Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-01-07, n. 202200045
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 07/01/2022
N. 00045/2022REG.PROV.COLL.
N. 05182/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5182 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati M L, M B Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M B Z in Roma, via Alessandria 130;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e Questura Milano, in persona del Questore pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente l'annullamento del provvedimento prot. -OMISSIS-, a firma del Questore della Provincia di Milano, notificato in data -OMISSIS-, con il quale si decreta il rigetto dell'istanza di licenza di porto di fucile per uso caccia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Milano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2021 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.-Con decreto -OMISSIS-, il Questore di Milano ha revocato la licenza di porto di fucile per uso caccia al -OMISSIS-, in quanto lo stesso, in data -OMISSIS-, è stato deferito alla Procura della Repubblica presso il Tribunale -OMISSIS-per i reati di minaccia aggravata e detenzione abusiva di munizioni.
2.- Con sentenza -OMISSIS-, il -OMISSIS- veniva condannato alla pena di -OMISSIS- e in data -OMISSIS- ha ottenuto la riabilitazione dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, in seguito alla quale il Prefetto -OMISSIS-, ha revocato il provvedimento di divieto di detenzione di armi e munizioni, adottato nei suoi confronti in occasione della minaccia oggetto di condanna.
3. - In data -OMISSIS-, il -OMISSIS- avanzava istanza per il rilascio della licenza di porto di fucile per uso caccia in esito alla quale il Prefetto con decreto -OMISSIS- denegava il titolo ritenendo il permanere dell’inaffidabilità nell’uso delle armi e l’irrilevanza dell’intervenuta riabilitazione.
4. - Con ricorso al TAR per la Lombardia r.g.n. -OMISSIS-, il provvedimento veniva impugnato.
5. - Con la sentenza in epigrafe il TAR rigettava ricorso e condannava il ricorrente alle spese di giudizio.
6. - Con l’appello in esame il ricorrente chiede la riforma della sentenza di cui lamenta l’erroneità e l’ingiustizia.
7. - Si sono costituite il Ministero e la Questura intimati che insistono per il rigetto dell’appello.
8. - Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello è infondato.
2.- Il TAR ha rilevato che sebbene in seguito alla modifica, apportata dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104, all’articolo 43, comma 2, il legislatore ha attribuito al Questore il potere ampiamente discrezionale di ricusare la licenza ai soggetti che, pur avendo riportato una condanna ostativa al rilascio, abbiano ottenuto la riabilitazione, ai condannati per un delitto diverso da quelli menzionati nel comma 1, come nella specie, la riabilitazione non spiega effetti essendo stato il ricorrente condannato per il reato di minaccia aggravata dall’uso dell’arma.
Per quanto riguarda, invece, la mancata considerazione delle ragioni che hanno determinato la revoca del divieto di detenzione di armi e munizioni, il TAR ha rilevato che i procedimenti, rispettivamente disciplinati dagli articoli 39 e 43 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono distinti e presuppongono valutazioni autonome.
La Questura ha ritenuto, con un ragionamento privo di profili di manifesta illogicità e di irragionevolezza, che la condotta del ricorrente, così come accertata dal Giudice penale in due sentenze conformi di condanna, considerate le modalità del fatto e lo stesso capo di imputazione, sia espressiva di un’indole prepotente ed aggressiva e di uno scarso senso di equilibrio dello stesso, con ciò assolvendo sufficientemente all’onere di motivazione del diniego.
Nessun valore escludente dell’inaffidabilità del ricorrente assumono gli -OMISSIS- anni nei quali egli è stato titolare della licenza di porto di fucile;nelle osservazioni procedimentali parte ricorrente non ha allegato il venir meno della situazione di conflittualità con -OMISSIS- e non ha negato di aver usato l’arma per -OMISSIS-.
Il requisito dell’attualità dell’inaffidabilità del ricorrente è stato, dunque, ad avviso del primo giudice, correttamente ricavato all’esito di un giudizio che non si pone affatto in contrasto con il giudizio soggettivo formulato dal Tribunale di Sorveglianza ad altri fini.
3.- Con il primo motivo di appello, il ricorrente deduce l’error in iudicando , la sostituzione della motivazione, l’errata valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, la violazione della circolare Ministeriale 10 settembre 2018, la motivazione incongrua, la contraddittorietà, manifesta illogicità e irragionevolezza.
La sentenza appellata avrebbe, in primo luogo, operato una sostituzione della motivazione del provvedimento del Questore di Milano, che contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, ha preso in considerazione l’intervenuta riabilitazione, ritenendola ingiustamente “irrilevante”.
3.1. - Sul punto il Collegio ritiene di condividere la conclusione cui è pervenuto il primo giudice che non si è sostituito all’Amministrazione nel motivare il diniego, ma si è limitato a valutare la legittimità del provvedimento, alla luce delle norme applicabili.
In concreto, in presenza di condanna per minaccia aggravata, il Questore dispone, comunque, di discrezionalità nel valutare l’opportunità di rilasciare il titolo, a prescindere dalla successiva riabilitazione intervenuta (che varrebbe a superare la doverosità del diniego solo nei casi indicati dal comma 1 dell’art. 43, tra cui non rientra il reato commesso dal ricorrente per cui vi è condanna).
4. - Con il secondo motivo di appello, il ricorrente deduce l’erroneità della pronuncia per aver omesso di considerare i propri apporti difensivi e documentali, la contraddittorietà, la violazione dei principi di correttezza e buon andamento nell’esercizio dell’azione amministrativa.
Sarebbe palese l’obliterazione delle memorie difensive e degli apporti documentali.
Contrariamente a quanto assunto in sentenza, successivamente, il ricorrente ha promosso anche azione civile davanti al Tribunale -OMISSIS-, vertenza poi chiusasi con transazione tra le parti -OMISSIS-.
5. - Con altro motivo, l’appellante denuncia l’erroneità della sentenza gravata per violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione e dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza.
Se è vero che della vicenda penale che ha visto coinvolto l’appellante, nonostante la riabilitazione, permane il fatto storico della minaccia aggravata, esso testimonia una situazione pregressa di conflittualità -OMISSIS-, di cui quella realmente pericolosa, -OMISSIS-, era senz’altro il querelante (come chiaramente testimoniato dalla stampa prodotta in allegato alla memoria procedimentale che produce - -OMISSIS-).
Il conflitto -OMISSIS- non sarebbe sufficiente a sostanziare un complessivo giudizio di pericolosità dell’istante, essendo necessari ulteriori e specifici elementi che l’Amministrazione avrebbe dovuto evidenziare.
La situazione di conflitto risulta superata per effetto della transazione di cui sopra, obliata dal TAR che paradossalmente “rimprovera” al ricorrente di non aver dimostrato la circostanza, invece in atti.
Non risultano ulteriori carichi pendenti, -OMISSIS-, e la Prefettura (con l’atto di revoca) ha concluso per la non pericolosità dell’istante dopo aver condotto l’istruttoria sulla scorta dei medesimi elementi a disposizione della Questura di Milano.
E’ evidente la contraddizione tra le valutazioni del Questore e quelle svolte dal Prefetto, che ha tenuto conto di elementi favorevoli al richiedente, di cui avrebbe dovuto tenere parimenti conto il Questore nella sua autonoma valutazione.
Infine, l’Amministrazione, nel vagliare l’istanza del privato, è tenuta a svolgere un’istruttoria congrua ed adeguata, di cui deve dar conto in motivazione.
5.1.- Al riguardo, osserva il Collegio che le valutazioni del Questore, ampiamente discrezionali e finalizzate alla tutela preventiva della sicurezza e dell’incolumità dei cittadini, sono censurabili solo per manifesta illogicità e difetto dei presupposti.
Nella specie non appare evidente la violazione dei principi costituzionali invocati dall’appellante, tenuto conto delle caratteristiche dell’ampia discrezionalità attribuita in materia di prevenzione alla Pubblica Amministrazione, a tutela della sicurezza e incolumità pubbliche, valori che consentono, con le garanzie di legge, la restrizione di diritti di libertà dei cittadini.
Il Questore, nella motivazione del diniego, esaminate le deduzioni fatte pervenire dal ricorrente, ritiene prevalente, con valutazione che non può ritenersi illogica o manifestamente sproporzionata, il disvalore della condotta tenuta dal ricorrente nell’unico episodio -OMISSIS- allorché nel corso del dissidio -OMISSIS- impugnava -OMISSIS- (comportamenti che “ denotano un grave abuso della titolarità delle armi e sono indice di una indole prepotente, aggressiva e di scarso equilibrio ”).
Il Questore, inoltre, ha ritenuto correttamente che la riabilitazione estingue gli effetti penali della condanna e le pene accessorie, ma non sminuisce il disvalore della condotta posta in essere e che non consente di escludere in assoluto il pericolo di abuso delle armi.
Va anche dato atto dell’acquisito parere contrario al rilascio del titolo del Commissariato di P.S. -OMISSIS- di Milano.
Il giudizio prognostico di non completa affidabilità del ricorrente non sembra al Collegio viziato da manifesta illogicità: la transazione avvenuta non è inequivocabilmente significativa di una sopravvenuta normalità dei rapporti -OMISSIS-;la condotta sebbene “risalente” ed episodica è, tuttavia, per le modalità del fatto, indice di “scarso equilibrio e aggressività”, sicuramente di un difetto di autocontrollo.
Il contrasto col provvedimento del Prefetto non può deporre nel senso univoco invocato dal ricorrente di irragionevolezza dell’impugnato provvedimento del Questore,(per ipotesi, ben potendo, viceversa, il provvedimento prefettizio – non oggetto di questo giudizio - essere illegittimo).
6.- L’appellante deduce ancora l’erroneità della sentenza gravata per violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione e dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza.
Secondo il TAR, il Questore avrebbe formulato un giudizio prognostico, basandosi sulla regola “del più probabile che non”.
Al contrario, secondo l’appellante, la Questura avrebbe operato sulla scorta di una presunzione assoluta, valorizzando un isolato episodio, mai più ripetuto, pervenendo così ad esiti errati ed irragionevoli, censurabili alla luce delle sentenze della Consulta che più volte hanno ricordato che “l'irragionevolezza della presunzione assoluta si può cogliere tutte le volte in cui sia “agevole” formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa” (ex multis, sentenze -OMISSIS-).
Sarebbe, peraltro, intrinsecamente contraddittorio riconoscere operante in ambito amministrativo una presunzione di pericolosità sociale assoluta desunta da una condanna penale che, nel caso di specie, è stata seguita dalla concessione della sospensione condizionale della pena, prima, e dalla riabilitazione, poi.
Sarebbe stato necessario, ribadisce l’appellante, acquisire nuovi elementi di pericolosità a carico dell’interessato che l’amministrazione non ha tuttavia né ricercato, né rinvenuto.
6.1.- Il Collegio ritiene che il Questore ha operato una valutazione discrezionale motivata da una plurima serie di elementi indiziari univoci e concordanti, immune da vizi logici, e non si è basato su presunzioni assolute.
La regola del “più probabile che non”, tipica del diritto amministrativo della prevenzione, non richiede il raggiungimento di alcuna certezza probatoria, né rappresenta una valutazione di pericolosità del soggetto a tutti gli effetti, come nel caso del giudizio sotteso all’adozione delle misure di sicurezza.
La valutazione va inquadrata nell’ambito dell’oggetto del titolo: non esiste nel nostro ordinamento il diritto all’uso delle armi, che al contrario rappresenta un mero interesse, il cui riconoscimento è subordinato alla sicura affidabilità del soggetto nell’uso delle armi.
Anche un solo episodio risalente può fondare il giudizio di “probabilità” che esclude la legittimazione all’uso delle armi e la tutelabilità dell’interesse legittimo.
7.- Con il quarto motivo di appello il ricorrente denuncia l’omessa pronuncia su specifiche censure avanzate nel ricorso di primo grado (violazione degli artt. 3 e 10 bis L. 241/1990).
L’Amministrazione sarebbe pervenuta alla conferma del diniego anticipato nel preavviso, limitandosi a sostenere nel provvedimento finale che le argomentazioni e controdeduzioni fornite non fossero condivisibili. Sulla doglianza per cui un tale modus operandi integra una motivazione apparente che disattende, contemporaneamente, il disposto dell’art. 3 della L. 241/1990 e quello dell’art. 10 bis della medesima legge, il TAR nulla ha specificamente addotto.
7.1.- Sul punto la consolidata giurisprudenza è nel senso di ritenere che la partecipazione al procedimento è garantita attraverso la comunicazione dei motivi ostativi e l’esame delle controdeduzioni dell’interessato senza che gravi sull’amministrazione alcun obbligo di singola e specifica confutazione delle osservazioni.
Ove il preavviso di rigetto non sia stato pretermesso, nessun obbligo di specifica confutazione delle analitiche deduzioni dell’interessato grava sull’Amministrazione, anche in virtù del principio per cui non può essere aggravato un procedimento cadenzato dal rispetto di tappe ben precise, come quello in esame, da obblighi ulteriori oltre quelli “minimi” necessari ad assicurare al privato anticipatamente la conoscenza delle ragioni poste a fondamento del provvedimento finale e di poter interloquire in contraddittorio e collaborare all’istruttoria (Consiglio di Stato -OMISSIS-).
8. - In conclusione, l’appello va respinto.
9. - Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.