Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-27, n. 201201781

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-27, n. 201201781
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201781
Data del deposito : 27 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01315/2012 REG.RIC.

N. 01781/2012REG.PROV.COLL.

N. 01315/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1315 del 2012, proposto da:
[...OMISSIS...], rappresentata e difesa dagli avv. C C, L G T, con domicilio eletto presso L G T in Roma, via Antonio Bosio, 2 (ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 126/2003 e su istanza di parte si ordina di omettere le generalità e gli altri dati identificativi dell’appellante, in caso di riproduzione della presente sentenza per finalità di divulgazione su riviste scientifiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione) ;

contro

Ministero dell'Interno - Prefettura di Milano, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 03103/2011, resa tra le parti, concernente REVOCA PATENTE DI GUIDA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Prefettura di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2012 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avv. Caputo;

Ritenuto di poter procedere alla definizione immediata della controversia, a norma dell’art. 60 c.p.a., avendone avvertita la parte presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, è stata destinataria di un provvedimento del Prefetto di Milano in data 5 luglio 2011, con il quale le è stata revocata la patente di guida in applicazione dell’art. 120 del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, testo vigente).

Il provvedimento era motivato con la considerazione che l’interessata aveva riportato una sentenza penale “patteggiata”, in data 22 novembre 2010, per un reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. In effetti l’art. 120 cit. dispone che «non possono conseguire la patente di guida (...) le persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del t.u. (...)» ;
e che «se le condizioni soggettive indicate (...) intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida» .

2. L’interessata ha proposto ricorso al T.A.R. Lombardia, sede di Milano. Il T.A.R., con sentenza immediata, ha respinto il ricorso.

La ricorrente appella ora la sentenza davanti a questo Consiglio. L’Amministrazione dell’Interno si è costituita ed ha depositato una memoria difensiva.

In occasione della trattazione della domanda cautelare in camera di consiglio, il Collegio, sentite le parti, ravvisa le condizioni per poter procedere, a sua volta, alla definizione immediata delle controversia.

3. Conviene notare, innanzi tutto, che l’appellante non contesta i dati di fatto essenziali, in particolare che sia intervenuta nei suoi confronti una sentenza di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento) per un reato previsto dall’art. 73 del t.u. stupefacenti;
riconosce, inoltre, di essere stata trovata in possesso di una sostanza stupefacente, in quantità modesta ma sufficiente ad integrare la fattispecie penale. Si sofferma, piuttosto, a descrivere il contesto fattuale della vicenda, allo scopo di far risaltare la sua sostanziale buona fede e la sua estraneità al consumo e al traffico di stupefacenti (peraltro non nega di essere stata consapevole della natura della sostanza che, a suo dire, le era stata estemporaneamente affidata da persona di sua fiducia della quale tuttavia ignorava si trattasse di uno spacciatore abituale).

4. Sul piano della legittimità, la ricorrente ha sostenuto in primo grado, e sostiene di nuovo in appello, che l’art. 120 del codice della strada si riferisce alle sentenze “di condanna”;
non vi rientrerebbero le sentenze di applicazione della pena per effetto del patteggiamento, che non sono condanne in senso proprio. Mancherebbe in radice il presupposto della revoca della patente di guida.

In proposito, questo Collegio aderisce alla giurisprudenza secondo la quale, quando una norma assume l’esistenza di una condanna penale come presupposto (più o meno vincolante) per l’adozione di un provvedimento amministrativo, ovvero quale preclusione all’esercizio di determinate facoltà o diritti, a questi fini vale come sentenza di condanna anche quella emessa a seguito di patteggiamento. Così Cons. Stato, IV, n. 4006/2009 con riferimento al c.d. proscioglimento (licenziamento) di militari volontari in ferma breve;
Cass. civ. n. 2065/1999 con riferimento all’ineleggibilità degli amministratori comunali.

Questa interpretazione è coerente con il testo dell’art. 445 c.p.p., a norma del quale la sentenza patteggiata non ha efficacia (s’intende, l’efficacia tipica del giudicato) nei giudizi civili e amministrativi ma ad ogni altro fine è equiparata alla sentenza di condanna. Ed è coerente altresì con la ratio legis delle singole normative di settore, le quali – a protezione di un preminente interesse pubblico - stabiliscono che chi abbia tenuto certi comportamenti penalmente rilevanti e come tali sanzionati non è idoneo a conseguire determinate autorizzazioni o concessioni, ovvero a rivestire determinate cariche o uffici. Ciò si dice, beninteso, con riferimento ai profili di diritto pubblico diversi dall’ambito strettamente penalistico, sul quale ultimo questo Collegio non ha ragione di pronunciarsi.

Del resto, è puramente teorica l’ipotesi che taluno accetti un patteggiamento e l’inerente applicazione della pena senza essere realmente colpevole ma solo per evitare i disagi di un procedimento penale. Nella realtà, è ben più verosimile che lo faccia chi è colpevole e, non avendo elementi a propria difesa, può aspirare solo ai benefici inerenti al rito. Anche nella presente vicenda, l’appellante, pur lamentando di aver aderito al patteggiamento perché (a suo dire) mal consigliata, sostanzialmente ammette di aver detenuto scientemente sostanza stupefacente in quantità superiore alla soglia di tolleranza, integrando così la fattispecie penale (art. 73, comma 1- bis , lettera a) , del t.u. 309/1990).

Va perciò respinta la tesi della non assimilabilità del patteggiamento alla condanna, ai fini di cui all’art. 120 del codice della strada.

5. Appurato, dunque, che vi erano i presupposti per l’applicazione dell’art. 120, la questione successiva è se il provvedimento di competenza del Prefetto fosse vincolato o discrezionale.

Sotto questo profilo, le disposizioni dell’art. 120 sono inequivoche (ci si riferisce ovviamente al testo attualmente vigente introdotto con legge n. 94/2009, sensibilmente diverso da quello cui fanno riferimento i precedenti giurisprudenziali meno recenti). Le persone condannate per i reati in parola «non possono conseguire la patente di guida» e qualora l’avessero conseguita il precedenza il Prefetto «provvede alla revoca».

Si tratta senza dubbio di una preclusione ope legis e di una revoca dovuta e vincolata. Non vi è traccia di margini di discrezionalità. In particolare la norma non attribuisce al Prefetto il dovere (e neppure il potere) di valutare autonomamente la gravità del reato e/o la pericolosità sociale del soggetto, né di formulare prognosi circa l’eventualità che questi commetta ulteriori reati servendosi della patente di guida. Risulta del tutto ininfluente, fra l’altro, la circostanza che il giudice penale abbia concesso la sospensione condizionale della pena nella previsione che il soggetto si asterrà da ulteriori reati.

6. E’ ininfluente, altresì, la circostanza (asserita) che l’interessata non faccia e non abbia mai fatto personalmente uso di stupefacenti, e che pertanto essa non rappresenti, sotto questo profilo, un pericolo per la circolazione stradale. Ed invero l’art. 120 ha per oggetto i “requisiti morali” per ottenere la patente di guida, non l’idoneità fisica e psichica alla conduzione di autoveicoli.

7. Stante il carattere vincolato del provvedimento, non sono pertinenti le ulteriori censure riferite al supposto difetto d’istruttoria o alla mancata comunicazione dell’avviso del procedimento. Valga in proposito il richiamo all’art. 21- octies della legge n. 241/1990.

8. In conclusione, si deve respingere l’appello e confermare la sentenza appellata. Le spese seguono la soccombenza, non essendovi ragione per disporre diversamente, tenuto conto che tutte le censure avevano già ricevuto adeguata risposta in primo grado.

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