Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-04-01, n. 202002196

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-04-01, n. 202002196
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002196
Data del deposito : 1 aprile 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/04/2020

N. 02196/2020REG.PROV.COLL.

N. 00158/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 158 del 2010, proposto dalla società A.N.A.S. S.p.A., in persona dell’avv. G C P, Direttore Centrale, giusta procura institoria, rappresentata e difesa dall’avv. N D M, con domicilio eletto presso la sede legale dell’A.N.A.S. in Roma, via Monzambano n. 10;

contro

Comune di Rodi Garganico, non costituito in giudizio;

nei confronti

- società Tre C S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. F L, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, viale G. Mazzini n. 6;
- Prefetto di Foggia, Ministero dell’Interno, Giovannelli Giulio, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) del 23 luglio 2009 n. 1950, resa tra le parti sui ricorsi riuniti nn. 589/08 e 1025/08, proposti da A.N.A.S. S.p.a., e nn.1013/08 e 1014/2008, proposti Tre C S.r.l., per l’annullamento, nei limiti del rispettivo interesse: dell’ordinanza sindacale del Comune di Rodi Garganico n. 10 del 7 marzo 2008, di ripristino dello stato dei luoghi della S.S. 89, e della nota sindacale prot. n. 4172 del 2 maggio 2008 (quanto ai ricorsi n. 589/08 e n. 1014/08) e della nota sindacale prot. 3210 del 4 aprile 2008 (quanto ai motivi aggiunti al ricorso n. 589/08);
dell’ordinanza sindacale del Comune di Rodi Garganico n. 21 del 6 maggio 2008 di ripristino dello stato dei luoghi della S.S. 89 al Km. 69 circa (quanto ai ricorsi n. 1013/08 e n. 1025/08)


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Tre C S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 gennaio 2020 il Cons. Francesco Guarracino e uditi l’avv. Sandro De Marco, su delega dell’avv. N D M, per l’A.N.A.S. e l’avv. F L per la società Tre C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A seguito dello smottamento sul tratto urbano della S.S. 89 di una porzione del sovrastante terreno, dovuto ad un cedimento del muro di contenimento in pietrame per un fronte di circa 50 metri, il Sindaco del Comune di Rodi Garganico adottava l’ordinanza contingibile e urgente n. 10 del 7 marzo 2008 per intimare all’ANAS s.p.a. e alla società Tre C s.r.l., proprietaria del terrapieno, di procedere, nei limiti delle rispettive competenze, all’immediata esecuzione delle opere necessarie al ripristino dello stato dei luoghi e alla realizzazione delle opere definitive necessarie al consolidamento del versante compromesso e, con successive note del 4 aprile 2008, prot. n. 3210, e del 2 maggio 2008, prot. n. 4172, precisava che l’obbligo di ricostruzione era posto sulle predette società in solido, stante l’incertezza della proprietà del muro crollato.

Avverso questi atti l’ANAS ricorreva al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, proponendo ricorso (r.g. 589/08) contro l’ordinanza e motivi aggiunti contro le due note per far valere la sua pretesa estraneità alla manutenzione di tutto quanto esulante dal piano viario e, segnatamente, alla ricostruzione e riparazione delle opere di sostegno lungo le strade ed alla stessa manutenzione delle ripe dei fondi laterali delle strade, oltre che per lamentare la violazione del giusto procedimento e dedurre l’incompetenza del Sindaco all’adozione dell’ordine di esecuzione delle predette opere, a norma dell’art 30, co.2 , del Codice della Strada.

I medesimi atti erano impugnati dalla società Tre C con ricorso straordinario al Capo dello Stato, che a seguito di opposizione dell’ANAS era trasposto in sede giurisdizionale (ricorso r.g. 1013/08).

Nelle more, essendosi verificato un nuovo episodio di distaccamento di massi dal muro di contenimento al km 69 circa della medesima strada statale, il Sindaco adottava un’altra ordinanza di analogo tenore, n. 21 del 6 maggio 2008, con cui ordinava all’ANAS, alla società Tre C e ad un terzo soggetto, gli ultimi due in qualità di proprietari dei fondi sovrastanti, l’immediata esecuzione dei lavori di manutenzione del muro di sostegno, la pulizia della ripa e la verifica della stabilità della recinzione metallica posta alla sommità del muro.

Il nuovo provvedimento era anch’esso impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale pugliese, sia dall’ANAS (ricorso r.g. 1025/08) che dalla società Tre C (ricorso r.g. 1014/08), con censure analoghe a quelle dei rispettivi precedenti gravami.

Con sentenza n. 1950 del 23 luglio 2009, il T.A.R., previa riunione, respingeva i ricorsi n. 589/08 e n. 1025/08 proposti dall’ANAS ed accoglieva, nei limiti specificati in motivazione, i ricorsi n. 1013/08 e n. 1014/08 proposti dalla società Tre C ed annullava gli atti impugnati nella parte in cui avevano esteso a quest’ultima l’ordine di provvedere.

L’ANAS ha appellato la sentenza di primo grado per ottenere, in sua riforma, l’annullamento delle ordinanze impugnate in primo grado, nelle parti in cui le hanno imposto oneri manutentivi relativi al muro in questione.

Ha resistito all’appello la società TRE C.

L’ANAS ha prodotto documenti ed entrambe le parti hanno depositato memorie di discussione e repliche.

Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’ANAS ricorre in appello contro il capo di sentenza col quale sono stati respinti in primo grado i ricorsi dalla stessa proposti avverso le ordinanze contingibili e urgenti con cui il Sindaco del Comune di Rodi Garganico le aveva imposto interventi di ripristino e di consolidamento dei muri di contenimento lungo parte della S.S. 89 per i fatti meglio descritti in narrativa.

In quella sede l’ANAS aveva negato di avere competenza, oltre che alla manutenzione della sede stradale in senso stretto, anche alla ricostruzione ed alla riparazione delle opere di sostegno lungo le strade nonché alla manutenzione delle ripe dei fondi laterali delle strade, che sarebbero, invece, spettate ai proprietari dei fondi sovrastanti la sede viaria ed alla stessa amministrazione comunale, in forza degli artt. 30 e 31 del Codice della Strada e del verbale di delimitazione sottoscritto con il Comune di Rodi Garganico il 31 agosto 2000 e della relativa convenzione.

Il T.A.R. ne ha disatteso le argomentazioni, affermando, anzi, che l’ordine di messa in sicurezza non avrebbe potuto essere esteso alla società proprietaria del terrapieno franato, della quale ha accolto in parte qua i due ricorsi.

A queste conclusioni il Giudice di primo grado è pervenuto riconoscendo nella corretta individuazione, in via incidentale, dei soggetti civilmente obbligati agli interventi manutentivi sui muri di sostegno interessati dalle ordinanze impugnate una questione pregiudiziale in senso logico, che ha sciolto affermando di ritenere che « le opere di sostegno site nelle adiacenze delle strade statali oggetto delle gravate ordinanze siano senz’altro direttamente funzionali alla loro stabilità e/o conservazione, per cui il soggetto obbligato a provvedere ai relativi obblighi di custodia e manutentivi va individuato in via principale e primaria nell’ente proprietario della strada statale, ovvero nell’Anas », alla luce di quanto previsto dall’art. 30, co. 4, del Codice della Strada (per il quale « la costruzione e la riparazione delle opere di sostegno lungo le strade ed autostrade, qualora esse servano unicamente a difendere ed a sostenere i fondi adiacenti, sono a carico dei proprietari dei fondi stessi;
se hanno per scopo la stabilità o la conservazione delle strade od autostrade, la costruzione o riparazione è a carico dell’ente proprietario della strada
»).

Secondo il T.A.R., questa conclusione non sarebbe avversata dal predetto verbale di delimitazione, il quale avrebbe esonerato l’ANAS esclusivamente dagli oneri di gestione e pulizia della sede stradale;
peraltro, ha riconosciuto « la tendenziale promiscuità dei muri di sostegno interessati dalle impugnate ordinanze sindacali, non potendosi escludere al contempo una funzione, seppur secondaria, di sostegno e difesa dei fondi sovrastanti adiacenti, tale da comportare comunque un concorrente obbligo dei relativi privati proprietari », ma ha ritenuto che ciò avesse rilevanza soltanto nei rapporti interni (« il Comune, pur nella sommarietà che necessariamente contraddistingue l’istruttoria procedimentale preordinata all’emanazione di provvedimenti di necessità, avrebbe dovuto imporre l’esecuzione degli interventi necessari soltanto nei confronti di Anas quale soggetto obbligato in via principale, essendo poi la questione del riparto delle spese pro quota oggetto di un separato procedimento, giusto il disposto del comma 5° art 30 Codice della Strada, od oggetto di eventuale azione di rivalsa o di ripetizione di indebito in sede giurisdizionale civile »).

Con un unico articolato motivo di appello l’ANAS critica la decisione di prime cure sotto ciascuno dei suddetti profili, adducendo il travisamento del contenuto della convenzione stipulata col Comune, la violazione degli artt. 30 e 31 del Codice della Strada e la contraddittorietà della sentenza impugnata.

Su questa premessa, anzitutto occorre rilevare che è estranea al thema decidendum del presente grado del giudizio ogni questione relativa al fatto che, nelle more, la società Tre C avrebbe autonomamente proceduto alla ricostruzione in proprio del muro di contenimento, in maniera asseritamente difforme dal muro crollato.

La circostanza è stata rappresentata dall’appellante nella memoria di discussione per trarne la conseguenza dell’improcedibilità dei ricorsi di primo grado della Tre C e della necessità di annullare la sentenza appellata nella parte in cui avrebbe individuato nell’ANAS il responsabile civile della sua ricostruzione, dando luogo ad un serrato confronto nei successivi scritti difensivi delle parti.

Tuttavia, il capo di sentenza che ha accolto i due ricorsi della società Tre C non è stato appellato e, dunque, è passato in giudicato, ragion per cui di essi non può ulteriormente discutersi.

Tanto meno appartiene al tema del presente giudizio, che riguarda unicamente la correttezza della decisione assunta in primo grado alla luce dei motivi di appello, l’apprezzamento delle modalità o della fedeltà con cui la Tre C avrebbe ricostruito il muro (su cui l’ANAS chiede, impropriamente, che questo Consiglio “prenda posizione”: pag. 4 mem. cit.) o dei limiti di un eventuale diritto patrimoniale di rivalsa nei confronti dell’ANAS.

Nel merito, l’appello è fondato.

Come già visto, l’art. 30, co. 4, del Codice della Strada prevede che « La costruzione e la riparazione delle opere di sostegno lungo le strade ed autostrade, qualora esse servano unicamente a difendere ed a sostenere i fondi adiacenti, sono a carico dei proprietari dei fondi stessi;
se hanno per scopo la stabilità o la conservazione delle strade od autostrade, la costruzione o riparazione è a carico dell’ente proprietario della strada
», mentre per il successivo comma 5 « La spesa si divide in ragione dell’interesse quando l’opera abbia scopo promiscuo ».

L’obbligo e l’onere di manutenzione e di eventuale riparazione o ricostruzione delle opere di sostegno « che servono unicamente a difendere e sostenere i fondi adiacenti » restano a carico dei proprietari dei fondi stessi nonostante la costruzione di tali opere, effettuata in sede di costruzione di nuove strade, sia a carico dell’ente cui appartiene la strada (art. 30, co. 6, cod. strada).

E’ stato già chiarito in giurisprudenza che « l’esclusività funzionale postulata dall’avverbio "unicamente" che figura nel corpo dell’art. 30 C.d.S., comma 6, non è esclusa dalla sussidiaria attitudine del muro ed, in genere, dell’opera di sostegno - realizzata contestualmente alla costruzione della strada - a delimitare e a conformare la sede viaria .

E, del resto, se è vero - siccome è vero - che, giusta la previsione del comma 4 seconda parte, dell’art. 30 C.d.S. … soltanto le opere di sostegno che "hanno per scopo la stabilità e la conservazione delle strade" sono da riparare con onere ad esclusivo carico dell’ente proprietario della strada, è ben evidente che la mera funzione di delimitazione e conformazione della sede stradale non integra quel quid pluris che "stabilità e conservazione" inesorabilmente presuppongono» (Cass., Sez. II, 17 settembre 2015, n. 18258).

Le opere di sostegno che hanno lo scopo di garantire la stabilità o la conservazione delle strade od autostrade sono quelle realizzate con la finalità precipua di sorreggere strutturalmente la strada ovvero di conservare integra la resistenza statica dell’infrastruttura, ad esempio rispetto al possibile cedimento di scarpate sottostanti o sovrastanti (viadotti, costruzione di strade in rilevato delimitato da muri di sostegno o controripa, realizzazione di strade in trincea etc.);
mentre le opere realizzate per servire unicamente alla difesa e al sostegno dei fondi adiacenti alla strada sono quelle realizzate a servizio del fondo che vengono a consolidare e non già per ragioni inerenti alla stabilità od alla conservazione dell’infrastruttura stradale.

Ancorché sia intuitivo che sia le une che le altre possano avere attitudine sussidiaria a proteggere, di riflesso, anche l’altro bene, è la diretta finalità della loro costruzione a qualificarle nei termini di cui al primo, ovvero al secondo periodo, del quarto comma dell’art. 30 cit. ed è solo se esse siano state realizzate con lo specifico compito di assolvere insieme l’uno e l’altro scopo che possono dirsi promiscue ai sensi e per gli effetti di cui al comma successivo.

