Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-09, n. 201101474

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-09, n. 201101474
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101474
Data del deposito : 9 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01328/2006 REG.RIC.

N. 01474/2011REG.PROV.COLL.

N. 01328/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1328 del 2006, proposto dai signori G Z e G Z, rappresentati e difesi dall'avv. A M, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Il Ministero per i beni e le attività culturali, la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Verona Vicenza e Rovigo, in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato , presso i cui uffici domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

I signori Fausto Zanotti Fragonara, Maria Teresa Rigo, Giacomo Cadore;

per la riforma della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 03425/2005, resa tra le parti, concernente PRESCRIZIONI A TUTELA DI EDIFICI OGGETTO DI VINCOLO STORICO-ARCHITETTONICO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attivita' culturali e della Soprintendenza ai beni architettonici ed al paesaggio di Verona Vicenza e Rovigo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2011 il consigliere di Stato G C S e uditi per le parti l’avvocato Luigi Manzi, per delega dell’avvocato A M, e l’avvocato dello Stato Borgo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. E’ impugnata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto n. 3425 del 13 settembre 2005, che ha respinto il ricorso n. 1820 del 2005 proposto dai signori Guerrino e G Z avverso il decreto del Direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici del Veneto del 5 aprile 2005, con il quale sono state dettate prescrizioni di tutela indiretta, ai sensi dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, a carico dei terreni dei ricorrenti ed a vantaggio degli immobili di interesse culturale denominati Villa Tecchio, ora Giaretta e Villa Dal Toso Velo, ora Cadore, nonché avverso la relazione tecnico-scientifica allegata al predetto decreto ed avverso le note soprintendentizie n. 1611 del 11 febbraio 2005 e n. 2261 del 23 febbraio 2005 (recanti le controdeduzioni alle osservazioni proposte nell’ambito del procedimento di vincolo).

2. Deducono gli appellanti la erroneità della gravata sentenza, resa in forma semplificata, nella parte in cui la stessa ha ritenuto adeguatamente motivato il gravato provvedimento impositivo del vincolo indiretto sui terreni degli odierni appellanti, senza considerare che tale vincolo risulterebbe eccessivo e sproporzionato rispetto alle finalità di tutela cui lo stesso è preordinato ed eccessivamente limitativo delle loro prerogative di proprietari e di esercenti un’impresa agricola dedicata essenzialmente alla produzione di latte vaccino;
in particolare, gli appellanti lamentano la lesione del loro ius aedificandi , avuto riguardo soprattutto alla necessità di apportare ampliamenti migliorativi ai manufatti aziendali. Insistono quindi gli appellanti per l’accertamento della incongruità del vincolo indiretto imposto sull’intero compendio aziendale, atteso il suo contenuto esorbitante e immotivato rispetto alle effettive esigenze di tutela, soprattutto con riferimento a quella sua parte che coinvolge le particelle n. 185 e n. 186, lontane più di 200 metri rispetto alle ville già oggetto di vincolo storico-artistico. Di qui i motivi di impugnativa e la richiesta di accoglimento, con l’appello, del ricorso di primo grado con consequenziale annullamento, in riforma della impugnata sentenza, del provvedimento impositivo del vincolo e degli ad esso connessi, specificamente impugnati in primo grado

3. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni appellate per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

4. All’udienza del 1° febbraio 2011 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

5. L’appello è infondato.

5.1. Con unico e articolato motivo di gravame gli appellanti censurano la impugnata sentenza per non aver la stessa ravvisato la sussistenza della già dedotta violazione dell’art. 45 del d.lgs. n. 42 del 2004, nonché dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, sotto il già evidenziato profilo secondo cui il vincolo indiretto imposto all’intero compendio aziendale in titolarità di essi appellanti sarebbe esorbitante rispetto alle finalità di tutela dei beni oggetto di protezione e comunque non sufficientemente motivato nei suoi presupposti legittimanti, anche con riguardo alla esiguità della istruttoria compiuta.

5.2 La censura non può trovare accoglimento.

5.3 L’art. 45 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rubricato “prescrizioni di tutela indiretta”, stabilisce che il Ministero ha facoltà di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.

Nel caso in esame le contestate prescrizioni, integranti il vincolo indiretto sui beni immobili degli odierni appellanti, sono state dettate a protezione dei beni culturali (già oggetto di vincolo diretto) rappresentati da Villa Dal Toso- Velo (ora Cadore) e da Villa Tecchio- Giaretta site in provincia di Vicenza , Comune di Sandrigo;
dette prescrizioni si sostanziano nella imposizione di un vincolo di inedificabilità assoluta sui terreni liberi e nel mantenimento delle quote e dei profili del suolo e del reticolo idraulico esistente nonché nel permanente assoggettamento dei terreni alle colture tipiche della tradizione locale.

5.4 La finalità precipua di tali prescrizioni, fatta palese nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato in primo grado, è quella della salvaguardia dell’integrità dei complessi architettonici oggetto di vincolo diretto e delle loro condizioni di prospettiva, luce, visibilità, cornice ambientale e decoro.

Nella relazione tecnico-scientifica allegata al decreto di vincolo, dallo stesso espressamente richiamata, il Soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio di Verona, Vicenza e Rovigo, dopo aver premesso un inquadramento storico sulla formazione dei complessi monumentali sorti all’interno di tenute di campagna di proprietà delle più eminenti famiglie venete, ed averne sottolineato l’importante valore storico e paesaggistico, evidenzia l’opportunità di “salvaguardare gli aspetti percettivi riferiti alle ville Tecchio-Giaretta e Dal Toso-Cadore al fine di evitare che vengano alterati quei connotati paesaggistici che hanno caratterizzato da secoli tali campagne”. Di qui l’iniziativa di assoggettare a vincolo indiretto, con le già ricordate prescrizioni conformative, un importante porzione del territorio “che costituisce esso stesso un monumento significante che lega l’architettura dei campi e delle colture al suo edificato”.

6. Ritiene il Collegio che il decreto di vincolo non possa ritenersi sfornito di adeguato apparato motivazionale, come lamentato dagli appellanti, né che lo stesso possa dirsi carente sul piano della istruttoria ovvero, per altro verso, violativo dei principi di adeguatezza e di proporzionalità in rapporto alla sua finalità tutoria.

6.1 Quanto al requisito motivazionale si è già detto che dal contenuto del gravato provvedimento e dalla relazione tecnico-scientifica ivi espressamente richiamata si ricava in modo evidente a quali finalità di tutela indiretta, perfettamente coincidenti con quelle contemplate nella fattispecie normativa, il vincolo nella specie risulta preordinato;
ben si comprende che l’obiettivo è quello di preservare il territorio intorno alle Ville patrizie già dichiarate di notevole interesse culturale, ad evitare che lo stesso sia ulteriormente compromesso da interventi edilizi che possano negativamente incidere sul paesaggio ed arrecare specifica lesione alle condizioni di luce, di prospettiva e di decoro dei beni oggetto di vincolo diretto. Dal contenuto motivazionale dell’atto impugnato in primo grado si ricava dunque agevolmente l’iter logico seguito dall’Autorità ministeriale preposta alla apposizione del vincolo, di tal che nessuna carenza motivazionale potrebbe ravvisarsi nel decreto impositivo del contestato regime di tutela dei beni immobili in oggetto. Né la dedotta insufficienza motivazionale potrebbe riferirsi a quella parte delle contestate prescrizioni che impone la permanenza delle colture tradizionali, atteso che il riferimento alle colture generalmente praticate in quei territori di campagna (ed attualmente in atto presso l’azienda agricola degli odierni appellanti) è sufficientemente preciso al fine di individuare la portata oggettuale del provvedimento e per coglierne con esattezza la sua portata precettiva.

Da ultimo, sempre in tema di corredo motivazionale dell’atto, va osservato che in questa sede, in cui è controversa soltanto la legittimità del vincolo indiretto oggetto del provvedimento impugnato in primo grado, lo scrutinio non potrebbe essere esteso, come pure gli appellanti in una certa misura prospettano, alla adeguatezza ed alla congruità della motivazione dei decreti impositivi dei vincoli diretti sulle ville già dichiarate di interesse culturale, atteso che tanto integrerebbe una inammissibile estensione del thema decidendum a provvedimenti non impugnati, e comunque non più impugnabili per intervenuta scadenza dei termini.

