Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-07-17, n. 202306936
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Testo completo
Pubblicato il 17/07/2023
N. 06936/2023REG.PROV.COLL.
N. 01609/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1609 del 2019, proposto da Autodemolizioni Adriano S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato C P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesca D'Orsi in Roma, via Cesare Fracassini, 4;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (già Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare), in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consorzio di Sviluppo Economico Locale dell’Area Giuliana – Co.SELAG, in qualità di organo liquidatore dell’Ente per la Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Chiara Centrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giulia Milo in Roma, via Giovannipoli, 148;
Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. 274/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio di Sviluppo Economico Locale dell’Area Giuliana – Co.SELAG, in qualità di organo liquidatore dell’Ente per la Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.), e del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2023 il Cons. Fabrizio Di Rubbo, uditi gli avvocati C P e Chiara Centrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna appellante ha esposto, nel ricorso proposto in primo grado, di aver esercitato per quasi trenta anni presso lo stabilimento di Strada Nuova per Opicina n. 11, Trieste, l’attività di compravendita e conseguente demolizione di autoveicoli e veicoli di ogni genere e di smaltimento dei relativi rifiuti, essendo a ciò debitamente autorizzata;e, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 24 marzo 2003, n. 209, di essersi attivata presso la Provincia di Trieste, amministrazione allora competente, per ottenere l’autorizzazione per l’adeguamento del sito medesimo, ottenendo, tuttavia, una risposta, peraltro interlocutoria, solo nel 2007.
Ha quindi optato per la delocalizzazione dell’attività, acquistando a tale scopo dall’Ezit – Ente Zona Industriale di Trieste un’area ritenuta idonea in via dei Templari a Muggia, ottenendo anche la necessaria autorizzazione alla realizzazione e gestione (con determinazione dirigenziale Provincia di Trieste n. 1388 dd. 14.5.2010).
Nel frattempo ha presentato varie istanze di proroga finalizzate alla provvisoria prosecuzione dell’attività nel predetto sito originario, assentite dall’Amministrazione sino al 31.12.2012. Era noto, infatti, che il fondo acquistato, di circa 11.585 mq, fosse ubicato nell’ambito del sito inquinato di interesse nazionale di Trieste, perimetrato dal “Piano della caratterizzazione delle aree di proprietà ai sensi del d.m. 471/99 e del d.m. 468/01”, e che pertanto non era immediatamente utilizzabile per gli scopi per cui era stato acquistato, dovendo essere previamente sottoposto a bonifica, al pari di tutti gli altri fondi ubicati nel medesimo ambito, in parte di proprietà di privati e in parte di proprietà dell’EZIT. Per tale ragione il fondo in questione non le era stato nemmeno consegnato. L’ulteriore richiesta di proroga dell’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività nel sito di Strada Nuova per Opicina, tuttavia, non è stata assentita e l’impugnazione del relativo provvedimento non ha avuto un esito favorevole.
Nel frattempo, la bonifica del sito inquinato di Muggia non è stata portata a compimento.
La ricorrente si è trovata così a non poter proseguire l’attività nella vecchia sede e, al contempo, a non poterla nemmeno trasferire nel nuovo sito per la perdurante pendenza del procedimento volto alla bonifica dell’area.
