Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202310648

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202310648
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310648
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 10648/2023REG.PROV.COLL.

N. 07186/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7186 del 2020, proposto da
Piazza Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

contro

Comune di Grandate, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avv. Giovanni Cons, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Cons in Roma, via Cicerone n. 44;

nei confronti

Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Antonella Forloni e Maria Lucia T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore n. 22;

e con l'intervento di

ad adiuvandum :
Guffanti Commerciale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Bruno B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 2539/2019, resa tra le parti, per l'annullamento, previa sospensione:

- dei provvedimenti del Responsabile SUAP del Comune di Grandate, datati 18.01.2019, con i quali veniva negato a Piazza Italia s.p.a. il rilascio delle autorizzazioni commerciali per Media Struttura di Vendita relative alle pratiche n. 07509430638 - 11092018 - 1732 e n. 07509430638 - 11092018 - 1949;

- di ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e/o consequenziale, facendo espressa riserva di motivi aggiunti, ed in particolare, per quanto occorrer possa, dell'art. 4 del Regolamento per Medie Strutture di Vendita del Comune di Grandate e delle previsioni contenute nella scheda del Comparto RFR3 allegata al Documento di Piano, nella parte in cui escludono l'ammissibilità di medie strutture eccedenti mq. 400 e grandi strutture di vendita nel predetto Comparto RFR3.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grandate e della Regione Lombardia;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum della Guffanti Commerciale s.r.l.;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023 il Cons. A F e preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, degli avvocati B, Cons, B e T;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Piazza Italia s.p.a. proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia chiedendo l’annullamento dei provvedimenti del Responsabile SUAP del Comune di Grandate, con i quali le veniva negato il rilascio delle autorizzazioni commerciali per la Media Struttura di vendita. La ricorrente riferiva di avere sottoscritto, in data 9.10.2014, un contratto preliminare di locazione con la società GIF s.r.l. al fine di insediare un proprio punto vendita nel Comune di Grandate. L’immobile oggetto del predetto contratto era ricompreso all’interno del Piano di Governo del Territorio (PGT) vigente nel Comune di Grandate, nel comparto attuativo denominato RFR3;
il Piano di Attuazione (PA) dell’ambito veniva approvato con la delibera del Consiglio Comune di Grandate n. 28 del 28.4.2014, e pertanto veniva sottoscritta la relativa convenzione urbanistica. L’esponente precisava che l’ambito RFR3 prevedeva la realizzazione di più edifici, con una volumetria massima pari a 40.000 mc, con destinazione residenziale e commerciale ovvero funzionale ad altri servizi di carattere generale. Secondo gli strumenti urbanistici, 35.000 mc erano destinati ad uso residenziale e i rimanenti mc 5000 ad uso commerciale o per servizi di carattere generale, escluse le attività terziarie intese come medie strutture di vendita eccedenti mq 400 e le grandi strutture di vendita;
il vincolo era contenuto nelle prescrizioni del PGT e nell’art. 4 del Regolamento per le medie strutture di vendita commerciali del Comune di Grandate. L’art. 4, infatti, escludeva, nell’ambito

RFR

3, le destinazioni terziarie ‘intese come medie eccedenti mq 400 e grandi strutture di vendita’. Gli edifici destinati ad attività economiche erano stati realizzati in tempi diversi ed erano stati assentiti con autonomi titoli edilizi.

In data 2.2.2018, il soggetto attuatore della PA e la Guffanti s.p.a. presentavano una richiesta di autorizzazione unitaria per le palazzine C e D al fine di assentire singole separate medie strutture di vendita (MSV), nel rispetto del limite di mq 400, per un totale di mq 1400.

Il Comune di Grandate respingeva l’istanza, ritenendo che la superficie di vendita così attivata si doveva considerare un ampliamento della superficie di vendita di una media struttura già autorizzata, quindi in eccedenza di mq. 400, ciò in quanto la richiesta di autorizzazione era relativa ad una media struttura di vendita, avente carattere unitario, di mq totali 1403,48.

In data 11.9.2018, la società Piazza Italia s.p.a. presentava allo SUAP di Grandate due istanze per il rilascio delle autorizzazioni commerciali necessarie all’insediamento della propria attività nell’ambito della palazzina C (suddivisa fisicamente in C1 e C2);
le autorizzazioni erano relative ad un’area di 400 mq. per ciascuna attività, complessivamente pari a 800 mq.

Il SUAP di Grandate, dopo l’acquisizione di integrazioni documentali, con provvedimento del 18.1.2019 respingeva l’istanza, in quanto nella stessa area erano presenti due esercizi commerciali, entrambi rientranti nella dimensione di media superficie inferiore a mq 400, aventi percorso, accesso e aree parcheggio distinti e separati l’uno dall’altra. Inoltre, nella zona RFR non erano consentite ‘ le terziarie costituenti esercizi di media (sempre con riferimento ad una superficie eccedente i mq 400 per il comparto n. 3 ’. Nella specie, la viabilità di accesso e le aree di parcheggio diventavano elementi comuni alle strutture di vendita, presenti ed eventualmente da insediare, venendo così a confluire nella casistica di media o grande struttura di vendita organizzata in forma unitaria con superficie di oltre 1400 mq.

2. La società Piazza Italia s.p.a. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia avverso i suddetti provvedimenti, denunciando la violazione dell’art. 4 del Regolamento per Medie Strutture di Vendita (in seguito anche MSV) del Comune di Grandate e delle prescrizioni contenuti nella scheda di comparto RFR3. La ricorrente deduceva che, sulla base dell’interpretazione fornita dall’arch. T, le previsioni del PGT consentivano la realizzazione di un insediamento composto da più MSV di 400 mq fino al limite dei 1500 mq, prescrivendo ‘ il solo limite che i singoli esercizi non eccedano i predetti 400 mq di superficie di vendita ’. Secondo la società, i provvedimenti impugnati erano viziati da difetto di motivazione, in quanto nella specie non sussisteva una struttura unitaria tra le attività oggetto dell’istanza abilitativa e quelle già operanti in zona, in assenza di servizi o altri indici idonei a generare economie di scala, non essendo sufficiente la sola condivisione della viabilità di accesso e dei parcheggi. La ricorrente lamentava che la restrizione (mq 400) posta dall’art. 4 del Regolamento sulle MSV era contraria alla disciplina rinveniente dalla c.d. direttiva Bolkestein e, anche a voler ritenere la unitarietà delle strutture di vendita de quibus , l’Amministrazione aveva illegittimamente omesso di considerare le stesse come integranti un centro commerciale naturale, ai sensi della DGR n. X/1193/2013, in quanto ubicate a ridosso di una strada che sarebbe divenuta pubblica in forza dell’accordo di programma del 5.6.2018.

3. Il T.A.R., con sentenza n. 2539 del 2019, respingeva il gravame, ritenendo che le prescrizioni attualmente vigenti nel Comune di Grandate erano ostative alla realizzazione di una struttura di vendita, per tale intendendosi anche quella condotta da due o più esercizi commerciali avvinti da un legame ‘materiale e funzionale’, di superficie superiore ai 400 mq.

4. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, la società Piazza Italia s.p.a. ha appellato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma e denunciando: “ 1. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Vizio di ultra petizione. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34, comma 2, del d.lgs. n. 104/2010. Travisamento ed erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto;

2. Error in iudicando: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 114/1998, dell’art. 2, comma 1, lettera f) e comma 2 della DGR n. X/1193/2013”.

5. La società Guffanti Commerciale s.r.l. si è costituita in giudizio nella qualità di interveniente ad adiuvandum, riferendo di essere promissaria locatrice dell’immobile al quale afferiscono i provvedimenti oggetto della sentenza resa dal T.A.R. per la Lombardia n. 2539 del 2019, impugnata dalla Piazza Italia nel presente giudizio.

6. Si è costituito il Comune di Grandate, concludendo per il rigetto dell’appello. Con nota del 28 settembre 2023, l’avvocato P M ha comunicato la rinuncia al mandato professionale.

7. Si è costituita la Regione Lombardia chiedendo il rigetto del gravame.

8. Le parti, con successive memorie, hanno ribadito le proprie difese.

9. All’udienza del 28 settembre 2023, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

10. Con il primo mezzo, la società Piazza Italia s.p.a. (in seguito anche solo Piazza Italia) ha lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che il Collegio di prima istanza avrebbe, impropriamente, esercitato ex novo un potere di spettanza dell’Amministrazione, fornendo al diniego, a suo tempo espresso, una nuova veste motivazionale;
ciò in quanto, concentrandosi sulla duplice richiesta di autorizzazioni commerciali, si sarebbe limitato a valutare la stessa in modo unitario, ma non avrebbe tenuto conto che i dinieghi comunicati dal Comune di Grandate non si basavano su tale rilievo, e che pertanto il petitum sottoposto all’attenzione del Collegio non riguardava tale tematica. La pronuncia contrasterebbe con la normativa di riferimento e, in particolare, con l’art. 34, comma 2 del d.lgs. 104 del 2010 secondo cui ‘ in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati ’.

