Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-09-01, n. 202106189
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Pubblicato il 01/09/2021
N. 06189/2021REG.PROV.COLL.
N. 00877/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 877 del 2021, proposto dalla Potito S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati E F, G R e M Z, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza Cavour, n. 17,
contro
la sig.ra L P, rappresentata e difesa dagli avvocati S D P e G S, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza del Popolo, n. 18,
nei confronti
- del Comune di Campobasso, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avvocato Matteo Iacovelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- dei signori Filomena Potito, Alfredo Potito e Luigi Potito non costituiti in giudizio;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 8428/2020, resa tra le parti, depositata il 28 dicembre 2020, non notificata, pronunciata nel giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017.
Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della sig.ra L P e del Comune di Campobasso;
Visti tutti gli atti della causa;
Rilevato che l’udienza si è svolta ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni con legge 18 dicembre 2020, 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “ Microsoft Teams ”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 17 giugno 2021, il Cons. Michele Pizzi e uditi per le parti gli avvocati E F, G R, Salvatore di Pardo e Matteo Iacovelli;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.
FATTO
1. Per ragioni di economia processuale, al fine della ricostruzione dei complessi fatti di causa, è opportuno trascrivere quanto accuratamente illustrato, in punto di fatto, dalla sentenza della Sezione indicata in epigrafe, di cui si chiede la revocazione: “ 1. In data 20 febbraio 2004 i germani Potito, comproprietari di una vasta area nel territorio di Campobasso - dapprima a destinazione agricola sulla base del PRG comunale e poi, a seguito di una proposta degli stessi, destinataria del piano di recupero “Colle delle Api”, adottato e poi approvato, nell’inerzia dell’Amministrazione, con delibera del commissario ad acta n. 68 del 3 dicembre 2003 - hanno stipulato con il commissario una convenzione urbanistica per l’attuazione del piano di recupero.
2. E’ quindi insorto un complesso contenzioso, in sede civile e amministrativa, sulla proprietà dei suoli, della quale è stato contestato l’avvenuto trasferimento alla società Potito s.p.a. - costituita dal pater familias e da tutti i germani tranne che dalla sorella minore - e in sede amministrativa, circa la possibilità della società medesima di ottenere il rilascio del permesso di costruire.
3. Per adoperare le parole della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 21 settembre 2015, n. 4416, che ha definito un diverso tassello della intricata controversia, “la vicenda parte, per quello che qui rileva, dalle donazioni effettuate dal sig. - OMISSIS -in favore dei quattro figli - OMISSIS -, - OMISSIS -, - OMISSIS - e - OMISSIS -, negli anni ’84 e 93, nel quadro di un’operazione negoziale attraverso la quale il donante intendeva probabilmente conseguire la ripartizione anticipata del suo patrimonio, attribuendolo senza corrispettivo in quote uguali e pro indiviso, ai propri figli, conservandone però interamente la gestione in virtù di procure generali conferitegli da ciascun figlio poco dopo il compimento della maggiore età.
In forza delle citate procure, - OMISSIS - stipulava, in data 1.2.2005, con la - OMISSIS -, pure partecipata dai quattro figli, una scrittura privata che prevedeva la compravendita del terreno in contestazione, concedendo alla società tutti i relativi diritti edificatori;tale scrittura privata veniva però registrata solo in data 16.11.2005.
Il 18/3/2005, - OMISSIS - revocava la procura generale, probabilmente a seguito ed in reazione alla sua estromissione dalla società, avvenuta in forza di trasferimento delle quote operato sempre dal padre in favore degli altri fratelli, con atti pubblici del 14 febbraio 2005.
La vicenda sfociava in un contenzioso civile in cui il padre, - OMISSIS -, chiedeva accertarsi il carattere simulato della donazione, ed in subordine la revocazione della stessa per ingratitudine della donataria;la figlia - OMISSIS -, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi l’inefficacia del contratto di cessione dei diritti edificatori sull’immobile donato, stante l’intervenuta revoca della procura generale o, in subordine, la nullità o annullamento del contratto per conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato.
Rebus sic stantibus , la - OMISSIS - richiedeva il permesso di costruire al Comune di Campobasso.
Nelle more dell’istruttoria, - OMISSIS - notificava al Comune formale atto di opposizione al rilascio del titolo edilizio, evidenziando l’inefficacia del titolo vantato dalla - OMISSIS -.
A fronte di tale circostanza, il Comune, sulla scorta di un parere rilasciato dall’ufficio legale con nota prot. n. 1006 del 19.9.2006, della documentazione e delle osservazioni inviate dalla signora - OMISSIS -, denegava il titolo edilizio, evidenziando l’inidoneità della menzionata scrittura privata a comprovare il requisito della legittimazione richiesto dall’art. 11 del DPR n. 380/2001, stante la revoca della procura generale in data antecedente alla stipula in suo nome da parte del rappresentante.
Il provvedimento, come anticipato in premessa, veniva impugnato dinanzi al TAR Molise dalla - OMISSIS.
Nelle more del giudizio amministrativo, la causa civile veniva decisa con sentenza n. 300 del 24 aprile 2012. Il Tribunale civile di Campobasso respingeva, in quanto infondate, entrambe le domande: quanto a quella principale, proposta da - OMISSIS -, rilevava il difetto della controscrittura privata nonché della forma scritta dell’eventuale pactum fiduciae intercorso fra le parti;quanto alla domanda riconvenzionale proposta da – OMISSIS -, tesa ad ottenere la dichiarazione di inefficacia del contratto di cessione dei diritti edificatori, osservava che il “rappresentato non può essere considerato terzo rispetto al contratto concluso in suo nome dal rappresentante e non può invocare conseguentemente la disciplina in materia di certezza della data della scrittura privata, stabilita a favore dei terzi dall’art. 2704 c.c.. Egli ha l’onere, perciò, di dimostrare che la data riportata sulla scrittura privata sottoscritta dal rappresentante non corrisponde a quella effettiva, qualora intenda sostenere che l’estinzione del potere di rappresentanza è avvenuta in data anteriore alla data di effettiva sottoscrizione dell’atto”.
4. Con sentenza n. 718/2014 il TAR per il Molise, sez. I, ha respinto il ricorso, ritenendo legittimo il diniego di rilascio del permesso di costruire.
5. Con la citata sentenza n. 4416/2015 la IV Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello, riformando la decisione impugnata e annullando il diniego opposto dal Comune.
6. In data 24 febbraio 2017 il Comune e la società Potito s.p.a. hanno stipulato un atto aggiuntivo e integrativo della convenzione urbanistica del 2004, prorogandone la validità sino al 23 novembre 2022.
7. Con atto del 7 marzo 2017 la società ha diffidato l’Amministrazione comunale a provvedere al rilascio del permesso di costruire.
8. La sorella minore - che pure aveva sottoscritto a suo tempo la convenzione urbanistica del 2004 ma che successivamente, con più diffide, si era formalmente opposto alla proroga, contestando il passaggio di proprietà delle aree in capo alla società - ha chiesto l’accertamento dell’intervenuta inefficacia dell’originaria convenzione urbanistica previo annullamento, declaratoria di nullità o di inefficacia dell’atto aggiuntivo, la restituzione delle aree oggetto della convenzione e lo svincolo della fideiussione a suo tempo prestata.
9. Con sentenza n. 481/2017, pubblicata il 30 novembre 2017, il TAR per il Molise, sez. I:
a) ha declinato in favore del Giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda di retrocessione totale dei suoli, oggetto di un diritto soggettivo, e di svincolo della fideiussione, attinente all’accertamento della cessazione dell’obbligo derivante dalla garanzia;
b) ha respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione e di interesse ad agire della ricorrente, titolare di una posizione qualificata e differenziata in quanto firmataria della convenzione urbanistica del 2004, in disparte la questione della comproprietà dei suoli ancora sub iudice;
c) ha respinto l’eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della delibera di Giunta comunale n. 267 del 2 dicembre 2016, con cui il Comune ha concesso la proroga e autorizzato il dirigente di settore a sottoscrivere l’impugnato atto integrativo della convenzione urbanistica, in quanto tale delibera sarebbe un mero atto interno rispetto all’atto conclusivo del procedimento, cioè la convenzione di proroga, da intendersi come accordo sostitutivo di provvedimento;
d) ha accolto l’appello [ rectius il ricorso n.d.e.] nel merito, quanto al resto, in quanto :
d1) la proprietà delle aree in capo alla Potito s.p.a. sarebbe ancora sub iudice e il Comune avrebbe erroneamente ritenuto certo il presupposto fattuale e giuridico dell’impugnato atto di proroga;non varrebbe per la convenzione edilizia il diverso principio enunziato dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 4416/2015 per il permesso di costruire, strumento diverso che può essere rilasciato anche a chi non ha la proprietà dell’area, facendo salvi i diritti dei terzi;
