Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-12, n. 202102136

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-12, n. 202102136
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102136
Data del deposito : 12 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2021

N. 02136/2021REG.PROV.COLL.

N. 07532/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7532 del 2020, proposto dall’avv. A B, autorappresentato, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vincenzo Ambrosio, n. 4;

contro

Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , non costituito in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 9655/2020, resa tra le parti, pubblicata il 21 settembre 2020, pronunciata nel giudizio per l’ottemperanza dell'ordinanza di assegnazione ex art. 530 c.p.c. del Tribunale di Roma (r.g.e. n. 12894/2018).


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Rilevato che l’udienza si è svolta ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni con legge 18 dicembre 2020, 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “ Microsoft Teams ”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021 il Cons. M P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado n.r.g. 863 del 2020, proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma, la parte come indicata in epigrafe ha agito per l’ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 e 114 del cod. proc. amm., dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione mobiliare presso il Tribunale ordinario di Roma, depositata in data 13 novembre 2018.

1.1. Tale ordinanza è stata emessa, ai sensi dell’art. 530 del c.p.c., sulla base del titolo esecutivo rappresentato da un decreto decisorio della Corte di Appello di Roma ed ha ad oggetto l’assegnazione delle somme di cui al procedimento disciplinato dall’art. 5- quinquies , della legge 24 marzo 2001, n. 89, inserito dall'articolo 6, comma 6, del D.L. 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64.

1.2. La parte ricorrente ha chiesto che sia fissato un termine entro il quale il Ministero dell’economia e delle finanze disponga il pagamento del dovuto ed ha chiesto la nomina di un commissario ad acta , per il caso della sua perdurante inerzia.

1.3. A sostegno delle proprie ragioni, la parte ricorrente ha rappresentato che:

a) vanta un credito nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, in forza del titolo esecutivo rappresentato dal decreto decisorio emesso dalla Corte di Appello di Roma;

b) ha agito in sede esecutiva civile innanzi al Tribunale di Roma, secondo le modalità previste dagli articoli 5- quinquies e 5- sexies della legge n. 89 del 2001;

c) in data 13 novembre 2018 ha ottenuto, dal giudice dell’esecuzione civile, l’ordinanza di assegnazione delle somme, ai sensi dell’art. 530 del c.p.c. (r.g.e. n. 12894/2018) per euro 1.385,77;

d) l’ordinanza è divenuta definitiva per la mancata opposizione, ai sensi dell’art. 617 del cod. proc. civ.;

e) ha espletato tutte le formalità previste e, in particolare, ha inviato la comunicazione di cui agli artt. 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000, come disposto dall’art. 5- sexies , comma 1, della legge n. 89 del 2001 (inserito nella legge del 2001 dall'articolo 1, comma 777, lettera l), della legge 28 dicembre 2015, n. 208).

2. Il TAR, con la sentenza appellata, ha dichiarato il ricorso inammissibile (non ravvisando, nell’ordinanza di assegnazione delle somme ex art. 530 c.p.c., un provvedimento di natura decisoria, come tale contenente statuizioni atte a passare in giudicato o ad assumere il carattere della definitività) ed ha compensato le spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, la parte originaria ricorrente ha impugnato la sentenza, ritenendola erronea nella parte in cui, a suo avviso:

a) non avrebbe fatto corretta applicazione – nel raffrontare le ordinanze di assegnazione di somme disciplinate dagli artt. 553 e 530 del c.p.c.- dei principi di diritto sanciti (in riferimento alla prima di tale ordinanze, ovvero quella di cui all’art. 553 c.p.c.) dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2 del 10 aprile 2012;

b) non si sarebbe avveduta che (anche) l’ordinanza ex art. 530 c.p.c. è suscettibile di essere annoverata (come quella di cui all’art. 553 del c.p.c.) tra i provvedimenti del giudice civile idonei a decidere una controversia con efficacia di giudicato, ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm., in quanto destinata a definire una procedura esecutiva mobiliare, intrapresa dal creditore procedente nei confronti di un’Amministrazione debitrice;

c) non avrebbe rilevato che siffatta ordinanza non sempre o, comunque, non necessariamente, è satisfattiva della pretesa creditoria azionata, giacché l’ordine di pagamento delle somme giacenti sui capitoli della contabilità speciale, malgrado vi sia il vincolo del pignoramento mobiliare diretto, potrebbe necessitare del compimento di ulteriore attività amministrativa;

d) non avrebbe valutato, in particolare, che in relazione a tale ultima evenienza, il rimedio dell’ottemperanza, attraverso la nomina del commissario ad acta, potrebbe realizzare i principi di pienezza e di effettività della tutela giurisdizionale, consentendo il compimento di ogni attività utile a rendere capienti e, dunque, materialmente aggredibili, i capitoli di bilancio a ciò destinati.

