Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-10-02, n. 202308609

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-10-02, n. 202308609
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308609
Data del deposito : 2 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2023

N. 08609/2023REG.PROV.COLL.

N. 05951/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5951 del 2021, proposto dal Ministero della transizione ecologica, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato S C, con domicilio digitale come da pec da registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sezione Seconda), n. -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 luglio 2023 il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Consiglio di Stato l’appello proposto dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare avverso la sentenza del T.a.r. per il Lazio n. -OMISSIS-.

2. Oggetto dell’odierna controversia è la legittimità del Decreto “UDCM.DECRETI MINISTRO.R.0000080.07.04.2020”, con il quale l’amministrazione ha disposto la decadenza dell’odierno appellato dall’incarico di componente della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS, ai sensi dell’art. 18 del d.m. n. 342/2017.

3. Con la lettera U. prot. DVA 2001 – 0017653 del 19 luglio 2011 veniva conferito all’ingegner -OMISSIS- l’incarico di membro della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS, in quel momento disciplinata dal d.m. n. 150 del 21 settembre 2007.

3.1. Con il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, sono stati ridefiniti i compiti, la composizione ed i criteri di nomina della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA-VAS, prevedendosi all’art. 23 la prorogatio dell’incarico per “gli attuali componenti della Commissione”.

3.2. Con il d.m. n. 342 del 13 dicembre 2017, è stato emanato il nuovo regolamento di funzionamento della commissione, che all’art. 18 ha previsto la decadenza dall’incarico in caso di rinvio a giudizio per determinati reati.

3.3. Con il decreto del 13 giugno 2018, emesso nell’ambito del procedimento penale n. 5877/14 R.G. mod. 21 e proc. n. 999/16 R.G. G.i.p., il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Trani disponeva il rinvio a giudizio dell’ingegner -OMISSIS-, per reati ascrivibili tra i delitti contro la pubblica amministrazione.

3.4. Con la nota prot. n. 6184/AGP del 18 aprile 2019, ai sensi degli articoli 7 e seguenti della legge n. 241/90, l’Amministrazione dava formale avvio al procedimento finalizzato alla declaratoria di decadenza, ai sensi dell’art. 18 del d.m. n. 342/2017.

3.5. Con il decreto “UDCM.DECRETI MINISTRO.R.0000080.07.04.2020”, notificato all’esponente in data 8 maggio 2020, si è dichiarata la decadenza del ricorrente dall’incarico di componente della Commissione Tecnica di verifica dell’impatto ambientale.

4. Con il ricorso innanzi al T.a.r. per il Lazio, l’interessato ha impugnato il provvedimento di decadenza e, “ nella misura in cui fosse necessario ”, l’art. 18 del d.m. n. 342 del 2017, formulando quattro autonomi motivi di ricorso, e ha domandato la condanna del Ministero al pagamento delle spettanze non pagate.

4.1. Si è costituito il Ministero, resistendo al ricorso.

5. Con la sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. per il Lazio ha accolto il ricorso e condannato l’amministrazione al pagamento delle spese di lite.

5.1. Segnatamente, il Giudice di primo grado:

a) in rito, ha ritenuto sussistente la giurisdizione sul provvedimento di decadenza, mentre ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda di pagamento delle somme ancora dovute a titolo di compenso;

b) nel merito, ha ritenuto che non potesse applicarsi al rapporto di servizio fra l’interessato e il Ministero l’art. 18 del d.m. n. 342 del 2017 che prevede il rinvio a giudizio per determinate fattispecie incriminatrici quale automatica causa di decadenza dalla nomina, mentre dovesse continuare a trovare applicazione il precedente regolamento, vigente al momento in cui il rapporto di servizio si è costituito;

c) ha dichiarato assorbite le altre censure non espressamente esaminate.

6. La sentenza di primo grado è stata impugnata dal Ministero, che ha formulato un unico motivo di appello, articolato in due censure.

6.1. Con la memoria del 23 luglio 2021, l’appellato si è costituito in giudizio, riproponendo i motivi di ricorso non esaminati in primo grado (dal secondo al quarto motivo di ricorso).

6.3. Il 14 giugno 2023, l’appellato ha anche depositato una memoria di replica, nella quale si limita a dare atto del mancato deposito di controparte della memoria ex art. 73, comma 1, c.p.a..

7. All’udienza del 6 luglio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Può procedersi all’esame dell’appello proposto dal Ministero.

Con la prima censura, il Ministero deduce l’erroneità della sentenza di primo grado in quanto il Tar non avrebbe affatto considerato che, nel caso di specie, il componente della commissione VIA – VAS, dichiarato decaduto, operava in regime di prorogatio e, quindi, non più in forza dell’originario decreto di nomina. Il presupposto posto dal T.a.r. a fondamento della ratio decidendi sarebbe dunque insussistente.

