Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-01-15, n. 201400113

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-01-15, n. 201400113
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400113
Data del deposito : 15 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09720/2007 REG.RIC.

N. 00113/2014REG.PROV.COLL.

N. 09720/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9720 del 2007, proposto da:
Unione Sanitaria Internazionale s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti G G, V e M L B e M C, con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, viale Liegi n. 28;

contro

Regione Lazio, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. R Maria Privitera, con domicilio eletto presso l’Avvocatura regionale in Roma, via Marcantonio Colonna 27;

nei confronti di

Azienda Sanitaria Locale Roma E, non costituitasi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA - SEZIONE III n. 01742/2007, resa tra le parti, concernente sistema di finanziamento e remunerazione prestazioni ambulatoriali-risarcimento danno.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il Cons. Vittorio Stelo;

Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati G G e R Maria Privitera;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma – Sezione III, con sentenza n. 1742 depositata il 27 febbraio 2007, ha respinto, con compensazione delle spese, il ricorso con motivi aggiunti proposto dalla Unione sanitaria internazione s.p.a. con sede in Roma, struttura sanitaria privata operante nella Regione Lazio e accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale per l’erogazione di prestazioni specialistiche di ambulatorio e di ricovero secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 502/1992, avverso:

- la deliberazione della Giunta Regionale del 22 marzo 2006, n. 143, (in B.U.R.L. supplemento ordinario n. 4 del 20 aprile 2006) avente ad oggetto: “Ripartizione nei livelli di assistenza del fondo sanitario regionale 2006. Finanziamento del livello assistenziale ospedaliero e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere dei soggetti eroganti pubblici e privati per l’anno 2006. Finanziamento e definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e delle attività di assistenza riabilitativa territoriale.”;

- la determinazione n. 1598 del 7 giugno 2006, e della nota circolare n. 70457 del 15 giugno 2006, ambedue Direzione Regionale Tutela della Salute e Sistema Sanitario Regionale della Regione Lazio, recanti direttive attuative della citata deliberazione regionale nei riguardi di tutti i soggetti privati provvisoriamente accreditati, circa i flussi informativi e la determinazione del Direttore della fatturazione delle prestazioni sanitarie.

Il giudice di prime cure ha dapprima motivatamente richiamato la natura autoritativa dei provvedimenti quali la citata deliberazione regionale, che, nel disporre la fissazione dei limiti dei tetti di spesa, non può non tener conto delle insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica secondo valutazioni di natura discrezionale sottoposte solo al controllo della loro razionalità e logicità;
anche le istanze imprenditoriali del settore, sia pur apprezzabili, debbono comunque ricomprendersi in quelle valutazioni ed essere comparate con le predette esigenze che non sono di certo recessive.

La Regione inoltre avrebbe correttamente deliberato la mancata remunerazione delle prestazioni in esubero, avuto riguardo al tetto massimo stabilito sui dati della produzione dei primi nove mesi del 2005 e quindi superiore per il 2006, in quanto comprensivo in parte anche della maggiore produttività, per cui, oltre quel tetto, non è prevista alcuna remunerazione e non può configurarsi la lamentata disparità di trattamento fra i soggetti che hanno sforato il budget e chi invece lo ha rispettato.

Di conseguenza le censure dedotte con i motivi aggiunti avverso gli altri provvedimenti impugnati per invalidità derivata sono state ritenute infondate.

2. L’Unione sanitaria internazionale, con atto notificato il 23 novembre 2007 e depositato il 10 dicembre 2007, ha interposto appello, contestando la motivazione ed il contenuto della sentenza impugnata, che si sarebbe diffusa essenzialmente sul potere autoritativo e discrezionale della Regione in materia, non posto in dubbio con il ricorso, mentre avrebbe omesso, in tutto o in parte, venendo così ad integrare il difetto di motivazione, di pronunciarsi circa doglianze già sollevate ed errori commessi dalla Regione, che quindi sarebbe incorsa in travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.

In particolare insiste in primis nel dedurre l’erroneità del metodo seguito e, quindi, dei calcoli effettuati in ordine al valore/numero medio di prestazioni nel triennio 2003-2005, peraltro consultabili dallo stesso sistema elettronico regionale (cd. SIAS) e, di conseguenza, per il conteggio della produzione e della fatturazione del 2005 per il 2006, fornendo al riguardo puntuali dati e calcoli per quanto concerne l’attività di Risonanza Magnetica Nucleare, non riconosciuti però dalla Regione, con conseguente formazione di un consistente extra budget e assegnazione di minori fondi.