Assumendo d’essere stata lesa nel diritto d’iniziativa economica garantito dall’art. 41 Cost. a causa del protrarsi sine die dell’attività di bonifica, che ha condizionato, precludendola, la consegna del fondo acquistato e finanche la stessa operatività dell’autorizzazione già ottenuta, ha, quindi, proposto ricorso innanzi al competente Tribunale Amministrativo Regionale evocando in giudizio il Ministero dell’Ambiente e l’EZIT, oltre alla Provincia di Trieste, per chiedere – previa misura cautelare idonea ad assicurarle la prosecuzione dell’attività presso l’originario sito di Strada Nuova per Opicina n.11 sino all’effettiva consegna del terreno di via dei Templari a Muggia, destinato alla delocalizzazione dell’attività imprenditoriale - quanto segue:
“ 1) previo accertamento e declaratoria dell’illegittimità dell’inadempimento omissivo e/o il colpevole ritardo dei resistenti, ordinare ai medesimi Ministero dell’Ambiente ed Ezit, di provvedere in conformità entro un termine di tempo definito e certo e contestualmente prevedendo alla nomina di un commissario ad acta abilitato all’ausilio di consulente tecnico che provvede all’adozione degli atti necessari a rimuovere la inerzia amministrativa che è la causa della lesione dei diritti soggettivi qui azionati;
2) previo accertamento e declaratoria dell’inadempimento e/o colpevole ritardo da parte di Ezit e Ministero dell’Ambiente alla realizzazione del piano di bonifica di cui in narrativa si è detto, accertato il diritto di impresa ex art. 41 Costituzione in capo alla ricorrente, ed accertato il diritto al risarcimento di tutti i danni subiti di cui in narrativa dalla ricorrente per l’effetto condanni i suddetti resistenti al risarcimento dei danni nella misura che sarà accertata o ritenuta di giustizia in corso di causa, derivanti dall’inadempimento e condotta omissiva e dal ritardo al compimento degli obblighi descritti in narrativa da parte delle medesime Amministrazioni resistenti. ”.
Il Presidente del T.a.r., con decreto n. 31 in data 5 maggio 2015, ha denegato le misure cautelari monocratiche invocate dalla ricorrente.
L’Ezit si è costituito in giudizio, eccependo in via pregiudiziale, oltre al proprio difetto di legittimazione passiva, l’inammissibilità del ricorso sotto i seguenti profili:
- eccessiva genericità dei motivi a fondamento del ricorso, incertezza sull’indicazione dell’oggetto e delle ragioni giustificative della domanda. Incertezza sul provvedimento richiesto al giudice amministrativo. Violazione dell’art. 40, comma 1, lett. b), d), f), c.p.a.;
- decadenza dai termini previsti dagli artt. 30 e 31 c.p.a. per l’esercizio delle azioni risarcitoria e avverso il silenzio;
- violazione dell’art. 31, comma 3, c.p.a.
Ha inoltre eccepito, nel merito, l’insussistenza di qualsivoglia inadempimento ad esso addebitabile in relazione alla procedura di bonifica, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il Ministero convenuto, costituitosi, ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva con riguardo all’istanza cautelare. Ha poi contestato, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente, sia laddove questa lamentava il mancato ottenimento di una ulteriore proroga per la prosecuzione dell’attività nel sito di Strada Nuova per Opicina, sia laddove lamentava inadempienze o ritardi addebitabili al Ministero in relazione all’attività di bonifica. Analogamente all’Ezit, ha, quindi, chiesto la reiezione del ricorso e della istanza cautelare.
All’esito dell’udienza camerale del 27 maggio 2015, il Tribunale, con ordinanza n. 44/2015, ha denegato a parte ricorrente le misure collegiali di cui all’art. 55 c.p.a., ritenendo insussistenti i < presupposti fattuali e giuridici per poter concedere… la misura cautelare invocata e funzionale a consentire… di proseguire l’attività nello stabilimento di Strada Nuova per Opicina n. 11, essendo pacifica l’impossibilità per questo giudice di “riaprire” una questione oramai coperta da giudicato .>.
La causa è stata, quindi, chiamata all’udienza del 13 giugno 2018, fissata per la trattazione del merito, in vista della quale la ricorrente ha depositato una memoria in cui ha ribadito le proprie domande. Ha fatto seguito la replica dell’EZIT che ha insistito, in particolare, sul proprio difetto di legittimazione passiva e sulla prima eccezione di inammissibilità proposta in precedenza.
All’esito dell’udienza, il T.a.r., dopo aver espressamente escluso in via pregiudiziale che la soppressione della Provincia di Trieste (ora Regione Autonoma FVG), cui pure era stato notificato il ricorso, potesse determinare l’interruzione del processo, ha dichiarato il ricorso inammissibile, con motivazione partitamente riferita alla posizione di EZIT e del Ministero.
