Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-06-30, n. 201004178
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N. 04178/2010 REG.DEC.
N. 02226/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2226 del 2004, proposto da:
Comune di Pontecagnano Faiano, rappresentato e difeso dall'avv. F L, con domicilio eletto presso Antonia Studio De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
contro
C Carmela, rappresentata e difesa dall'avv. L V, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via degli Avignonesi, 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 00335/2003, resa tra le parti, concernente rigetto rilascio concessione edilizia e ordine di demolizione opere abusive.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Armando Pozzi e uditi per le parti l’avvocato L V;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - La Signora Carmela C ha realizzato su un fondo di 1000 mq. circa, di cui è proprietaria, talune opere edilizie abusive, per una volumetria complessiva di circa 270 mc., frutto di due successivi interventi, per i quali ha presentato istanze di condono edilizio, sia ai sensi della L. 47/85 che dell’art. 39 della L724/94.
A fronte delle suddette istanze di condono, il Responsabile del Settore Urbanistica ed Assetto del Territorio e P.R.G. del Comune di Pontecagnano Faiano, con nota prot. n.15212002 del 10.01.2003, ha comunicato all’istante che le opere “non erano suscettibili di sanatoria”, conformemente al parere espresso dalla Commissione Edilizia Integrata con verbale n. 3 del 17.09.2002, poiché “ai sensi e per gli effetti dell’art 39, co. 8, della L. 724/94 e succ. mod. ed int., per intervenuto diniego di nulla-osta dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo ex L. 490/99, le opere oggetto di sanatoria risultano, per acta, realizzate in violazione dell’art. 9 del vigente Regolamento Edilizio Comunale, e in totale difformità con le caratteristiche ambientali del contesto paesaggistico, sia per la tipologia, sia per i materiali utilizzati, sia per la natura dei manufatti prodotti e le opere di sistemazione esterna. Inoltre, le suindicate opere risultano ricomprese in un più vasto agglomerato urbanistico, completamente sprovvisto di opere di urbanizzazione primaria e secondaria”.
Alla stregua delle predette argomentazioni sono state respinte entrambe le istanze.
2 - Con nota prot. n.3013 del 30.01.2003, il Responsabile del Settore 8 del Comune di Pontecagnano Faiano ha comunicato alla sig. ra C l’avvio del procedimento ai sensi degli artt. 7 e 8 della L. 241/90, in ordine agli immobili abusivamente realizzati e, da ultimo, con ordinanza del 25.02.2003, notificata in data 26,02.2003, lo stesso Responsabile ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
3 - Avverso i predetti atti la sig.ra C ha proposto ricorso innanzi al TAR Campania-Salerno, il quale, con la sentenza appellata, resa ai sensi dell’art. 26, L. n. 1034/1971 e depositata in data 22.04.2003, ha accolto il ricorso, ritenendo fondata la censura “con cui – a detta del TAR ( n.d.r. ) - è stata dedotta l’illegittimità dell ‘atto impugnato per la mancata acquisizione preventiva del parere della Commissione edilizia “.
“Al riguardo si osserva che il suddetto parere obbligatorio, ma non vincolante, deve ritenersi necessario anche per i provvedimenti di rilascio o diniego di concessione ai sensi e per gli effetti dell’art 39, co.8 della L. 724/94………..”.
L’accoglimento di tale censura ha indotto il TAR a dichiarare l’assorbimento degli ulteriori motivi.
4 - Tutto ciò premesso, la sentenza impugnata sarebbe – a detta dell’amministrazione comunale - erronea ed “ antigiuridica “, in quanto:
- il TAR ha omesso di valutare che il Comune di Pontecagnano Faiano, alla stregua di quanto previsto dall’art. 41 della Legge n. 449 del 27.12.1997, ha previsto la soppressione di alcuni organi collegiali, ritenuti non essenziali all’adempimento dei fini istituzionali. Infatti, con delibera n. 67 del 24.07.2001, il Comune, dopo un’attenta ponderazione delle necessità e delle esigenze dell’Amministrazione, ha inteso ritenere “organismi indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell‘Amministrazione ” esclusivamente “ le commissioni consiliari permanenti la commissione pari opportunità e la commissione integrativa della Commissione Edilizia in materia di BBAA. “;
- da quanto rappresentato, sarebbe di palmare evidenza che l’iter seguito dal Comune di Pontecagnano non è affetto dai vizi formali, erroneamente evidenziati dal T.A.R., in ragione dell’impossibile acquisizione del parere di una Commissione ormai inesistente, in quanto soppressa sin dal luglio 2001 con atto di organizzazione dell’amministrazione interessata;di qui 1’ erroneità della pronuncia per evidente difetto del presupposto.
- il provvedimento negativo impugnato si configura quale atto finale del procedimento fissato dalla legge n. 724/94, ai fini della sanatoria delle opere abusive. Quindi, in ogni caso, il parere della Commissione edilizia, ritenuto essenziale per i provvedimenti ordinari, non può, nel caso di specie, ritenersi atto indispensabile. Infatti, la obbligatorietà del parere della Commissione edilizia relativamente ai provvedimenti ordinari, assolve ad una funzione di controllo dei profili di ordine tecnico relativi alla conformità della domanda e delle opere alle norme urbanistiche in vigore.
Proprio per questo carattere e per questa funzione risulta, conseguentemente , la non obbligatorietà del parere della Commissione Edilizia, laddove il provvedimento concessorio è volto, all’interno della procedura di condono fissata dall’art.39 L.724/94, a sanare opere abusivamente realizzate in evidente contrasto con le norme urbanistiche in vigore. A tal proposito , parte appellante richiama la costante giurisprudenza sviluppatasi con particolare riguardo alla specialità della procedura del condono edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione, nonché all’assenza di una specifica previsione circa la necessità del preventivo parere della C.E.C. (cfr C.d.S., Sez.IV, n.1306/98).
5 - Il motivo d’appello, come sopra esposto, è pienamente fondato, alla stregua del costante indirizzo giurisprudenziale, espresso da questo Consiglio e da una cospicua giurisprudenza del Giudice di primo grado ( nell’ambito della quale non va annoverata, evidentemente, l’appellata pronuncia del TAR di Salerno ), che il TAR, con la sentenza qui impugnata, ha fatto mostra di non considerare, anche ai fini eventuali di una meditata e motivata critica.
La citata giurisprudenza, infatti, ha sempre ed univocamente ritenuto che la specialità del procedimento di condono edilizio rispetto all'ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare e l'assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il rilascio della concessione in sanatoria c.d. straordinaria ( o condono ) , il parere della Commissione edilizia non obbligatorio, ma, tutt’al più, facoltativo, in quelle specifiche ipotesi in cui l’amministrazione ritenga discrezionalmente di acquisire eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi incerti e complessi.
In assenza dei predetti casi di acquisizione facoltativa del parere dell’organo collegiale, il rilascio della concessione in sanatoria è subordinato alla semplice verifica dei ( pur numerosi ) presupposti e condizioni espressamente e chiaramente fissati dal Legislatore (Cons. St., sez. IV, 12 febbraio 2010 , n. 772 ;sez. IV, 15 maggio 2009 , n. 3010 ;sez. VI, 27 giugno 2008, n. 3282;sez. V, 4 ottobre 2007, n. 5153).
6 - Neppure va sottaciuta l’ulteriore circostanza, ben prospettata nell’atto d’appello e confermata con la memoria aggiuntiva, che il Comune di Pontecagnano Faiano, in conformità a quanto disposto dall’art. 41, comma 1, della Legge n. 449 del 27.12.1997, ha deliberato la soppressione di alcuni organi collegiali, ritenuti superflui per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale. Infatti, , con deliberaziione n. 67 del 24.07.2001, il Comune , valutate le proprie necessità ed esigenze, ha dichiarato “organismi indispensabili per la realizzazione dei fini istituzionali dell’Amministrazione” esclusivamente “le commissioni consiliari permanenti, la commissione pari opportunità e la commissione integrativa della commissione Edilizia in materia di BB.AA. “.
Appare dunque evidente l’erroneità della statuizione del Tar anche sotto il profilo fattuale, in ragione dell’impossibilità materiale di acquisire il parere di un organo non più esistente.
7 - Vanno esaminati gli altri sei profili di ricorso in primo grado dichiarati assorbiti dal TAR e riproposti dall’appellata ai sensi dell’articolo 346 c.p.c..
Il motivo di incompletezza del procedimento teso alla valutazione del vincolo paesistico-ambientale, non bastando il parere della CEI ma occorrendo anche la determninazione finale del Sindaco, è inammissibile ed infondato.