Si ribadiscono poi le censure concernenti: l’obbligo di fornire le prestazioni nonostante il superamento del budget al momento della pubblicazione della deliberazione regionale sul B.U.R.L. (20 aprile 2006);
la mancata previsione di criteri per l’erogazione di compensi per le prestazioni extrabudget;
l’irrazionalità della decurtazione a proprio carico e della stessa USL con disparità di trattamento con altre strutture;
la genericità del criterio della “non compatibilità” per il calcolo del budget;
la violazione del principio della libera scelta dei pazienti e del diritto alla salute;
la conseguente negativa incidenza sulla propria organizzazione imprenditoriale;
l’omessa contrattazione preventiva e individuale del prescritto piano annuale.

Viene poi riprodotta la domanda risarcitoria.

Con memorie depositate il 30 ottobre e il 12 novembre 2013 sono stati sinteticamente ribaditi i motivi dell’appello.

3. La Regione Lazio si è costituita con atti depositati il 6 maggio 2008 (riferito alla sentenza n. 2451/2007) e 14 ottobre 2013 replicando argomentatamente alle censure dell’appellante a sostegno della legittimità della sentenza impugnata e dell’operato dell’Amministrazione.

4. L’Unione sanitaria internazionale, con atto depositato il 19 aprile 2013, a fronte di avviso di perenzione ultraquinquennale, ha sollecitato l’esame dell’appello e la causa, fissata per l’udienza pubblica del 5 dicembre 2013, è stata ivi trattenuta in decisione.

5.1. Per le considerazioni che seguono l’appello è in parte fondato e la sentenza impugnata va di conseguenza riformata.

5.2. Il Consiglio di Stato ha avuto modo più volte di esprimersi in materia di impostazione di tetti di spesa a strutture private accreditate a titolo provvisorio, ritenendo gli stessi in via di principio legittimi date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica,alla luce delle quali il diritto alla salute, di cui all’art. 32 Cost., non va tutelato incondizionatamente.

Ormai costantemente si è invero affermato che la natura autoritativa e vincolante delle determinazioni regionali in tema di limiti alle spese sanitarie, ai sensi dell’art. 32, c. 8, della legge n. 449/1997, si commette alla necessità che l’attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario debba svolgersi nell’ambito di una serie ed effettiva pianificazione finanziaria, con la conseguenza che tale funzione programmatica, tendente a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili, assume valenza imprescindibile, in quanto la fissazione dei limiti di spesa rappresenta l’adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo che influisce sulla possibilità stessa di attingere le risorse necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate.

Le Regioni, nell’esercitare detta potestà programmatoria, godono, quindi, di un ampio potere discrezionale, chiamato a bilanciare interessi diversi, ossia l’interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di prestazioni sanitarie adeguate, le legittime aspettative degli operatori privati che ispirano le loro condotte ad una logica imprenditoriale e la garanzia dell’efficienza delle strutture pubbliche che costituiscono un pilastro del sistema sanitario nel suo complesso.

Va soggiunto che il sistema di programmazione è incentrato su di un “modello bifasico” in seno al quale alla ricordata fase autoritativa regionale segue un momento di negoziazione su base territoriale (cfr. artt. 8 bis del D.Lvo n. 502/1992 e 8 del D.Lgs. n. 229/1999 nonché la legge n. 449/1997), per cui la Regione non solo definisce unilateralmente il tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni ed i preventivi annuali delle prestazioni, ma vincola la successiva contrattazione dei piani determinandone modalità ed indirizzi.

In particolare, con tale atto l’amministrazione regionale è chiamata a fissare le direttive da seguire nella successiva negoziazione dei piani annuali e, quindi, in sede di determinazione consensuale delle qualità e tipologia di prestazioni erogabili dal singolo operatore.

L’atto programmatorio regionale rappresenta, in definitiva, un primo e fondamentale strumento di orientamento per le strutture sanitarie pubbliche e private.

