Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-02-13, n. 201700613

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-02-13, n. 201700613
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700613
Data del deposito : 13 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2017

N. 00613/2017REG.PROV.COLL.

N. 01645/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1645 del 2016, proposto dalla dottoressa EL Di IL, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5;



contro

Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati ope legis in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I quater n. 10228/2015, resa tra le parti, concernente mancata conferma nell'incarico di giudice di pace nella sede di Santa Maria Capua Vetere per il terzo quadriennio;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2017 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti l’avvocato Abbamonte e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio, la dott.ssa EL Di IL esponeva che il Consiglio Superiore della Magistratura aveva deliberato la sua mancata conferma nell’incarico di giudice di pace nella sede di Santa Maria Capua Vetere per il terzo quadriennio, sanzionata infine con decreto del Ministro della Giustizia 2 febbraio 2013, condividendo i pareri negativi espressi dal Presidente delegato, dal Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e dal Consiglio Giudiziario presso la Corte di Appello di Napoli, fondati sulla scarsa laboriosità e il ritardo nel deposito delle sentenze, sulla circostanza che il deposito delle sentenze da parte del magistrato fosse notevolmente inferiore alla media dei depositi degli altri magistrati dello stesso ufficio, e sul rilievo che un precedente giudizio di inidoneità fosse già stato espresso dal Presidente del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nell’anno 2009.

Ciò posto, la ricorrente formulava avverso gli atti gravati le seguenti censure.

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 della l. 21 novembre 1991, n. 374, nonché della circolare CSM n. P15880/2002 del 1° agosto 2002 – Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto ed incongruità della motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti, disparità di trattamento e difetto del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni.

2) Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7 della l. 21 novembre 1991, n. 374, nonché della circolare CSM n. P15880/2002 del 1° agosto 2002 – Ulteriore eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto ed incongruità della motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e travisamento dei fatti, disparità di trattamento e difetto del nesso logico di consequenzialità tra presupposti e conclusioni – Illegittimità derivata.

Il Ministero della Giustizia si costituiva in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Con la sentenza n. 10228 del 25 luglio 2015 il Tribunale amministrativo del Lazio respingeva il ricorso, svolgendo dapprima una lunga descrizione normativa sulla disciplina in materia di nomina dei giudici di pace, nomina che ai sensi dell’art. 5 della legge 21 novembre 1991, n. 374, recante l’istituzione del giudice di pace, può avvenire una volta accertato il positivo possesso dei requisiti richiesti, che la stessa norma individua nelle “persone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario” e altrettanto va affermato per la conferma nelle funzioni, giusta l’art. 7, comma 1-bis, l. 374 del 1991.

Tali coordinate normative erano poi state recepite e attuate, anche sotto il profilo procedimentale, nella circolare CSM n. P-15880/2002 del 1° agosto 2002 e s.m.i., recante le modalità di nomina e conferma dei giudici di pace.

Circa tale tipo di valutazione il Tribunale amministrativo osservava che la giurisprudenza aveva sottolineato che l’Organo di autogoverno prende legittimamente in considerazione, al fine di trarre elementi utili di giudizio, non solamente il curriculum vitae dell’interessato, ma anche i dati dell’esperienza professionale concretamente svolta, potendo valutare qualsiasi elemento suscettibile di determinare una ripercussione sfavorevole sull’immagine del magistrato onorario: in tale ottica il diniego di conferma non richiedeva dunque la prova piena dell’avvenuta compromissione del bene tutelato, trattandosi di strumento utilizzabile anche quando il prestigio dell’Ufficio fosse soltanto messo in pregiudizio: dunque il giudizio espresso dal Consiglio Superiore della Magistratura sulla capacità del giudice di pace di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario in sede di rinnovo dell'incarico, costituisce la risultante di una valutazione globale basata su una serie di elementi di fatto sintomatici del possesso dei necessari requisiti da parte dell'aspirante alla conferma nell'ufficio ricoperto.

Il diniego di conferma può essere disposto dal Consiglio Superiore della Magistratura sulla base di una valutazione che, in quanto volta in via primaria a salvaguardare i valori di imparzialità, indipendenza e prestigio della funzione giurisdizionale, non ha natura disciplinare e può pertanto prescindere dal puntuale riscontro in ordine alla imputabilità soggettiva degli specifici fatti negativi ascritti all’interessato e l’apprezzamento affidato al CSM nei provvedimenti di nomina e di conferma dei magistrati onorari è ampiamente discrezionale, per cui il sindacato espresso dal giudice amministrativo in tale tipo di controversie resta limitato al riscontro della sussistenza

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