Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-08-21, n. 201304206
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Testo completo
N. 04206/2013REG.PROV.COLL.
N. 03227/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 3227 del 2009, proposto da
SIDAL Società italiana distribuzione alimentare s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. G P, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via Oslavia n. 14, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di Pistoia, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. V C, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione terza, n. 116 del 6 febbraio 2008.;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pistoia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati Pallottino e Chierroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 3227 del 2009, SIDAL Società italiana distribuzione alimentare s.r.l. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sezione terza, n. 116 del 6 febbraio 2008, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Pistoia per l’annullamento dell’autorizzazione edilizia prot. n. 12 del 22 febbraio 2005 concernente lavori di ristrutturazione di un fabbricato e di realizzazione di un parcheggio interno da eseguirsi in Pistoia, via S. Agostino n. 50;nonché, con l’atto di motivi aggiunti depositato il 31 gennaio 2007, per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 76656 del 23 dicembre 2006 recante la dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione n. 12 del 22/2/2005, nonchéè della stessa autorizzazione n. 12/2005;per l’accertamento della destinazione commerciale dell’immobile per cui è causa;e per il risarcimento del danno per il comportamento amministrativo tenuto dal Comune di Pistoia.
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la società ricorrente aveva premesso di essere proprietaria di un complesso immobiliare sito in Pistoia, alla via s. Agostino, n. 50, inserito in zona D (industriale) del PRG e da tempo adibito ad attività commerciale.
In particolare, tale immobile è stato oggetto di varie concessioni edilizie e di convenzioni stipulate con il Comune di Pistoia, in virtù delle quali è stata prevista la sua destinazione ad uso commerciale e comunque in detto immobile, come pacificamente ammesso dalle parti, è stata da sempre esercitata l’attività di commercio all’ingrosso.
In relazione alla richiesta presentata dalla società ricorrente, il Comune di Pistoia rilasciava l’autorizzazione n. 12 del 22 febbraio 2005 per l’esecuzione sul fabbricato in questione dei lavori di ristrutturazione e realizzazione di parcheggio interno.
La stessa autorizzazione stabiliva che i lavori dovevano essere eseguiti secondo il progetto presentato il 24/7/2001 e alle condizioni espressamente indicate in apposito documento parte integrante dell’atto in parola.
Veniva così specificato, tra l’altro, che “l’utilizzo dell’immobile è consentito dall’art. 42, comma 3, delle NTA del PRG vigente e che l’assentimento della compatibilità edilizia del progetto presentato non costituisce deroga all’applicazione delle norme urbanistiche vigenti con particolare riferimento alle destinazioni d’uso della zone in cui l’immobile ricade, non variandosi la destinazione d’uso dell’immobile”.
Nell’allegato documento era poi inserito l’art. 5 dal titolo “prescrizioni speciali” secondo cui “ le opere non potranno essere iniziate e realizzate prima che il richiedente abbia sottoscritto specifico atto unilaterale d’obbligo (da registrarsi e trascriversi a cura della S.I.D.AL. S.p.A.) con il quale:
- a chiarimento e specificazione di quanto indicato nelle convenzioni stipulate con il Comune di Pistoia si dia atto che l’immobile di che trattasi è sempre stato utilizzato quale magazzino per il commercio all’ingrosso di prodotti alimentari e non;
- che il rispetto di tale utilizzo commerciale all’ingrosso sarà mantenuto dalla S.I.D.AL. S.p.a. e dai suoi aventi causa” .
La società interessata, contestando, in particolare le condizioni e prescrizioni contenute nell’autorizzazione edilizia rilasciatole, ha impugnato, con ricorso originariamente depositato il 12/5/2005 e riproposto con atto di riassunzione del giudizio pendente depositato il 19 dicembre 2006, l’autorizzazione stessa, deducendone la illegittimità per i seguenti motivi di gravame:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 terzo comma delle NTA del PRG di Pistoia.