5.3. Ciò detto sul piano generale, venendo, sulla base di tali coordinate, all’esame dell’atto di appello, inammissibili le nuove censure formulate per la prima volta con l’atto stesso, le doglianze formulate in primo grado e qui riprodotte sono essenzialmente due:

- la attribuzione alla struttura di un budget per il 2006 di sole n. 15.667 prestazioni di Risonanza magnetica, che sarebbero state rapportate al volume/numero medio delle prestazioni nel triennio 2003-2005 erroneamente determinati dalla Regione con la deliberazione n. 143/2006 in n. 48.929 e 45.195 anziché, rispettivamente, in 53.917 e 46.857;
in ogni caso il budget assegnato non corrisponderebbe in concreto ad alcuna media né ai criteri di calcolo contenuti nel provvedimento regionale;

- la mancata previsione di un sistema di remunerazione per le prestazioni eccedenti il budget delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale.

Tanto premesso, si ritiene, in ordine al primo motivo, che il dedotto errore sul metodo e sui calcoli del volume/numero medio delle prestazioni del triennio 2003-2005 e quindi della produzione e della fatturazione delle prestazioni per il 2006 sul 2005, sia fondato.

In effetti, ferma restando la legittimità dell’esercizio del potere regionale in materia come illustrato in precedenza e non censurato dall’appellante, il T.A.R., pur riaffermando il carattere autoritativo e discrezionale dei provvedimenti regionali e pur riportando il metodo seguito dalla Regione, ha omesso, a fronte dei dettagliati dati forniti dall’appellante e non specificatamente contestati, di

analizzare ed approfondire in concreto la correttezza e la precisione di quei dati, che la Regione non risulta aver esplicitamente e specificatamente contraddetto.

In ogni caso le controdeduzioni regionali sul punto (cfr. memoria depositata in data 14 ottobre 2013) si limitano ad affermazioni e dati di carattere generale ed assertivo, che, seppure condivisibili in linea di principio avuto riguardo agli orientamenti perseguiti con le determinazioni organizzatorie e finanziarie adottate, sono di per sé insufficienti, scarsi e non idoneamente motivati proprio perchè non si soffermano nella dettagliata mirata disamina e nella comparazione con i dati forniti dalla struttura interessata ai fini del loro eventuale motivato rigetto o invece recepimento.

Sotto tale profilo, il primo motivo di appello è dunque fondato, così come lo è sotto quello del difetto di logicità e di motivazione del suindicato abbattimento delle prestazioni autorizzate., che anche sul piano generale non trova palesemente spiegazione né nella riduzione del tasso regionale di ospedalizzazione, operato con la stessa deliberazione regionale oggetto del giudizio, né nell’indirizzo strategico-programmatico, risultante dalla medesima deliberazione, di potenziare i servizi territoriali e le forme di assistenza alternative al ricovero.

Quanto, invece, alla seconda censura, con la quale si lamenta la mancata previsione di un sistema di remunerazione per le prestazioni eccedenti il budget delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, essa è infondata.

In ordine ad essa basti infatti ricordare, in aggiunta alle osservazioni generali sopra formulate, che le esigenze sempre più pressanti di contenimento della spesa hanno indotto l'Amministrazione sanitaria a stabilire sempre più stringenti tetti massimi alla spesa che può essere sostenuta dal sistema sanitario pubblico per l'erogazione di prestazioni sanitarie, con la conseguente fissazione, nei contratti stipulati con i singoli erogatori privati, di limiti alle prestazioni rimborsabili.

Insomma, l'accreditamento non costituisce un vincolo per le Aziende sanitarie a corrispondere al soggetto accreditato una remunerazione per le prestazioni erogate, potendo tali prestazioni essere remunerate solo nei limiti dei tetti di spesa stabiliti contrattualmente ( da ultimo Consiglio di Stato, sez. III, 16/09/2013, n. 4574).

6. L’appello, in conclusione, va, quanto alla domanda di annullamento degli atti oggetto del giudizio, accolto in parte nei sensi di cui sopra, risultando la deliberazione regionale n. 143/2006 impugnata viziata dai lamentati difetti di istruttoria e di motivazione per la parte di interesse della parte appellante;
donde l’illegittimità, pro parte ed in via derivata, delle successive determinazioni regionali applicative della stessa.

Va invece respinta la domanda risarcitoria, non esaminata esplicitamente in primo grado, posto che l’annullamento dei provvedimenti impugnati costituisce già di per sé soddisfazione della pretesa addotta ( dovendo la Regione, per l’effetto conformativo della presente decisione, riesaminare ex tunc la situazione della struttura sanitaria di cui trattasi e quindi adottare comunque ulteriori provvedimenti a rettifica o conferma di quanto già deliberato anche in proiezione delle disposizioni attuative da emanarsi da parte dell’

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi