Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-19, n. 201800352

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-01-19, n. 201800352
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800352
Data del deposito : 19 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2018

N. 00352/2018REG.PROV.COLL.

N. 04745/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4745 del 2017, proposto da:
C A, V C, S I, G M, M P, rappresentati e difesi dagli avvocati B G M, G D V, M P, con domicilio eletto presso lo studio G D V in Roma, via Antonio Bertoloni 44;

contro

S Z, rappresentato e difeso dall'avvocato M S M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via A. Gramsci 24;
Asi - Agenzia Spaziale Italiana, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Elisabetta Cavazzuti, Marino Crisconio, Alessandro Gabrielli, Luciano Garramone, Samantha Ianelli, Elisabetta Tommasi, Giancarlo Varacalli, Agenzia Spaziale Italiana Asi, Giuseppe Codispoti, Fabrizio Battazza, Rita Carpentiero non costituiti in giudizio;
A S, rappresentato e difeso dall'avvocato I M C D A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Gracchi N. 128;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 02335/2017, resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento:

- della graduatoria finale del concorso per il conferimento di 15 posti per la

progressione dal III al II livello nel profilo di tecnologo ai sensi dell'art. 15 del

CCNL ASI del 29.11.2007 (riassunzione dal Tribunale civile di Roma sezione

lavoro sentenza n. 13924/13 r.g. n. 11216/12),

e per la condanna al risarcimento dei danni;

nonché, per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da ZOFFOLI SIMONA il 11.7.2017, con domanda di:

- in via cautelare: reiezione della domanda di sospensione della sentenza impugnata;

- nel merito: dichiararsi inammissibile e comunque respingersi l'appello principale e accogliersi quello incidentale (per erroneità della sentenza n. 2325/2017 nella parte in cui ha non riconosciuto alla dott.ssa Zoffoli l'anzianità maturata con il contratto a tempo determinato relativo al periodo dall'1 agosto 2001 al 31 luglio 2006;
per eccesso di potere per errore sui presupposti e fatto e di diritto, e per motivazione contraddittoria e illogica);

nonché, per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da SPOSITO ANTONIO il 28.7.2017, recante appello incidentale avverso la sentenza Tar Lazio, sez. III^, n. 2335/2017 relativamente al capo della sentenza che non ha esteso il giudizio anche ai concorrenti della graduatoria relativa all'area 1 Istituzionale (Gestionale/Amministrativa), ed altresì al capo della sentenza che non ha riconosciuto al Dott. Sposito l'anzianità di servizio maturata relativamente al contratto di lavoro a termine, ai sensi dell'art. 8, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 27/99.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S Z e di A S e di Asi - Agenzia Spaziale Italiana;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2017 il Cons. D P e uditi per le parti gli avvocati M P, M V L dell’Avvocatura Generale dello Stato, M S M e I M C D A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame le odierne parti appellanti impugnano la sentenza n. 2335/2017 con cui il Tar Lazio sez III ha accolto l’originario gravame.

Quest’ultimo – originariamente depositato presso il Tribunale civile, il quale si dichiarava privo di giurisdizione – era stato proposto dalla parte odiernamente appellata in qualità di partecipante al concorso (bando n. 9/2009) indetto dall’ASI per il conferimento di n. 15 posti per la progressione dal III° al II° livello nel profilo di tecnologo, di cui 6 (posti) riservati all’area “tecnologica”;
in particolare la ricorrente originaria aveva ottenuto complessivi punti 74,49 (su un massimo di 100), ovvero un punteggio non sufficiente per l’inserimento in graduatoria, classificandosi infatti al 15° posto. Veniva altresì proposto ricorso incidentale da un altro partecipante non utilmente collocatosi in graduatoria.

Con la sentenza impugnata il Tar ha accolto entrambi i ricorsi e annullato la graduatoria in parte qua .

