Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-28, n. 201602908

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-06-28, n. 201602908
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201602908
Data del deposito : 28 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05115/2006 REG.RIC.

N. 02908/2016REG.PROV.COLL.

N. 05115/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5115 del 2006, proposto dal signor C F, rappresentato e difeso dall'avv. A D, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G C in Roma, Via A. Caroncini, n. 6;

contro

Comune di Afragola, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. A S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania – Napoli - Sezione II, n. 5262 del 29 aprile 2005, resa tra le parti, concernente autoannullamento concessione edilizia e ordine di ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del comune di Afragola;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2016 il Consigliere C S e uditi per le parti gli avvocati Davide e Zuppardi su delega dell’avv. Sasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il sig. F C, proprietario di un fabbricato adibito a civile abitazione sito in Afragola al corso De Nicola n. 114, otteneva dal Comune la concessione edilizia n. 372 del 28 novembre 2001, per la realizzazione di un tetto termico sul lastrico solare della sua abitazione.

1.1. Successivamente, il dirigente del IV settore - assetto del territorio, del Comune di Afragola, con ordinanza n. 23 del 17 gennaio 2003 annullava in autotutela il titolo edilizio, avendo riscontrato un contrasto dell'intervento assentito con la disciplina urbanistica ed in particolare con l'art. 2 del N.A.T. del piano regolatore generale e con l'art. 99, p.16, del regolamento edilizio e, contestualmente, ordinava il ripristino dello stato dei luoghi.

2. Avverso l'ordinanza n. 23 del 17 gennaio 2003, il sig. F C proponeva ricorso al T.A.R. per la Campania, lamentando: - la violazione dell'art. 4 del D.L. n. 398/1993 e dell'art. 71 del regolamento edilizio, per l'omessa acquisizione del preventivo parere della commissione edilizia;
- la violazione dei principi generali in materia di annullamento in autotutela, ritenendo che non vi fosse un interesse pubblico attuale e concreto al ritiro dell'originario titolo concessorio;
- la violazione dell'art. 99 del regolamento edilizio e dell'art. 2 delle norme di attuazione del P.G.R., in quanto l'intervento edilizio contestato si configurerebbe come "volume tecnico";
- la violazione della legge n. 241/1990 e dell'art. 11 della legge n. 47/1985 in quanto l'amministrazione non avrebbe valutato la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria.

3. Il T.A.R., con sentenza n. 5262 del 29 aprile 2005, ha rigettato il ricorso.

4. Avverso la sentenza il sig. F C ha proposto appello.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Afragola deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

6. All'udienza pubblica del 16 giugno 2016 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

7.- Il sig. F C, preliminarmente, ha fatto presente - e di ciò va preso atto - che l'impugnativa non attiene alla parte della sentenza del T.A.R. nella quale i giudici di prime cure hanno rigettato il primo motivo di ricorso, incentrato sulla omessa acquisizione del parere della commissione edilizia comunale ai sensi dell'art. 41, comma 1, della legge n. 449/1997, nonché hanno ritenuto vigente l'art. 2 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. di Afragola.

Sempre in via preliminare il collegio rileva che sono inammissibili le censure nuove proposte per la prima volta in appello in violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 345 c.p.c. ( ratione temporis vigente ora art. 104 c.p.a.) o, peggio, nelle memorie difensive attesa la loro natura puramente illustrativa.

8.- Con i primi due motivi di appello, strettamente connessi, l'appellante sostiene che l'annullamento d'ufficio di un provvedimento illegittimo richiede, oltre alla mera illegittimità dell'atto, la sussistenza di "un interesse pubblico attuale e concreto, in ordine al quale l'Autorità procedente deve adeguatamente motivare".

Al riguardo l'appellante assume che l'intervento edilizio sarebbe stato completato in data 30 giugno 2002, in epoca anteriore all'avvio del procedimento di riesame della concessione e che la realizzazione del sottotetto non comprometterebbe l'assetto e l'equilibrio urbanistico della zona.

L'appellante, inoltre, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., sostiene che, nel caso di specie, non sarebbe stata realizzato un ulteriore piano, rispetto a quelli preesistenti, suscettibile di uso abitativo.

9. - Dette censure sono infondate.

Come osservato dal T.A.R. adito, invero, la concessione edilizia prevedeva la realizzazione di "- un solaio con tratti a quota constante orizzontali” e, ancora che “ il solaio di copertura di sottotetto è previsto a tratti orizzontali, a quota ml. 2,40 intradorsale" .