Premesso che in virtù delle concessioni edilizie rilasciate in esecuzione della convenzione n. 16631 del 26 luglio 1983 l’immobile è sempre stato destinato all’uso commerciale, la previsione urbanistica dell’art. 42 terzo comma delle NTA fa salve le destinazioni d’uso preesistenti, senza dettare ulteriori limitazioni, ivi compresa l’imposizione di un atto unilaterale d’obbligo nel senso di quello imposto alla ricorrente;
2) Violazione e falsa applicazione sotto altro profilo dell’art. 42 primo e terzo comma delle NTA del PRG: Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifesta, posto che la destinazione d’uso a magazzino e a deposito è oggetto di autonoma previsione nel primo comma citato, non rientrante tra quelle diverse destinazioni d’uso fatte salve ai sensi del terzo comma dello stesso art. 42;
3)violazione della convenzione n. 1663 del 26 luglio 1983, in quanto l’autorizzazione che destina l’immobile a deposito o magazzino per il commercio all’ingrosso sottrae il bene de quo alla destinazione d’uso commerciale fatta salva dell’art. 42 terzo comma;
4) Incompetenza. Violazione del principio di legalità e di tipicità degli atti di pianificazione urbanistica in tema di vincoli e caratteri di ciascuna zona e di conformità degli atti di assenso edilizio alle previsioni degli strumenti urbanistici. Violazione sotto ulteriore profilo, dell’art. 42 delle NTA del PRG : Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione , contraddittorietà ed illogicità manifesta;
5) Violazione art. 20 quarto comma del DPR 6 giugno 2001 n. 380;
6) Violazione sotto ulteriore profilo dell’art. 42 primo comma delle NTA del PRG.
Successivamente, il Comune di Pistoia, sulla scorta delle risultanze contenute nel processo verbale della Vigilanza edilizia del 15/9/2006 e rilevato altresì che dalla data di notifica del titolo “ è decorso l’anno di validità del titolo abilitativo senza che si sia provveduto a trasmettere gli atti indicati all’art. 5 dell’autorizzazione medesima e conseguentemente iniziato i lavori”, si determinava con provvedimento dirigenziale prot. 76655 del 21 dicembre 2006 a dichiarare decaduta e priva di effetti l’autorizzazione edilizia n. 122 rilasciata il 22/2/2005 alla società SIDAL S.p.A.
La Società interessata ha quindi impugnato, con atto di motivi aggiunti depositato il 31 gennaio 2007, tale provvedimento di decadenza, nonché l’autorizzazione edilizia n. 12 del 22 febbraio 2005.
Con lo stesso gravame ha pure chiesto l’accertamento della destinazione commerciale dell’immobile, nonché il risarcimento del danno ingiusto derivante dal comportamento amministrativo tenuto dal Comune di Pistoia.
A sostegno dell’impugnativa sono stati dedotti i seguenti motivi:
Eccesso di potere per difetto assoluto di presupposti giustificanti l’adozione della declaratoria di decadenza dell’autorizzazione edilizia n. 12/2005. Violazione degli obblighi di correttezza e buona fede dell’agire amministrativo. Violazione dell’art. 15 del DPR n. 380/2001. Violazione degli artt. 35,41 e 97 Cost.. Eccesso di potere per difetto di motivazione.
Non sussistono i presupposti indicati dall’Amministrazione a fondamento dell’esercitato potere di annullamento, dovendo, in particolare, escludersi che la mancata sottoscrizione dell’atto unilaterale d’obbligo dipenda da un libero comportamento della ricorrente, essendo invece ascrivibile ai contenuti illegittimi di tale atto richiesto, unilateralmente imposti dall’ufficio Tecnico del Comune in violazione dell’art. 42 comma terzo delle NTA del PRG;e non v’è dubbio che tale disposizione autoritativa ed illegittima sia impeditiva della decorrenza dei termini di efficacia del titolo edilizio..Il provvedimento decadenziale, inoltre, con riferimento alla peculiarità del caso, è carente di motivazione, giacchèé l’Amministrazione si è limitata a constatare il mero decorso del termine temporale di avvio dei lavori, senza fornire alcuna motivazione in ordine alla non imputabilità al proprio comportamento amministrativo del mancato avvio dei lavori, con una illegittima inversione dell’onere della prova.
La S.I.D.AL. poi, con riferimento all’impugnativa dell’autorizzazione edilizia n. 12/05 pure contenuta nei motivi aggiunti, riproduce, sostanzialmente, i profili di illegittimità già dedotti avverso tale atto con il ricorso principale, insistendo, oltrechéè sulla violazione del già citato art. 42 delle NTA del PRG, sulla compatibilità urbanistica e commerciale del progettato intervento.
Inoltre, in relazione al dedotto illegittimo e inadempiente comportamento tenuto dall’Amministrazione, parte ricorrente ha chiesto che il Comune di Pistoia venga condannato ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 al risarcimento del danno ingiustamente cagionato.