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:

- violazione degli artt. 27 e 34 cod proc amm., insufficienza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, travisamento ed errata interpretazione dei fatti, in quanto la pronuncia ha avuto effetti ulteriori rispetto all’interesse della ricorrente, avendo annullato l’intera graduatoria;
in via subordinata l’appellante censura la mancata estensione del contraddittorio anche nei confronti dei soggetti inseriti nella parallela graduatoria istituzionale gestionale amministrativa;

- violazione dell’art. 59 l. 69/2009, errata interpretazione dei fatti, tardività dell’originario ricorso;

- erroneità e travisamento dei fatti, erronea applicazione della giurisprudenza europea, insufficienza e difetto di motivazione, per l’impossibilità di equiparare al rapporto a tempo indeterminato anche il secondo pregresso contratto della ricorrente originaria;

- travisamento dei fatti inerenti la valutazione dei titoli, irragionevolezza ed insufficienza della motivazione, a fronte dell’ampia discrezionalità della p.a. in materia;

- errata valutazione della posizione del concorrente Spolito, sesto classificato e proponente ricorso incidentale in primo grado accolto dalla stessa sentenza impugnata, per errata valutazione del relativo contratto a tempo determinato pregresso.

La parte appellata si è costituita chiedendo il rigetto dell’appello, nonché proponendo appello incidentale nella parte in cui la sentenza del Tar non ha riconosciuto l’anzianità maturata con il contratto stipulato ex art. 8 comma 2 d.lgs. 27/1999 per il periodo 1.8.2001 – 31.7.2006.

Analogo appello incidentale ha proposto l’originario ricorrente incidentale Sposito, in relazione all’omologo primo periodo contrattuale non riconosciuto dal Tar.

L’Agenzia originaria resistente si è costituita in giudizio chiedendo l’accoglimento dell’appello in parte qua .

Alla pubblica udienza del 12 ottobre 2017, fissata in sede di udienza cautelare e in vista della quale le parti hanno depositato memorie, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello è infondato.

Per un verso, contrariamente a quanto sostenuto in prima battuta da parte appellante, l’effetto dell’accoglimento di cui alla sentenza impugnata – come diretto corollario dell’interesse concreto azionato ed dei connessi limiti degli effetti derivanti dall’oggetto dell’impugnativa – è limitato ai soggetti ricorrenti e alla relativa valutazione;
ciò trova conferma nella stessa sentenza ( sub punto 8 della motivazione) che, infatti, si limita ad rilevare, in termini coerenti e qui condivisi, come eventualmente non sia preclusa alla stessa Agenzia resistente la possibilità di rivalutare tutte le posizioni presenti in graduatoria.

Per altro verso, rispetto alla subordinata richiesta di ulteriore integrazione del contraddittorio, appaiono ictu oculi condivisibili le argomentazioni reiettive svolte dalla sentenza appellata.

Infatti, oggetto della presente controversia è la graduatoria relativa all’area 2 – Tecnologica, come evidenziato dall’analisi delle censure che risultano mosse non già avverso la generale procedura bandita da ASI, ma piuttosto contro la successiva gestione da parte della commissione esaminatrice in punto di valutazione dell’anzianità e di criterio di attribuzione del punteggio riguardante i titoli posseduti dai candidati.

A conferma di ciò, assume rilievo dirimente quanto si è già evidenziato in ordine agli effetti della decisione, limitati alla graduatoria finale relativa all’area 2 – Tecnologica e in relazione alla sola posizione dei ricorrenti;
invero, diversamente opinando, si finirebbe con l’estendere gli effetti conformativi della sentenza a una selezione comunque diversa e che non è stata fatta oggetto di impugnazione (non avendovi peraltro la parte interesse alcuno).