d2) di conseguenza, il Comune non avrebbe potuto estromettere o pretermettere le originarie parti private ovvero, facendolo, qualificare l’atto come proroga della convenzione, dal momento che la novazione soggettiva verificatasi inciderebbe sulla qualificazione dell’atto, appunto, come proroga della convenzione precedente;
d3) il rinnovo o proroga della originaria convenzione urbanistica, astrattamente ipotizzabile anche in termini di qualificazione dell’atto, richiederebbe l’adozione di un nuovo piano attuativo, una volta decorso il termine decennale di validità dello strumento urbanistico (secondo quanto previsto per i piani particolareggiati dall’art. 16, quinto comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ed esteso ai piani di recupero dall’art. 28, quarto comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457);la proroga triennale di validità delle convenzioni urbanistiche prevista dall’art. 30, comma 3 bis, del c.d. “decreto del fare” (decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 9 agosto 2013, n. 98) sarebbe di stretta interpretazione e non consentirebbe proroghe di durata maggiore o con modifiche in termini soggettivi od oggettivi;
d4) a seguito della mancata approvazione da parte della Regione della variante di PRG che prevedeva il piano di recupero “Colle delle Api” (delibera del Consiglio comunale n. 82/2000), l’area sarebbe stata restituita alla sua originaria destinazione agricola incompatibile - secondo le previsioni di PRG - con le finalità del piano di recupero e la proroga negoziale della convenzione avrebbe attribuito al piano una inammissibile ultrattività;
e) ha condannato il Comune soccombente al pagamento delle spese di giudizio, compensandole fra le parti private.
10. La società ha interposto appello avverso la sentenza n. 481/2017 con otto motivi di censura, chiedendone anche la sospensione dell’efficacia esecutiva.
i) Inammissibilità del ricorso di primo grado per mancata impugnazione della delibera di Giunta n. 267/2016. Questa non sarebbe un mero atto interno di autorizzazione alla stipulazione dell’atto aggiuntivo, che avrebbe invece natura esecutiva, ma - anche alla luce del tenore testuale della motivazione - ne costituirebbe l’atto presupposto, discrezionale e di carattere provvedimentale. Rispetto alla data della delibera, il ricorso di primo grado sarebbe comunque tardivo.
ii) Violazione dell’art. 30 della legge n. 457/1978. Titolare in ogni caso solo di un quarto dei suoli in questione, l’originaria ricorrente non avrebbe potuto opporsi al piano di recupero, per l’adozione del quale la disposizione sostituisce al criterio della unanimità quello della maggioranza qualificata dei tre quarti.
iii) Violazione ed elusione del giudicato. La sentenza del Consiglio di Stato n. 4416/2015, resa fra le stesse parti, avrebbe riconosciuto all’art. 2, comma 3, del contratto di compravendita del 1° febbraio 2005 (con cui il padre della ricorrente, in veste di procuratore, cedeva alla società Polito tutti i diritti edificatori spettanti ai figli in forza del piano di recupero compresi quella della ricorrente stessa, prima estromessa dalla società a seguito della cessione delle quote di spettanza disposta dal medesimo procuratore) la idoneità, indipendentemente dalla sua qualificazione come atto preliminare o traslativo, a supportare la richiesta di titoli amministrativi al Comune in quanto titolo “presuntivamente valido” sino a una contraria pronunzia del Giudice ordinario. Questo avrebbe già respinto le domande della ricorrente e dichiarato l’efficacia e la validità del contratto in questione (Tribunale civile di Campobasso, sentenza n. 300/2012;Corte d’appello di Campobasso, sentenza n. 16/2017). Diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, il contratto abiliterebbe la società a stipulare anche convenzioni modificative o integrative della convenzione originaria.
iv) Difetto di motivazione sulla qualificazione del contratto di compravendita in relazione al punto della proprietà dell’area, ritenuta erroneamente ancora sub iudice. Il contratto sarebbe stato tipizzato dalle parti come contratto traslativo e attributivo della legittimazione ad apportare modifiche al piano di recupero e a sottoscrivere le relative convenzioni.
v) Contraddittorietà e ancora elusione del giudicato. La censura relativa alla omessa partecipazione della ricorrente alla stipula della proroga sarebbe inconferente, alla luce della validità e dell’efficacia del contratto del 2005, e infondata, in quanto ricondotta a pronunzie non passate in giudicato o di natura cautelare. Rimarrebbe oggetto di contestazione sarebbe la sola vicenda relativa alla trascrizione del contratto, tuttavia irrilevante quanto alla validità e all’opponibilità dell’atto fra le parti.