Costituitosi il Comune di Pistoia, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, condividendo le valutazioni del Comune e dichiarando inammissibile la domanda risarcitoria.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.
Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Pistoia, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 2 luglio 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - In via preliminare, la Sezione osserva come l’organizzazione data ai motivi di ricorso, che segue fondamentalmente la loro importanza secondo la legittima prospettazione di parte appellante, debba essere adattata alle necessità derivanti dalla natura dell’appello e quindi collegata alle ragioni espresse nella sentenza di prime cure. In particolare, poiché le motivazioni del T.A.R. sono fondate principalmente sull’intervenuta improcedibilità del ricorso, è su tale elemento che deve soffermarsi prioritariamente l’attenzione, con consequenziale scrutinio del terzo motivo di appello, che attiene a tale aspetto.
In tale detta censura, la parte evidenzia l’erroneità della pronuncia del primo giudice, il quale, evidenziata la decadenza dell’appellante dal rilasciato titolo edilizio per mancato inizio dei lavori entro il termine annuale, non ha provveduto a completare il suo scrutinio, anche al fine di evidenziare l’esistenza di residui profili risarcitori.
2.1. - La censura non ha pregio.
Occorre subito rammentare che la giurisprudenza è del tutto pacifica nell’affermare che la pronunzia di decadenza del permesso di costruire, che riceve ora una puntuale disciplina all'art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, sia connotata da un carattere strettamente vincolato, dovuto all'accertamento del mancato inizio e completamento dei lavori entro i termini stabiliti dal cit. art. 15, comma 2, (rispettivamente un anno e tre anni dal rilascio del titolo abilitativo, salvo proroga) ed ha natura ricognitiva del venir meno degli effetti del permesso a costruire per l'inerzia del titolare a darvi attuazione. Pertanto, un tale provvedimento ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi ex se, in via diretta, con l'infruttuoso decorso del termine prefissato con conseguente decorrenza ex tunc (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 4 aprile 2013, n. 1870).
Nel caso in esame, non è certamente contestato che la costruzione non sia stata iniziata, per cui non vi è dubbio che il Comune dovesse emettere un provvedimento di natura dichiarativa sul mancato rispetto del termine annuale decadenziale, con conseguente effettio sul permesso rilasciato in precedenza, prescindendo integralmente dalle ragioni che avevano determinato la società a non intraprendere l’opera, salvo il caso di forza maggiore, che nel caso concreto non sussiste.
Intervenuto tale provvedimento amministrativo di natura ricognitiva di una situazione di fatto realmente esistente, oggettivamente il T.A.R. non aveva altre opzioni se non provvedere alla declaratoria di improcedibilità, non essendovi più alcun titolo edilizio in relazione al quale valutare la legittimità delle condizioni apposte.
La successiva e diversa vicenda della necessità di procedere alla disamina del ricorso iniziale al fine di evidenziare l’esistenza di un danno risarcibile, di cui si duole la controparte, passa poi tramite il previo accertamento della presenza degli elementi normativi su cui si àncora la pretesa risarcitoria. In particolare, qui rileva l’illegittimità del provvedimento dal quale si intende far derivare la successiva fattispecie dannosa.
Orbene, nel caso in esame, il T.A.R. ha svolto in tutta la sua decisione un’articolata disamina del provvedimento iniziale, giungendo infine a ritenerlo del tutto legittimo. Pertanto, non può affermarsi, come fa l’appellante, che il giudice di prime cure si sia soffermato alla mera declaratoria di improcedibilità, ma è vero al contrario come questi abbia fondato il suo convincimento sulla dimostrata legittimità dell’atto inizialmente gravato, comprensivo delle condizioni apposte, per cui il rigetto della domanda risarcitoria è avvenuto non in ragione della mera improcedibilità del ricorso, ma proprio per la sua infondatezza (come espressamente afferma il T.A.R., “Rivelandosi gli atti impugnati immuni dai vizi di legittimità dedotti con la proposta impugnativa, del tutto improponibile si appalesa poi la richiesta di risarcimento danni pure avanzata dalla parte ricorrente con l'atto di motivi aggiunti”).
La censura, quindi, è infondata perché non ha riscontro negli atti del giudizio ed è smentita dalla semplice lettura della sentenza impugnata.