In difformità dal dettato dell'atto autorizzatorio, il sig. F C ha realizzato, come accertato dal tecnico comunale e senza che ciò sia stato seriamente smentito "su di un preesistente fabbricato composto da due piani fuori terra, un ulteriore piano, avente una rilevante superficie, una altezza utile interna variabile da 3.00 m a 2.40 m., ad esclusione della parte coperta in vetrocemento, un'ampia balconata e vani finestra" .

Né rileva la considerazione che il solaio sia stato costruito in pendenza (non superiore al 35%) e quindi non in forma piana, atteso che i volumi realizzati consentono un'utilizzazione del fabbricato diversa da quella originariamente assentita, suscettibile obiettivamente di uso abitativo.

Orbene, al riguardo si deve osservare che, per costante giurisprudenza, è da definirsi volume tecnico, solo il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo, strettamente necessario per contenere, per una consistenza volumetrica contenuta, gli impianti tecnologici non collocabili all'interno dell'edificio.

La sopraelevazione eseguita si pone, così, in evidente contrasto con il disposto dell'art. 99 punto 16, del regolamento edilizio vigente nel Comune, che esclude dal calcolo del volume solo i "sottotetti non praticabili e non abitabili" e con l'art. 2 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale (ricadendo l'immobile in zona edificata da ristrutturare B1 del vigente P.R.G. del Comune di Afragola), che prevede che "in assenza dei piani particolareggiati o delle lottizzazioni convenzionate sono consentiti solo lavori di ordinaria manutenzione, necessari al risanamento statico ed igienico degli edifici, compreso la ristrutturazione funzionale di essi senza alterazione della forma volumetrica, delle superfici e del numero dei piani esistenti".

Da ciò l'obbligo del Comune, accertate le irregolarità verificatesi, di procedere all'annullamento d'ufficio della concessione edilizia, senza necessità di espressa e specifica motivazione sul pubblico interesse sotteso, "perché la preminenza dell’interesse generale sull’interesse del privato è in re ipsa nell’esigenza del corretto ripristino del governo del territorio " (Cons. Stato, sez. IV, 14.4.2015, n. 1915;
Sez. V, n. 2060 del 2014 cui si rinvia a mente dell’art. 88, co. 2, lett. d), c.p.a.).

E a tanto il Comune ha provveduto in tempi ragionevoli (concessione edilizia rilasciata il 28.11.2011 e avvio del procedimento di autoannullamento notificato il 5.11.2012), né l'appellante ha concretamente provato quanto asserito, circa l'intervenuto completamento, nelle more, dell'intervento edilizio eseguito in difformità.

Con ulteriore censura l'appellante lamenta la violazione dell'art. 11 della legge n. 47/1985 e, più genericamente della legge n. 241/1990, atteso che il Comune non avrebbe valutato la possibilità di rimuovere "i vizi della concessione", disponendo direttamente la demolizione dell'opera, come conseguenza dell'annullamento della concessione edilizia.

Orbene, l'art. 11 della legge n. 47/1985, confluito nell'art. 38 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, dispone, al primo comma, che "in caso di annullamento della concessione, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite (…)".

Nel caso di specie, però, una volta accertata la legittimità del provvedimento emesso dal Comune di Afragola, il giudice di prime cure ha ragionevolmente ritenuto corretta l'applicabilità dell'art. 7 comma 3, atteso che, come confermato anche dalla giurisprudenza, il ricorso all'art. 11 può aver luogo solo nell'ipotesi di annullamento formale della concessione, fattispecie che non si adatta alla vicenda de qua , avendo il Comune disposto l'autoannullamento per contrasto con le disposizioni urbanistiche ed edilizie vigenti (Cons. Stato, sez. V, 26.5.2003, n. 2849).

Né l'appellante, come evidenziato dal T.A.R. Campania, ha fornito, in sede di giudizio " alcun elemento atto a dimostrare l'impossibilità di procedere all'intimato ripristino dello stato dei luoghi ".

E’ del tutto irrilevante, infine, il comportamento tenuto dal comune successivamente all’atto impugnato posto che la validità del provvedimento si valuta in relazione alla situazione di fatto e diritto vigente al momento della sua emanazione;
inoltre, è appena il caso di rilevare che il rapporto giuridico controverso era ancora sub iudice.

10. Per quanto sin qui esposto l'appello è da considerarsi infondato e va respinto.

11.- Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio, attese le problematiche di carattere interpretativo proprie della materia.

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