Di queste disposizioni il giudice di primo grado non ha fatto corretto governo sia quando ha ritenuto, in modo puramente assertivo, che « le opere di sostegno site nelle adiacenze delle strade statali oggetto delle gravate ordinanze siano senz’altro direttamente funzionali alla loro stabilità e/o conservazione », non tenendo conto che la semplice adiacenza alla strada nulla prova circa la funzione delle opere, sia quando ha sostenuto « la tendenziale promiscuità dei muri di sostegno interessati dalle impugnate ordinanze sindacali, non potendosi escludere al contempo una funzione, seppur secondaria, di sostegno e difesa dei fondi sovrastanti adiacenti », incorrendo in erronea interpretazione del quinto comma dell’art. 30.

Inoltre, ha omesso di valutare la censura di violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del codice della strada, formulata in primo grado e reiterata nel presente grado di appello.

Il T.A.R. avrebbe dovuto, viceversa, rilevare che delle disposizioni innanzi citate l’ordinanza n. 10 del 2008, impugnata in primo grado, non aveva adeguatamente tenuto conto.

Con quell’ordinanza il Comune aveva ordinato all’ANAS di provvedere alle opere necessarie al ripristino dello stato dei luoghi ed al consolidamento del muro franato « nella qualità di soggetto proprietario della strada e responsabile della tenuta e del mantenimento delle condizioni di sicurezza del muro di sostegno », facendo riferimento, per un verso, ad una situazione dominicale (la proprietà della strada) irrilevante ai fini in esame (v. supra , con riferimento all’art. 30, co. 6, cod. strada) e, per altro verso, assumendo a priori l’esistenza di una responsabilità dell’ANAS che, viceversa, sarebbe potuta discendere soltanto ove si fosse trattato di un muro avente lo scopo, nei termini anzidetti, di garantire (anche o solo) la stabilità o la conservazione della strada: circostanza questa che avrebbe dovuto formare oggetto di una valutazione tecnica della quale non vi è traccia, neppure embrionale, nel provvedimento in questione. Quest’ultimo non specificava a quale diverso titolo, altro rispetto alla semplice proprietà della strada, l’ANAS sarebbe stata responsabile della tenuta e del mantenimento delle condizioni di sicurezza del muro, ed in questo senso è fondata la censura di difetto dei presupposti avanzata in primo grado e reiterata in appello.

Lo stesso dicasi per l’ordinanza n. 21 del 2008 adottata nei confronti dell’ANAS con la medesima motivazione.

In questo secondo caso, anzi, l’ordine è stato impartito all’ANAS nonostante il provvedimento desse atto che « l’opera di sostegno … presenta(va) su tutto il fronte e nella parte sommitale un rigoglimento vegetativo che (aveva) generato la nascita e la crescita di numerose piante d’alto fusto con conseguente indebolimento della capacità portante del muro stesso » e, dunque, malgrado quanto specificamente previsto sul mantenimento delle ripe dall’art. 31, co. 1, del codice della strada I proprietari devono mantenere le ripe dei fondi laterali alle strade, sia a valle che a monte delle medesime, in stato tale da impedire franamenti o cedimenti del corpo stradale, ivi comprese le opere di sostegno di cui all’art. 30, lo scoscendimento del terreno, l’ingombro delle pertinenze e della sede stradale in modo da prevenire la caduta di massi o di altro materiale sulla strada. Devono altresì realizzare, ove occorrono, le necessarie opere di mantenimento ed evitare di eseguire interventi che possono causare i predetti eventi »).

Con riferimento all’art. 31, è stato specificato dalla giurisprudenza che « gli obblighi di manutenzione imposti dalla suddetta norma (finalizzati ad evitare le situazioni di pericolo connesse a franamenti o cedimenti del corpo stradale e delle opere di sostegno;
a scoscendimenti del terreno;
ad ingombro della sede stradale e delle sue pertinenze nonché a caduta di massi o altro materiale) sono stabiliti a carico dei proprietari di fondi, che, rispetto alla scarpata del corpo stradale, presentino, rispetto ad essa, zone di terreno (le cd. ripe) immediatamente sovrastanti o sottostanti, in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada a seconda che, per determinare la cd. larghezza di occupazione di essa, si sia dovuto procedere ad operazioni, rispettivamente, di sterro o di sopraelevazione per definirne la carreggiata
» (Cass., Sez. III, 2 agosto 2000, n. 10112).

Per queste ragioni, assorbito quant’altro, l’appello va accolto e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, devono essere accolti i ricorsi proposti dall’ANAS in primo grado ed annullati i provvedimenti con gli stessi impugnati, nella parte in cui hanno imposto anche all’ANAS gli oneri manutentivi ivi indicati.

La novità della questione giustifica la compensazione integrale tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio.

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