Autorità quindi infliggeva alla predetta società una sanzione amministrativa pecuniaria di € 300.000,00 e disponeva che venisse comunicato all’Autorità medesima, da parte della società sanzionata, quali iniziative avesse assunto per ottemperare alla inibizione-diffida di cui sopra.
La società proponeva quindi ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio chiedendo l’annullamento del provvedimento.
3. – I motivi di censura nei confronti del provvedimento dell’Autorità dedotti con il ricorso proposto in primo grado possono riassumersi come segue.
Il claim nutrizionale “- 20 % di grassi rispetto alla patatina fritta classica”, era inserito in un apposito riquadro, all’interno del quale era possibile vedere sia il messaggio con il quale si indicava la riduzione percentuale di grassi sia, al tempo stesso, il termine di paragone (la frase “rispetto alla patatina fritta classica “), che, proprio per questa ragione, non poteva considerarsi nascosto o non adeguatamente visibile da parte del consumatore medio. Ne deriva che l’inserimento del suindicato claim non può costituire un comportamento violativo del Regolamento 1924/2006 CE sia perché recante un contenuto veritiero (ossia l'effettiva riduzione del 20% dei grassi rispetto alla patatina tradizionale) sia perché il predetto Regolamento pone limiti all'indicazione di riduzione di grassi soltanto in relazione a claim "assoluti" o "generici"(contenenti, ad esempio, frasi del tipo: “a ridotto contenuto di grassi, con meno grassi, con pochi grassi, leggero”) , non ai claim comparativi specifici (nei quali, a differenza dei primi, è presente l'indicazione di un termine di paragone), come è avvenuto nel caso di specie. Inoltre, sempre sul tema del claim di cui sopra, il Regolamento non contiene specifiche sanzioni per la violazione delle disposizioni in esso contenute e comunque va rilevato un vizio di istruttoria e di motivazione, coagulato nel mero richiamo, non suffragato da altri elementi, alle disposizioni recate dal Codice del Consumo, senza alcuna puntualizzazione circa l’oggetto dell’inganno subito dal consumatore medio.
In merito alla contestata indicazione “cotte a mano”, la società oggi appellante reclamava la ingiustificata contestazione da parte dell’Autorità, perché il fatto non viene punito con alcuna sanzione dal sopra citato regolamento europeo e tale dizione non ha in sé alcuna caratteristica ingannevole visto che nel “settore” la frase "cotte a mano", indica un tipo di prodotto e non un metodo di produzione o di fabbricazione e, comunque, anche in questo caso l’Autorità, nel contestare il comportamento come ingannevole, non ha dimostrato l’idoneità né ha motivato la capacità della suindicata dizione a determinare una alterazione significativa nel comportamento economico del consumatore.
Anche la contestazione sull’utilizzo dell’olio di oliva, espressa dall’Autorità nel provvedimento impugnato, è stata oggetto di apposite censure da parte della società Amica Chips, anche in questo caso rimarcando che in merito il Regolamento europeo, più volte sopra richiamato, non prevede specifiche sanzioni, oltre alla circostanza che nell'apposita tabella degli ingredienti è stata puntualmente specificata la misura dell’apporto dell’olio d’oliva, sicché nessun messaggio ingannevole è stato proposto.
Analoghe doglianze sono state poi riferite alla sezione del provvedimento nel quale si contesta alla società l’ingannevole accostamento tra il prodotto ed altri che ne avrebbero caratterizzato il sapore.
Il quinto ed ultimo motivo di ricorso veniva dedicato alla contestazione in merito all'entità della sanzione inflitta, segnalando la violazione dei parametri previsti dagli artt. 11 l. 689/81 e 27 d.lgs. 206/2005, posto che l'Autorità si sarebbe basata essenzialmente sul fatturato complessivo dell'impresa, senza tenere conto della modesta incidenza dei prodotti contestati sul fatturato totale, della scarsa diffusione pubblicitaria dei prodotti, ad eccezione di Eldorada, della divergenza tra tale sanzione e quelle in precedenza inflitte per casi simili (che venivano proposti specificamente a conferma della fondatezza della doglianza).
4. – Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso con la sentenza qui oggetto di appello.
In primo luogo il giudice di primo grado, dopo avere riprodotto il contenuto delle norme le cui disposizioni attengono al caso in esame ed avere ricordato gli orientamenti giurisprudenziali che hanno perimetrato l’ambito di intervento del giudice amministrativo in merito alla delibazione delle censure dedotte dal trasgressore nei confronti del provvedimento sanzionatorio irrogato dall’Autorità, con riferimento al primo motivo di ricorso avente ad oggetto il claim nutrizionale “-20 % di grassi rispetto alla patatina fritta classica”, lo ha ritenuto infondato, sottolineando in particolare come “ L’enfasi grafica attribuita alla percentuale di riduzione dei grassi è infatti idonea a offrire al consumatore un’informazione non corretta in ordine al reale quantitativo dei grassi e ad indurlo ad acquistare il prodotto credendo che lo stesso arrechi in assoluto, al proprio regime alimentare, un apporto nutrizionale ridotto in grassi e non invece, come realmente è, un ridotto apporto rispetto alle altre patatine classiche ”. Il giudice di primo grado ha infatti rimarcato che la circostanza secondo la quale il messaggio di cui sopra fosse riportato nella confezione come “ in caratteri grafici enormi per la prima parte (- 20% di grassi) e piccolissimi e poco visibili per la