Per converso, merita osservarsi come gli intimati non abbiano interesse processuale a richiedere (com’è invece dedotto in principalità) la limitazione del contraddittorio a se stessi, rispetto a soggetti asseritamente terzi che sono stati evocati in giudizio, e ciò quand’anche tale estensione non sia necessaria;
giacché l’eventuale ampiamento del giudicato a soggetti ulteriori rispetto alle parti necessarie – per definizione – né giova, né nuoce a queste ultime (com’è peraltro dimostrato anche dalla stessa esistenza dell’istituto dell’intervento iusso iudicis , ex artt. 107 c.p.c., e 28, comma 3, c.p.a., che consente al giudice di ordinare la chiamata in causa di soggetti terzi tutte le volte che ne ritenga anche solo opportuna la partecipazione al giudizio, appunto perché essa non è idonea a recare formale pregiudizio alle parti essenziali le quali, correlativamente, non hanno interesse a dolersi della presenza in causa di soggetti ulteriori pur ove non necessari).

2. Analogo esito negativo non può che avere lo scrutinio del secondo motivo di appello (formulato anche nell’appello incidentale dello Sposito), con cui viene riproposta l’eccezione di tardività sollevata ancora dai controinteressati vincitori della selezione, secondo i quali la domanda di annullamento sarebbe stata proposta per la prima volta dinanzi al giudice amministrativo in sede di prosecuzione.

Infatti, il Collegio ritiene che l’oggetto della domanda proposta dinanzi al giudice ordinario coincida con quella formulata nel ricorso riproposto davanti al giudice amministrativo, ambo deducendo l’illegittimità delle valutazioni svolte dall’Ente resistente nella formazione della graduatoria di merito della selezione di che trattasi (area 2 – tecnologica).

Invero, in sede di translatio iudicii la domanda risulta essere stata unicamente oggetto di mero adeguamento formale alle formule di stile tipiche del processo amministrativo, risultando nella sostanza la diretta ed espressa – e dunque del tutto corretta e certamente ammissibile – trasposizione della medesima domanda in origine proposta dinanzi al giudice civile che, a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione resa del Tribunale ordinario, è stata meramente traslata dinanzi al giudice amministrativo (diversamente opinando, peraltro, la riproposizione della domanda davanti a un diverso plesso giurisdizionale – tale essendo per legge quella che per brevità si usa chiamare traslatio iudicii , ossia tutt’altro che una riassunzione che invece postulerebbe l’identità delle giurisdizioni adite – finirebbe con il risultare di norma impossibile, per mero effetto delle diverse formulazioni verbali che connotano esercizio dell’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo rispetto alle domande sottoposte alla cognizione di quello civile).

Evidentemente la c.d. traslatio postula, dunque, un’adeguata elasticità nelle modalità di formulazione del petitum e della causa petendi , correlabile alle strutturali differenze tra le varie giurisdizioni, onde non vanificare capziosamente la salvezza degli effetti della domanda, voluta dal legislatore (e dai principi costituzionali di complessiva effettività della tutela giurisdizionale) nel modo più ampio.

3. Parimenti infondati sono i motivi di appello dedotti avverso le statuizioni rese dal Tar Lazio quanto al merito della controversia.

3.1 In relazione all’equiparazione dell’esperienza acquisita sotto forma di contratti a tempo determinato ovvero indeterminato, va ribadito in linea di principio (secondo quanto espresso anche in sede sovranazionale, ad es. da C.G.U.E. 18 ottobre 2012, C-302/11) che non possano operarsi “discriminazioni” tra il periodo svolto alle dipendenze di un Ente con contratto a termine e quello svolto a tempo indeterminato, salvo il caso che ricorrano “ragioni oggettive” oggetto di esplicita considerazione, che però risultano del tutto assenti nel caso de quo .

In particolare, applicando tale principio al caso in esame, non vi è ragione di discriminare il rapporto a termine laddove si tratti di valutare se il relativo periodo possa o meno rientrare nel concetto di “anzianità effettiva”.