Ha proposto appello la ricorrente avverso tale pronuncia, censurando con un primo motivo di gravame la (ritenuta) statuizione di difetto di giurisdizione amministrativa e con un secondo motivo la pronuncia di inammissibilità del ricorso, reiterandone le relative domande di merito.
Si è costituito per resistere all’impugnazione il Consorzio di Sviluppo Economico Locale dell’Area Giuliana – Co.SELAG, in qualità di organo liquidatore dell’Ente per la Zona Industriale di Trieste (E.Z.I.T.).
Si è costituito anche il Ministero appellato, chiedendo rigettarsi il gravame proposto.
In vista dell’udienza di discussione del merito, tutte le parti costituite hanno depositato rispettive memorie ex art. 73 c.p.a. e l’appellante una memoria di replica ai sensi dello stesso articolo.
All’udienza pubblica del 15 giugno 2023 la causa è passata in decisione.
2. Come emerge dalla superiore narrazione, la causa è stata proposta per l’accertamento dell’inadempimento o colpevole ritardo dell’EZIT (Ente Zona Industriale di Trieste) e del Ministero dell’ambiente nella realizzazione ed esecuzione del piano di bonifica interessante, tra gli altri, il terreno acquistato dalla ricorrente in Muggia (con contratto del febbraio 2006 concluso con l’EZIT parte venditrice) ai fini della delocalizzazione della sua attività di compravendita e demolizione di veicoli e smaltimento dei relativi rifiuti;nonché per il risarcimento dei danni da diretta violazione del diritto di impresa ex art. 41 Cost., stante la chiusura dell’impresa della ricorrente in asserita conseguenza, da un lato, della lentezza del procedimento di bonifica e, dall’altro, del diniego (definitivamente confermato in sede giudiziale) dell’ulteriore proroga dell’autorizzazione alla medesima attività in precedenza svolta nel diverso sito sopra menzionato.
Il Collegio ritiene l’appello in parte inammissibile e in parte infondato, nonché in parte qua improcedibile l’originario ricorso, per quanto rispettivamente si passa ad esporre.
3. Il primo motivo di gravame censura il primo capo motivazionale della sentenza, afferente la posizione di E.Z.I.T., che conviene trascrivere di seguito per i suoi peculiari contenuti:
<(…) Il Collegio ritiene, in ogni caso, che il ricorso sia totalmente privo di pregio laddove rivolto contro l’Ezit e inammissibile laddove rivolto, invece, contro il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Tra la ricorrente è l’Ezit non è ravvisabile, infatti, alcun rapporto, azionabile innanzi al giudice amministrativo, nei sensi (assai confusamente) descritti da parte ricorrente.
Dalla documentazione versata in atti è agevole, invero, riscontrare che la Autodemolizioni Adriano, dopo aver perfezionato il contratto d’acquisto dell’area fabbricabile su indicato sito entro l’ambito territoriale dell’Ezit (vedi contratto c/v in data 15 febbraio 2006 – all. 1 fascicolo doc. Ezit), il cui articolo 4 prevedeva espressamente che la parte acquirente (ovvero l’odierna ricorrente), edotta del fatto che il sito oggetto di compravendita è stato inserito con decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio in data 24 febbraio 2003 “tra le aree da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza, bonifica, ripristino ambientale ed attività di monitoraggio”, assumeva “a proprio esclusivo carico tutti gli obblighi ed i costi che ne derivano, nessuno escluso”, in data 28 novembre 2011 ha sottoscritto con l’Ezit una convenzione, di eminente e palese carattere privatistico, con cui ha affidato all’Ezit medesimo l’esecuzione delle attività necessarie per l’adempimento alle prescrizioni della Conferenza di servizi decisoria del 7/4/2010 dettate sulla scorta dei risultati delle indagini di caratterizzazione effettuate su tutta l’area ricompresa nel SIN.