vi) Illogicità e ulteriore elusione del giudicato. Il TAR avrebbe errato nell’affermare trattarsi non di proroga, ma di nuova convenzione a seguito dell’intervenuta novazione soggettiva. L’ammissibilità della proroga sarebbe stata riconosciuta dalla delibera n. 267/2016, non impugnata, e sarebbe stata resa necessaria a seguito della paralisi provocata da un precedente contenzioso, avviato dalla stessa ricorrente e definito con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4416/2015. Nessuna norma impedirebbe all’Amministrazione di assentire una proroga della convenzione, su richiesta del privato, quando il ritardo nell’attuazione non sia a questo imputabile e sia riscontrata la conformità alla pianificazione urbanistica al momento vigente. Sarebbe irrilevante il mutamento della parte privata, perché nei provvedimenti amministrativi sarebbe normalmente ammessa la voltura, gli interventi urbanistici avrebbero connotazione oggettiva, in funzione del territorio e non delle persone, la stessa convenzione disciplinerebbe la successione dei soggetti obbligati, la società avrebbe prestato garanzia, non vi sarebbe alcuna ragione di approvare un nuovo piano urbanistico.
vii) Violazione degli artt. 27 e 28 della legge n. 457/1978, circa la pretesa restituzione dell’area alla sua destinazione agricola. Sarebbe rimasta invariata la destinazione urbanistica dell’area, discendente dalla perimetrazione di zona prevista dalla delibera del Consiglio comunale n. 82/2000, immediatamente operativa a prescindere da qualunque approvazione regionale e bisognosa di attuazione nel triennio a pena di decadenza. Come risulterebbe dalla documentazione in atti, le più recenti perimetrazioni della zona di recupero avrebbero confermato il piano di recupero in questione.
viii) Irrilevanza e infondatezza degli ulteriori rilievi svolti nella sentenza impugnata, relativi a vicende cautelari o alla trascrizione del contratto del 2005.
10.1. La società ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione, motivandola con l’esigenza di sbloccare una vicenda urbanistica annosa, recante danno ai contratti conclusi con strutture della grande distribuzione anche per il clamore mediatico suscitato dall’accoglimento del ricorso in primo grado.
11. Il Comune di Campobasso si è costituito in giudizio per aderire all’appello e chiederne l’accoglimento, rivendicando la legittimità dell’azione amministrativa anche alla luce dello svolgimento di una vicenda intricata e segnata da profondi dissapori familiari.
12. La ricorrente in primo grado ha resistito con controricorso e appello incidentale.
12.1. In punto di fatto, l’appellata informa che l’area sarebbe stata posta sotto sequestro dal Tribunale ordinario di Campobasso, che ne avrebbe disposto l’immodificabilità sino al passaggio in giudicato delle decisioni del Giudice amministrativo.
12.2. In diritto, sostiene:
- quanto al motivo i) dell’appello, di avere ritualmente impugnato - contrariamente a quanto affermato dalla sentenza di primo grado - la delibera di Giunta n. 267/2016 come apparirebbe dalle conclusioni e dalle articolazioni del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (primo motivo dell’appello incidentale). Trattandosi di diritti soggettivi, varrebbe l’ordinario termine di prescrizione decennale e non il termine di decadenza di sessanta giorni. Tale delibera, per altro verso, non approverebbe un nuovo piano di recupero, ma si limiterebbe a prevedere la stipula di un atto integrativo di proroga e non costituirebbe esercizio di un potere autoritativo;e solo il nuovo accordo costituirebbe l’atto lesivo della posizione giuridica della ricorrente, parte dell’originaria convenzione oggetto di proroga;
- quanto al motivo ii) dell’appello, che non sussisterebbe l’asserita violazione dell’art. 30 della legge n. 457/1978. La maggioranza dei tre quarti sarebbe sufficiente per la proposta di un nuovo piano di recupero, non per la proroga dell’originaria convenzione, per la quale occorrerebbe l’assenso di tutti i precedenti sottoscrittori;
- quanto ai motivi iii), iv), v) e viii) dell’appello, fondati sulla scrittura privata del 2005, sarebbe inconferente il richiamo alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4416/2015 perché relativa a un permesso di costruire, titolo il cui rilascio non presuppone la proprietà dell’area. Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal TAR, il Giudice ordinario avrebbe definitivamente accertato che i suoli oggetto del piano di recupero non sarebbero passati in proprietà della società appellante (secondo motivo dell’appello incidentale). La sentenza del Tribunale di Campobasso n. 634/2016 avrebbe ritenuto trattarsi di un contratto preliminare di vendita e la contraria qualificazione sarebbe l’esito di una capziosa procedura di errore materiale sfociata in una pronunzia definitivamente sospesa;
- quanto al motivo vi) dell’appello, premesso che nessuna delle parti avrebbe richiesto la proroga prevista dal c.d. “decreto del fare”, sarebbe esclusa la possibilità di prorogare oltre il termine decennale la validità del piano di recupero e di estendere a 22 anni la durata di una convenzione urbanistica oltre il termine decennale;la novazione soggettiva di una delle parti determinerebbe la costituzione di un nuovo rapporto contrattuale e impedirebbe di configurare la semplice proroga;
- quanto al motivo vii) dell’appello, venuta meno la variante di PRG adottata con delibera consiliare n. 82/2000 con previsione di una diversa zonizzazione - variante sulla base della quale il commissario ad acta avrebbe approvato il piano di recupero - l’area avrebbe riassunto la destinazione agricola.
13. Per aderire all’appello della società si sono costituiti in giudizio anche gli altri tre fratelli. Questi insistono particolarmente sulla mancata impugnazione sia della delibera n. 267/2016, ritenuta di carattere discrezionale e, nel ricorso di primo grado, non gravata con specifiche censure, sia - anche a voler ritenere che l’atto conclusivo del procedimento, e perciò lesivo, sia quello del dirigente - della determina dirigenziale n. 298 del 14 febbraio 2017, recante l’approvazione dello schema di atto di proroga.
Il Comune ha replicato all’appello incidentale.
14. Alla camera di consiglio del 1° febbraio 2018, sull’accordo delle parti, l’esame dell’incidente cautelare è stato riunito a quello del merito della causa.
15. In seguito le parti hanno depositato copia di provvedimenti giurisdizionali e ne hanno discusso in successive memorie.
16. L’appellata e appellante incidentale ha sostenuto la necessità di sospendere il processo ex art. 295 c.p.c. Le controparti hanno replicato.
17. Con ordinanza 2 dicembre 2019, n. 8232, la Sezione ha ritenuto che, impregiudicato per il momento ogni altro rilievo, per la definizione del giudizio apparisse preliminare la risoluzione della controversia - spettante al Giudice ordinario - relativa alla proprietà dei suoli oggetto del contestato atto di proroga della convenzione urbanistica del 2005 e ha disposto la sospensione del processo a norma degli artt. 79 c.p.a. e 295 c.p.c.
18. Le parti hanno depositato copia di sentenze del Tribunale civile di Campobasso (11 marzo 2020, n. 142, e 15 giugno 2020, n. 165), che affrontano segmenti della complessa vicenda di competenza del giudice ordinario.
19. Le parti si sono scambiate memorie.
20. Il Comune ha sottolineato la “notevole litigiosità” delle parti come aspetto dominante della causa ed evocato quello che definisce un “comportamento litigioso e … reciprocamente ostruzionistico dei privati interessati”, le cui conseguenze non potrebbero ricadere sull’Amministrazione. Questa non avrebbe responsabilità e si sarebbe di volta in volta adeguata a quanto risultante dai documenti ufficiali e dalle decisioni del Giudice amministrativo. In sintesi, ha insistito per l’accoglimento dell’appello principale.
21. L’appellata e appellante incidentale ha chiesto dichiararsi l’avvenuta estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 35, comma 2, lett. a), c.p.a., per la mancata prosecuzione nei termini di legge.
22. La società appellante ha replicato, e, in subordine, ha chiesto la rimessione in termini per errore scusabile formulando contestualmente espressa istanza di fissazione dell’udienza (memoria in data 23 novembre 2020). ”.