Con la seconda censura, il Ministero deduce l’erronea applicazione, da parte del T.a.r., del principio tempus regit actum , in quanto, secondo il Ministero appellante, la norma porrebbe “ una nuova regola incidente non sulla fase costitutiva del rapporto, quanto sull’esercizio della funzione pubblica conferita, esercizio che non può non essere disciplinato dalla normativa vigente al momento dell’esercizio delle funzioni . Il conferimento dell’esercizio di una funzione pubblica implica la costituzione di un rapporto di “durata” che deve potersi necessariamente adeguare alla normativa via via vigente ”.

8.1. Il Collegio ritiene di esaminare la seconda censura, ritenendone evidente la fondatezza.

8.2. Secondo il T.a.r., “ va ritenuto che il rapporto di servizio del ricorrente appartiene interamente all’ambito del diritto pubblico, essendo regolato dall’atto di nomina e dal regolamento in vigore al momento della sua adozione che dunque soggiace al consueto principio “tempus regit actum”, come applicabile alla fattispecie.

Nel caso di specie, invero, lo ius superveniens non è intervenuto nel corso di un procedimento in itinere (come accade quando il mutamento normativo precede l’adozione del provvedimento finale che dovrà tenerne conto, Consiglio di Stato, sez. III, 29/04/2019, n. 2768), perché è stato il provvedimento di nomina a fondare gli effetti che regolano il rapporto di servizio, con la conseguenza che quest’ultimo non può che seguire il proprio titolo .

Ne deriva che l’art. 18 del DM 342/2017 non trova applicazione ai componenti in prorogatio della CTVIA, i quali, correttamente, hanno infatti sempre continuato ad operare secondo il Regolamento 150/2007 .”.

8.3. In base al principio di diritto affermato dal T.a.r., qualsiasi rapporto di servizio permarrebbe regolato nel suo svolgimento da quella che è la fonte normativa vigente al momento dell’instaurazione del rapporto medesimo e alla presa di servizio del soggetto nominato (arg. da “ è stato il provvedimento di nomina a fondare gli effetti che regolano il rapporto di servizio ”), rimanendo indifferente a successive modifiche dell’organizzazione e del rapporto apportate da norme sopravvenute.

8.4. Il Collegio decidente non condivide questa affermazione e l’applicazione che il T.a.r. ha compiuto del principio tempus regit actum .

8.5. È stato chiarito che “… nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la Pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio ” (Cons. Stato, sez. VI, 27 agosto 2020, n. 5260).

Consegue da ciò che, la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato, in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici (cfr. Cons. Stato, sez. II, 8 marzo 2021 n. 1908;
id., sez. V, 14 agosto 2020, n. 5038;
id., sez. III, 29 aprile 2019, n. 2768). Detto altrimenti, in virtù del principio generale tempus regit actum , le norme di diritto pubblico trovano immediata applicazione nei confronti dei procedimenti ancora in itinere alla data della loro entrata in vigore, in quanto gli atti ed i provvedimenti della pubblica amministrazione, essendo espressione attuale dell’esercizio di poteri rivolti al soddisfacimento di pubblici interessi, devono uniformarsi alle norme giuridiche vigenti nel momento in cui son posti in essere, per quanto attiene sia ai requisiti di forma e procedimento, sia al contenuto sostanziale delle statuizioni, stante l'immediata operatività delle norme di diritto pubblico (Cons. Stato, sez. IV, 8 agosto 2016 n. 3536;
in tema: id., sez. IV, 14 gennaio 2016 n. 83;
Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2017 n. 545;
id., sez. IV, 21 agosto 2012, n. 4583).

8.6. La ricognizione dei principi espressi negli orientamenti giurisprudenziali su richiamati evidenzia che, in applicazione del principio tempus regit actum , la legittimità dei provvedimenti amministrativi va giudicata avendo riguardo al quadro normativo esistente al momento dell’adozione dei provvedimenti stessi.

8.7. Il principio che il T.a.r. ha posto a fondamento della sua decisione non rileva, pertanto, ai fini dell’individuazione delle norme che disciplinano un rapporto giuridico di durata e, nel caso di specie, il rapporto di servizio intercorrente fra l’amministrazione e coloro che sono preposti o assegnati ad un organo o ad un ufficio.

8.8. Il principio del tempus regit actum non determina, dunque, l’applicazione del regolamento di cui al d.m. 150/2007 al rapporto di servizio anche dopo l’emanazione di un nuovo regolamento che disciplina il medesimo oggetto di quello del 2007, né l’ultrattività delle norme del regolamento precedente può essere argomentata dalla circostanza che il Ministero ha continuato ad applicare alla commissione tecnica il regolamento n. 150/2007.