10.1. La censura non è fondata.

Secondo la dottrina processualistica, chi propone una domanda vincola il giudice, non solo al dovere di pronunciarsi, ma più precisamente al dovere di pronunciarsi su tutta l’estensione della domanda. Si suole parlare di disponibilità dell’oggetto del processo in capo a colui che propone la domanda, nel senso che questi, con la sua domanda, vincola e limita il giudice nell’oggetto del suo giudizio. Se si tiene presente che il giudizio si articola in due momenti: giudizio di diritto e giudizio di fatto, occorre chiedersi se la domanda vincola il giudice con riguardo ad entrambi questi momenti. Per quanto riguarda il diritto, si deve negare ogni esclusiva dell’attore rispetto alla interpretazione ed applicazione norme alla fattispecie in esame, quindi il giudice è libero di applicare le norme di diritto che meglio ritiene adattabili al caso concreto, e anche di mutare la qualificazione giuridica o il nomen iuris delle circostanze oggetto di causa;
con riguardo al fatto, il giudice è vincolato dall’art. 112 c.p.c. al potere della parte che propone domande con allegazione degli elementi del fatto, determinando l’ambito dell’oggetto del processo. Questo significa che il giudice deve giudicare sui fatti secundum alligata judicare debet, ma a quei fatti, come si è detto, può applicare le norme di diritto che ritiene più corrette, anche nell’ipotesi in cui non siano state in alcun modo illustrate nelle domande prospettate nel corso del giudizio. Ne consegue che il giudice è libero di interpretare le norme giuridiche nel modo che ritiene più corretto, anche se non sia stata quella l’interpretazione prospettata nella domanda.

Ciò premesso, il vizio di ultra petizione si verifica nelle ipotesi in cui il giudice, nel pronunciare la sentenza, ecceda gli effetti della fattispecie dedotta in giudizio, ampliandone la portata rispetto a quanto richiesto dall’attore. Mentre sussiste extra petizione, quanto l’intervento del giudice sia di tipo sostitutivo, causando la produzione di effetti diversi da quelli indicati nella domanda di parte.

Va rammentato, però, che la giurisprudenza non sempre separa nettamente i due vizi, tenuto conto che non corrisponde agli stessi una effettiva differenza del trattamento processuale.

Nella specie, la società appellante ha denunciato un vizio di ultra petizione, vizio processuale che si identifica con le situazioni in cui il giudice si esprime con provvedimenti che abbiano un contenuto sostanziale più ampio rispetto a quanto richiesto o che producano effetti più ampi rispetto a quelli prospettati nella domanda, nonché nei casi di arbitraria integrazione delle prospettazioni dei fatti contenuti nella domanda, ed, infine, di arbitrario allargamento della pronuncia a soggetti diversi da quelli fra i quali incorre la domanda.

Tale vizio non ricorre.

Va rammentato, come si è detto, che il giudice del merito ha il potere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto di contestazione e di qualificare giuridicamente l’azione proposta e di procedere ad una autonoma ricerca delle norme su cui fondare la decisione, indipendentemente dalla prospettazione delle parti (Cass. n. 14403 del 2022).

Nella fattispecie, il Collegio di prima istanza, nello scrutinio della domanda proposta con l’atto introduttivo della lite, finalizzata, in sostanza, a rilevare l’illegittimità del diniego delle autorizzazioni commerciali del Comune di Grandate, ha dovuto tenere conto anche della prospettazione difensiva dell’Ente regionale, il quale ha sostenuto la qualificazione unitaria del comparto sul quale avrebbe dovuto insistere l’attività commerciale dell’appellante, sulla base della interpretazione della motivazione illustrata nel provvedimento impugnato, stante l’esclusione di attività terziarie intese come medie strutture eccedenti mq 400 e grandi strutture di vendita.

Ne consegue che, la lettura della motivazione della sentenza impugnata effettuata dalla società Piazza Italia non coglie nel segno, dovendosi rilevare che le due richieste di autorizzazione sono state contestualizzate sulla base delle deduzioni difensive prospettate dalle parti e con riferimento alla documentazione dalle stesse allegate (quindi anche il contratto preliminare di locazione), giungendo a rilevare la destinazione unitaria degli esercizi commerciali.

Pertanto, non può ravvisarsi alcun vizio di ultra petizione nella sentenza impugnata, in quanto la qualificazione giuridica dei fatti di causa e delle domande giudiziali operata dal Collegio non ha comportato alcuna violazione del principio tra chiesto e pronunciato, non essendo stati alterati gli elementi identificativi dell’azione, e non essendo stati valutati atti o fatti che non erano stati indicati dalle parti a fondamento delle proprie pretese (Corte Cass. n. 20957 del 2017).

Né si può ritenere che il Collegio di primo grado abbia integrato la motivazione dei provvedimenti impugnati sostituendosi all’Amministrazione, posto che, sul presupposto del quadro normativo di riferimento, ha correttamente chiarito che ‘ le prescrizioni attualmente vigenti nel Comune di Grandate sono irrimediabilmente ostative alla realizzazione di una struttura di vendita – per tale intendendosi anche quella connotata da due o più esercizi commerciali avvinti da un legame ‘materiale e funzionale’ di superficie eccedente i mq 400 ’, precisando che ‘ il centro di imputazione dell’effetto giuridico rinveniente dalle prescrizioni del PGT e dall’art. 4 del regolamento (limitazione a 400 mq) è dunque da rinvenire anche nell’insieme di strutture di vendita che – benchè autonomamente formatesi e sviluppatesi, anche in tempi diversi – nondimeno siano suscettibili di configurarsi in termini di unitarietà ’.

11. Con il secondo motivo di appello, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. n. 114 del 1998 e dell’art. 2, comma 1, lett. f) e comma 2 del

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