2. La Sezione, con la gravata sentenza n. 8428 del 2020:
a ) ha rilevato che il Tribunale civile di Campobasso, con sentenza n. 142 del 2020 - decidendo sulla domanda di declaratoria di nullità della scrittura privata del 1° febbraio 2020, qualificata dall’attrice come contrato preliminare, e sulla domanda riconvenzionale formulata dai convenuti - ha qualificato l’atto come contratto definitivo a effetti reali, avente ad oggetto la cessione di tutti i soli diritti edificatori acquisiti dal terreno in forza del piano di recupero, escluse le aree;
b ) ha altresì rilevato che contro tale sentenza del Tribunale civile di Campobasso n. 142 del 2020 risulta interposto appello parziale da parte di uno dei convenuti;
c ) ha dato atto che il menzionato Tribunale civile di Campobasso, con sentenza n. 165 del 2020 - decidendo su una domanda di scioglimento della comunione ereditaria e su una domanda di ordinaria divisione ereditaria, nonché sulle correlate domande riconvenzionali - riunite le cause, ha dichiarato la domanda inammissibile perché le parti, e in particolare l’attrice, non avrebbero prodotto alcun documento attestante la proprietà dei beni immobili in questione, e ha rigettato le domande riconvenzionali;
d ) ha dichiarato estinto il giudizio d’appello (n.r.g. 9222/2017) ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lett. a ), c.p.a., in quanto:
d.1 ) ha richiamato l’ordinanza di sospensione n. 8232 del 2019, pronunciata dalla Sezione ai sensi degli articoli 79 e 295 c.p.c.;
d.2 ) ha precisato che l’articolo 80, comma 1, c.p.a. non collega l’espletamento di incombenti processuali alla acquisita definitività del giudizio, con la conseguenza che, ai fini della presentazione della istanza di fissazione dell’udienza per la prosecuzione del giudizio sospeso, non occorre attendere il passaggio in giudicato della sentenza (che ha definito il giudizio che fu causa della sospensione), né l’ordinanza di sospensione della Sezione n. 8232 del 2019 aveva espressamente subordinato la prosecuzione del processo all’avvenuta formazione del giudicato nel giudizio civile;
d.3 ) ha rilevato che la ratio della sospensione necessaria di cui all’articolo 295 c.p.c. non è più solo quella di evitare un contrasto tra giudicati, ma anche quella di garantire la ragionevole durata del processo ai sensi dell’articolo 111 della Costituzione, con conseguente possibilità di riavviare il processo sospeso nonostante la causa pregiudicante non sia stata ancora definita con sentenza passata in giudicato;
d.4 ) ha evidenziato che, per superare il temporaneo stallo del procedimento conseguente alla sospensione del processo, occorre comunque un atto di parte: al contrario in quel giudizio l’udienza pubblica era stata fissata d’ufficio con avviso comunicato alle parti, con conseguente mancanza della necessaria istanza di fissazione dell’udienza, da presentarsi “ entro novanta giorni dalla comunicazione dell’atto che fa venir meno la causa di sospensione ”, ai sensi dell’articolo 80, comma 1, c.p.a.;
d.5 ) ha accertato che il suddetto termine - da intendersi come perentorio - di novanta giorni, per la presentazione della istanza di fissazione dell’udienza, ha cominciato a decorrere dal 15 aprile 2020 (data di notifica dell’appello proposto dalla società avverso la sentenza civile) e che il menzionato termine era oramai decorso;
d.6 ) ha escluso la sussistenza dell’errore scusabile ai sensi dell’art. 37 c.p.a.;
d.7 ) ha ritenuto comunque inammissibile l’istanza di fissazione dell’udienza non formulata con atto autonomo (ma contenuta nella memoria di replica dell’appellante) ai sensi degli articoli 71, comma 1, c.p.a. e 2, comma 1, lett. a ), disp. att.;
e ) ha assorbito l’esame dell’appello incidentale, che era stato subordinato alla reiezione della sollevata eccezione di estinzione;
f ) ha quindi confermato, per l’effetto, la sentenza del Tar impugnata;
g ) ha compensato le spese di lite del secondo grado, ponendo a carico della società appellante il contributo unificato.
3. Con ricorso notificato il 29 gennaio 2021 e depositato il 2 febbraio 2021, la società Potito S.p.a. ha chiesto la revocazione della menzionata sentenza della Sezione n. 8428 del 2020 ai sensi dell’articolo 395, n. 4, c.p.c., con conseguente domanda, in via principale, di conferma della sospensione del giudizio già disposta con l’ordinanza collegiale n. 8232 del 2019 e, in via subordinata, di accoglimento dell’appello, per il caso in cui “ si ritenga che la predetta controversia possa essere decisa allo stato degli atti ”.