8.9. I regolamenti che disciplinano un rapporto in essere fra due parti rimangono assoggettati alle consuete regole sull’avvicendamento delle “leggi” nel tempo, salvo che non vi sia una norma preordinata a disciplinare il suddetto avvicendamento.

9. Nel caso di specie, non può ritenersi che costituisca la disciplina di diritto intertemporale, e, quindi, “transitoria”, l’art. 23, comma 5, del d.lgs. n. 104/2017, come invece affermato dal T.a.r..

9.1. La suddetta norma dispone che: “ Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede a nominare la nuova Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS e i componenti del Comitato tecnico istruttorio di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 6 del presente decreto. Gli attuali componenti della Commissione restano in carica fino al subentro dei nuovi. L'entrata in carica dei nuovi componenti della Commissione e del Comitato è condizionata all'entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 8, commi 4 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo 6 del presente decreto. Fino all'entrata

in carica dei nuovi componenti della Commissione e del Comitato, per i procedimenti di competenza statale non si applicano le disposizioni sulla perentorietà dei termini di cui agli articoli 19, comma 12, 25, comma 7 e 27, comma 8, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ”.

9.2. Dal tenore letterale della norma e, in particolare, dall’inciso “ L'entrata in carica dei nuovi componenti” risulta evidente che la norma si occupa di disciplinare che il conferimento dei nuovi incarichi è condizionato all’emanazione dei decreti sull’“ organizzazione, le modalità di funzionamento e la disciplina delle situazioni di inconferibilità, incompatibilità e conflitto di interessi anche potenziale ”, così come motivato nel provvedimento di decadenza, mentre tale norma non incide sull’applicazione della “nuova” disciplina emanata nei confronti dei commissari già nominati in precedenza e in regime di prorogatio .

9.3. Risulta, pertanto, pienamente condivisibile la deduzione del Ministero, allorché rileva che “ Il conferimento dell’esercizio di una funzione pubblica implica la costituzione di un rapporto di “durata” che deve potersi necessariamente adeguare alla normativa via via vigente ”.

10. Neppure poi potrebbe dedursi, fondatamente, che la disciplina del regolamento n. 342/2017 e, in particolare, la previsione della decadenza per fatti verificatisi antecedentemente all’emanazione di questo regolamento, finirebbe per determinare una situazione di retroattività, in quanto la decadenza non può qualificarsi quale misura di natura sanzionatoria penale o quale disposizione in senso ampio sanzionatorie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2013, n. 695, §. 3.1.;
cfr., altresì, Corte Cost., 19 novembre 2015 n. 236, §. 4.1.;
Corte Cost., 16 dicembre 2016 n. 276, §. 5.2.).

11. L’accoglimento della seconda censura proposta dall’appellante, determina, da un lato, l’assorbimento della prima censura proposta dall’amministrazione e, dall’altro, la necessità di scrutinare quei motivi del ricorso introduttivo del giudizio, che il T.a.r. ha dichiarato assorbiti e che sono stati ritualmente riproposti dall’interessato.

12. Per un principio di economia processuale, il Collegio ritiene di procedere all’esame del terzo motivo di ricorso, ritenendone manifesta la fondatezza.

12.1. Con la censura ivi articolata, l’odierno appellato ha dedotto l’illegittimità del provvedimento per eccesso di potere per travisamento dei presupposti e dei fatti sottesi alla contestazione dell’addebito ed all’emissione del provvedimento. Violazione del principio del ne bis in idem . Violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d.m. 150/2007, in relazione al d.lgs. n. 152/2006.

Secondo l’appellato, con riferimento al disposto rinvio a giudizio, che avrebbe poi condotto all’emanazione del provvedimento di decadenza controverso nel presente giudizio, il Ministero avrebbe compiuto, nell’immediatezza della comunicazione dell’evento, da parte del medesimo interessato, un’attività di accertamento che si sarebbe conclusa con esito negativo, “ tant’è vero che a seguito della predetta istruttoria il Ministro non aveva adottato alcun provvedimento di revoca, anzi chiedendo ed ottenendo dall’Ing. -OMISSIS- il fattivo seguito dell’opera di commissario VIA .”.

Il ricorrente-odierno appellato sostiene, pertanto, che il provvedimento di decadenza costituirebbe “… una non consentita reiterazione della medesima procedura …”.

12.2. Il terzo motivo di ricorso è fondato.

12.3. Per potersi apprezzare i profili in diritto della controversia, vanno meglio puntualizzate alcune peculiarità che hanno connotato la vicenda all’esame del Collegio.