6.2. Quanto al profilo istruttorio, va rilevato che, rispetto alle acquisizioni dell’autorità procedente, gli appellanti non allegano alcun elemento di diverso segno che avrebbe potuto dar luogo, ove tempestivamente acquisito al procedimento, ad un diverso esito provvedimentale. Nell’appello, infatti, vengono reiterate le esigenze meramente privatistiche connesse ad ulteriori ampliamenti edilizi della struttura aziendale, prospettando le stesse come assolutamente esiziali per la stessa sopravvivenza della azienda agricola. Ora, a parte il carattere oggettivamente recessivo, sul piano generale, di tali prospettazioni, collegate a mere aspettative giuridiche private, rispetto alle cogenti istanze pubblicistiche connesse alla tutela del paesaggio, è da rilevare, più in particolare, la mancata dimostrazione, da parte degli appellanti, della pretesa impossibilità oggettiva o comunque della estrema difficoltà di conduzione dell’azienda agricola alle condizioni imposte dal nuovo regime vincolistico;
tale regime infatti non incide sui fattori produttivi attualmente disponibili all’interno del compendio aziendale, se non nel senso di comportare una limitazione ai possibili ampliamenti futuri ovvero al mutamento delle quote dei terreni e dei piani colturali agli stessi riferibili. L’azienda agricola resta dunque assoggettata alle medesime condizioni fino ad oggi esistenti, di tal che la stessa può continuare ad essere gestita secondo le tecniche ad oggi praticate e con la disponibilità degli spazi esterni ed interni attualmente in titolarità degli odierni appellanti i quali, pur palesando esigenze di ampliamento dei fabbricati aziendali ( in particolare, ampliamento della stalla e del fienile nonché il ricavo di due trincee per l’insilato), hanno nondimeno prospettato un utilizzo allo stato efficiente e produttivo del compendio aziendale.

Per altro verso, la pretesa degli appellanti a veder esclusa dal regime vincolistico quantomeno una parte della loro superficie aziendale (coincidente con le particelle n. 185 e n. 186) non è accoglibile, posto che, contrariamente a quanto da loro dedotto, la distanza di 200 metri da Villa Tecchio si appalesa estremamente esigua e non compatibile con il perseguimento delle finalità di tutela insite nel vincolo indiretto;
non par dubbio, infatti, che anche in relazione ad una tale distanza il libero esercizio dello ius aedificandi potrebbe tradursi in una compromissione di quelle condizioni di prospettiva, luce, visibilità e cornice ambientale nel che si concreta l’impugnato regime vincolistico.

Il provvedimento impugnato in primo grado non risulta, in conclusione, viziato sotto il profilo della istruttoria carente, nella misura in cui la perimetrazione della fascia di rispetto gravata da vincolo indiretto si appalesa funzionale alla salvaguardia delle condizioni di fruibilità dei beni culturali oggetto di protezione diretta.

6.3. Né da ultimo risulta, sul piano della adeguatezza e della proporzionalità, che il vincolo in contestazione si tradurrebbe in una eccessiva compressione delle prerogative dominicali degli odierni appellanti, posto che, se si eccettuano le limitazioni edilizie funzionali a salvaguardare la prospettiva e le attuali condizioni di visibilità degli immobili oggetto di vincolo diretto e la permanenza sui terreni delle colture tradizionali, il decreto di vincolo indiretto qui in esame non impedisce agli odierni appellanti il mantenimento ed il miglioramento dell’esistente compendio aziendale. Lo stesso, infatti, si prende cura di prevedere il mantenimento della volumetria esistente per l’edificio di recente ristrutturazione, mentre per gli immobili di recente costruzione insistenti sui mappali nn. 150-159 del foglio 24 il provvedimento impositivo ragionevolmente prevede che ogni intervento esterno debba essere sottoposto al preventivo parere della Soprintendenza di settore, con l’evidente finalità di assoggettare a controllo ogni intervento edilizio ulteriore in vista della sua omogeneizzazione con i valori paesaggistici tutelati.

Ciò dimostra come l’Autorità non abbia completamente obliterato le esigenze private connesse ad un efficiente utilizzo del compendio aziendale degli attuali appellanti, pur limitandole significativamente in vista della tutela del poziore interesse paesaggistico.

7. In definitiva, l’appello va respinto e va confermata la impugnata sentenza.

8. Le spese di lite di questo grado di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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