3.1. In particolare la ricorrente, nella parte rescindente del ricorso, ha dedotto che “ nel caso di specie, l’errore di fatto revocatorio consiste nell’aver il giudice dichiarato l’estinzione del giudizio per effetto della pubblicazione della sentenza del Tribunale di Campobasso n. 142 del 2020 che ha definito il primo grado di un processo che non era quello per il quale era stata disposta la sospensione del processo amministrativo n. 9222/2017 ” (pag. 9 del ricorso), dal momento che la controversia “ relativa alla proprietà dei suoli oggetto del contestato atto di proroga della convenzione urbanistica del 2005 ” – posta a base della ordinanza collegiale di sospensione – “ non riguardava il giudizio sulla nullità della convenzione, conclusosi con la sentenza n. 142/2020 […], ma riguardava differenti giudizi civili che erano stati oggetto di specifica valutazione e motivazione nella sentenza del Tar Molise n. 481/2017 (R.G. n. 434/2017 e R.G. n. 435/2017) ed i cui esiti (sentenza n. 511/2018 e sentenza n. 54/2019) erano già stati contestati dalla società con gravame interposto innanzi alla Corte di Appello di Campobasso (R.G. n. 304/2018 […]) che ne aveva altresì sospeso l’efficacia ” (pag. 9 del ricorso), come anche emergente dalla richiesta di sospensione presentata dalla sig.ra L P nella memoria conclusiva del 25 ottobre 2019 e considerato, altresì, che il giudizio civile d’appello innanzi alla Corte d’Appello di Campobasso era ancora sub iudice ;inoltre la ricorrente ha dedotto che, se anche l’ordinanza di sospensione avesse inteso fare riferimento al giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale civile di Campobasso n. 142 del 2020, comunque non si sarebbe potuta pronunciare l’estinzione del giudizio d’appello innanzi al Consiglio di Stato, dal momento che la predetta sentenza civile n. 142 del 2020, di natura meramente dichiarativa, era stata impugnata ed era quindi sprovvista di esecutività fino al passaggio in giudicato, con conseguente insussistenza dell’onere di presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza.
3.2. Nella parte rescissoria del ricorso, la società ricorrente ha riproposto le censure articolate nell’atto di appello.
4. Si è costituito in giudizio, con articolata memoria, il Comune di Campobasso, il quale ha concluso rimettendosi alle decisioni del Collegio.
5. Si è altresì costituita in giudizio la sig.ra L P, la quale ha chiesto il rigetto del ricorso per revocazione ed ha altresì riproposto, in caso di revocazione della sentenza, l’atto di costituzione in giudizio con appello incidentale, che è stato assorbito dalla sentenza impugnata.
6. La società ricorrente ha depositato memoria illustrativa in data 17 maggio 2021, insistendo per l’accoglimento del ricorso per revocazione, con conseguente conferma della sospensione del giudizio n.r.g. 9222/2017, così come già disposto con l’ordinanza collegiale n. 8232 del 2019.
7. All’udienza del 17 giugno 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
8. Il ricorso per revocazione è fondato.
8.1. Infatti:
a ) nell’ordinanza della Sezione n. 8232 del 2019, di sospensione del giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017 ai sensi degli articoli 79 c.p.a. e 295 c.p.c., le motivazioni della sospensione sono state indicate in modo sintetico, essendo stata genericamente evocata l’opportunità di attendere la definizione del contenzioso pendente in sede civile circa la “ proprietà dei suoli oggetto del contestato atto di proroga della convenzione urbanistica del 2005 ”;
b ) in effetti i giudizi civili intercorsi e intercorrenti sul punto tra le parti sono plurimi, dato fattuale anch’esso incontroverso e idoneo di per sé a proiettare un minimo di incertezza su quale fosse l’evento incertus quando al quale dovesse riconnettersi la cessazione della sospensione;
b.1 ) da quanto risulta dagli atti di causa, sono attualmente pendenti, innanzi alla Corte d’appello di Campobasso, i giudizi concernenti le impugnazioni avverso:
i) la sentenza n. 511 del 2018 pronunciata dal Tribunale civile di Campobasso nel giudizio n.r.g. 435/2017, concernente opposizione di terzo proposta dalla sig.ra L P con riguardo alla sentenza corretta n. 316 del 2016 pronunciata dal medesimo Tribunale;
ii) la sentenza n. 54 del 2019 pronunciata dal Tribunale civile di Campobasso nel giudizio n.r.g. 434/2017, proposto dalla sig.ra L P per l’accertamento della natura meramente dichiarativa della sentenza corretta n. 316 del 2016 pronunciata dal medesimo Tribunale;
iii) la sentenza n. 142 del 2020 pronunciata dal Tribunale civile di Campobasso nel giudizio n.r.g. 823/2016, proposto dalla sig.ra L P per l’accertamento della nullità della scrittura privata del 1° febbraio 2005.
