Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-19, n. 202405487

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-06-19, n. 202405487
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405487
Data del deposito : 19 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/06/2024

N. 05487/2024REG.PROV.COLL.

N. 05027/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5027 del 2020, proposto da
Comune di Reggio Emilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Campagnola in Roma, via Toscana N 30;

contro

S G, rappresentato e difeso dall'avvocato D T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Toscana n. 1;

nei confronti

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Unaep - Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Lullo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, sezione staccata di Parma (Sezione Prima) n. 59/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S G e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 8 maggio 2024 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati A B e Andrea Re in sostituzione dell'avv. D T in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams".;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio l’avv.to S G impugnava il regolamento adottato dal Comune di Reggio Emilia ai sensi dell’art. 9 del D.L. 89/2014, relativo a compensi professionali spettanti agli avvocati della Avvocatura comunale: l’impugnazione riguardava, in particolare: (i) la modifica all’art. 8 comma 1, con la quale è stato previsto che al Comune “ spetta il rimborso di tutte le spese generali e degli oneri previdenziali di spettanza datoriale eventualmente riconosciuti ” all’esito di un contenzioso ed ove la controparte soccombente sia stata condannata alla rifusione delle spese;
(ii) la modifica all’art. 8 del Regolamento costituita dall’inserimento dei commi 8 e 9, con i quali è stato rispettivamente previsto che “ sono ricondotti a compenso esclusivamente i provvedimenti giurisdizionali che entrino nel pieno merito della controversia ” (comma 8) e che “non sono ricondotti a compenso: i provvedimenti giurisdizionali a valenza cautelare;
i provvedimenti giurisdizionali a valenza procedurale-di rito (ad esempio, di perenzione/estinzione del giudizio;
inammissibilità/irricevibilità/improcedibilità;
cessazione della materia del contendere);
le transazioni o gli accordi stragiudiziali che blocchino l’azione contenziosa
” (comma 9).

2. L’indicata modifica del regolamento veniva adottata dal Comune di Reggio Emilia in seguito ad una ispezione del Servizio della Ragioneria Generale e alla conseguente relazione, che evidenziava una serie di non conformità del regolamento in vigore rispetto alla normativa primaria. Pertanto il Comune provvedeva a modificare il Regolamento per l’Avvocatura al fine di adeguarsi alla previsione dell’art. 9 del D.L. n. 90/2014, il quale prevede il riparto delle somme recuperate “ tra gli avvocati dipendenti delle amministrazioni ” in caso di “ sentenza favorevole ” con “ modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva ” (comma 3).

3. Le modifiche così introdotte venivano impugnate dall’avv. G, all’epoca Dirigente del Servizio legale e contratti del Comune di Reggio Emilia, iscritto nell’Elenco Speciale degli Avvocati dipendenti da Enti Pubblici dal 23 aprile 1990.

4. Con la sentenza in epigrafe indicato il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna, sede di Parma, ritenuta la propria giurisdizione e respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune, con riferimento alla mancata impugnazione della relazione del MEF ed alla mancata impugnazione di atti applicativi, accoglieva il ricorso nel merito. A motivo di tale decisione il TAR ha ritenuto che: (i) il trattamento economico spettante al pubblico dipendente, compresi gli Avvocati, deve essere definito in sede di contrattazione, dovendosi pertanto ritenere illegittima una compressione delle competenze economiche del personale delle Avvocature pubbliche ad opera di fonti di rango regolamentare;
(ii) la ripartizione delle somme recuperate operi in presenza di ogni “sentenza favorevole”;
(iii) per “sentenza favorevole”, ai fini di che trattasi, deve intendersi qualsiasi sentenza o atto stragiudiziale che definisca un giudizio arrecando un vantaggio all’Amministrazione, indipendentemente dal fatto che si tratti di una sentenza che definisce il giudizio su una questione di rito o sul merito della causa, o che si tratti di un atto o provvedimento di natura stragiudiziale;
(iv) risultano quindi viziate da illogicità le previsioni impugnate, che, fondandosi su una interpretazione formalistica della nozione di “sentenza favorevole”, escludono che la ripartizione delle “propine” a fronte di sentenze di mero rito o di definizioni stragiudiziali della vertenza, ancorché idonee a determinare vantaggi per l’Amministrazione.

5. Il Comune di Reggio Emilia ha proposto appello avverso l’indicata decisione.

6. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’avvocato G si sono costituiti in giudizio per resistere alla impugnazionb.

7. E’ intervenuta nel giudizio, ad opponendum, l’Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici (breviter UNAEP).

8. In occasione della camera di consiglio del 28 agosto 2020 il Collegio ha respinto la domanda cautelare proposta dal Comune appellante, per la sospensione della appellata sentenza.

9. La causa è stata, infine, chiamata all’udienza straordinaria dell’8 maggio 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Preliminarmente il Collegio deve esaminare le eccezioni processuali di rito respinte dal TAR e riproposte dal Comune appellante.

10.1. Va respinta l’eccezione difetto di giurisdizione, che l’appellata sentenza ha respinto sul rilievo che l’atto impugnato ha natura regolamentare.

10.1.1. L’appellante sostiene che la controversia attiene alla materia del pubblico impiego privatizzato e quindi trova applicazione l’art. 63 del D. L.vo n. 165/2001, che devolve "tutte" le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni per ogni fase dei rapporti stessi, senza che abbia alcuna incidenza sulla giurisdizione del G.O. la circostanza che nel giudizio vengano in questione “atti amministrativi presupposti”, che, se ritenuti illegittimi e rilevanti ai fini della decisione, possono essere disapplicati dal G.O. ( ex multis , cfr. SS.UU. 20.6.2017 n. 15276;
SS.UU.

9.5.2016 n. 9281). Nel caso di specie, inoltre, non verrebbe in rilievo un atto qualificabile come di “macro-organizzazione” , dal momento che le disposizioni regolamentari impugnate disciplinano l’erogazione di una parte (quella variabile) del trattamento retributivo degli avvocati dipendenti degli enti pubblici, mentre gli atti di macro-organizzazione debbono individuarsi, secondo la giurisprudenza, in quelli recanti la definizione delle linee fondamentali di organizzazione degli uffici, e quindi gli atti aventi ad oggetto l’istituzione o l’accorpamento di uffici, i modi di conferimento della loro titolarità e la determinazione delle dotazioni organiche (cfr. Sez. IV, 21.10.2013 n. 5104;
Sez. V, 6.12.2012 n. 6261;
Sez. VI, 7.9.2012 n. 4758).

10.1.2. Merita ricordare che all’origine della devoluzione delle controversie relative al pubblico impiego al Giudice Ordinario è la considerazione che la disciplina di tale rapporto di lavoro è stata affidata alla contrattazione collettiva e alle norme di diritto privato, e non più alle norme di diritto pubblico, conseguendo da ciò che l’amministrazione pubblica ha assunto, nei confronti del dipendente pubblico, un ruolo equiparabile a quello del datore di lavoro privato, tant’è che il rapporto di lavoro si perfeziona con un contratto, e non con un atto d’autorità. Le controversie devolute alla giurisdizione del Giudice Ordinario, pertanto sono solo quelle che hanno ad oggetto gli atti con cui la pubblica amministrazione gestisce il singolo rapporto di lavoro, sempre che questo sia disciplinato dalla contrattazione collettiva e dalle norme di diritto privato, e non si tratti, invece, di rapporto di lavoro che ancora oggi sia disciplinato da norme di diritto pubblico.

10.1.3. Si deve, in particolare, rammentare che la circostanza che un atto amministrativo incida su una posizione di diritto soggettivo o che sia espressione di attività vincolata non implica, necessariamente, che l’atto sia sottratto alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e, correlativamente, al termine decadenziale previsto dall’art. 29 c.p.a. per l’esercizio dell’azione di annullamento. Allorché vengano in considerazione atti amministrativi adottati nell’esercizio di una potestà pubblicistica e aventi carattere generale, aventi - cioè idoneità ad esplicare effetti nei confronti di una collettività di persone - si è infatti al cospetto di provvedimenti che, sebbene potenzialmente idonei ad impattare su situazioni di diritto soggettivo, hanno però lo scopo di regolare determinate situazioni nell’interesse pubblico, svolgendo, in tal senso, una funzione che, necessariamente, ha natura regolatoria/organizzatoria: ebbene, a cospetto dell’esercizio di simili poteri i diritti dei destinatari del provvedimento possono essere all’occorrenza compressi o limitati o modificati, appunto in nome del superiore interesse pubblico, e per tale ragione ad essi destinatari si riconosce l’interesse legittimo al corretto esercizio dell’azione amministrativa e la correlativa legittimazione ad agire in giudizio a tutela del suddetto interesse;
di conseguenza, a fronte dell’esercizio di poteri pubblicistici attuato medianti atti amministrativi di natura generale ricorrono, necessariamente, posizioni di interesse legittimo che, all’occorrenza, possono coesistere con posizioni di diritto soggettivo incise dal provvedimento generale, le quali vengono tutelate in via indiretta per il tramite della tutela dell’interesse legittimo.

10.1.4. Quanto si qui detto rispecchia, in sostanza, la nota e risalente teoria della degradazione dei diritti soggettivi, che questo Consiglio di Stato ha ritenuto, recentemente, applicabile anche in materia di diritti fondamentali (sub specie del diritto alla salute: cfr. sentenza n. 6371 del 21 ottobre 2020, Sezione III): tale teoria giustifica, pertanto, la giurisdizione generale di legittimità del Giudice Amministrativo e, con essa, la necessità di rispettare il termine decadenziale previsto dall’art. 29 c.p.a. - che ha la funzione di evitare che le situazioni di incertezza, connesse all’impugnazione di un provvedimento regolatorio/organizzatorio, si protraggano a tempo indeterminato - anche nei confronti degli atti che impattino su diritti soggettivi, indipendentemente dal fatto che tali atti siano espressione di attività vincolata o discrezionale.

10.1.5. Tale orientamento è stato ancora recentemente ribadito da questo Consiglio di Stato con le pronunce della Sez. III n. 2916/2023 e 8434/2022, secondo cui l’art. 7 c.p.a. – in coerenza con le disposizioni di legge precedentemente in vigore – afferma la sussistenza della giurisdizione amministrativa di legittimità quando sono impugnati atti emessi nell’esercizio del potere pubblico, e dunque autoritativi, mentre non ha rilievo la natura discrezionale ovvero vincolata (meramente attuativa della norma primaria) dell'atto in contesto, non costituendo tale elemento un presupposto necessario a fondare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (tali decisioni richiamano, tra l’altro, anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 127 del 1998, ove si legge che è un “postulato privo di qualsiasi fondamento” il sostenere che un atto vincolato non possa incidere su posizioni di interesse legittimo).

10.1.6. Il Comune solo in appello ha dedotto, a fondamento dell’eccepito difetto di giurisdizione, la circostanza che il regolamento sarebbe frutto di un accordo sindacale, attuativo delle disposizioni della contrattazione collettiva in materia di trattamento economico degli avvocati dipendenti degli enti pubblici: in particolare, attuativo dell’art. 27 del C.C.N.L. 14.9.2000, secondo cui “ gli enti locali provvisti di avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578… …”, nonché dell’art 37

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