L’Ezit, al fine di conseguire vantaggi sotto il profilo tecnico ed economico, aveva manifestato, invero, l’intenzione di “intervenire in forma unitaria su tutte le aree sottoposte al procedimento di caratterizzazione e quindi soddisfare le citate prescrizioni per le aree ancora di proprietà estendendo l’attuazione delle attività previste a tal scopo ai lotti nel frattempo alienati, con il consenso e la relativa assunzione degli oneri da parte dei proprietari attuali” (vedi convenzione citata – all. 2 fascicolo doc. Ezit).
La convenzione, quanto a “responsabilità e obblighi delle parti” (art. 4), prevedeva, in particolare, che “l’Ezit gestirà, in qualità di Committente, l’esecuzione delle attività di cui all’art. 3 (n.d.r. ovvero quelle indicate nell’allegato Elaborato Tecnico Economico)… si farà carico di curare i rapporti con le Autorità competenti (…) ai fini della condivisione dei criteri operativi da seguire nell’esecuzione delle attività oggetto della… convenzione…”, nel mentre “il soggetto privato si impegna, fino alla conclusione delle attività affidate all’Ezit con la sottoscrizione della… convenzione, a non avviare iniziative separate presso le Autorità competenti al fine di non compromettere gli esiti dell’azione comune promossa dall’Ezit”.
Era, poi, prevista la corresponsione di un corrispettivo (art. 5), a riprova che, con riguardo all’attività in questione, l’Ezit aveva assunto nei confronti della Autodemolizioni Adriano, così come nei confronti di tutti gli altri “privati” proprietari di aree ex Ezit incluse nel perimetro del SIN, unicamente obblighi di carattere convenzionale, al pari, dunque, di un qualsiasi soggetto terzo incaricato dal proprietario di un immobile di svolgere per suo conto ed interesse esclusivi attività funzionali al miglior utilizzo dell’immobile medesimo.
È, pertanto, nell’ambito di tale rapporto convenzionale che vanno, se del caso, individuate eventuali responsabilità dell’Ezit, tali da aver potuto influire sui tempi procedimentali, effettivamente lunghi, della procedura amministrativa di bonifica, ancora in essere. >.
L’appellante, muovendo dal presupposto che il T.a.r. abbia declinato la giurisdizione sulla domanda diretta contro l’EZIT, censura col mezzo in esame tale ritenuta decisione. A tal fine, allega una previa translatio iudicii , per essere in precedenza intervenuta una pronuncia di difetto della giurisdizione ordinaria, sulle medesime domande riproposte nella presente causa, resa in sede cautelare dal Tribunale adito ex art. 700 c.p.c. (decisione non espressamente menzionata nel ricorso di primo grado, ma depositata in allegato allo stesso). Ciò posto, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata abbia violato la regola, presente nell’art. 11 c.p.a., che preclude al T.a.r. innanzi al quale la causa sia stata proseguita dopo una pronuncia di difetto di giurisdizione di declinare a sua volta la giurisdizione, essendo in tal caso consentito il solo conflitto (non proposto) entro la prima udienza, ai sensi del comma 3 del citato articolo.
In subordine, nella parte finale del motivo, la ricorrente censura anche nel merito la (ritenuta) decisione declinatoria della giurisdizione amministrativa.
3.1. Il motivo, e pertanto in parte qua il ricorso in appello, è inammissibile per la dirimente assenza, nella sentenza impugnata, di una pronuncia declinatoria della giurisdizione e, per conseguenza, della stessa soccombenza sul punto della parte originaria ricorrente, quale necessario presupposto dei contenuti del gravame in esame e dell’interesse alla sua proposizione.
Invero, emerge dalla succitata motivazione che la duplice domanda d’accertamento dell’illegittimo silenzio (o inadempimento o ritardo) e risarcitoria, laddove diretta verso l’EZIT, è stata definita dalla sentenza impugnata col sostanziale accertamento del difetto di legittimazione passiva dell’ente rispetto al ricorso proposto.
La sentenza ha infatti rilevato, da un lato, l’assenza di poteri amministrativi dell’ente in materia di bonifica (“ Tra la ricorrente è l’Ezit non è ravvisabile, infatti, alcun rapporto, azionabile innanzi al giudice amministrativo ”) e, dall’altro, l’esclusiva presenza tra le parti di un rapporto di natura privata (“ in data 28 novembre 2011 ha sottoscritto con l’Ezit una convenzione, di eminente e palese carattere privatistico, con cui ha affidato all’Ezit medesimo l’esecuzione delle attività necessarie per l’adempimento alle prescrizioni della Conferenza di servizi decisoria del 7/4/2010 dettate sulla scorta dei risultati delle indagini di caratterizzazione effettuate su tutta l’area ricompresa nel SIN. ”). In definitiva, tale ente rivestiva un ruolo di intermediario (cointeressato) per tutti i soggetti interessati alle aree di pertinenza.
Ad ulteriore riprova dell’esattezza di tale lettura della decisione, quest’ultima in principio di motivazione ha espressamente ritenuto il ricorso “ privo di pregio ” (e non inammissibile per difetto di giurisdizione) con riguardo alla posizione del resistente EZIT;e, in fine alla stessa, ha affermato con riguardo al predetto contratto che “ È, pertanto, nell’ambito di tale rapporto convenzionale che vanno, se del caso, individuate eventuali responsabilità dell’Ezit (…)”. Con quest’ultima conclusione, la decisione ha inteso affermare che il rapporto convenzionale non fosse neppure stato azionato in giudizio (mediante azioni civilistiche), bensì solo addotto quale (infondato) indice di legittimazione passiva dell’Ente rispetto al ricorso esperito innanzi al T.a.r.
Questa interpretazione della decisione impugnata è infine compatibile anche con la generale statuizione d’inammissibilità del ricorso ex art. 35, comma 1, lett. b) c.p.a. presente nel dispositivo della sentenza (originata anche dalla genericità dei motivi dedotti, ex art. 40 c.p.a.): tale essendo la conseguenza del difetto di legittimazione passiva dell’EZIT.
Detta statuizione, così correttamente intesa, non è stata censurata nel motivo in esame (che si appunta per intero sulla questione di giurisdizione) ed è pertanto passata in giudicato.
A tal proposito, neppure rappresenta una fondata critica alla pronuncia di difetto di legittimazione dell’EZIT quanto addotto a pagg. 34 e ss. del ricorso in appello (nell’ambito, peraltro, del suo secondo motivo tendente a riproporre il merito rimasto assorbito), secondo cui <(…) La Convenzione, infatti, non rientra nel novero dei c.d. contratti di diritto comune posto che la stessa è strettamente connessa alle determinazioni della conferenza di servizio anzidetta e disciplinante comunque una situazione giuridica complessa sottoposta alle regole del diritto amministrativo (danno ambientale tutela del territorio) (…) Erra, dunque, il TAR Fvg a ritenere che la Convenzione sottoscritta tra le parti sia di natura privatistica posto che l’individuazione di EZIT (a cui è poi subentrata la Regione FVG) per l’elaborazione dell’analisi di rischio è avvenuta proprio per decisione della Conferenza di Servizi stessa e dunque Autodemolizioni Adriano srl poteva sottoscrivere il relativo atto unicamente con il soggetto indicatogli dalla Conferenza di Servizi(Ezit) e non con il “terzo” di suo gradimento. Quanto alla seconda precisazione va evidenziato come Ezit è Ente pubblico non economico disciplinato dalla Regione Speciale Friuli Venezia Giulia con L.R. n.25 del 01/10/2002 e n.12 dd 30/04/2003 la cui finalità, a par di Statuto Sociale, è quello di promuovere lo sviluppo delle attività industriali, economiche e di servizi nell’ambito dell’agglomerato industriale di interesse regionale, secondo quanto prevista dalla L.R. n. 25 del 01/10/2002 e successive modificazioni e integrazioni .>.