Inammissibile, perché comunque vi sono motivi di ordine edilizio urbanistico ostativi al rilascio della concessione e che sostengono comumque validamente il provvedimento di diniego.
Infondato, perché ai sensi dell’art. 107, secondo comma, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali emanato con il D. Lgs. 18-8-2000, n. 267, spettano soltanto ai dirigenti – e non certo al Sindaco, organo di governo e non gestionale - tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108 dello stesso testo unico ( cfr., fra le tante, CdS, Sez. VI, 7-1-2008, n. 32 ).
8 - E’ infondato anche l’altro profilo con cui si lamenta che l’impugnata determinazione dirigenziale si sarebbe adeguata acriticamente al parere espresso nella seduta
del 17 settembre 2002, dalla C. E. C. I., secondo cui l’intervento in esame rappresenterebbe un “elemento di disturbo per la qualità dell’ambiente circostante”, mentre i piccoli fabbricati realizzati dalla ricorrente — contrariamente a quanto affermato dall’Amministrazione — si calerebbero perfettamente nel contesto territoriale rispettando in pieno, relativamente ai materiali utilizzati ed alle tipologie edificatorie, le prescrizioni imposte dall’art. 9 del R. E. del Comune .
Al riguardo, l’appellata si richiama ai supporti fotografici offerti in produzione, secondo i quali i fabbricati non solo sarebbero situati in posizione tale da essere del tutto invisibili dall’esterno, ma sarebbero anche ben ricoperti da essenze arboree, piante ed alberi rigogliosi che attribuirebbero al complesso un aspetto gradevole e confacente con l’ambiente circostante e notevolmente più rispettoso del vincolo paesaggistico d’insieme esistente rispetto a tutte le altre edificazioni rinvenibili in loco.
La censura è infondata, in quanto a fronte di un preciso parere dell’organo specialmente posto a tutela del vincolo il dirigente responsabile del provvedimento deve motivare soltanto quando intenda discostarsi dal predetto parere, essendo altrimenti sufficiente il semplice richiamo ad esso.
In altri termini, occorre motivare sulla compatibilità con il vincolo esistente e non sull’incompatibilità con lo stesso ( Cons. St., , sez. VI, 27 aprile 2010 , n. 2377 ).
La censura è altresì inammissibile, in quanto pretende di sostituire il parere dell’interessato e, per esso, l’opinione soggettiva del Giudice, alle valutazioni tecnico discrezionali dell’amministrazione, rispetto alle quali non traspaiono motivi di illogicità o incongruità, connessi alla non visibilità dell’abuso, che resta tale nella sua oggettività.
9 - Quanto alla lamentata insussistenza del vincolo paesistico alla data del commesso abuso, vale ricordare che, in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, previsto dall'art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47, l’esistenza del vincolo stesso va valutata al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso ( Cons. St. , sez. VI, 16 marzo 2005 , n. 1094 ).
Ancor più esplicitamente, la disposizione di portata generale di cui all'art. 32, primo comma, relativa ai vincoli che appongono limiti all'edificazione, non reca alcuna deroga ai principi generali sull’azione amministrativa, sempre improntati all’art. 97 Cost., cosicché essa deve interpretarsi "nel senso che l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo. E appare altresì evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente (C.S., Ad. plen., 22 luglio 1999 , n. 20 ;sez. V, 22 dicembre 1994 n. 1574).
Indicazioni di senso contrario non è dato riscontrare nelle inconferenti disposizioni degli artt. 163 e 164 del ( ormai abrogato ) D.Lgs. 29-10-1999 n. 490.
10 - Quanto, infine, all’eccepita risalenza temporale degli abusi contestati, realizzati a distanza di oltre vent’anni addietro, si tratta di circostanza irrilevante ai fini della legittimità del potere di diniego e repressivo, essendo pacifico, sul punto, in giurisprudenza che il potere sanzionatorio edilizio non è soggetto, come tutti i pubblici poteri, a prescrizione o decadenza, potendo l'Amministrazione ognora perseguire il pubblico interesse, le quante volte sussistano i presupposti di fatto necessari e la correlata questione di diritto non abbia già trovato irreversibile definizione ( Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2009 , n. 4607; sez. V, 7 aprile 2006 , n. 1900 ).
11 - L’appello del comune è pertanto meritevole di accoglimento e di conseguenza va annullata la sentenza del TAR di Salerno.
Le spese possono compensarsi anche in ragione delle alterne vicende processuali.