Tale concetto, com’è noto, costituisce uno dei principali titoli valutabili nell’ambito della selezione di che trattasi;
anzi, non applicando il principio appena richiamato, in combinato disposto con il tetto al punteggio massimo ottenibile dai titoli vantati (di cui si dirà infra ), l’anzianità acquisita con contratto a tempo indeterminato diventerebbe l’unico criterio effettivo di selezione, a scapito del concetto stesso di reclutamento dei dipendenti in base al merito tramite il concorso pubblico coerente con i principi estrapolabili dagli artt. 3, 51 e 97 Cost. (cfr. ex multis C.d.S., VI, sent. n. 3747/2013).

Dato che il presupposto del principio richiamato è l’identità di funzioni svolte nelle diverse modalità di contratto a tempo determinato ovvero indeterminato, la pronuncia appellata risulta correttamente motivata anche in termini applicativi, laddove ha disposto l’accoglimento della domanda per quella parte di rapporto (dal 9 ottobre 2006 al 30 maggio 2008) rispetto alla quale sarebbe emersa e provata l’effettiva equiparazione, in termini sia di funzioni svolte che di retribuzione.

Peraltro, come meglio si vedrà in sede di scrutinio dell’appello incidentale, anche il periodo pregresso risulta assistito da analoga prova.

Le considerazioni poste a base del motivo di appello, se per un verso non forniscono alcun elemento specifico in merito alla meramente affermata diversità tra le mansioni svolte nel contratto a tempo determinato e quelle svolte in base a quello senza termine, per un altro verso invocano precedenti in materia di stabilizzazione irrilevanti in relazione al procedimento concorsuale in esame;
che, in quanto concorso pubblico, è caratterizzato dal rispetto dei principi di favor partecipationis .

In dettaglio, dall’analisi della documentazione versata in atti circa le attività svolte durante il rapporto contrattuale a tempo determinato, emerge con evidenza come le stesse coincidano, sia da un punto di vista formale e di richiamo al relativo c.c.n.l., sia dal punto di vista del contenuto sostanziale delle prestazioni ivi dedotte, a quelle del livello tecnologico III.

Le medesime considerazioni vanno estese all’ultimo motivo di appello, avente a oggetto analoga valutazione dei periodi contrattuali a termine svolti dal ricorrente incidentale Sposito.

Dall’analisi della medesima documentazione emerge altresì, come sopra anticipato e diversamente da quanto reputato dal giudice di prime cure, come anche il periodo pregresso (1 agosto 2001 – 31 luglio 2006) sia stato accompagnato dall’inquadramento nel medesimo livello tecnologico III, sia in termini economici e di c.c.n.l. applicato, sia in termini di mansioni svolte.

A quest’ultimo riguardo, infatti, gli incarichi affidati nel periodo coincidono con i compiti propri del livello in questione, avendo a oggetto la copertura dei ruoli di responsabile di progetto, di progetto programma tecnico o scientifico nonché membro di commissione di congruità e di collaudo.

Alla luce delle considerazioni appena svolte appare quindi fondato l’appello incidentale, con conseguente riforma della sentenza impugnata in parte qua ed accoglimento del ricorso di prime cure anche sul punto.

Identiche considerazioni vanno estese all’appello incidentale proposto dallo Sposito, relativamente al periodo contrattuale ricoperto fra l’1.5.2002 sino all’1.3.2005, avente a oggetto lo svolgimento di attività e funzioni rientranti nel medesimo livello richiesto, con conseguente riforma della sentenza e accoglimento dell’originario gravame in parte qua .

3.2 In relazione al secondo profilo accolto dal Tar e contestato dagli appellanti, relativo all’eclatante irragionevolezza dell’applicazione del punteggio riservato alla valutazione dei titoli, va condivisa la conclusione raggiunta dal giudice di prime cure, dovendosi ribadire quanto già deciso dalla Sezione in analoghe fattispecie (cfr. ex multis C.d.S., VI, sentenza n. 1065/2015).

Infatti, sebbene in linea di principio i giudizi espressi dalle commissioni di concorso, in particolar modo nelle procedure di valutazione comparativa, siano espressioni di discrezionalità tecnica, non v’è dubbio che tale discrezionalità possa e debba essere sindacata, sia pur nei limiti del travisamento dei presupposti di fatto, dell’illogicità e della manifesta irragionevolezza, ovvero della non congruenza delle valutazioni operate con le risultanze di fatto (cfr, per tutte, C.d.S., IV, 13 ottobre 2010, n. 5048).

Pertanto, poiché per giurisprudenza costante il giudice amministrativo, ravvisando l’illogicità e l’irragionevolezza dei criteri utilizzati da una commissione giudicatrice, non può esimersi dal sindacarne l’operato, nel caso di specie il Collegio non può fare a meno di rilevare – in piena consonanza con quanto sul punto è già stato rilevato dal giudice di prime cure – che l’amministrazione appellata avrebbe dovuto procedere all’attribuzione dei punteggi ai candidati previa loro riparametrazione, quantomeno in relazione ai punteggi finali (pur volendosi mantenere ferma la modalità di attribuzione di punteggi parziali per ogni singola voce corrispondente ai titoli indicati nel bando) come già aveva fatto, d’altronde, in occasione della tornata selettiva precedente.

In altri termini, e con maggiore chiarezza, attribuiti 60 punti solo al candidato che risulti aver riportato il maggior punteggio sui titoli in termini assoluti, la Commissione avrebbe dovuto via via gradualmente scalare, con metodo proporzionale, i punteggi in relazione a tutti gli altri candidati: ovvero, alternativamente, fatta pari a 60 punti la massima valutazione possibile (quand’anche in astratto, piuttosto che in concreto), la determinazione concreta dei punteggi dei singoli candidati avrebbe dovuto essere rapportata a sessantesimi mediante riduzione proporzionale del maggior punteggio attribuito (ma, evidentemente, non in sessantesimi) a ciascun candidato.

In questo modo, si sarebbe garantita l’applicazione di quei principi, propri delle procedure selettive pubbliche (essenzialmente, il principio di imparzialità e di congrua proporzionalità nell’attribuzione dei punteggi per l’individuazione dei candidati più capaci e meritevoli) che sono stati invece del tutto obliterati nella procedura in esame.

Al contrario, appiattendo tutti i punteggi relativi ai titoli sulla soglia massima di 60 punti, la Commissione, come già osservato, ha finito per sterilizzare del tutto l’unico parametro legato alla qualità del candidato – che, per la dichiarata natura del concorso, all’evidenza avrebbe dovuto invece integrare il criterio principale di valutazione dei concorrenti consentendone in via principale la selezione in luogo del profilo, meramente sussidiario, dell’anzianità – snaturando così l’obiettivo insito in ogni procedura concorsuale e facendo coincidere il merito, ovvero il livello qualitativo del candidato, con l’anzianità accumulata alle dipendenze dell’ASI.

In termini diversi e più sintetici, il criterio concretamente prescelto dalla commissione – proprio perché ha, per così dire, “apparecchiato” un algoritmo effettivamente idoneo a sterilizzare pressoché integralmente l’attitudine selettiva di quello che, dichiaratamente, avrebbe dovuto invece costituire il principale parametro di selezione dei candidati, ossia il rilievo relativo dei titoli posseduti da ciascuno dei concorrenti rispetto agli altri – risulta illegittimo perché macroscopicamente illogico, irrazione e incongruente con il modello di selezione che la stessa Amministrazione aveva dichiarato di voler svolgere (ossia un concorso essenzialmente e prevalentemente per titoli, e non uno scrutinio secondo l’ordine di anzianità).

