Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-19, n. 201806489

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-19, n. 201806489
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806489
Data del deposito : 19 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/11/2018

N. 06489/2018REG.PROV.COLL.

N. 05954/2011 REG.RIC.

N. 01869/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5954 del 2011, proposto da F L s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S D P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Popolo, n. 18;

contro

Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

A.S.L. n.

5-Campobasso e A.S.Re.M. -Azienda Sanitaria per la Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 1869 del 2012, proposto da F L s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S D P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Popolo, n. 18;

contro

Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

A.S.L. n.3 Centro Molise e A.S..Re.M. -Azienda Sanitaria per la Regione Molise, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5954 del 2011:

della sentenza del T.A.R. per il Molise, Sez. I, n. 170/2011, resa tra le parti, concernente atti del procedimento di rilascio di autorizzazione all’erogazione di prestazioni riabilitative aggiuntive;

quanto al ricorso n. 1869 del 2012:

della sentenza del T.A.R. per il Molise, Sez. I, n.745/2011, resa tra le parti, concernente il ritiro dell’autorizzazione all’erogazione di prestazioni riabilitative aggiuntive.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Molise;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 2969 del 17 maggio 2018;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 25 settembre 2018 il Cons. Antonella Manzione e uditi per le parti gli avvocati S D P e l'Avvocato dello Stato Paola Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società ricorrente, già titolare di autorizzazione per un centro di riabilitazione in regime di internato nel Comune di Toro, ne ha chiesto l’estensione al regime di semi internato e ambulatoriale in data 13 febbraio 1989. Il Presidente della Giunta regionale, con proprio decreto 10 dicembre 1992, n. 2435, ha autorizzato tale estensione, malgrado il parere sfavorevole del Servizio igiene pubblica della U.S.L. di Campobasso e del Comitato di consulenza tecnica di cui all’art. 11, comma 1, lett. a) della L.R. 12 gennaio 1991, n. 3, sulla base di un autonomo supplemento di istruttoria effettuato avvalendosi di tecnici della sede di Isernia. L’efficacia dell’autorizzazione è stata tuttavia esplicitamente << subordinata alla verifica della sussistenza di tutti i requisiti e delle condizioni prescritte dalla deliberazione della Giunta regionale n. 4042 del 12.11.1984, con particolare riferimento alla complessiva dotazione organica >>.

2. La Commissione di controllo presso il Commissariato del Governo della Regione, competente ratione temporis in materia di legittimità anche di tale tipologia di atti, nella seduta del 30 dicembre 1992 ha sospeso l’esecutività del decreto n. 2435/1992 chiedendo elementi integrativi di giudizio. In particolare, da un lato, ha rilevato l’inammissibilità del rilascio di un titolo la cui efficacia risultava condizionata all’esito di verifiche sulla sussistenza di requisiti che devono preesistere per espressa disciplina di legge;
dall’altro, ha evidenziato come l’apparente incongruenza tra il parere degli organi consultivi di cui l’Assessorato regionale doveva avvalersi e quello dei tecnici dei quali si è concretamente avvalso in riforma delle valutazioni già acquisite, potesse essere ascritta al mutamento dello stato dei luoghi: essendo infatti state apportate modifiche alla struttura in epoca successiva alle prime verifiche, << occorre che il Servizio di Igiene pubblica venga nuovamente chiamato a pronunciarsi sulla diversa situazione ora determinatasi >>.

3. La Regione ha pertanto incaricato nuovamente suddetto Servizio igiene pubblica della U.S.L. di Campobasso e il Comitato di consulenza tecnica, quali organismi territorialmente competenti cui fa riferimento l’art. 4, comma 2, della ricordata L.R. 12 gennaio 1991, n. 3: entrambi hanno confermato il proprio originario parere negativo anche all’esito del nuovo sopralluogo.