Si tratta, infatti, di elementi inidonei ad ascrivere il contratto in esame alla categoria degli accordi di diritto pubblico o, comunque, a quella degli “strumenti” privatistici funzionali all’esercizio con modalità alternative del potere amministrativo: basti rilevare che l’ente in questione non era titolare di poteri in materia di bonifica (come espressamente risulta dalle stesse allegazioni sopra trascritte), i quali pertanto neppure potevano esser “versati” nella convenzione, essendo piuttosto detto ente assoggettato al potere in questione, in una posizione di fondo equiparabile a quella degli altri soggetti privati proprietari di terreni limitrofi.
Trattasi in effetti, dunque, di un contratto di diritto privato la cui “causa” concreta è la migliore attuazione (anche ed anzitutto nell’interesse dei privati stessi) di determinate incombenze relative alla necessaria bonifica, il cui mero “collegamento” con il relativo procedimento amministrativo nei termini addotti dalla ricorrente non è sufficiente a fornirgli una connotazione anche solo “mediatamente” pubblicistica e, per tale via, a fondare la legittimazione passiva dell’EZIT esclusa in sentenza.
3.2. Per completezza, può soggiungersi che la decisione sul punto è anche nel merito condivisibile. Infatti la ricorrente, dopo aver allegato il contratto sopra menzionato (effettivamente di natura privata, per i corretti rilievi della sentenza e per quanto sopra precisato), non ha proposto con riguardo allo stesso né una domanda di risoluzione, né una domanda di adempimento, né una domanda di risarcimento da inadempimento o altre domande specificamente fondate sul rapporto negoziale: di qui l’assenza di una pronuncia di difetto di giurisdizione, in difetto di domande la cui trattazione potesse essere utilmente proseguita innanzi al giudice ordinario.
Pertanto resta salva l’eventuale proposizione ex novo di dette o altre domande contrattuali nelle sedi competenti.
In definitiva, il ricorso in appello in parte qua è inammissibile da un lato per l’assenza di soccombenza sulla giurisdizione oggetto delle censure proposte, e dall’altro per l’omessa censura ex art. 101, comma 1, c.p.a. della statuizione - effettivamente resa e pertanto passata in giudicato - del difetto di legittimazione passiva sostanziale dell’EZIT rispetto al ricorso proposto. Tale inammissibilità si estende per derivazione a quelle parti del secondo motivo d’appello - altresì infondato nel passo sopra scrutinato - finalizzate a riproporre le domande di merito verso l’EZIT.
4. Il secondo motivo del proposto gravame riguarda, per il resto, la declaratoria d’inammissibilità della medesima domanda contro il silenzio (nelle varie declinazioni adombrate dalla ricorrente) e risarcitoria spiegata altresì verso il Ministero, così motivata nella sentenza impugnata: < Quanto, invece, all’inadempimento e/o ritardo che parte ricorrente parrebbe imputare al Ministero dell’Ambiente in ordine alla realizzazione del piano di bonifica, ritenuto tale da ledere la sua libertà di iniziativa economica, deve, in effetti, rilevarsi che la genericità delle deduzioni, la confusione contenutistica che affligge, nel complesso, il ricorso (e l’ulteriore scritto difensivo di parte), unitamente ad una formulazione non propriamente intellegibile della domanda proposta, rendono assai arduo comprendere quale sia la tutela invocata e soprattutto le ragioni che la potrebbero giustificare. Deve, dunque, convenirsi con il rilievo formulato dalla difesa dell’Ezit ovvero che la mancanza, nel ricorso, della chiara e distinta indicazione dell'oggetto della domanda, dei motivi specifici su cui si fonda il ricorso e dei provvedimenti chiesti al giudice, prescritti dall’art. 40, comma 1, lett. b), d) e f), del c.p.a., è preclusiva alla sua disamina nel merito. In definitiva, sulla scorta delle considerazioni tutte innanzi esposte il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a .>.
L’appellante censura tale decisione ritenendo ben intelligibile la domanda proposta in primo grado e ripropone quest’ultima, così sintetizzandone i relativi presupposti fattuali (cfr. pag. 38 dell’atto d’appello): <(…) la ricorrente si è sempre attivata per conformarsi ai mutamenti normativi presentando, ancora nell’anno 2004, idoneo progetto di adeguamento ponendo in essere, in via autonoma, tutti i presidi normativi minimi per la tutela dell’ambiente e, successivamente, provvedeva ad individuare ed acquistare un sito alternativo ove delocalizzare la propria attività già debitamente autorizzata dalla Provincia che però non può utilizzare dovendo necessariamente attendere l’espletamento di un iter burocratico. Ciò nonostante, pur decorsi oramai 10 anni e pur avendo acquistato il terreno e pagato la quota di spettanza per le analisi, la ricorrente non è mai stata messa in condizione di poter usufruire di ciò che è suo per un chiaro inadempimento delle PA, che non sono nemmeno riuscite a portare a compimento la fine delle attività di caratterizzazione ed analisi. >. Evidenzia ulteriormente, in senso critico rispetto alla decisione d’inammissibilità (cfr. pagg. 4 e s. della memoria di replica), che <(…) Il fatto è stato ben declinato e documentato da pagina 3 a pagina 9 del ricorso introduttivo del giudizio e puntualmente ripercorso l’iter di corrispondenza con le PPAA da pagina 18 a pagina 20. In diritto, pagg. 9-27, sono stati illustrati i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, richiamando le norme (artt.133 cpa, art.2043 cc, art.41 Cost, art.97 Cost), precisando come nel caso di specie sia stato leso il diritto soggettivo della ricorrente a svolgere attività di impresa a causa dell’inerzia totale dei resistenti pur avendo l’esponente acquistato il terreno ed assolto i relativi adempimenti che gli venivano indicati provvedendo pure al pagamento dei costi delle analisi per la bonifica. (…)>.
4.1. Il Collegio, in accoglimento della censura sulla questione di rito, ritiene doversi previamente riformare la statuizione di inammissibilità del ricorso (o di sua nullità ex art. 44 c.p.a.), per la complessiva intelligibilità dei fatti esposti, delle censure e delle richieste della ricorrente, in misura sufficiente a escludere quella “ incertezza assoluta sulle persone o sull’oggetto della domanda ” che, sola, può rendere nullo ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. b) c.p.a. il ricorso che non rispetti le prescrizioni dell’art. 40 c.p.a. richiamate dal primo;dovendosi anche escludere la inammissibilità dei motivi ex art. 40 cit. e, per conseguenza, del ricorso ai sensi dell’art. 35 c.p.a. dichiarata in sentenza.
4.2. Ciò posto, va rilevata l’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse dell’originaria domanda d’accertamento e condanna esperita contro il silenzio relativo alla procedura amministrativa di bonifica e l’infondatezza della domanda risarcitoria, per quanto rispettivamente segue.
4.3. Sulla prima questione, la stessa appellante ha depositato in giudizio, in data 3.5.2023, il sopravvenuto decreto n. 3633 del 13.7.21 della Regione Friuli Venezia Giulia (subentrata nel marzo 2021 nella relativa competenza al Ministero dell’Ambiente, a seguito delle modifiche di perimetrazione del SIN), recante l’autorizzazione del progetto di messa in sicurezza relativo alla bonifica del sito presentato da Autodemolizioni Adriano S.r.l.
Ciò comporta la sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione su ogni domanda afferente l’asserito silenzio, ritardo od inadempimento, essendo quest’ultimo venuto meno e vertendo ormai la causa solo in materia risarcitoria (come espressamente riconosciuto dall’appellante a pag. 6 della sua memoria di replica nei termini che seguono: <[…] dal momento dell’emanazione del decreto di autorizzazione ed approvazione del progetto di messa in sicurezza permanente era onere dell’Autodemolizioni Adriano srl svolgere i lavori. Circostanza, oggi, impossibile vista la scelta di cedere il ramo d’azienda sicché il danno patito dalla società appellante va computato sino al 13.07.2021 - data del decreto. >).
Ne consegue l’improcedibilità ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c) della predetta domanda esperita in primo grado e riproposta con l’appello.
4.4. Infine, l’infondatezza della domanda di danni da lesione del diritto all’esercizio dell’impresa ex art. 41 Cost. o, comunque, da ritardi o inadempienze occorsi in sede amministrativa, discende speditamente dalle considerazioni che seguono.
In primo luogo, la ricorrente odierna appellante non ha mai minimamente dato conto delle ragioni che l’hanno indotta a non acquisire (anche solo in via provvisoria, com’era sufficiente) un altro terreno utile alla prosecuzione della propria attività d’impresa, una volta incappata nelle asserite lungaggini della procedura di bonifica del terreno acquistato. Ove avesse provveduto in tal senso, l’intero danno allegato, da impossibilità di operare e chiusura dell’impresa, avrebbe potuto essere evitato (salvi, semmai, i costi di detta operazione).
Più in generale, la medesima ricorrente neppure ha allegato al riguardo, e tantomeno comprovato, l’indisponibilità o l’inaccessibilità, anche solo per ragioni economiche, di provvisorie ubicazioni alternative, essendo poco verosimile che quello acquistato fosse l’unico sito disponibile sul mercato e idoneo allo scopo aziendale. Già in precedenza, del resto, la ricorrente aveva continuato a svolgere l’attività in altro luogo, diverso da quello acquistato e da bonificarsi, trattandosi in definitiva di “sostituire” il primo, una volta legittimamente cessata la relativa autorizzazione amministrativa, fintanto che fosse persistita l’indisponibilità del secondo, di cui comunque era stata resa fin dall’inizio edotta.
Può soggiungersi che, più a monte, risulta aleatoria la stessa scelta di un sito da sottoporre a bonifica (dai risultati e tempi incerti) per far fronte a un’esigenza di delocalizzazione dell’attività che avrebbe potuto (come infatti è accaduto, in modo legittimo) repentinamente divenire attuale e urgente.
Tali rilievi sono già dirimenti, stante il principio generale in materia di responsabilità, sancito dal comma 3 dell’art. 30 c.p.a. per la lesione di interessi legittimi (applicabile anche al danno da ritardo) e dal secondo comma dell’art. 1227 cod. civ. per quella dei diritti soggettivi (quale il diritto d’impresa addotto senza mediazioni nel ricorso), relativo all’onere del danneggiato di adoperarsi con l’ordinaria diligenza per eliminare il danno.
In secondo luogo, è incontestato che non vi fosse uno specifico termine di conclusione del procedimento di bonifica, la cui concreta durata è addotta a causa del danno sofferto. Di conseguenza, risulta impossibile individuare un ritardo in senso tecnico nella conclusione del medesimo, quale presupposto del danno da ritardo risarcibile ai sensi dell’art. 30, comma 4, c.p.a. Né la ricorrente ha individuato, in modo specifico e circostanziato, eventuali omissioni o ritardi occorsi in sede amministrativa obiettivamente significativi e pertinenti, tornando qui a rilevare, nell’esame del merito, quei tratti di genericità della domanda che la sentenza impugnata aveva impropriamente sanzionato in punto di rito.
Infine e comunque, per le medesime ragioni non risulta comprovata la colpa dell’Amministrazione, quale necessario elemento soggettivo proprio delle fattispecie risarcitorie invocate (con le sole eccezioni di legge che qui non ricorrono), come eccepito dalla difesa erariale.
Per tali assorbenti rilievi la domanda risarcitoria risulta infondata.
5. In base alle varie ragioni sopra esposte, ed assorbita ogni altra questione, l’appello non può esser accolto. Le spese relative al presente grado giudiziale vanno compensate, per l’oggettiva peculiarità della controversia.