c ) l’ordinanza di sospensione n. 8232 del 2 dicembre 2019 è stata pronunciata dalla Sezione in accoglimento di un’espressa istanza di sospensione formulata nella memoria della sig.ra L P del 25 ottobre 2019 (depositata il 28 ottobre 2019);
d ) in tale memoria si era fatto riferimento ad almeno due giudizi civili, entrambi pendenti dinanzi alla Corte d’appello di Campobasso (a parte quello già definito dalla medesima Corte d’appello con sentenza n. 16 del 2017, passata in giudicato), e cioè:
i) il giudizio definito con la sentenza del Tribunale civile di Campobasso n. 511 del 2018 (sentenza sospesa dalla Corte d’appello con ordinanza n. 31 del 2019), con riferimento al quale la parte ha ricostruito la complessa vicenda processuale scaturita dalla domanda di correzione di errore materiale;
ii) il giudizio derivante dall’impugnazione della sentenza del Tribunale civile di Campobasso n. 54 del 2019;
e ) di conseguenza l’evento, cui era ancorata la sospensione del giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017, non poteva essere la mera definizione, in primo grado, del giudizio concluso con la sentenza del Tribunale civile di Campobasso n. 142 del 2020, depositata in atti dall’appellata in data 16 marzo 2020, dovendosi necessariamente attendere il passaggio in giudicato (ai sensi degli articoli 39 c.p.a., 295 e 297, comma 1, c.p.c.) dei due giudizi indicati nella memoria dell’appellata del 28 ottobre 2019, la cui pendenza – innanzi alla Corte d’appello di Campobasso - aveva ingenerato l’adozione, da parte della Sezione, dell’ordinanza di sospensione n. 8232 del 2019;
f ) pertanto, tenuto anche conto anche che la nuova udienza non è dipesa da un impulso di parte, ma è stata fissata d’ufficio dal Presidente della Sezione per esigenze organizzative del carico di lavoro, è possibile ritenere sussistente un errore di fatto rilevante ai fini dell’articolo 395, n. 4, c.p.c. commesso dal Collegio, che ha deciso la causa (dichiarando l’estinzione del giudizio d’appello) erroneamente individuando – a causa di un errore di percezione - i giudizi civili che avevano costituito il presupposto della sospensione, e la cui definizione avrebbe comportato per le parti l’onere di riattivare il giudizio sospeso;
g ) per converso, anche qualora si volesse interpretare l’ordinanza di sospensione n. 8232 del 2019 nel senso che la fine della sospensione fosse da ricollegare alla conclusione di uno qualunque dei giudizi dei quali la Sezione aveva avuto conoscenza, o perfino di un qualsiasi altro giudizio pendente tra le stesse parti (come se si fosse voluto intendere “ il primo giudizio che viene definito in ordine di tempo ”), sussisterebbero comunque i presupposti per il riconoscimento dell’errore scusabile, ai sensi dell’art. 37 c.p.a., in capo alla società appellante.
9. Pertanto il ricorso per revocazione deve essere accolto nei sensi sopra esposti e, per l’effetto, in fase rescindente, deve essere annullata la sentenza della Sezione n. 8428 del 2020, che ha dichiarato l’estinzione del giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017.
10. Con riguardo alla fase rescissoria, non potendosi decidere la controversia allo stato degli atti, essendo ancora sub iudice la questione relativa alla titolarità delle aree de quibus , deve essere confermata la sospensione del giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017, così come già disposta dall’ordinanza collegiale della Sezione n. 8232 del 2019, con le seguenti opportune precisazioni:
i) la causa di sospensione è destinata a permanere fino al passaggio in giudicato di entrambi i giudizi civili richiamati dall’appellata nella memoria del 25 ottobre 2019 (depositata il 28 ottobre 2019), che ha occasionato l’ordinanza di sospensione n. 8232 del 2019: ovvero i giudizi civili conclusisi in primo grado con le sentenze del Tribunale civile di Campobasso n. 511 del 2018 e n. 54 del 2019, entrambe appellate dalla Potito S.p.a.;
ii) un’eventuale e futura fissazione d’ufficio di una nuova udienza, determinata da ragioni organizzative, non comporterà la cessazione della sospensione, né esonererà la parte - interessata alla prosecuzione del giudizio - dall’onere processuale di depositare formale istanza di fissazione di udienza.
11. Stante la conferma della sospensione del giudizio d’appello n.r.g. 9222/2017, non si deve procedere all’esame dell’appello incidentale riproposto dalla sig.ra L P con la memoria di costituzione depositata il 29 marzo 2021, dal momento che l’esame di tutte le censure avverrà solo quando il suddetto giudizio d’appello sarà ritualmente e tempestivamente proseguito, una volta che sarà venuta meno la ragione della sospensione, come sopra esposto.
12. Stante la complessità della controversia, sussistono giuste ragioni per compensare le spese di lite del presente giudizio.