Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-13, n. 201804914

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-13, n. 201804914
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804914
Data del deposito : 13 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/08/2018

N. 04914/2018REG.PROV.COLL.

N. 00834/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 834 del 2012, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati L V e L F, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L V in Roma, via Gioacchino Rossini, n. 26;

contro

Il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente un diniego di rinnovo di licenza di porto d'arma per uso caccia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti l’Avvocato L V e l'Avvocato dello Stato Alfonso Peluso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel giudizio di primo grado n. -OMISSIS-del 2011, intentato con ricorso depositato il 18.1.2011, l’appellante impugnava il provvedimento di diniego del rinnovo del porto d’armi per uso caccia, emesso nei suoi confronti il 21 ottobre 2010 e notificatogli il 10 novembre 2010, deducendone l’illegittimità per errata applicazione degli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773/31, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90 ed eccesso di potere per carenza di motivazione.

2. L’ulteriore rinnovo della licenza - rilasciata nel 2008 con efficacia di un anno al fine di monitorare temporaneamente la condotta del beneficiario - è stato negato in quanto il richiedente risultava essere stato segnalato nel corso dell’anno 2009 quale soggetto assuntore di sostanza stupefacente.

3. In particolare, dalla relazione depositata nel primo grado di giudizio dall’amministrazione è emerso che l’interessato - al quale nel 1998 era stata contestata la condotta di guida in stato di ebbrezza - in data 5 marzo 2009 è stato “ verbalizzato in qualità di persona informata sui fatti nell’ambito di un’operazione antidroga condotta dal Comando Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-per aver acquistato/assunto sostanza stupefacente ”.

Tale circostanza è stata posta dal Tar in relazione al fatto che nei confronti dell’interessato risultavano, nell’anno 1988, un arresto per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti ed una segnalazione come assuntore delle medesime sostanze, e nel 1990 una denuncia per detenzione di hashish.

3. Il giudice di primo grado, sulla base di questi dati fattuali - ritenuti rivelatori di un abuso di sostanze alcooliche e stupefacenti e, comunque, sintomatici di una personalità non capace di pieno autocontrollo e quindi non sufficientemente affidabile - ha ritenuto legittima la valutazione discrezionale espressa dall’amministrazione nel provvedimento reiettivo oggetto di impugnazione.

4. L’interessato ha appellato la sentenza n. -OMISSIS-del 2011, rilevando a tal fine che:

- le due denunce, del 1988 e 1990, e la segnalazione del 1988, riguardanti l'uso di sostanze stupefacenti, sono rimaste prive di conseguente penali, non sono state rilevate con il preavviso di diniego del 27 settembre 2010 e, quindi, non sono entrate nella base motivazionale del provvedimento impugnato;

- la contestazione del 1998 relativa alla guida in stato di ebbrezza ha costituito un fatto occasionale e isolato, di per sé inidoneo a giustificare il diniego o la revoca del porto d'armi;

- l’audizione quale persona informata sui fatti avvenuta nel marzo 2009 era diretta a verificare la sua eventuale qualità di acquirente/assuntore nell'ambito di una indagine antidroga;

- a questa assunzione di informazioni non ha fatto seguito alcuna sua incriminazione o sottoposizione ad indagine, sicché l’Amministrazione ha compiuto una ingiustificata forzatura nel motivare su questi insufficienti elementi il diniego di rilascio del porto d’armi;

- nella motivazione del provvedimento finale oggetto di impugnazione, inoltre, non è stata data ragione del mancato accoglimento delle osservazioni contenute nelle memorie dell'8 ottobre 2010 e del 21 ottobre 2010, depositate in risposta al preavviso di diniego;

- l'unico fatto nuovo - costituito dalla già menzionata assunzione di sommarie informazioni - per le circostanze che lo hanno caratterizzato, si sarebbe dovuto valutare con maggiore cautela da parte della Questura e del Tar, previa acquisizione di copia del verbale;

- dunque, tanto il diniego impugnato quanto la sentenza del Tar non hanno dato alcuna corretta ed esaustiva motivazione circa i presunti "elementi obiettivi" che dimostrerebbero la scarsa affidabilità nell'uso delle armi, o l'insufficiente capacità di "dominio dei propri impulsi ed emozioni", contestata al richiedente la licenza.

5. Il Ministero dell'Interno si è costituito in giudizio, replicando alle argomentazioni avversarie.

6. La causa, in assenza di istanze cautelari, è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 24 luglio 2018.

7. Il Collegio osserva che dalla documentazione in atti, oltre che dalla motivazione della sentenza appellata, risulta che vi è stata l’emissione nei confronti del ricorrente, in data 4 novembre 2010, di un provvedimento prefettizio di divieto di detenzione armi, ad oggi non impugnato.

8. La mancata impugnazione del provvedimento prefettizio, segnalata alla parte appellante nel corso dell’udienza di discussione del 24 luglio 2018 e chiaramente desumibile dal tenore delle deduzioni e conclusioni degli atti introduttivi dei due gradi di giudizio (nei quali del divieto di detenzione delle armi non vi è menzione) pone un profilo preliminare di inammissibilità del ricorso di primo grado.

Ed infatti, il diniego di rilascio del porto d'armi costituisce atto vincolato rispetto al divieto prefettizio di detenzione delle armi, poiché non può essere mantenuta l'autorizzazione al porto delle armi in capo ad un soggetto al quale sia stato vietato persino di detenerle, in quanto ritenuto inaffidabile.

9. Nel caso di specie persiste allo stato la preclusione alla detenzione delle armi disposta con il decreto prefettizio del 4 novembre 2010, sicché in relazione alle doglianze svolte con il ricorso introduttivo non sussiste un interesse ad agire in capo al ricorrente, a prescindere da ogni ulteriore valutazione di merito.

Nessuna utilità, infatti, sarebbe ritraibile dall'accoglimento delle censure proposte con l’azione avverso il diniego di rinnovo del porto d’arma, stante la perdurante efficacia del divieto alla detenzione, reso intangibile dalla sua mancata tempestiva impugnazione (Cons. Stato, sez. IV, 1° luglio 2015, n. 3256).

10. Trattasi di rilievo sollevabile d’ufficio (segnalato all’appellante nel corso dell’udienza di discussione), anche per la prima volta in grado di appello, in quanto non precluso dal giudicato implicito (principio di recente ribadito da Cons. Stato, Ad. Plen,, 26 aprile 2018, n. 4).

Il divieto del c.d. "ius novorum" in appello non si estende, infatti, alle eccezioni ed alle questioni processuali e sostanziali rilevabili anche d'ufficio, quali quelle di irricevibilità, inammissibilità ovvero di improcedibilità, e la possibilità di sollevare per la prima volta in appello una eccezione o preclusione processuale rilevabile d'ufficio comporta, coerentemente, la possibilità di allegare e provare i fatti ad essa sottostanti (Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 2017, n. 1505).

11. La sentenza appellata va dunque riformata, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e di reiezione del mezzo di appello.

12. Tenuto conto dell’esito del giudizio e del tenore delle difese in atti, si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

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