3. - Risolta la questione preliminare, e ritenuta quindi del tutto corretta la pronuncia del T.A.R. in merito all’intervenuta improcedibilità del ricorso, occorre ora valutare, in relazione alle censure di merito proposte in varie parti dell’atto di appello, l’effettiva insussistenza della pretesa risarcitoria. Infatti, ferma rimanendo la correttezza della declaratoria processuale di improcedibilità, una possibile riforma della sentenza nella parte in cui questa riconosce la legittimità delle condizioni apposte al permesso di costruire gravato, unitamente alla prova delle altre condizioni di esistenza della pretesa risarcitoria, porterebbero ad un accoglimento per parte qua del presente gravame.
In questo senso, l’appellante lamenta la mancata considerazione delle ragioni di illegittimità del primo provvedimento (con il primo e il secondo motivo di ricorso, nonché sulle ragioni di illegittimità derivate indicate al punto IV del proprio atto di appello), riproponendo infine la propria domanda di risarcimento del danno, articolata su due distinte voci (pag. 34 dell’appello).
3.1. - La censura non può essere accolta.
La Sezione, pur condividendo le valutazioni svolte dal T.A.R. sulla legittimità degli atti principalmente impugnati, ritiene di soffermare la propria attenzione sulla domanda risarcitoria che, come sopra evidenziato, a seguito della dichiarazione di improcedibilità del ricorso rimane l’unica pretesa concretamente azionabile dall’appellante. La disamina dei contenuti di tale domanda è sufficiente ad evidenziarne ex se l’inconsistenza giuridica, rendendo inutile l’esame in dettaglio delle ragioni di doglianza portate avverso il provvedimento abilitativo edilizio inizialmente gravato.
In particolare, rammentato che si verte in una situazione in cui la società appellante, titolare di un diritto alla realizzazione di lavori di ristrutturazione di un fabbricato e di realizzazione di un parcheggio interno da eseguirsi in Pistoia, via S. Agostino n. 50, giusta l’autorizzazione edilizia prot. n. 12 del 22 febbraio 2005, ha ritenuto di non iniziare le dette opere, subendo poi la determinazione dirigenziale n. 76656 del 23 dicembre 2006, recante la dichiarazione di decadenza dell’autorizzazione in questione, va sottolineato come le due voci che concretizzano la pretesa risarcitoria sono date dalla pretesa “al risarcimento dei danni, anche da ritardo” cagionati dal provvedimento ritenuto illegittimo, ossia la citata autorizzazione n. 12/2005, nonché al risarcimento del danno per violazione della convenzione del 26 luglio 1983 in relazione al “depauramento del valore di mercato per le limitazioni alle possibili destinazioni d’uso”.
Osserva la Sezione come entrambe le voci di danno appaiano del tutto infondate, atteso che la parte appellante non si è premunita di fornire alcun elemento a sostegno della propria pretesa, che manca quindi di allegazione e prova dei fatti costitutivi del supposto danno subito. In dettaglio, non è dato cogliere quale danno imputabile a terzi sia stato subito dalla società a causa della mancata esecuzione di un provvedimento abilitativo alla stessa comunque favorevole, dopo che la stessa, sua sponte, abbia deciso di non realizzarlo. A maggior ragione, nel caso sdi volesse ipotizzare (ma si tratta di un elemento non indicato in ricorso) che tale danno consiste in un lucro cessante che sarebbe potuto derivare dalla realizzazione del manufatto senza le prescrizioni imposte, tale assunto dovrebbe fondarsi solo su un fatto ripetutamente smentito in appello, ossia dell’intenzione di mutare la destinazione commerciale dell’immobile per cui è causa proprio nel senso avversato dall’amministrazione. E ciò andrebbe contro il principio di buona fede, specificato sotto forma del divieto di agire contra factum proprium.
In sintesi, la società, da un lato, pretende di aver ricevuto dei non meglio precisati danni a causa delle condizioni apposte all’autorizzazione, e quindi si duole di fatti accidentali (le condizioni) rispetto ad una vicenda principale (la realizzazione dell’opera) che non ha avuto luogo per decisione della stessa società appellante e, dall’altro, lamenta un depauperamento (anche questo ipotetico e non meglio delineato) per un intervento che, se richiesto, non avrebbe potuto realizzare.
4. - Conclusivamente, la decisione del T.A.R., sia in relazione all’improcedibilità del ricorso che dell’inesistenza dei presupposto per l’accoglimento della domanda risarcitoria, deve essere integralmente condivisa. L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.