4. Con nota del 31 gennaio 1994 l’Assessorato alla Sanità ha pertanto comunicato alla società tale esito istruttorio sfavorevole all’accoglimento dell’istanza dalla stessa presentata in data 13 febbraio 1989;
immediatamente dopo, ovvero il 2 febbraio 1994, il responsabile della corrispondente struttura amministrativa ne ha dato notizia al ‘Settore Gabinetto e Affari generali’ della Giunta regionale, in quanto richiedente gli elementi integrativi di giudizio per conto dell’allora competente Commissione di controllo;
quest’ultimo a sua volta, con analoga comunicazione del 14 febbraio 1994, ha trasferito l’informazione acquisita alla Commissione medesima.

5. Con un primo ricorso al T.A.R. per il Molise la società ha impugnato la nota del 31 gennaio 1994. Il ricorso è stato respinto con sentenza n. 724 del 4 dicembre 2009, passata in giudicato, in quanto il diniego di autorizzazione -tale essendo la natura riconosciuta al provvedimento- è parso alieno dai vizi prospettati, stante la sua motivazione per relationem sui pareri tecnici espressi dagli organismi consultivi competenti, la sua tempestività e la riconosciuta competenza dell’organo che lo ha adottato, ovvero l’Assessorato al quale la società ricorrente aveva rivolto l’istanza di nuova autorizzazione.

6. Nelle more della definizione di tale giudizio, la società ha tuttavia presentato una diffida datata 7 luglio 1994, acquisita al protocollo della Regione in data 20 luglio 1994, con la quale si intimava la definizione con provvedimento espresso ‘definitivo e motivato’ del procedimento amministrativo attivato con la propria istanza del 13 febbraio 1989, disconoscendo tale valore alla avversata nota del 31 gennaio 1994.

L’Assessore regionale del Molise ha riscontrato tale diffida con due note indirizzate alla società (prot. n. 9128 del 29 luglio 1994 e n. 9958 del 29 agosto 1994) nelle quali, oltre a ‘ribadire’ i contenuti del provvedimento del 31 gennaio 1994 e cioè << la determinazione di questo Assessorato a non autorizzare la struttura da Ella rappresentata a svolgere attività sanitaria in regime di seminternato (e ambulatoriale) stante i pareri negativi espressi dal Servizio di Igiene pubblica e dal Comitato di Consulenza tecnica della U.S.L. di Campobasso >>, ha ricordato la pendenza di giudizio al T.A.R. avverso tale diniego.

7. Con un secondo ricorso al medesimo T.A.R. per il Molise (N.R.G. 895/2009) la società ha impugnato anche tali atti, e precisamente la nota del 2 febbraio 1994 con la quale il responsabile dell’ufficio competente ha riscontrato la richiesta di elementi integrativi di giudizio del Gabinetto della Giunta regionale;
la speculare nota di tale ufficio di Gabinetto alla Commissione di controllo;
nonché le comunicazioni dell’Assessorato di riscontro alla menzionata diffida.

Il giudizio di prime cure si è concluso con la sentenza n. 170/2011 di declaratoria di improcedibilità del ricorso in ragione dell’acquisita definitività dell’atto di archiviazione della pratica, id est il diniego di rilascio dell’autorizzazione richiesta del 31 gennaio 1994, in ragione dell’avvenuto passaggio in giudicato della ricordata sentenza n. 724/2009, che ne ha sancito in via definitiva la legittimità.

8. In data 6 agosto 1996, infine, il Presidente della Giunta regionale, con proprio decreto n. 217, ha proceduto al ‘ritiro’ del provvedimento n. 2435/1992, con il quale l’ampliamento dell’attività della società ricorrente era stato assentito sotto condizione.

Anche avverso tale atto di ‘ritiro’ la società presentava ricorso (N.R.G. 819/1996) al T.A.R. per il Molise, definito con sentenza n. 745/2011 nel senso della inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse, sempre attraverso il richiamo alla sentenza n. 724/2009 e alla sancita definitività del provvedimento di diniego del 31 gennaio 1994.

9. La società ha impugnato le predette sentenze n. 170/2011 e n. 745/2011 rispettivamente con i ricorsi in appello N.R.G. 5954 del 2011 e N.R.G. 1869 del 2012.

10. In entrambi i mezzi di gravame ha lamentato l’erronea valutazione da parte del Tribunale dell’autonoma lesività dei provvedimenti impugnati rispetto alla nota del 31 gennaio 1994, che non ne assorbirebbe in alcun modo la diversa valenza contenutistica.

Per tale ragione, ha sostanzialmente riproposto gli originari motivi di doglianza, ovvero in particolare la asserita violazione e falsa applicazione della l. n. 833/1978 nonché della direttiva approvata con delibera di G.R. del 12 novembre 1984 e della L.R. n. 3 del 12 gennaio 1981, oltre che da eccesso di potere. Con il secondo ricorso ha altresì sottolineato l’implicito riconoscimento attraverso l’adozione del ‘ritiro’ dell’atto della incompetenza di un organo diverso da quello che lo ha adottato (l’Assessore regionale in luogo del Presidente) ad incidere sullo stesso, secondo le regole generali del contrarius actus ;
ha altresì criticato l’intero procedimento in quanto conseguito al rilievo di un organo di controllo nel frattempo privato delle relative competenze dal d.lgs. 13 febbraio 1993, n. 40, e purtuttavia oggetto di interlocuzioni con gli uffici ( v. le note del 2 e del 14 febbraio 1994).

11. Alla pubblica udienza del 15 maggio 2018 veniva chiamato in decisione il ricorso N.R.G. 5954/2011, avverso la sentenza del T.A.R. per il Molise n. 170/2011.

12. Preso atto della manifesta connessione, soggettiva e oggettiva, tra i due giudizi e della conseguente necessità di una loro trattazione congiunta, con ordinanza n. 2969 del 2018 la Sezione ne disponeva il rinvio per la trattazione congiunta con il ricorso N.R.G. 1869/2012.

13. Alla pubblica udienza del 25 settembre 2018 entrambi i ricorsi sono stati chiamati in decisione.

14. Preliminarmente, il Collegio dispone pertanto la riunione dei ricorsi in appello nn. 5954/2011 e 1869/2012, in ragione della loro evidente connessione soggettiva ed oggettiva.

Passa, poi, all’esame delle questioni sollevate dalla società in entrambi i ricorsi.

15. Il Collegio ritiene entrambi i ricorsi infondati.

16. Per inquadrare correttamente la complessa vicenda da cui ha tratto origine l’odierno contenzioso, occorre prendere le mosse dai punti fermi stabiliti nella sentenza n. 724/2009, invocata in entrambe le decisioni appellate.

Il susseguirsi di atti, a valenza provvedimentale o meno, che ne connotano lo sviluppo, anche a prescindere dalla innegabile difficoltà dell’esatto inquadramento concettuale in ragione del loro innestarsi su un titolo –l’autorizzazione n. 2435 del 1992- di fatto esistente, ma inefficace, va infatti collocato a monte o a valle dello spartiacque giuridico rappresentato dalla nota del 31 gennaio 1994, oggetto del decisum de quo .

Entrambe le sentenze, infatti, fondano le proprie conclusioni sulla carenza di interesse, sopravvenuta alla proposizione del ricorso, nel primo caso (da qui, la affermata improcedibilità);
preesistente allo stesso, nel secondo (conclusosi infatti con la declaratoria di inammissibilità). E in entrambi i casi il venir meno o l’insussistenza dell’interesse viene ricondotta all’avvenuta definizione negativa del procedimento con l’atto di diniego/archiviazione nel quale si sostanzia la nota del 31 gennaio 1994.

17. Afferma dunque il T.A.R. nella sentenza n. 724/2009 che << La ricorrente, avendo chiesto alla Regione l’autorizzazione ad erogare prestazioni riabilitative in regime di semi-internato e ambulatoriale, ne otteneva un diniego, stante i pareri negativi del Servizio di igiene pubblica della U.S.L. di Campobasso (prot. n. 12291 dell’11.11.1991) e del Comitato di consulenza della medesima U.S.L. >>. Appare dunque chiara sin dai primi passaggi argomentativi la natura riconosciuta dal Giudice alla nota del 31 gennaio 1994: trattasi di diniego del titolo richiesto, sulla base delle valutazioni tecniche, peraltro ampiamente ricordate nel prosieguo della motivazione, ove si elencano in maniera puntuale ed esaustiva le riscontrate carenze rispetto ai requisiti necessari ai sensi della vigente disciplina regionale, quali, in particolare, dimensioni insufficienti, ad esempio dei locali soggiorno-pranzo, carenza di servizi igienici e docce, barriere architettoniche e mancanza di attrezzature funzionali all’attivazione delle richieste attività riabilitative in modalità aggiuntiva.

In tale contesto, appaiono irrilevanti le ragioni dell’avvenuta (ri)attivazione dell’istruttoria sull’istanza della ricorrente, solo in apparenza già definita con D.P.G.R. n. 2435/1992: a prescindere, infatti, dalla adombrata questione della sopravvivenza o meno degli effetti sospensivi dell’efficacia di un atto al venir meno dell’organo che ha espresso i relativi rilievi, restano gli esiti negativi delle verifiche concretamente disposte dalla Regione.

Quand’anche essi fossero scaturiti in via autonoma –cosa peraltro che l’Amministrazione si è in qualche modo autoimposta nel momento in cui ha subordinato l’efficacia originaria dell’atto alla ‘verifica’ dei requisiti di legittimità dello stesso- ne restano acquisiti gli esiti negativi, incontestabili nella loro obiettiva consistenza. Né a tale riguardo appare degno di nota il tentativo della ricorrente (in particolare nel ricorso N.R.G. 1869/2012) di circoscrivere tale condizione di efficacia alla sola verifica di requisiti ontologicamente incompatibili con l’inattività della struttura, quali quelli inerenti la concreta organizzazione del servizio sussumibile nella dotazione organica;
ammesso e non concesso che non ci si dovesse attenere al riguardo alle indicazioni comunque preventive del richiedente, il << particolare riferimento alla complessiva dotazione organica >>, costituisce formula di chiusura del più generico richiamo alla necessità di accertare la << sussistenza di tutti i requisiti e delle condizioni prescritte dalla deliberazione della Giunta regionale n. 4042 del 12.11.1984 >>.

18. Quanto detto peraltro, rileva ancora il Collegio, a tacere delle non chiare motivazioni che hanno indotto l’Assessorato a disporre un autonomo supplemento di istruttoria, di fatto ponendo nel nulla e comunque revocando in dubbio la correttezza dell’operato degli organismi consultivi competenti per territorio, che si erano già espressi negativamente al riguardo;
salvo poi aderire alla diversa richiesta della Commissione di controllo senza sollevare obiezione alcuna in difesa della propria originaria scelta procedurale, avvalendosi nuovamente degli stessi e con ciò riconducendo l’istruttoria del procedimento nell’alveo naturale indicato dalla L.R. n. 3 del 1991.

19. Una volta acquisito il contenuto provvedimentale della nota del 31 gennaio 1994, per come definitivamente cristallizzato nella sentenza n. 724/2009, può ora passarsi ad esaminarne l’impatto sugli atti oggetto dei giudizi in esame.

20. Con la sentenza n. 170/2011 il T.A.R. per il Molise ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto << atti meramente presupposti >>, quali l’‘archiviazione’, comunque intesa, del precedente atto autorizzativo n. 2435 del 1992, ovvero << consequenziali >>
, quali la comunicazione di suddetta ‘archiviazione’ alla ricorrente ed all’ormai incompetente Commissione di controllo sugli atti della Regione, rispetto alla nota del 31 gennaio 1994.

21. Ritiene il Collegio che condivisibili conclusioni del Giudice di prime cure meritino qualche precisazione aggiuntiva proprio in relazione a tali ricordate esplicitazioni.

Non vi è dubbio, infatti, che la dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse implichi una valutazione improntata a criteri rigorosi e restrittivi per evitare che la preclusione dell’esame del merito della controversia si trasformi in un’inammissibile elusione dell’obbligo del giudice di provvedere sulla domanda (cfr., tra le tante, Cons.Stato, Sez. III, 14 marzo 2013, n. 1534;
Sez. IV, 17 settembre 2013, n. 4637;
Sez. V, 27 marzo 2013, n. 1808). Essi sussistono inconfutabilmente quando nel corso del giudizio si verifichi una modificazione della situazione di fatto o di diritto tale da comportare per il ricorrente l’inutilità dell’eventuale sentenza di accoglimento del ricorso, non essendo più configurabile in capo ad esso un interesse, anche solo strumentale o morale, alla decisione stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4473).

Nel caso di specie, la acquisita definitività dell’- autonomamente avversato- provvedimento di diniego dell’autorizzazione, con conseguente implicita archiviazione del procedimento funzionale al rilascio del titolo, costituisce circostanza sopravvenuta che rende inutile l’eventuale annullamento di qualunque atto non dotato di autonomia contenutistica tale da porre nel nulla quello nel frattempo consolidatosi.

22. In tale ottica, correttamente il T.A.R. ha ritenuto che l’unicità di petitum sostanziale tra i due procedimenti abbia reso inutile la pretesa azionata con il secondo ricorso.

23. Ad integrazione di tale assunto rileva il Collegio come nel caso di specie appaia addirittura enfatizzata la valenza, pure essa riconosciuta provvedimentale, dei provvedimenti avversati. Trattasi invece o di mere comunicazioni tra uffici, ovvero di atti confermativi della decisione già assunta con il diniego del 31 gennaio 1994;
le prime peraltro, proprio in quanto riferiscono dell’avvenuta archiviazione, si pongono a valle, e non a monte, di suddetto diniego, diversamente da quanto affermato dal Giudice di prime cure.

In particolare, la nota del 2 febbraio 1994, indebitamente elevata addirittura al rango di ‘archiviazione’ essa stessa, costituisce mero riscontro formale alla pregressa richiesta di elementi integrativi di giudizio circa la sorte della ‘sospesa’ autorizzazione n. 2435/1992;
la successiva, del 14 febbraio 1994, riversa la medesima informazione all’organo di controllo, certo non per riesumarne una qualche competenza, come pare paventare la ricorrente, bensì più semplicemente per garantirgli completezza di informazioni in relazione ai procedimenti attivati, in un’ottica di doverosa continuità dell’azione amministrativa, pur nel mutato contesto ordinamentale.

Quanto alle note di riscontro alla diffida, essendo quest’ultima sopravvenuta all’avvenuta adozione del provvedimento di rigetto, esse non possono che limitarsi a richiamare i contenuti dello stesso, senza nulla aggiungere in termini motivazionali a quanto già in esso riferito. Trattandosi, cioè, di atti meramente confermativi di quello del 31 gennaio 1994, in seguito alla pronuncia n. 724/2009 del T.A.R. per il Molise, non potevano essere nuovamente contestati, nemmeno con lo strumento dell’ottemperanza, non potendosi comunque eludere gli effetti sostanziali conseguenti ad una pronuncia definitiva (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2018, n. 2929;
nonché Sez. III, 12 marzo 2015, n. 1284).

24. La sentenza n. 745/2011 si occupa invece del decreto n. 217/1996, di ‘ritiro’ del precedente n. 2935/1992. Senza entrare nel merito della esatta qualificazione giuridica dell’atto al di là del nomen iuris utilizzato, nel valutarne il rapporto con la nota del 31 gennaio 1994, essa afferma: << Con quel provvedimento (id est, con la nota del 31 gennaio 1994, nd.r) sono venuti meno, definitivamente (a seguito della ricordata sentenza di rigetto), i presupposti cui originariamente era subordinata l’efficacia dell’autorizzazione, talché l’odierno ricorso è da ritenersi inammissibile, per difetto di interesse>>
>
>.