I puntuali rilievi formulati sul punto dalla sentenza impugnata non risultano in alcun modo smentiti dal motivo di appello, meritando piena condivisione la valutazione del primo giudice in punto di macroscopica irrazionalità (come tale eccedente i limiti estrinseci del giudizio discrezionale) della prefissazione di criteri comportanti l’equiparazione in 60/60 del punteggio attribuito ai titoli di tutti (o quasi tutti) i candidati, con l’effetto di azzerare la concreta attitudine selettiva proprio di quello che dovrebbe invece essere, anche secondo lo stesso bando concorsuale, il principale dei criteri

di selezione e graduazione dei concorrenti.

Risulta infatti chiaramente confermato che i criteri fissati dalla commissione esaminatrice del concorso n. 9/2009 concernenti la “valutazione dei titoli” hanno avuto l’unico effetto di riconoscere a 13 candidati su 16 idonei il medesimo punteggio, ossia quello massimo attribuibile con riferimento al predetto parametro (60): frutto evidente dell’illegittima applicazione di uno “sfioratoio” uguale per tutti, che ha sostanzialmente impedito l’attribuzione di qualsiasi rilievo ai titoli in eccesso (nella specie riconosciuti, peraltro, alla quasi totalità dei candidati), finendo in modo pressoché ineluttabile – appunto quale diretto effetto dell’incongruenza dell’algoritmo predisposto dalla Commissione – a svalutare totalmente l’attitudine selettiva di quello che, invece, avrebbe dovuto costituire il principale parametro di selezione.

In termini applicativi è altresì emerso che la stessa commissione, prima dell’attribuzione del punteggio relativo al parametro “valutazione dei titoli” (massimo 60 punti), ha individuato quale criterio di assegnazione il solo valore assoluto dei titoli posseduti dai candidati (cfr. verbali delle sedute dell’11 e del 18 gennaio 2011) con la conseguenza che, sulla scorta di tali criteri, è risultato – a titolo di esempio – come il controinteressato Sposito abbia ottenuto 116,25 punti per i titoli (6° classificato del concorso n. 9/2009 con 84,68 punti su 100), la concorrente Cavazzuti 136 punti (13° classificata con 75,49 punti su 100) e la odierna appellata 115,75 punti (15° classificata con 74,49 punti su 100). Orbene, a fronte di tali risultati, i tre predetti candidati, al pari di molti altri del resto, hanno tutti ricevuto, con riferimento al parametro “valutazione dei titoli”, lo stesso punteggio massimo previsto dal bando ovvero 60 punti, con ciò sterilizzando l’unico parametro idoneo a valutare il livello qualitativo del candidato.

Mentre le deduzioni svolte in appello sul punto, lungi dallo smentire tali risultanze, si limitano ad una generica contestazione tramite l’estensione dell’indagine oltre la graduatoria in questione (ma sul punto si è già avuto modo di evidenziare la piena autonomia della procedura diretta alla copertura dei posti di livello tecnologico), l’analisi degli atti conferma come, sulla scorta dei criteri adottati dalla commissione, l’unico parametro che ha poi consentito una reale differenziazione sia stato quello dell’anzianità “effettiva” (e, in parte, il colloquio).

È del tutto evidente che, così operando, la commissione esaminatrice ha snaturato l’obiettivo insito in ogni procedura concorsuale, riducendo il merito, inteso come livello qualitativo del candidato, alla mera anzianità accumulata da ciascuno alle dipendenze dell’ASI.

In conclusione anche questo motivo di appello deve essere respinto, con la conferma sul punto della sentenza impugnata.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello principale va respinto.

Diversamente, sono fondati nei sensi predetti, e pertanto vanno accolti, gli appelli incidentali;
con conseguente riforma della sentenza impugnata in parte qua ed accoglimento dell’originario gravame, principale ed incidentale, anche in merito alla considerazione del primo periodo di rapporto a tempo determinato.

Sussistono giusti motivi, analogamente alle precedenti decisioni rese sulla procedura in questione, per procedere alla compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

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