Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-28, n. 201205152

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-28, n. 201205152
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205152
Data del deposito : 28 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04879/2012 REG.RIC.

N. 05152/2012REG.PROV.COLL.

N. 04879/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4879 del 2012, proposto dai signori P M e F C, rappresentata e difesi dagli avvocati G T e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4

contro

Comune di Ostuni, rappresentato e difeso dall'avvocato C R Zaccaria, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A A in Roma, via Giuseppe Pisanelli , 2;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Capitaneria di Porto di Brindisi;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZIONE STACCATA DI LECCE, SEZIONE I, n. 624/2012, resa tra le parti, concernente demolizione di opere abusive realizzate entro la fascia dal confine demaniale marittimo e ripristino dello stato dei luoghi


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 luglio 2012 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Pafundi, l'avvocato Angeletti per delega dell'avvocato Zaccaria e l'avvocato dello Stato Di Cave;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori P M e F C riferiscono di essere proprietari di un terreno sito in agro di Ostuni, urbanisticamente contraddistinta con il foglio 17, particella 34.

Essi riferiscono, altresì, di aver realizzato sul compendio in questione un edificio a tre piani fuori terra destinato ad attività di hotel-ristorante e che la costruzione risale ad epoca anteriore al 1967, mentre la costruzione sarebbe stata completata al rustico prima del gennaio del 1980.

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce e recante il n. 1259/2005, gli odierni appellanti impugnavano il complesso degli atti con cui il Comune di Ostuni e la Capitaneria di porto di Brindisi avevano ritenuto il carattere abusivo e non sanabile del manufatto e ne avevano disposto la demolizione.

In particolare, con il ricorso in questione gli odierni appellanti avevano impugnato:

- il decreto n. 11/2005 del 18/4/2005 del Capo del Compartimento Marittimo e Comandante del Porto di Brindisi con cui era stata ordinata la demolizione dell’immobile in quanto realizzato entro la fascia dei 30 mt. dal confine demaniale marittimo, ed in violazione degli articoli 54 e 55, cod. nav.;

- il provvedimento della Capitaneria di Porto di Brindisi, prot. n. 7667, con il quale, a seguito della richiesta di nulla osta ex art. 55 cod. nav. e preso atto del parere negativo espresso dal Comune di Ostuni, è stato ingiunto ai ricorrenti “ di procedere alla demolizione delle opere abusivamente realizzate entro la fascia dei 30 mt. dal confine demaniale marittimo, in località Villanova – Camerini (…) nonché la remissione in pristino dello stato dell’area entro il termine di gg. 45 dalla data di notifica ” del provvedimento;

- la nota del Comune di Ostuni prot. 20258/06 del 5/2/2007 recante il parere contrario al rilascio del nulla osta ex art. 55, cod. nav.;

- il provvedimento del Comune di Ostuni prot. 55/D in data 16/4/2007 con cui l’Amministrazione comunale resistente ha ingiunto ai ricorrenti di demolire le opere edilizie di che trattasi, ripristinando lo stato dei luoghi, entro 90 giorni decorrenti dalla notifica del predetto provvedimento;

- la nota del Comune di Ostuni prot. 12475 datata 27 agosto 2008, con la quale l’Amministrazione Comunale ha respinto la richiesta di riesame della pratica di condono edilizio, inerente l’immobile di proprietà dei sig.ri Marzio e Candida in località Villanova – Camerini di Ostuni;

- il provvedimento prot. 146/D datato 29 agosto 2008 con cui, preso atto dell’efficacia dell’ordinanza n. 55/D del 16/4/2007, “ ai soli fini dell’esecuzione tecnica della demolizione ” sono stati concessi 90 giorni ai ricorrenti per demolire le opere edilizie abusive, ripristinando lo stato dei luoghi;

- la deliberazione del Consiglio Comunale di Ostuni n. 59 del 23/12/2008, con la quale l'Amministrazione Comunale resistente ha dato atto dell'acquisizione della struttura di proprietà dei ricorrenti al patrimonio comunale e ne ha disposto la demolizione, demandando detto adempimento all'Amministrazione Comunale e all'U.T.C.;

- il verbale di sopralluogo effettuato dal Comando di Polizia in data 18/12/2008, con cui è stato accertato che i sig.ri Marzio e Candida non hanno ottemperato all'ordine di demolizione.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dai signori P M e F C, i quali ne hanno chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Con riferimento ai capi nn. 2.1, 4, 5 (5.1. e 5.2) e 6 della sentenza T.A.R. Puglia – Lecce, n. 624/2012.

Violazione e falsa applicazione della l. 47/1985, della L.R. Puglia n. 56/1980 e dell’art. 31 dle d.P.R. 380/2001 – Violazione del principio del tempus regit actum e del principio del buon andamento dell’azione amministrativa – Eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria, errata considerazione dei presupposti di fatto e di diritto, carenza di motivazione.

I primi Giudici avrebbero erroneamente ritenuto la legittimità del diniego di sanatoria e dell’ordine di demolizione del manufatto sulla base delle sentenze di questo Consiglio numm. 2010/2008 e 6742/2011.

In tal modo statuendo, tuttavia, il Tribunale avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione alcune importanti circostanze, che avrebbero dovuto indurre una decisione di segno opposto, e in particolare:

- il fatto che le decisioni di questo Consiglio non avrebbero affermato il carattere abusivo dell’intero manufatto. Al contrario, il piano terreno, il primo e il secondo piano del manufatto in questione sarebbero non abusivi, così come non abusivi sarebbero gli interventi di completamento a suo tempo assentiti dal Comune;

- il fatto che la stessa sentenza del pretore penale di Ostuni n. 14 del 1989 avrebbe sancito che l’opera in questione era stata realizzata in epoca anteriore al 1967;

- il fatto che gli stessi atti e comportamenti del Comune (il quale non aveva ritenuto di incamerare il pagamento dell’oblazione di cui alla l. 47 del 1985) dimostrano – in via indiretta - che lo stesso Comune fosse consapevole del carattere risalente della costruzione (costruzione risalente a un’epoca in cui neppure sussisteva l’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione);

- il fatto che le porzioni dell’edificio interessate dal condono di cui alla l. 47 del 1985 (e di cui non è possibile la demolizione) devono essere tenute distinte dalle ulteriori porzioni interessate dal decreto della Capitaneria di porto. Il punto – tuttavia – è che l’ordine di demolizione impartito dalla Capitaneria non potrebbe essere eseguito, se non travolgendo anche le ulteriori porzioni del medesimo edificio.

Ancora, la sentenza in epigrafe risulterebbe erronea laddove ha disatteso il motivo di ricorso con cui si era lamentata l’incompetenza del Consiglio comunale ad adottare l’ordine di demolizione.

2) Con riferimento al capo 3 (3.1. e 3.2) della sentenza n. 624/2012.

Violazione e falsa applicazione della L.R. n. 17/2006 – Violazione e falsa applicazione degli articoli 32, 54 e 55 del R.D. 327 del 1942 (Codice della navigazione) e dell’art. 58 del regolamento di esecuzione al codice della navigazione – Violazione e falsa applicazione della L.R. 17 del 2006 – Violazione e falsa applicazione della l. 47 del 1985 – Violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa – Violazione della l. 241 del 1990 e in particolare dell’art. 10.

Il T.A.R. avrebbe erroneamente respinto i motivi di ricorso con cui si era lamentata l’erroneità dei provvedimenti con cui era stata ingiunta la demolizione delle opere realizzate nella fascia di 30 mt. dal confine demaniale marittimo, in quanto realizzate in violazione degli articoli 54 e 55, cod. nav.

Secondo gli appellanti, in particolare:

- il T.A.R. avrebbe erroneamente confermato la correttezza degli atti con cui la Capitaneria di porto aveva dichiarato che parte dell’immobile in questione ricadrebbe per circa 9 mt. in area demaniale marittima, mentre per la maggior parte ricadrebbe nella fascia dei 30 mt. dal confine demaniale. Al riguardo, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto l’attendibilità delle risultanze del S.I.D. (‘Sistema Informativo Demanio’), peraltro statuite in assenza di contraddittorio con gli interessati, mentre avrebbe ingiustificatamente omesso di tenere in considerazione la perizia di parte la quale giungeva a conclusioni opposte (collocando la parte più vicina dell’immobile a circa 31,58 mt. dal confine demaniale). Oltretutto, gli atti della Capitaneria di porto risulterebbero in evidente contraddizione con quanto affermato circa vent’anni prima, allorquando l’Amministrazione in questione aveva escluso che l’immobile per cui è causa invadesse l’area di 30 metri dal confine demaniale;

- il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che l’obiettiva incertezza nell’individuazione della linea del demanio marittimo avrebbe dovuto indurre a dar luogo al procedimento di delimitazione in contraddittorio di cui all’art. 32, cod. nav. (né a tal fine si potrebbe tener conto di un sopralluogo svolto dall’amministrazione nel marzo del 2009, in quanto effettuato in assenza di contraddittorio);

- la Capitaneria di Porto (e, successivamente, il T.A.R.) avrebbero erroneamente riconosciuto rilievo, ai fini del decidere, al parere contrario espresso dal Comune di Ostuni ai sensi dell’articolo 14 della L.R. 23 giugno 2006, n. 17 (‘ Disciplina della tutela e dell’uso della costa ’). E infatti, la normativa regionale in questione non avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione nel caso di specie in quanto entrata in vigore in epoca successiva alla presentazione della domanda di sanatoria di cui all’art. 55, cod. nav.

Ancora, l’ordinanza del Comune di Ostuni n. 55/D del 16 aprile 2007 risulterebbe illegittima in quanto basata sull’erroneo presupposto secondo cui l’immobile per cui è causa sarebbe stato realizzato “ in corrispondenza della Lama del Torrente Mangiamuso ” (circostanza – questa – che risulterebbe radicalmente esclusa in base alla documentazione in atti).

Alla camera di consiglio del giorno 31 luglio 2012 il Collegio avvertiva le parti circa la possibilità che il ricorso in questione fosse definito con sentenza in forma semplificata e il ricorso veniva trattenuto in decisione..

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dai proprietari di un immobile costruito nell’ambito del Comune di Ostuni in assenza di alcun titolo abilitativo, avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce con cui è stato respinto il ricorso avverso gli atti con cui la Capitaneria di Porto di Brindisi e il Comune di Ostuni hanno disposto la demolizione dell’immobile in questione in quanto abusivamente realizzato e non sanabile.

2. Il ricorso può essere definito con sentenza in forma semplificata, sussistendo i necessari presupposti in fatto e in diritto.

3. Il ricorso è infondato.

3.1. Gli appellanti profondono numerosi argomenti per superare la tesi del T.A.R. secondo cui il carattere interamente abusivo del manufatto per cui è causa sarebbe stato ormai accertato con sentenze di questo Consiglio passate in giudicato (ci si riferisce, in particolare, alla sentenza n. 2010/2008 e alla successiva sentenza n. 6742/2011).

Gli argomenti in questione non possono essere condivisi, in quanto in contrasto con le evidenze processuali.

Ed infatti, contrariamente a quanto sostenuto nella presente sede dagli appellanti, l’esame degli atti di causa dimostra che già la sentenza di questo Consiglio n. 2010/2008 ha accertato che l’immobile per cui è causa era stato realizzato in epoca successiva all’entrata in vigore della L.R. Puglia 31 maggio 1980, n. 56, la quale ha assoggettato l’area a un vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di 300 mt. dal confine del demanio marittimo.

La sentenza in questione ha, infatti, respinto gli argomenti con cui gli odierni appellanti avevano sostenuto che la costruzione fosse avvenuta in epoca anteriore (addirittura, anteriormente al 1967).

La successiva sentenza di questo Consiglio n. 6742/2011 ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione ordinaria proposto avverso la sentenza n. 2010/2008 e, in particolare, ha negato che le postume dichiarazioni di alcuni dei soggetti che si erano succeduti nella carica di Sindaco del Comune di Ostuni potessero essere allegate ai fini di cui all’articolo 395, n. 3), c.p.c. (oggi: art. 106, comma 1 del c.p.a.).

Quindi, la sentenza n. 2010/2008 è interamente passata in giudicato e le relative statuizioni fanno interamente stato ai fini della definizione del presente giudizio.

Conseguentemente:

- non è corretta l’affermazione secondo cui le sentenze di questo Consiglio avrebbero affermato l’abusività solo parziale del manufatto. Al contrario, la richiamata sentenza del 2008 ha respinto l’appello avverso la sentenza del T.A.R. della Puglia – Sezione staccata di Lecce, n. 1223/2006, la quale aveva dichiarato improcedibile il ricorso avverso gli atti con cui era stata inizialmente affermata la non sanabilità del solo ultimo piano. La pronuncia in questione motiva sul punto in base al superamento degli atti inizialmente adottati dal Comune, i quali erano stati superati da nuovi e ulteriori atti (in particolare: il diniego di autorizzazione paesistica e il diniego di concessione edilizia in sanatoria) i quali muovevano dal presupposto della radicale insanabilità dell’’immobile, in quanto costruito in area caratterizzata da vincolo di inedificabilità assoluta e realizzato dopo l’apposizione del vincolo;

- la sentenza di questo Consiglio n. 2010/2008 ha statuito (con forza di giudicato) che non è vero che la sentenza resa in sede penale nel 1989 avesse attestato la risalenza dell’immobile ad epoca anteriore al 1967. Al contrario, la sentenza di questo Consiglio del 2008, affrontando in modo espresso la questione (punto 3 della motivazione in diritto), ha rilevato che la sentenza penale “ non ha escluso che l’immobile possa essere stato realizzato prima dell’entrata in vigore [della L.R. 56 del 1980] ”, ma ha poi escluso l’attendibilità di tale datazione, esaminando in modo puntuale tutti gli argomenti a tal fine prodotti. In definitiva, anche sotto questo aspetto, con il ricorso in epigrafe si tenta di revocare in dubbio le conclusioni cui questo Giudice di appello è giunto con decisioni ormai coperte dal giudicato;