12.3.1. In primo luogo, si osserva che, nell’immediatezza del disposto rinvio a giudizio, l’interessato (poi assolto con formula piena, dopo aver rinunciato a beneficiare dell’intervenuta prescrizione dei reati ascrittigli) ha spontaneamente notiziato il Ministero dell’accaduto, rendendolo edotto di ogni circostanza utile a ponderare la sua posizione (cfr., la nota del 2 agosto 2018 e la nota del 17 agosto 2018, pagina 2, specialmente il terz’ultimo capoverso, rispettivamente allegati 5 e 6 al fascicolo del ricorrente, depositate il 14 luglio 2020).

12.3.2. In secondo luogo, con la nota del 2 agosto 2018 n. CTVIA/2937, il Presidente della Commissione VIA-VAS ha comunicato, al responsabile della prevenzione della corruzione e per la trasparenza, oltre che alla Direzione generale per le valutazioni e autorizzazioni ambientali, di non ritenere che nella fattispecie sussistessero i presupposti per attivare il procedimento di revoca dall’incarico secondo l’art. 4 del d.m. del 18 settembre 2007, che il Ministero riteneva erroneamente applicabile alla fattispecie (tale aspetto emerge, oltre che dal tenore della nota del 2 agosto 2018, anche da quanto affermato nella nota del 17 agosto 2018, n. U.0018963, cit.).

12.3.3. In terzo luogo, con la nota del 17 agosto 2018, indirizzata al Ministro per il tramite del Capo di Gabinetto (oltre che inviata per conoscenza ad altri vertici amministrativi del Ministero), il direttore generale della Direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali ha valutato la posizione dell’interessato “ circa il ricorrere dei presupposti per procedere all’adozione di un eventuale provvedimento di sospensione cautelare o di decadenza dell’Ing. -OMISSIS- dall’incarico di commissario VIA ”, rimettendo poi al signor Ministro ogni valutazione in proposito (cfr. nota del 17 agosto 2018, n. U.0018963, cit.).

12.3.4. In quarto luogo, va considerato che, benché fosse pienamente a conoscenza dell’avvenuto rinvio a giudizio, il Ministero per quasi un anno ha continuato ad avvalersi dell’opera professionale dell’odierno appellato, affidandogli, come risulta dagli atti e come è stato rimarcato nell’udienza di discussione (senza che vi fosse contestazione da parte dell’amministrazione), delicati incarichi di esame e di consulenza inerenti ai compiti della commissione VIA-VAS, giungendo anche a riconoscergli, in una lettera di referenze, adottata in data 13 maggio 2019, successivamente alla conoscenza del disposto rinvio a giudizio, “ altissime qualità umane e professionali ” (cfr. nota del 13 maggio 2019, n. 0001687, allegato 4 al fascicolo del ricorrente, depositate il 14 luglio 2020).

Del resto, nella nota del 17 agosto 2018, è proprio il Ministero ad affermare che “ con la nota del 2.08.2017 si è comunicato di non ritenere che nella fattispecie sussistessero i presupposti per attivare il procedimento di cui all’art. 4 del d.m. 18.09.2007, n. GAB/DEC/150/07 ”, così avvalorando la deduzione di parte appellata secondo cui vi sarebbe stata l’archiviazione del primo procedimento intrapreso e, conseguentemente, con l’emanazione del successivo provvedimento di decadenza basato sui medesimi fatti, la violazione del divieto di bis in idem .

12.4. L’insieme di queste circostanze, unitamente alla circostanza che il procedimento di decadenza risulta essere stato intrapreso a circa un anno di distanza dalla comunicazione del disposto rinvio a giudizio, conferisce fondamento a quanto dedotto dal ricorrente in primo grado con il terzo motivo, circa l’avvenuta consumazione della potestà che l’amministrazione ha poi inteso nuovamente esercitare con il provvedimento di decadenza del 7 aprile 2020, venendosi così a configurarsi, per le peculiarità del caso di specie, un’ipotesi di illegittima reiterazione del procedimento collegata ai medesimi fatti.

Questo accadimento e, con esso, l’intrinseca contraddittorietà della condotta dell’amministrazione - probabilmente propiziato dai richiamati nebulosi profili di diritto intertemporale determinati dall’avvicendamento dei due regolamenti del 2007 e del 2017, dal non chiaro tenore dell’art. 23, comma 5, d.lgs. n. 104/2017, dal regime di prorogatio dell’organo, - determina, insomma, l’accoglimento del terzo motivo di ricorso.

13. In definitiva, in considerazione delle precedenti motivazioni, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado va confermata con diversa motivazione.

14. Nel tenore delle questioni controverse e anche in considerazione della leale condotta processuale del Ministero, che non ha opposto infondate contestazioni in fatto alla ricostruzione delle vicende operata dalla controparte, si ravvisano le eccezionali ragioni sancite dal combinato disposto degli artt. 26 comma 1 c.p.a. e 92 comma 2 c.p.c. per compensare integralmente le spese del grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi