Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-10-31, n. 202209386

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-10-31, n. 202209386
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209386
Data del deposito : 31 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/10/2022

N. 09386/2022REG.PROV.COLL.

N. 02287/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2287 del 2022, proposto da
L L s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, 26/B;

contro

Metro Brescia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
Impi s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Zoppellari e Gabriele Grande, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, Sez. I, n. 213 del 2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Metro Brescia s.r.l. e della Impi s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 ottobre 2022 il Cons. S F e uditi per le parti gli avvocati Tomaselli, su delega dell'avv. Brugnoletti, e Zoppellari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.-L L s.p.a. ha interposto appello nei confronti della sentenza 2 marzo 2022, n. 213 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Brescia, Sez. I, che ha respinto il suo ricorso principale avverso l’aggiudicazione in data 12 novembre 2021 ad Impi s.r.l. della procedura aperta per l’affidamento del servizio di pulizia di tutte le infrastrutture della metropolitana di Brescia, e conseguentemente dichiarato improcedibile il ricorso incidentale della stessa società Impi.

Alla procedura di gara, indetta da Metro Brescia s.r.l., hanno partecipato ventitrè operatori economici;
all’esito Impi s.r.l., gestore uscente del servizio, è risultata prima graduata con punti 95,30 (di cui 66 per il progetto tecnico e 29,30 per l’offerta economica) e seconda la Lucente s.p.a. con punti 93,48 (di cui 69,47 per l’offerta tecnica e 24,01 per quella economica).

L’offerta di Impi, recante un ribasso del 31,17 per cento, è stata ritenuta anomala e sottoposta alla relativa verifica, nel corso della quale ha presentato giustificazioni, ritenute “accoglibili” dalla stazione appaltante.

2. - Con il ricorso in primo grado L L s.p.a. ha dedotto l’illegittimità del provvedimento di aggiudicazione in favore di Impi e degli atti presupposti, deducendo che quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c- bis ), del d.lgs. n. 50 del 2016, con riferimento alla asseritamente incompleta comunicazione dell’elenco del personale impiegato nell’appalto, rilevante ai fini della clausola sociale, per avere modificato l’offerta in sede di giustificazioni, nonché, ancora, l’erronea attribuzione di quattro punti tabellari per il sub-criterio 3.a), la violazione delle caratteristiche minime richieste dal capitolato per i prodotti e materiali da utilizzare nel servizio di pulizia dei tunnel, ed infine l’illegittimità degli atti di gara per prevalenza dei criteri tabellari con assegnazione automatica “ on/off ”.

Impi s.p.a. ha proposto, a sua volta, ricorso incidentale finalizzato ad ottenere l’esclusione de L L, lamentando, tra l’altro, la violazione delle prescrizioni minime di gara e l’errata qualificazione del costo della manodopera.

3. - La sentenza appellata ha respinto il ricorso principale e, per l’effetto, dichiarato improcedibile quello incidentale. In particolare, ha ritenuto che Impi abbia reso informazioni veritiere in quanto corrispondenti alla propria forza lavoro effettivamente occupata;
ha escluso che la società Impi abbia modificato la propria offerta in sede di giustificazioni del prezzo;
ha affermato che alla stessa controinteressata siano stati correttamente attribuiti i quattro punti relativi al criterio 3.a), e che la società abbia anche rispettato le specifiche tecniche prescritte nel disciplinare in relazione alla pulizia del tunnel della metropolitana cittadina.

4.- Con il ricorso in appello L L s.p.a. ha reiterato, alla stregua di motivi di critica della sentenza, le censure di primo grado.

5. - Si è costituita in resistenza la Metro Brescia s.r.l. puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello;
Impi s.r.l., a sua volta, ha riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. le eccezioni preliminari assorbite in primo grado (riguardanti l’inammissibilità per genericità del terzo motivo, nonché l’inammissibilità del terzo e del quarto motivo in quanto impingenti nel merito) e ha inoltre esperito appello incidentale avverso i motivi del ricorso incidentale di primo grado dichiarati improcedibili (concernenti la non rispondenza del servizio offerto da L L alle specifiche di minima previste dall’art.

4.12 del disciplinare tecnico e l’illegittima verifica di anomalia dell’offerta;
in subordine ha dedotto il mancato rispetto di talune specifiche tecniche).

6. - All’udienza pubblica del 6 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo motivo L L s.p.a. deduce che la società Impi avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c- bis ), del d.lgs. n. 50 del 2016, nell’assunto che abbia fornito delle informazioni incomplete e fuorvianti in ordine al personale “uscente”. In particolare, la Metro Brescia aveva, in data 13 ottobre 2020, richiesto a Impi, quale gestore uscente, di trasmettere l’elenco del personale attualmente impiegato nell’appalto per adempiere alla clausola sociale di cui all’art. 50 dello stesso d.lgs. n. 50 del 2016 (assorbimento del personale per cambio-contratto);
la controinteressata ha comunicato (in data 16 ottobre 2020 e poi di nuovo il 10 giugno 2021) che il personale era composto da 37 operatori per un totale di 1.084,50 ore settimanali complessive, salvo poi presentare la propria offerta, il successivo 23 giugno 2021, modificando e smentendo le informazioni fornite mediante la presentazione di un “progetto di riassorbimento” che prevede solamente 27 operatori (precisando che dei dieci non reimpiegati sette saranno destinati “ad altri cantieri”, uno è “in aspettativa non retribuita” e due termineranno il rapporto di lavoro rispettivamente in data 31 ottobre 2021 e 30 giugno 2021). Tale contegno avrebbe determinato un’asimmetria informativa che non è stata rilevata dal primo giudice, il quale ha escluso la sussistenza di entrambe le fattispecie contemplate dall’art. 80, comma 5, lett. c- bis ). L’appellante lamenta come la statuizione gravata abbia omesso di considerare che l’art. 50 del codice dei contratti pubblici non richiede una fotografia statica della situazione esistente al momento della richiesta da parte della stazione appaltante, ma una rappresentazione che guardi, in prospettiva dinamica, al numero degli addetti al momento del cambio-appalto. In ogni caso Impi avrebbe taciuto che uno degli addetti era in aspettativa non retribuita e che due avrebbero cessato il proprio rapporto di lavoro, in tale guisa inducendo in errore L L nella propria offerta di riassorbimento di tutte le unità di personale, con una aggiuntiva, ciò inevitabilmente refluendo sulla quantificazione del costo della manodopera contemplato nell’offerta (per circa euro 128.511,00). L’appello contesta altresì che l’art. 80, comma 5, lett. c- bis ), richieda un’omissione caratterizzata da dolo, essendo sufficiente, per la norma, la colpa nel fornire informazioni false, come pure nell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura. Impi, in sede di verifica dell’anomalia, ha poi dichiarato un monte ore ancora più basso, di sole 110.409 ore, quasi il 40 per cento minore di quello indicato nella tabella comunicata a Metro Brescia. Per l’appellante, in definitiva, i suindicati dati incompleti hanno determinato una distorsione del confronto concorrenziale, precludendo il superamento dell’asimmetria informativa tra il precedente gestore e la platea dei concorrenti partecipanti alla nuova procedura.

Il motivo è infondato.

Avendo riguardo alle due fattispecie enucleate dall’art. 80, comma 5, lett. c- bis ), del d.lgs. n. 50 del 2016, ritiene il Collegio che la condotta, oggetto di censura, di Impi non integri l’ipotesi della falsità di informazioni e neppure quella dell’omissione dichiarativa.

Premesso che la comunicazione informativa resa ai fini del rispetto della clausola sociale non rientra nella documentazione di gara, e che quindi può essere al più assunta a indice sintomatico della “illiceità” della successiva offerta, occorre comunque muovere dal presupposto per cui Metro Brescia, con nota del 13 ottobre 2020, aveva richiesto ad Impi s.r.l. “ di voler trasmettere un elenco del personale attualmente impiegato nell’appalto ”, predisponendo allo scopo un fac-simile di elenco da “riempire”.

In conformità, la società Impi ha trasmesso, il 16 ottobre 2020, l’elenco del personale effettivamente impiegato, a quell’epoca, presso Metro Brescia e tale circostanza è incontestata;
in data 10 giugno 2021 si è limitata a fornire aggiornamenti relativi all’elenco.

Una siffatta comunicazione, rispondente alla specifica richiesta della stazione appaltante, non può integrare l’ipotesi delle informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione. Infatti, una informazione resa in conformità a quanto richiesto dalla stazione appaltante esclude per definizione che possa avere attitudine decettiva.

Allo stesso modo, la comunicazione non può enucleare un’ipotesi di dichiarazione omessa, in quanto tale incidente sul corretto svolgimento della procedura di gara.

Non può perdersi di vista che sia il fornire, anche per negligenza, informazioni false e fuorvianti suscettibili di incidere sul processo decisionale dell’amministrazione, che l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione costituiscono situazioni di potenziale illecito professionale, che onerano la stazione appaltante a svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente, pur senza alcun automatismo espulsivo (Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16).

E’ evidente pertanto che la valutazione degli obblighi dichiarativi deve sempre essere verificata alla stregua di quanto richiesto con l’atto che è fonte dell’obbligo stesso;
e ciò a prescindere dalla valutazione della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa.

A bene considerare, il contenuto della comunicazione resa da Impi è anche coerente con quanto previsto dalle Linee guida Anac n. 13 (di cui alla delibera n. 114 del 13 febbraio 2019), le quali, in tema di disciplina delle clausole sociali, al punto 3.3, stabiliscono che « ai fini dell’applicazione della clausola sociale, si considera di regola il personale dell’impresa uscente calcolato come media del personale impiegato nei sei mesi precedenti la data di indizione della nuova procedura di affidamento », senza lasciare spazio all’interpretazione dinamica o prospettica patrocinata dall’appellante.

Quanto ora osservato vale dunque anche in relazione alla mancata indicazione del dipendente in aspettativa non retribuita e ai due in prossimità di cessazione del rapporto di lavoro, trattandosi di elementi non contemplati nel fac-simile di elenco inviato da Metro Brescia con la nota del 13 ottobre 2020, utilizzato da Impi nella predisposizione dell’elenco allegato alla risposta del successivo 16 ottobre.

Occorre peraltro aggiungere, nella prospettiva della violazione delle regole strumentali della concorrenza, che si sarebbe determinata per effetto del perdurare dell’asimmetria informativa, come scarsa rilevanza causale possa essere attribuita alla posizione di tre dipendenti su trentasette, in quanto spetta al concorrente la scelta delle concrete modalità di attuazione della clausola sociale;
da quest’ultima non può derivare la necessaria conservazione dell’inquadramento e dell’anzianità del lavoratore assorbito dall’impresa aggiudicataria, come del resto evincibile dall’art. 24 del disciplinare di gara.

Detto in altri termini, la clausola sociale e il mantenimento dei livelli occupazionali non possono ritenersi ostativi a scelte imprenditoriali ispirate all’ottimizzazione e all’efficienza dei modelli produttivi (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 2 novembre 2020, n. 6761;
VI, 21 luglio 2020, n. 4665).

Tale autonomia imprenditoriale non poteva neppure precludersi a Impi s.r.l. nella formulazione della sua successiva offerta, nella quale ha ritenuto sufficiente l’impiego di ventisette unità di personale tra quelle riassorbite per l’esecuzione del servizio.

2. - Il secondo motivo critica la statuizione di primo grado che ha respinto il secondo e il terzo motivo di ricorso, con i quali L L ha chiesto l’esclusione di Impi rispettivamente in ragione della modifica del monte ore offerto (da 121.524 indicate nel piano di riassorbimento allegato all’offerta economica a 110.409 indicate in sede di giustificazioni) e dunque per modifica dell’offerta, nonchè per carenza di istruttoria nella fase della valutazione delle giustificazioni, ove non è stata rilevata la predetta modifica. Per l’appellante, la circostanza che la lex specialis non prevedesse un monte ore minimo non giustifica affatto la modifica dell’offerta in fase di giustificazioni, tanto più grave in quanto si verte al cospetto di un appalto, quale è quello di pulizie, dall’elevata incidenza della manodopera.

Anche tale motivo è infondato.

La sentenza ha condivisibilmente posto in evidenza, da una parte, che la lex specialis di gara non conteneva alcun riferimento alle ore, sì che il monte ore complessivo non è requisito dell’offerta e, dall’altra parte, che un conto sono le ore teoriche di impiego dei dipendenti da riassorbire, altro conto sono le ore effettive lavorate, cui fare riferimento in sede di giustificazione del prezzo offerto.

Invero, la circostanza che le ore non fossero oggetto dell’offerta, esclude che l’eventuale differente declinazione delle medesime possa costituire una modifica in senso tecnico dell’offerta.

E’ inoltre consolidata la giurisprudenza (tra le tante, Cons. Stato, V, 27 dicembre 2021, n. 8624;
V, 15 febbraio 2021, n. 1317) nel ritenere che in sede di verifica dell’anomalia non va assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo anche delle ore medie annue non lavorate (per ferie, festività, studio, etc.) di un lavoratore che presti servizio per tutto l’anno, ma deve invece considerarsi il “costo reale” (o costo ore lavorative effettive);
nella fattispecie, non risultano contestate le giustificazioni economiche della controinteressata, poste a pagina 8 dei “chiarimenti dell’offerta” del 13 ottobre 2021, dalle quali si evincono le ragioni della divergenza tra il monte ore teorico contenuto nel progetto di riassorbimento e il monte ore effettivo contenuto nelle giustificazioni del prezzo.

Esclusa dunque la violazione, da parte di Impi s.r.l., del principio di immodificabilità dell’offerta, non è neppure ravvisabile, nei termini denunciati, il difetto di istruttoria in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, anche a prescindere dall’eccepita inammissibilità per genericità della censura.

3. - Il terzo motivo di appello riguarda l’attribuzione a Impi di quattro punti tabellari per il sub-criterio 3.a) di cui all’art. 18 del disciplinare di gara, concernente la “ fornitura di tutti i prodotti in carta tessuto costituiti da polpa non sbiancata, oltre che in possesso del marchio di qualità ecologica Ecolabel (OE) o di equivalenti etichette ambientali conformi alla norma tecnica UNI EN ISO 14024 ”;
deduce come Impi, pur avendo dichiarato di avere tutti i prodotti in carta tessuto in polpa non sbiancata, in realtà ne abbia offerti due privi di tale requisito (il rotolo asciugamani “ Ecolabel Paredis 3 ” che, essendo bianco, è necessariamente costituito da polpa sbiancata, nonché il prodotto “ Easy j 300 ”, anch’esso bianco e dunque sbiancato), con il logico corollario che avrebbe dovuto conseguire zero punti. Per l’appellante, la sentenza, senza tenere conto che la lex specialis richiedeva due cumulative caratteristiche dei prodotti, avrebbe erroneamente ritenuto equivalente il possesso della certificazione Ecolabel con la composizione “in polpa non sbiancata”, nella considerazione dell’identità della finalità, e richiamando altresì il principio di equivalenza funzionale di cui all’art. 68 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Il motivo, pur nella sua complessità, va respinto.

La statuizione di primo grado ha ritenuto di fare applicazione di un’interpretazione teleologica della prescrizione del disciplinare, assumendo che « poiché i prodotti in contestazione […] soddisfano l’esigenza manifestata dalla stazione appaltante nel criterio di valutazione in esame in materia del tutto equivalente, dal punto di vista finalistico, rispetto a quelli costituiti da polpa non sbiancata, in quanto dotati di marcatura Ecolabel UE, la scelta della stazione appaltante di attribuire 4 punti non è censurabile, anche alla luce del fatto che il sindacato giurisdizionale intorno alla valutazione tecnica relativa alla conformità tecnica dei prodotti offerti, può esplicarsi solo in caso di manifesta irragionevolezza ».

Ritiene il Collegio che tale interpretazione non strettamente letterale del punto 3.a) del disciplinare sia consentita nella fattispecie controversa non tanto facendo applicazione del principio di equivalenza, che concerne le specifiche tecniche e non i criteri ambientali minimi (seppure non previsti a pena di esclusione), quanto piuttosto in ragione della non coerenza ( id est , ambiguità) tra la richiamata prescrizione del richiamato punto 3.a) dell’art. 18 del disciplinare di gara e quella di cui al punto 4.12 del disciplinare tecnico, il cui terzo comma dispone che « i prodotti di carta tessuto dovranno essere in possesso del marchio di qualità ecologica Ecolabel (UE) o equivalenti etichette ambientali conformi alla norma tecnica UNI EN ISO 14024 ».

Se il disciplinare richiede la fornitura di prodotti in carta tessuto costituiti da polpa non sbiancata, oltre che in possesso del marchio di qualità ecologica Ecolabel o di equivalenti etichette ambientali, il disciplinare tecnico non richiede il requisito della polpa non sbiancata, ma si limita a prescrivere che i prodotti di carta tessuto devono essere in possesso del marchio Ecolabel o di equivalente etichetta ambientale, disponendo effettivamente una clausola di equivalenza tra due requisiti, e non enucleando requisiti cumulativi.

Non si tratta di verificare quale testo prevalga, anche perché sarebbe operazione ermeneutica ardua, instaurandosi tra disciplinare e disciplinare (o capitolato) tecnico un rapporto di “gerarchia differenziata”, ma piuttosto di prendere atto di una incoerenza tra disposizioni della lex specialis , imponente un’interpretazione sistematica.

Non deve, del resto, trascurarsi che, secondo la costante giurisprudenza, nell’interpretazione della lex specialis di gara devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 Cod. civ. (tra le tante, Cons. Stato, V, 8 aprile 2021, n. 2844;
V, 9 agosto 2022, n. 7022). Ciò significa che ai fini dell’interpretazione della lex specialis devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 Cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto (Cons. Stato, VI, 3 agosto 2018, n. 4798).

Pertanto se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole.

Ciò comporta, come esito ermeneutico, quello di ritenere che sia stato correttamente attribuito il punteggio tabellare alla Impi s.r.l. per il criterio ambientale di cui al più volte richiamato punto 3.a), pur non sussistendo, per due prodotti, il requisito della carta tessuto costituita da polpa non sbiancata, fermo restando che sono entrambi pur sempre costituiti da carta riciclata naturale (la differenza è dunque data solo dal colore della carta-tessuto). Del resto, tale soluzione si imponeva anche in considerazione del fatto che i contenitori presenti nei servizi igienici delle infrastrutture della metropolitana appartengono al brand Paredes ”, richiedente rotoli compatibili, che non sono in polpa non sbiancata.

4. - Con il quarto motivo l’appellante critica poi la sentenza per non avere escluso l’offerta di Impi, asseritamente priva delle specifiche tecniche prescritte dal disciplinare tecnico per la pulizia del tunnel delle stazioni (richiedenti, all’art. 4.1.1, l’uso della spugna morbida e del prodotto natureclean );
in particolare deduce l’appellante che Impi nulla ha offerto per la spugna, e indicato invece altri prodotti in luogo di quello denominato natureclean . Lamenta come la sentenza abbia omesso la pronuncia sull’assenza della spugna morbida e sui prodotti abbia erroneamente seguito un’interpretazione teleologicamente orientata al conseguimento della pulizia con prodotti non chimici, laddove la lex specialis richiedeva uno specifico marchio;
in ogni caso a tale offerta di Impi non avrebbe potuto essere attribuito il punteggio discrezionale massimo di quattro di cui al numero 2.c) della tabella di cui all’art. 18 del disciplinare.

Il motivo è infondato.

Impi ha indicato, nella propria offerta, l’utilizzo del panno in microfibra Vileda (di ciò la sentenza dà espressamente conto), costituito di materiale spugnoso, nonché prodotti appartenenti alla linea Sure, ed in particolare il sure cleaner e degreaser , vale a dire un prodotto professionale totalmente a base di sostanze vegetali biodegradabile, e dunque natureclean . Quest’ultima locuzione non va dunque intesa come riferita ad uno specifico brand in commercio (non solo perché è indicata con la lettera minuscola, ma anche e soprattutto perché contrasterebbe con il principio di massima partecipazione alla gara), ma (potrebbe dirsi in senso etimologico) come espressiva della necessità di impiegare prodotti di natura vegetale e senza additivi chimici.

Quanto da ultimo esposto evidenzia anche la non manifesta irragionevolezza (peraltro non fatta oggetto di specifica contestazione) del punteggio attribuito a Impi in relazione al sub-criterio 2.c).

5. - L’appello principale de L L s.p.a., con l’unita domanda risarcitoria, deve dunque essere respinto, in ragione dell’infondatezza dei motivi dedotti. Conseguenzialmente va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse l’appello incidentale di Impi s.r.l.

La particolare complessità della controversia integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

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