Ritiene il Collegio che anche tale affermazione meriti di essere chiarita.

25. Diversamente da quanto affermato dal T.A.R. il provvedimento del 31 gennaio 1994 non ha avuto alcun impatto diretto sulla validità dell’autorizzazione del 1992 se non nel senso di affermarne l’inefficacia quale conseguenza degli esiti negativi delle verifiche funzionali a definire il procedimento. I presupposti della stessa, pertanto, non sono definitivamente ‘venuti meno’ per l’evidente ragione che essi non sono mai esistiti e la relativa verifica ne ha solo conclamato l’insussistenza.

Con tale precisazione, resta pur sempre vero, rileva il Collegio, che << anche l’annullamento dell’atto di ‘ritiro’ oggi impugnato, infatti, non sarebbe idoneo a rendere nuovamente efficace l’autorizzazione n. 2435 del 1992>>, laddove in realtà suddetta autorizzazione, non a caso nemmeno comunicata alla ricorrente, non lo è mai stata, di talché la medesima ricorrente non ne ha mai fruito, nemmeno in fatto, pur rivendicandone oggi la astratta validità.

26. Il decreto del Presidente della Regione Molise n. 217 del 1996, autoqualificatosi come ‘ritiro’, interviene in maniera apparentemente se non distonica, quanto meno ultronea rispetto al complesso procedimento per come sopra delineato.

In realtà, la ravvisata necessità di eliminare anche formalmente un provvedimento che non ha mai acquisito efficacia sul piano del diritto, giusta la previsione della ricordata condizione, ostativa ab origine pur se oggetto di verifica postuma, risponde ad una comprensibile esigenze di drafting gestionale, senza con questo comportare alcuna indiretta reviviscenza del provvedimento impugnato, né, men che meno, la riattivazione del procedimento definitivamente concluso con il diniego del 31 gennaio 1994.

27. Per concludere, il Collegio ritiene non priva di rilievo la circostanza di fatto pure incidentalmente riferita dal Giudice di prime cure nella più volte citata sentenza n. 724/2009: la ricorrente, quanto meno nel lasso di tempo esaminato, ovvero dal 1994 al 2008, pur avendone la astratta possibilità, non ha presentato altre istanze intese ad ottenere l’autorizzazione negata, né ha comunicato alla Regione Molise di aver adeguato la propria struttura alle prescrizioni regionali sui requisiti, attivandosi solo a legislazione mutata per l’accreditamento istituzionale per una serie di attività , tra le quali anche quelle riabilitative di semi internato e ambulatoriali di diagnosi e terapia.

L’annullamento del diniego di rilascio dell’autorizzazione non avrebbe potuto produrre altro effetto che l’avvio di suddetta nuova istruttoria;
l’annullamento degli atti ‘ricognitivi’ dello stesso, in senso formale (comunicazioni oggetto del ricorso N.R.G. 5954/2011 e della sentenza del T.A.R. n. 170/2011) ovvero sostanziale (‘ritiro’, oggetto del ricorso N.R.G. 1869/2012 e della sentenza del medesimo Tribunale n. 745/2011), nemmeno quello.

Quanto detto, ovviamente, ferma restando la necessità di preventiva eliminazione dei deficit strutturali e organizzativi riscontrati in sede di istruttoria e posti a base della definizione negativa dell’intero procedimento.

28. Per le esposte considerazioni, quindi, i riuniti appelli vanno respinti e, per l’effetto, le sentenze impugnate vanno confermate, con le suesposte diverse precisazioni in motivazione.

Considerata la complessità e le peculiari caratteristiche di fatto della controversia, sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

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