4. Il Ministero dell’economia e delle finanze non si è costituito in giudizio.

L’appellante, in data 10 febbraio 2021, ha depositato note di udienza, alternative alla discussione, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni con legge 25 giugno 2020, n. 70.

5. All’udienza del 18 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Ritiene la Sezione che l’appello sia fondato e vada accolto.

7. La questione controversa tra le parti (sulla quale la Sezione già si è espressa con molteplici sentenze: per tutte, 9 ottobre 2019, n. 6891;
28 maggio 2019, nn. 3524-3546;
10 luglio 2019, nn. 4836-4850;
12 luglio 2019, nn. 4886-4891) è se l’ordinanza di assegnazione del credito - emessa ai sensi dell’art. 530 c.p.c. dal giudice dell’esecuzione civile, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 5- quinquies della legge 24 marzo 2001, n. 89, sulla base del decreto decisorio emesso dalla Corte di appello in applicazione della medesima legge n. 89 del 2001 (ovvero emesso dalla Corte di Cassazione) - sia suscettibile di essere eseguita, a sua volta, nelle forme del ricorso per l’ottemperanza dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi degli artt. 112 e 114, del cod. proc. amm., ovvero se, al contrario, l’ordinanza sia satisfattiva della pretesa creditoria azionata e preclusiva, ai sensi del citato art. 5- quinquies , di ulteriori rimedi giurisdizionali.

7.1. La soluzione della questione presuppone l’approfondimento di due distinti profili giuridici, analiticamente esaminati dal giudice di prime cure, ma con un esito interpretativo non condiviso dalla Sezione.

7.2. In particolare, tali profili concernono:

a) la possibilità di annoverare l’ordinanza ex art. 530 c.p.c. tra i provvedimenti del giudice civile equiparabili al giudicato, ai sensi dell’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm.;

b) l’attitudine di tale ordinanza a soddisfare, in modo immediato e diretto, la pretesa creditoria azionata.

8. La Sezione ritiene di potere dare risposta affermativa ad entrambi i quesiti interpretativi.

8.1. Il raffronto - effettuato dal TAR- tra l’ordinanza di assegnazione ex art. 530 c.p.c. (disciplinata dal Libro III, Titolo II, Capo II – ‘ Dell’espropriazione mobiliare del debitore’ ) e l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. (disciplinata, invece, dal Libro III, Titolo II, Capo III – ‘ Dell’espropriazione presso terzi’ ), può certamente essere utile, ma non è, di per sé, decisivo nel senso di escludere l’applicabilità dei principi di diritto formulati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2 del 2012.

8.2. Va premesso, a tal riguardo, che la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 2 del 2012 ha sciolto (positivamente) il dubbio interpretativo che si era posto in relazione alla possibilità di azionare il rimedio del ricorso d’ottemperanza per portare ad esecuzione l’ordinanza ex art. 553 c.p.c., verificando la sussistenza, contestuale, di tre presupposti.

Si sarebbe dovuto trattare di:

a) un provvedimento giurisdizionale del giudice civile;

b) passato in giudicato o, quantomeno, connotato dal carattere della decisorietà, ossia dell’attitudine a decidere in modo definitivo il procedimento a quo ;

c) rivolto ad una Pubblica Amministrazione o ad un soggetto alla stessa equiparato.

8.3. Siffatto approccio esegetico, ad avviso della Sezione, deve essere condotto, del pari, nei confronti dell’ordinanza disciplinata dall’art. 530 c.p.c. nell’ambito del procedimento di cui all’art. 5- quinquies della legge 24 marzo 2001, n. 89.

Il caso esaminato dalla Adunanza Plenaria ha riguardato –certamente- la fattispecie specifica dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c., ma la formulazione del principio di diritto enunciato in quella sede è dipesa dall’esegesi dell’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm., per il quale il ricorso in ottemperanza è dato per conseguire l’attuazione delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti, ad esse equiparati, del giudice ordinario, al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.

8.4. Il raffronto giuridico tra le fattispecie concrete, infatti, va condotto sempre alla stregua del parametro normativo generale ed astratto (in questo caso, l’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm.), al di là delle (ovvie e naturali) differenze tra le singole fattispecie concrete da sussumere nella fattispecie generale.

8.5. Tenuto conto di queste considerazioni, non può condividersi il ragionamento logico-giuridico seguito dal primo giudice, incentrato:

a) sulla differente natura giuridica dell’espropriazione (‘diretta’, nel caso dell’ordinanza ex art. 530 c.p.c., perché il debitore principale è il Ministero dell’economia;
‘indiretta’ o pressi terzi, nel caso dell’ordinanza ex art. 553 c.p.c., perché il debitore è un soggetto che non ha alcun rapporto col creditore che agisce, il quale viene aggredito sol perché, a sua volta, debitore di quello principale – il cd. debitor debitoris );

b) sul differente oggetto dell’espropriazione (costituito dal bene del debitore principale, nel caso dell’ordinanza di assegnazione ex art. 530 c.p.c.;
dal bene del terzo, nel caso dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.).

8.6. Ciò considerato, la Sezione ravvisa (anche) nell’ordinanza ex art. 530 c.p.c. uno dei provvedimenti richiamati dall’art. 112, comma 2, lett. c), del cod. proc. amm..

L’ordinanza de qua , infatti, si caratterizza per i requisiti evidenziati al punto 9.2. che precede.

A) Si tratta di un provvedimento giurisdizionale del giudice ordinario connotato dal carattere della definitività.

L’ordinanza è emanata dal giudice dell’esecuzione mobiliare civile, su istanza del creditore procedente, nell’ambito della procedura di espropriazione mobiliare sui beni del debitore, ed è suscettibile di definire il procedimento esecutivo instaurato.

La Cassazione civile, Sezione III, con la sentenza n. 9541 del 29 settembre 1997, ha statuito che: “ Il ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza di assegnazione -o di revoca di essa- del credito, emessa dal giudice dell'esecuzione (art. 530 cod. proc. civ.) è comunque inammissibile, perché se si ritiene tale provvedimento di natura decisoria, esso è appellabile;
se invece si ritiene di natura ordinatoria, è opponibile ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ.
”.

Nella giurisprudenza civile, è poi prevalso questo secondo orientamento interpretativo (ossia, che l’ordinanza sia opponibile nelle forme dell’art. 617 c.p.c.), ma il dato rilevante, per quanto rileva in questo giudizio, è che è stato dissolto ogni dubbio in ordine alla natura “definitoria” del procedimento in atto.

B) Si tratta di un provvedimento connotato dal carattere della decisorietà.

Malgrado il credito chiesto in assegnazione sia stato riconosciuto quanto alla spettanza (nell’ an ) e determinato (nella misura del quantum ) dalla Corte d’Appello, il giudice dell’esecuzione, nell’ordinare all’Amministrazione il pagamento delle somme, dispone che l’assegnazione delle medesime viene emessa “ salvo esazione, a condizione che esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata ”.

Siffatta locuzione –ritiene la Sezione- rappresenta un’integrazione (se non, direttamente, del decisum giurisdizionale), quantomeno delle modalità e delle condizioni attraverso le quali può (nel caso specifico, deve), essere eseguita l’obbligazione di pagamento, ovverossia attraverso l’aggressione dei soli ed appositi fondi o capitoli speciali di bilancio.

Ad avviso della Sezione, non osta a tale interpretazione l’art. 5- quinquies , comma 2, della legge n. 89 del 2001, nella parte in cui, testualmente, dispone che: “ Ferma restando l'impignorabilità prevista dall' articolo 1, commi 294-bis e 294-ter, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, anche relativamente ai fondi, alle aperture di credito e alle contabilità speciali destinati al pagamento di somme liquidate a norma della presente legge, i creditori di dette somme, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, eseguono i pignoramenti e i sequestri esclusivamente secondo le disposizioni del libro III, titolo II, capo II del codice di procedura civile, con atto notificato ai Ministeri di cui all' articolo 3, comma 2 ”.

La disposizione va interpretata nel senso che il creditore titolare delle somme liquidate col decreto della Corte di Appello, per potere recuperare il proprio credito deve agire, esecutivamente, nelle sole forme del pignoramento mobiliare presso il debitore indicato dalla legge (uno dei Ministeri di cui all’art. 3, comma 2, legge n. 89 del 2001) e con esclusione, dunque, di altre forme di recupero del credito (come, ad esempio, l’espropriazione immobiliare o quella presso terzi).

Ciò risponde alla logica, perseguita dal legislatore con la novella del 2013, di disegnare un sistema certamente più razionale, a livello organizzativo e programmatorio, per il pagamento dei crediti ex lege n. 89 del 2001, sia sotto il profilo (soggettivo) dell’individuazione del debitore da escutere (i Ministeri di cui all’art. 3, comma 2, legge n. 89 del 2001), sia sotto il profilo (oggettivo) del cespite da aggredire (unicamente i fondi ed i capitoli speciali di bilancio).

La riforma inoltre consente il raggiungimento di ulteriori obiettivi, quali quelli di reperire con un procedimento tipico le risorse necessarie;
di apporre un vincolo di scopo alla riscossione;
di evitare il moltiplicarsi di obblighi dichiarativi e comunicativi preventivi, tipici delle procedure di recupero presso i terzi;
di consentire il tendenziale pagamento integrale.

Ciò si desume espressamente dall’art. 5- quinquies , comma 1, della legge n. 89 del 2001, per il quale: “ Al fine di assicurare un'ordinata programmazione dei pagamenti dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge, non sono ammessi a pena di nullità rilevabile d'ufficio, atti di sequestro o di pignoramento presso la Tesoreria centrale e presso le Tesorerie provinciali dello Stato per la riscossione coattiva di somme liquidate a norma della presente legge ”.

C) Si tratta di un provvedimento rivolto ad una Pubblica Amministrazione o ad un soggetto alla stessa equiparato: nell’ordinanza è chiaramente indicato, quale debitore, il Ministero dell’economia e delle finanze.

9. Resta invece aperta, la questione (afferente al secondo degli aspetti sopra indicati al punto 8.2., cioè all’attitudine dell’ordinanza de qua a soddisfare, in modo immediato e diretto, la pretesa creditoria azionata) del “come” imporre l’attuazione dell’obbligo di conformazione, in capo all’Amministrazione, rispetto all’obbligo di pagamento.

9.1. A tal proposito, la legge n. 89 del 2001:

- all’art. 5- quinquies , comma 2, prevede che: “ L'ufficio competente presso i Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, a cui sia stato notificato atto di pignoramento o di sequestro, ovvero il funzionario delegato sono tenuti a vincolare l'ammontare per cui si procede, sempreché esistano in contabilità fondi soggetti ad esecuzione forzata ”;

- all’art. 5- sexies , comma 5, stabilisce che: “ L'amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti ” (si tratta degli obblighi dichiarativi, nella specie, rispettati dalla parte ricorrente);

- all’art. 5- sexies , comma 6, dispone che: “ L'amministrazione esegue, ove possibile, i provvedimenti per intero. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio, fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso, la cui regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui all' articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ”;

- all’art. 5- sexies , comma 7, introduce un limite temporale per potere agire in sede esecutiva: “ Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto, né proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento ” (la quale disposizione, se da un canto non introduce, apertis verbis , il principio della concorrenzialità dei mezzi esecutivi, dall’altro canto nemmeno vi osta, non prevedendo il principio dell’alternatività dei mezzi medesimi ed anzi espressamente consentendo il rimedio del ricorso per l’ottemperanza, dopo il decorso del termine del comma 5);

- all’art. 5- sexies , comma 8, dispone che: “ Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l'azione di ottemperanza di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell'amministrazione soccombente ”;

- all’art. 5- sexies , comma 11, prevede che: “ Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non può essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta ”.

9.2. A volere seguire il ragionamento del T, incentrato sul principio dell’alternatività e della non concorrenza tra i rimedi esecutivi innanzi al giudice civile ed a quello amministrativo, si giungerebbe alla conclusione per la quale il creditore che intendesse proporre il ricorso per l’ottemperanza del decreto della Corte di appello avrebbe a sua disposizione l’utilità (non trascurabile) di ottenere la nomina del commissario ad acta , di modo da fargli compiere qualsiasi attività necessaria e utile per il pagamento del dovuto, in sostituzione dell’Amministrazione debitrice. Diversamente, qualora lo stesso creditore scegliesse di avvalersi dell’esecuzione mobiliare civile, l’utilità costituita dalla nomina del commissario ad acta gli sarebbe necessariamente preclusa, potendo il giudice dell’esecuzione civile solo limitarsi ad assegnare le somme.

9.3. Una tale soluzione si porrebbe in contrasto con i principi di effettività e di pienezza della tutela giurisdizionale.

9.4. A simile soluzione esegetica –ritiene la Sezione- ostano le seguenti considerazioni:

a) sotto il profilo storico, rileva la centralità che ha raggiunto il giudizio d’ottemperanza al fine di far ottenere l’effettiva esecuzione delle pronunce di giustizia, emesse nei confronti delle Amministrazioni. Sin dal 1889, il giudizio di ottemperanza è stato disciplinato per rimediare ad un vuoto di tutela sul piano dell’attuazione del decisum del giudice civile, riconducibile all’allegato E della legge n. 2248 del 1865 (pur se poi ha raggiunto – dapprima sulla base della giurisprudenza e poi della legislazione - una peculiare centralità per ottenere l’ottemperanza anche delle pronunce del giudice amministrativo);

b) sotto il profilo testuale, la legge n. 89 del 2001 (in particolare, i commi 7, 8 e 11 dell’art. 5- sexies ), se da un canto non introduce - apertis verbis - il principio della concorrenzialità dei mezzi esecutivi, dall’altro canto nemmeno vi osta, non prevedendo, ex adverso , il principio dell’alternatività di siffatti mezzi. Il menzionato comma 11, in particolare, fa riferimento al “ processo di esecuzione forzata, anche in corso ” e, nella misura in cui inibisce il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti, per il caso del mancato rituale assolvimento degli obblighi di comunicazione, prevede espressamente che la disposizione “ si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta ”;

c) sotto il profilo sistematico, la legge n. 89 del 2001 non ha introdotto condizioni di proponibilità o di procedibilità di un’azione esecutiva rispetto ad un’altra, fermo il naturale limite rappresentato dall’impossibilità di duplicare la pretesa creditoria, ulteriormente non azionabile, se già soddisfatta;

d) inoltre, sotto il profilo sostanziale, rileva il raccordo con la disciplina generale in tema di adempimento dell’obbligazione:

d.1.) l’art. 2910 c.c. prevede che il creditore, per conseguire quanto gli è dovuto, può far espropriare i beni del debitore secondo le norme del c.p.c.;

d.2.) l’art. 2740 c.c. dispone che il debitore risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni, presenti e futuri e dunque con tutto il suo patrimonio e dinanzi agli organi di tutte le giurisdizioni, con le azioni e nei limiti previsti dall’ordinamento;

d.3.) il cumulo dei mezzi esecutivi deve ritenersi esteso sia alle forme di espropriazione dinanzi al giudice dell’esecuzione (e la riforma del 2013 qui ha inciso espressamente, perché ha consentito, a differenza del passato, solo l’espropriazione mobiliare sui beni del debitore, Libro III, Titolo II, Capo II, con esclusione delle altre forme di esecuzione, tra cui quella, un tempo consentita, dell’espropriazione presso i terzi), sia ai rapporti tra l’esecuzione forzata dinanzi al giudice civile e quella dinanzi al giudice amministrativo;

d.4.) l’art. 39 del cod. proc. amm. non consente, rispetto al processo amministrativo, e nei rapporti tra questo e il processo dell’esecuzione civile, l’applicazione delle norme (gli artt. 483, 496, 504 c.p.c.) previste per la riduzione dei mezzi espropriativi;

d.5.) non sussistono espressi divieti di pignoramento, ma –semmai- vigono obblighi di pignoramento di determinati fondi o capitoli di bilancio, la cui capienza dipende, pur sempre, da scelte amministrative;

e) sotto il profilo funzionale, la nomina del commissario ad acta risulta particolarmente utile, alla luce della previsione contenuta nell’art. 5- sexies , comma 6, della legge n. 89 del 2001, per il compimento delle attività necessarie a rendere le risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio e ad avvalersi di anticipazioni di tesoreria, mediante ‘ il pagamento in conto sospeso’ ;

f) sotto il profilo logico-giuridico, la sentenza della Adunanza Plenaria n. 2 del 2012 è giunta alla soluzione interpretativa sopra evidenziata (sulla azionabilità, col rimedio dell’ottemperanza, dell’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c.), superando quello che, per il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana rimettente, era uno dei principali argomenti ostativi (ossia, l’altruità del bene pignorato, di proprietà del terzo).

Nel caso all’esame, è indubbio che l’assegnazione delle somme abbia ad oggetto proprio la situazione debitoria primaria.

L’ordinanza de qua contiene sia il formale decisum (l’obbligo di pagamento), sia la condizione dell’adempimento (l’esistenza dei fondi e la loro capienza), alla quale l’Amministrazione debitrice deve conformarsi.

9.5. Va infine considerato che nessuna delle disposizioni di legge sopra riportare ha espressamente precluso in materia la proponibilità del ricorso per l’ottemperanza, sicché resta ferma l’applicabilità dell’art. 112 del c.p.a. anche quando si tratti di controversie concernenti la mancata esecuzione di pronunce emesse ai sensi della legge n. 89 del 2001, in coerenza con i principi desumibili dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, per i quali nello Stato di diritto devono essere previsti rimedi che consentano rimedi effettivi per l’esecuzione coattiva delle pronunce di giustizia e l’effettiva soddisfazione del vincitore della lite, anche nei confronti delle Amministrazioni pubbliche.

9.6. In mancanza di spontanea conformazione, pertanto, la Sezione non ravvede ostacoli, affinché provveda il commissario ad acta , in sua vece.

10. In conclusione, ritiene la Sezione di dover ribadire il proprio orientamento, considerato che:

a) nessuna disposizione della legge n. 89 del 2001, anche a seguito delle sue successive modifiche, ha precluso l’esperibilità del giudizio d’ottemperanza per ottenere il pagamento di quanto è stato liquidato dalla pronuncia del giudice civile su cui si sia formato il giudicato;

b) l’istanza di esecuzione della ordinanza resa dal giudice d’esecuzione ai sensi dell’art. 5- quinquies della legge n. 89 del 2001 in sostanza contiene in sé la richiesta di dare esecuzione coattiva – con il pagamento – alla precedente pronuncia del giudice civile sulla quale si è formato il giudicato;

c) la medesima istanza consente al creditore di chiedere la nomina di un commissario ad acta , la cui attività, prevista dall’art. 5- sexies , comma 11, della legge n. 89 del 2001, consente di evitare in materia la sistematica violazione dei diritti dei creditori (che potrebbe comportare la responsabilità dello Stato ove della questione dovesse occuparsi la Corte europea dei diritti dell’uomo);

d) la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto per l’esecuzione della ordinanza in questione si porrebbe in contrasto con il principio di effettività della tutela.

11. In definitiva, per le considerazioni esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, va accolto il ricorso per l’ottemperanza.

11.1. La Sezione assegna al Ministero dell’economia e delle finanze il termine di 90 giorni per provvedere al pagamento di quanto dovuto, decorrente dal giorno della comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione della sentenza.

11.2. Per il caso della perdurante inerzia dell’Amministrazione, oltre il termine assegnato, nomina il commissario ad acta nella persona del dirigente del Ministero appellato che sarà designato dal Ragioniere generale dello Stato, incaricando il medesimo di compiere qualsivoglia attività necessaria ed utile, in vece dell’Amministrazione, per pagare quanto dovuto, ed in particolare l’attività di cui all’art. 5- sexies , comma 6, della legge n. 89 del 2001, nei limiti del pignoramento effettuato e fatto salvo quanto, eventualmente, già parzialmente percepito dal creditore.

12. Pertanto, a cura della Segreteria, copia della presente sentenza va trasmessa al Ragioniere generale dello Stato, affinché questi vigili sulla esecuzione della presente sentenza, accertando se entro il termine di novanta giorni sia stato effettuato il pagamento ovvero, nel caso negativo, disponendo la nomina del commissario ad acta .

13. Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.

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