- l’integrale ed accertata abusività dell’immobile rende pienamente giustificato il comportamento del Comune, il quale non ha ritenuto di accogliere l’istanza di oblazione (mentre è del tutto inverosimile e in contrasto con le risultanze in atti la tesi secondo cui tale rifiuto sarebbe da attribuire alla consapevolezza del Comune di Ostuni della piena legittimità dell’edificato);

- in base a quanto detto, non possono essere accolti i motivi di ricorso con cui si afferma la illegittimità degli atti impugnati in primo grado per non avere le amministrazioni appellate considerato che la demolizione della parte abusiva del manufatto rischierebbe di travolgere anche la parte legittimamente costruita. L’argomento non può essere condiviso, perché – in base a quanto appena esposto – non è fondata la premessa maggiore del ragionamento (quella secondo cui il manufatto per cui è causa sarebbe stato almeno in parte realizzato in modo legittimo).

3.1. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con cui si è lamentata l’illegittimità - per incompetenza del Consiglio comunale – della delibera n. 59 del 2008 ai sensi dell’articolo 31, comma 5 del d.P.R. 380 del 2001 (si tratta della disposizione secondo cui, in caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione dell’opera abusiva, “ [l’opera stessa] è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali ”).

Ed infatti, come correttamente osservato dal Comune di Ostuni, l’Amministrazione ha rispettato la cadenza degli atti e la ripartizione delle competenze delineati dalla disposizione in questione, dal momento che,:con provvedimenti dirigenziali in data 16 aprile 2007 e 29 agosto 2008, è stata ingiunta la demolizione dell’immobile ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380, cit., mentre la successiva delibera consiliare del 23 dicembre 2008 ha rilevato l’insussistenza di prevalenti ragioni di interesse pubblico tali da escludere l’acquisizione del manufatto al patrimonio dell’Ente.

4. In base a quanto esposto infra , sub 3, deve confermarsi la correttezza della sentenza del T.A.R. la quale ha affermato il carattere radicalmente abusivo dell’immobile e la sua non condonabilità, con la conseguenza per cui l’ordine di demolizione rappresenta conseguenza automatica e necessitata.

Ciò esime, in via di principio il Collegio dall’esame dei motivi di appello con cui si è lamentata l’illegittimità dell’ulteriore ordine di demolizione impartito dall’Autorità portuale marittima per violazione dell’art. 55, cod. nav.

Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva comunque che:

- le rilevazioni effettuate dall’amministrazione nell’ambito del sistema S.I.D. (anche a seguito di un sopralluogo nel marzo del 2009) assumono un grado di certezza tale da rendere del tutto attendibile la conclusione secondo cui l’immobile in questione ricadrebbe per circa 9 mt. in area demaniale marittima, mentre per la maggior parte ricadrebbe nella fascia dei 30 mt. dal confine demaniale;

- la metodica su cui si fonda il S.I.D. (consistente nel combinato utilizzo di mappe catastali e aerofotogrammetrie), lungi dal presentare profili di estemporaneità o approssimazione, è appunto finalizzata a conferire alla delimitazione del confine demaniale un rilevante grado di certezza e attendibilità. Ebbene, il grado di certezza in tal modo raggiunto non viene adeguatamente contestato dalla perizia di parte, la quale non adduce elementi tali da revocare in dubbio la correttezza della metodica utilizzata e delle conclusioni più volte raggiunte in sede amministrativa e giurisdizionale;

- non possono trovare accoglimento i motivi con cui si è lamentata la violazione della previsione di cui all’art. 32, cod. nav., atteso che difetta nel caso in esame il presupposto stesso per ricorrere alle previsioni della disposizione in questione (ossia, l’esistenza di una situazione di obiettiva incertezza circa l’effettiva posizione della linea demaniale).

5. L’infondatezza del ricorso in appello per le ragioni dinanzi richiamate sub 3 e 4 e le conclusioni cui si è in tal modo pervenuti (piena abusività dell’immobile e correttezza sostanziale degli ordini di demolizione) sono di per sé sufficienti a giustificare la reiezione del gravame, esimendo il Collegio dall’esame del motivo di appello con cui si è, altresì, giustificato l’ordine di demolizione in base al fatto che l’immobile de quo sarebbe stato realizzato in corrispondenza della lama del torrente Mangiamuso.

Per la condivisa giurisprudenza di questo Consiglio, in caso di impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo fondate su una pluralità di ragioni (ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare la parte dispositiva del provvedimento), è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile in parte qua, per carenza di interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (in tal senso: Cons. Stato, VI, 27 febbraio 2012, n. 1081; id ., VI, 20 ottobre 2010, n. 7594).

6. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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